donnapa
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martedì 20 novembre 2018
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intenso
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Bel film ottimi attori, lei è impareggiabile, ogni sua espressione è un fiume di parole non dette ma comprensibili.Il ruolo di moglie, amante compagna che sta dietro le quinte, come la maggior parte delle donne che affiancano uomini di successo è stato espresso dal regista in modo perfetto,ha messo in evidenza tutti i sentimenti contrastanti della moglie in maniera perfetta. Da vedere
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michelecamero
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domenica 4 novembre 2018
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qual'è il prezzo di un equilibrio familiare?
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Un celebrato scrittore americano riceve il Premio Nobel per la letteratura. Ammirato e rispettato come un grande uomo, si scoprirà nel seguito della storia che il vero talento della scrittura non è il suo, ma appartiene alla moglie che è l’autrice vera di tutti i suoi libri. Joan, la donna, ha rinunciato a scrivere in prima persona un po’ per evitare di avventurarsi nell’impresa, probabilmente impossibile nella società degli anni ‘50/60, di imporsi in un ambiente, quello editoriale, tutto al maschile ed un po’ perché riconosce al marito la capacità delle idee e delle intuizioni cui lei però, vero talento a differenza del marito uomo colto ma mediocre scrittore, sa dare forma letteraria.
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Un celebrato scrittore americano riceve il Premio Nobel per la letteratura. Ammirato e rispettato come un grande uomo, si scoprirà nel seguito della storia che il vero talento della scrittura non è il suo, ma appartiene alla moglie che è l’autrice vera di tutti i suoi libri. Joan, la donna, ha rinunciato a scrivere in prima persona un po’ per evitare di avventurarsi nell’impresa, probabilmente impossibile nella società degli anni ‘50/60, di imporsi in un ambiente, quello editoriale, tutto al maschile ed un po’ perché riconosce al marito la capacità delle idee e delle intuizioni cui lei però, vero talento a differenza del marito uomo colto ma mediocre scrittore, sa dare forma letteraria. Ha accettato un ruolo secondario di donna fedele e nume del focolare domestico che sembra evidenziare a tutti quanto possa essere vero il detto comune per il quale “dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna”. Una storia simile a quella raccontataci qualche anno fa con BIG EYES dove il campo artistico era la pittura (la moglie che dipingeva bambini con grandi occhi in quadri firmati però dal marito). L’assegnazione del premio tuttavia scoperchia un vaso per troppo tempo tenuto chiuso e inizia la progressiva demolizione di un equilibrio familiare in cui ognuno aveva svolto un suo ruolo che aveva tenuto insieme i due fino ad allora. Il contraltare tuttavia è probabilmente che entrambi si sono riempiti di inconsapevoli rancori repressi in nome di una vita di successo che aveva comunque fatto comodo ad entrambi. Il film dunque assume le sembianze di un lavoro teatrale con dialoghi forti, ben scritti e molto ben recitati dai due protagonisti nei quali si colpiscono ferendosi con le armi del sarcasmo e dell’insofferenza, dando in fondo una rappresentazione delle relazioni familiari e delle dinamiche che al loro interno possono svilupparsi e crescere. Quando sembra che il tappo debba saltare definitivamente, arriva però il colpo di scena. In chiusura una riflessione: anche nel campo della letteratura le donne hanno oramai vinto la loro gara ad ostacoli come è manifesto da tanti esempi. Elena Ferrante vi dice nulla?
MiCam
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angeloumana
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sabato 20 ottobre 2018
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i non detti delle coppie
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Un'anziana coppia di coniugi americani balla sul letto abbracciata: celebrano la chiamata di mattina presto dell'accademia per l'assegnazione del Nobel 1992 per la letteratura a lui, scrittore di chiara fama, tanti libri conosciuti nel mondo. E' festa grande, un premio da non credere, ma lui al telefono si è sincerato e non è uno scherzo; gli “amore! tesoro!” tra i due si sprecano, ma sono termini quasi abitudinari in certe coppie. Partiranno, un bell'aereo bianco li porta alla data canonica nella Stoccolma imbiancata; il figlio li accompagna, la figlia è rimasta negli Usa e sta dando alla luce un loro nipotino.
La vita non potrebbe andar meglio.
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Un'anziana coppia di coniugi americani balla sul letto abbracciata: celebrano la chiamata di mattina presto dell'accademia per l'assegnazione del Nobel 1992 per la letteratura a lui, scrittore di chiara fama, tanti libri conosciuti nel mondo. E' festa grande, un premio da non credere, ma lui al telefono si è sincerato e non è uno scherzo; gli “amore! tesoro!” tra i due si sprecano, ma sono termini quasi abitudinari in certe coppie. Partiranno, un bell'aereo bianco li porta alla data canonica nella Stoccolma imbiancata; il figlio li accompagna, la figlia è rimasta negli Usa e sta dando alla luce un loro nipotino.
La vita non potrebbe andar meglio. Vengono ricevuti naturalmente con tutti gli onori, un'accompagnatrice per lo shopping per lei, una giovane fotografa per lui, un maestro delle cerimonie come si conviene con ospiti onorati. Ma già nell'aereo si è avvicinato a loro Nathaniel, un giornalista-scrittore che vorrebbe pubblicare una biografia sul grande autore, che lo allontana in malo modo perché lo teme come critico o divulgatore di segreti spiacevoli. Questo biografo non autorizzato avvicinerà però la moglie e il figlio, sa qualcosa che nessuno dovrebbe sapere. Non si capiva infatti perché il figlio è scorbutico col padre, in sé persona senza molto tatto e un tantino sgradevole, rozza: scrive anch'egli ma si sente non riconosciuto dal papà premio Nobel. Ricorda quante volte lui e la sorella dovevano rimanere fuori dalla porta dello studio dove papà scriveva assistito dalla madre.
Dei flash-back mostrano la coppia nel 1958, lui è professore di letteratura, insegna a delle giovani aspiranti scrittrici tra le quali conosce la futura moglie: a lei una vera scrittrice del tempo dice che i libri delle donne, anche premiate o riconosciute, finiscono nelle librerie delle case a prendere polvere. Non basta il valore, bisogna essere maschi per salire nell'olimpo degli scrittori, negli anni '50. Così dice il film.
La rozzezza del novello Nobel risiede nelle battute anche pacchiane, nel non ricordare nulla dei personaggi dei suoi libri, nell'essere un impenitente dongiovanni: The Wife, lei, ha sopportato nell'ombra, della gloria del marito è stata partecipe, lui la chiama “socia di scrittura” … Ma al conferimento del premio al cospetto del re e al sentire la motivazione solenne del Nobel, deve aver pensato che quelle parole celebrative appartengono a lei, l'espressione del suo viso sembra dirlo e lascia la sala dei festeggiamenti, vuole lasciare anche il marito e tornarsene a casa col figlio. Che lontana questa coppia che discute alla fine, o la devota moglie che mette a nudo le falle del loro rapporto, con gli “amore! tesoro!” del prologo.
E' film da altro “olimpo”, quello del cinema, per l'interpretazione dei due, Joan interpretata da Glenn Close e il presunto scrittore Joe Castleman (Jonathan Pryce), perfettamente leggibili nei loro ruoli, soprattutto della Close (indimenticata femmina perversa di Attrazione Fatale), lasciano indovinare perfino i loro pensieri, le parole e ancor più i silenzi descrivono chiaramente i loro trascorsi e il “contratto” che hanno portato avanti, la ghost-writer e il “famoso scrittore”. Regia condotta senza sbavature, misurata. Glenn Close non da Nobel ma da Oscar.
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flyanto
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venerdì 12 ottobre 2018
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un legame segreto e indissolubile
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Già dal titolo, “The Wife – Vivere nell’Ombra”, si intuisce che in quest’opera cinematografica diretta dal regista svedese Biorn Runge, il personaggio principale della storia è costituito dalla figura femminile di una coppia e, più precisamente, dalla moglie di un noto scrittore americano che sta per essere insignito a Stoccolma del prestigioso Premio Nobel per la letteratura. Ciò a cui assiste lo spettatore nel corso del film sono i fibrillanti giorni di preparazione nella capitale svedese al grande evento da parte dello scrittore e di sua moglie: una donna molto intelligente che è sempre stata a fianco del marito, famoso personaggio e ‘tombeur des femmes’ , consigliandolo e sostenendolo nei momenti più critici di tutta la sua esistenza, insomma, vivendo nella sua ombra.
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Già dal titolo, “The Wife – Vivere nell’Ombra”, si intuisce che in quest’opera cinematografica diretta dal regista svedese Biorn Runge, il personaggio principale della storia è costituito dalla figura femminile di una coppia e, più precisamente, dalla moglie di un noto scrittore americano che sta per essere insignito a Stoccolma del prestigioso Premio Nobel per la letteratura. Ciò a cui assiste lo spettatore nel corso del film sono i fibrillanti giorni di preparazione nella capitale svedese al grande evento da parte dello scrittore e di sua moglie: una donna molto intelligente che è sempre stata a fianco del marito, famoso personaggio e ‘tombeur des femmes’ , consigliandolo e sostenendolo nei momenti più critici di tutta la sua esistenza, insomma, vivendo nella sua ombra. Ma proprio nel corso di queste fervide giornate tra i due coniugi, all’apparenza una coppia sempre in armonia, iniziano a nascere delle tensioni che condurranno ad una sconcertante verità.
Un’opera il cui finale ‘a sorpresa’ si intuisce già quasi subito dopo le prime scene del film ma, al di là di ciò, quello che dà valore a quest’opera cinematografica è la rappresentazione della situazione in sé e dei personaggi legati da un rapporto molto stretto che cela un segreto e che per svariate e plausibili motivazioni, trascende conducendo i personaggi a fare i conti con se stessi. In un crescendo di tensione sentimentale quanto mai realistico e preciso, il film di Runge è molto ben reso ed efficace, rendendo la vicenda assai avvincente per lo spettatore e quanto mai suggestiva. La riuscita della pellicola, inoltre, è dovuta anche all’ottima interpretazione dei due attori che impersonano la coppia di coniugi, Jonathan Price e Glenn Close e quest’ultima, occorre sottolineare, sovrasta di gran lunga quella del collega.
In ogni caso, “The Wife” è un esempio di buon cinema che raramente delude.
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valterchiappa
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giovedì 11 ottobre 2018
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gli ambigui compromessi del matrimonio
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Su cosa si fonda un matrimonio? Quali compromessi, quanti arretramenti? Non fatevi ingannare dalla (come al solito) arbitraria traduzione del titolo, che, superflua, accompagna quello originario; men meno dal banale luogo comune in locandina “dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”. Nella sceneggiatura di “The Wife” c’è molto altro.
Joe Castleman (Jonathan Pryce) è uno scrittore idolatrato dai lettori, che vede coronata la sua carriera dall'assegnazione del premio Nobel. La febbrile attesa per l'evento viene vissuta assieme alla moglie Joan (Glenn Close), con cui ha instaurato un rapporto simbiotico Ma la verità sul loro matrimonio e sulla fama di Joe si materializza nella figura di un giornalista invadente e curioso (Christian Slater), che va a frugare nel passato, mettendo a nudo una verità inconfessabile: il ruolo determinante di Joan nei successi del marito.
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Su cosa si fonda un matrimonio? Quali compromessi, quanti arretramenti? Non fatevi ingannare dalla (come al solito) arbitraria traduzione del titolo, che, superflua, accompagna quello originario; men meno dal banale luogo comune in locandina “dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”. Nella sceneggiatura di “The Wife” c’è molto altro.
Joe Castleman (Jonathan Pryce) è uno scrittore idolatrato dai lettori, che vede coronata la sua carriera dall'assegnazione del premio Nobel. La febbrile attesa per l'evento viene vissuta assieme alla moglie Joan (Glenn Close), con cui ha instaurato un rapporto simbiotico Ma la verità sul loro matrimonio e sulla fama di Joe si materializza nella figura di un giornalista invadente e curioso (Christian Slater), che va a frugare nel passato, mettendo a nudo una verità inconfessabile: il ruolo determinante di Joan nei successi del marito.
Se si agitano i piatti della bilancia, l’equilibrio trovato non appare più l’unica verità possibile ed ogni suo caposaldo è rimesso in discussione: la serena accettazione viene prevaricata dalla tacitata frustrazione; altre verità di fronte alle quali si è preferito abbassare gli occhi si parano di fronte. E il dubbio appare in tutta la sua drammaticità: mettere in secondo piano sé stessi è stata una consapevole decisione, una scelta di comodo o una violenza subita?
“The Wife”, tratto dall‘omonimo romanzo di Meg Wolitzer, è un film molto ben scritto. La sceneggiatura di Jane Anderson conserva la letterarietà dell’originale, tracciando una storia resa coinvolgente da un andamento della vicenda coerente ed ottimamente delineato e da personaggi opportunamente modellati in funzione di essa. Del tema trattato offre una analisi acuta ed originale, che scaturisce dal plot, senza necessità di affondare nella mera riflessione. Ma come ogni bel testo si stratifica in più piani di lettura e punta lo sguardo da angoli ottici molteplici, comunque stimolanti: le conseguenze possibilmente negative sulla crescita affettiva dei figli, lo scaturire della scrittura inevitabilmente dalla vita e preferibilmente dal dolore, un curioso sguardo sull’apparentemente dorato mondo dei premi.
“The Wife” ha poi, e questo era pronosticabile, un altro punto di forza nella recitazione perfettamente equilibrata dei due protagonisti, che trova la casa ideale in dialoghi ben bilanciati e mai ridondanti, mentre disegna un contrappunto esattamente in sincrono. La sfida fra i due campioni viene vinta ai punti dalla ben gestita passionalità di Glenn Close, funzionale nel tradurre efficacemente la forza interiore del suo personaggio. Ma non è da meno Jonathan Pryce, che ben rende la mediocre consistenza umana dello scrittore di successo, nascosta dietro l’aurea apparenza. Bravo anche Christian Slater, viscido e serpentiforme al punto giusto. Il regista svedese Björn Runge di suo mette la formazione teatrale che si palesa nella composizione chiusa delle scene.
In sintesi “The Wife” è un esempio di buon cinema, non altisonante, ma costruito solidamente su due delle sue pietre d’angolo più tradizionali: una buona penna e il talento degli attori. Un film che non fa urlare di visibilio, ma che regala una soddisfazione intima e persistente. Ciò che forse non usa più.
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vittorio
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giovedì 11 ottobre 2018
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attori superbi, glenn close ancor più..
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Nell’autocostrizione che un amore creduto immenso rende vittima una moglie, scrittrice, sicura guida letteraria di uno scrittore , l’eccellente Jonathan Price, grande di nome , ma confinato ,altrimenti,in ambiti di aurea mediocrità , l’assegnazione a lui del Premio Nobel per la letteratura scoperchia , tramite la romanzesca, poco giustificata ma fondamentale ai fini del compiersi della presa di coscienza, presenza di un giornalista, scrittore quale il redivivo Christian Slater , il tappo fragile di una vita assieme, rassegnatamente ipocrita e meschina.
E la moglie Glenn Close, straordinaria, si erge magnificamente espressiva, fragile nella sua grandezza e risoluta nel finale, al compiersi della tragedia, con il volto sereno, e fiero nel contempo, libera di smascherare il vero ai suoi figli e far pace con l’inibita grandezza del suo talento.
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flaw54
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mercoledì 10 ottobre 2018
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opera teatrale
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Un lavoro chiaramente teatrale, ottimamamente recitato dai due protagonisti. Eccessivamente lento e monotono nella prima parte si riscatta nel finale grazie ai dialoghi-scontro sempre più taglienti tra Pryce e l a Close. Il Nobel però sembra portare sfortuna per lo meno a livello cinematografico
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samanta
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martedì 9 ottobre 2018
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la sindrome di stoccolma
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The Wife (La moglie titolo migliore di Una vita in ombra) è un film di coproduzione USA, UK e Svezia diretto da Bjorn Runge regista svedese con un discretto curriculum di film prevalentemente circoscritto alla cinematografia svedese. Trama [Spoiler]: Joe Castleman (Jonathan Price) scrittore di successo e sua moglie Joan (Glenn Close), in un mattino del 1992 nella loro casa nel Connecticut ricevano la sperata telefonata da Stoccolma: Joe ha vinto il premio Nobel. Partono per Stoccolma accompagnati dal figlio David (Max Irons) scrittore alle prime armi che si sente represso dal padre. Durante il viaggio e la permanenza a Stoccolma prima della giornata della premiazione, Joan rivive il passato quando giovane studentessa si innamorò di Joe suo professore che per amore di lei abbandonò moglie e figlia.
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The Wife (La moglie titolo migliore di Una vita in ombra) è un film di coproduzione USA, UK e Svezia diretto da Bjorn Runge regista svedese con un discretto curriculum di film prevalentemente circoscritto alla cinematografia svedese. Trama [Spoiler]: Joe Castleman (Jonathan Price) scrittore di successo e sua moglie Joan (Glenn Close), in un mattino del 1992 nella loro casa nel Connecticut ricevano la sperata telefonata da Stoccolma: Joe ha vinto il premio Nobel. Partono per Stoccolma accompagnati dal figlio David (Max Irons) scrittore alle prime armi che si sente represso dal padre. Durante il viaggio e la permanenza a Stoccolma prima della giornata della premiazione, Joan rivive il passato quando giovane studentessa si innamorò di Joe suo professore che per amore di lei abbandonò moglie e figlia. Joe con la nuova moglie jha 2 figli e il successo, ma nella realtà Joan non solo lo presenta alla casa editrice ma gli scrive i suoi romanzi di successo, infatti Joe che ha difficoltà di tradurre le sue idee e le trame in una scrittura piacevole, ha trovato nella moglie un gostwriter di talento. I ricordi di questo fatto e delle infedeltà del marito, in aggiunta ai pettogolezzi di un invadente giornalista che vuole scrivere una biografia del marito fanno esplodere Joan proprio al pranzo dopo la premiazione, non sopportando le lodi del marito nei suoi confronti abbandona la sala e decide di lasciarlo, ma questo provoca una crisi nel marito che muore d'infarto.
E' un film complesso, sinceramente un pò noioso, sarebbe stato meglio cercare di vivacizzare e approfondire il passaggio di Joan da moglie a scrittrice ombra del marito, questo determina che il regista non riesca a spiegare il comportamento dei diversi personaggi. Joan perché ha agito sacrificando la sua carriera per amore del marito e dopo quasi 40 anni, proprio in quell'occasione deve chiarire la sua posizione ? Forse era affetta dalla Sindrome di Stoccolma per cui accettava volentieri la personalità repressiva del marito, altrimenti aveva avuto tutto il tempo per chiarire la sua posizione. Quanto a Joe è affetto da una egomania, certo non difetta di autostima ma sicuramente ama sua moglie forse per un amore sincero, forse anche perchè non sa che non riesce a vivere senza di lei che oltre a scrivere gli fa da badante, ma anche la sua figura alla fine è irrisolta. Vi è poi il personaggio del figlio che è male delineato solo uno stupido temerario può pensare di iniziare l'attività di scrittore all'indomani della premiazione del padre con il Premio Nobel. Quello che è notevole nel film è l'ottima interpretazione di Glenn Close, che probabilmente le varrà una nomination all'Oscar, l'attrice riesce a dare senza sottolineare i toni, ma solo con lo sguardo o i sorrisi amari, il dramma di una donna che da un'iniziale travolgente amore vuole rompere tutta una vita in un attimo. Buona l'interpretazione di Jonathan Pryce che interpreta Joe in modo un pò caricato, forse avere interpretato Don Chisciotte lo ha confuso.
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fabiorugge
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domenica 7 ottobre 2018
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storia debole di un grande amore
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Ok. Ottima prova di attori (protagonisti) e regista. Ma la storia si reggebbe meglio (non ho detto bene) se adattata al teatro e spostata di qualche decennio all'indietro. Per carità, non c'è bisogno di risailre tanto nel tempo per trovare storie di talento femminile negato. Ma, insomma, la sarda Grazia Deledda ha pur vinto il Nobel nel 1926. Davvero una talentuosa donna americana riesce a esprimersi dagli anni '50 in avanti, solo all'ombra del marito tombeur compulsivo? Bjorn Runge gira tutto in interno e così non corre il rischio di incontrare cortei del women's lib e di dovere spiegare a noi tutti dov'erano gli intellettuali Joan e Joe quando il movimento cambiava molte regole nell'editoria.
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Ok. Ottima prova di attori (protagonisti) e regista. Ma la storia si reggebbe meglio (non ho detto bene) se adattata al teatro e spostata di qualche decennio all'indietro. Per carità, non c'è bisogno di risailre tanto nel tempo per trovare storie di talento femminile negato. Ma, insomma, la sarda Grazia Deledda ha pur vinto il Nobel nel 1926. Davvero una talentuosa donna americana riesce a esprimersi dagli anni '50 in avanti, solo all'ombra del marito tombeur compulsivo? Bjorn Runge gira tutto in interno e così non corre il rischio di incontrare cortei del women's lib e di dovere spiegare a noi tutti dov'erano gli intellettuali Joan e Joe quando il movimento cambiava molte regole nell'editoria. A teatro (dove si capisce che si trova più a suo agio) Runge se la sarebbe cavata con tre atti: l'incontro, il patto, il vincitore. Ma una pellicola poteva contenere più storia - in modo da farci capire meglio la misteriosa Joan. La quale d'improvviso, dopo una vita da signora Maigret, si trasforma in... Nora. Accetta l'invito al bar di un petulante, stucchevole scrittore arrivista, sebbene sia scontato che non ha niente da dirgli. Lui è talmente antipatico che neppure per un attimo si ha la sensazione che Joan stia per cedere al tentativo dell'arivista di insinuarsi nella sua vita di coppia. Abbastanza scontato anche il personaggio del figlio di Joe. Pure lui è scrittore, frustrato dai mancati riconoscimenti del padre e impacciato e imbronciato come un adolescente. Non credo leggerò il romanzo di Meg Wolitzer, da cui il film è tratto. Anche se può darsi benissimo che, in questo caso, il regista (maschio) abbia reso un cattivo servizio a una buona scrittrice.
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