Nove Giorni al Cairo - Tortura e omicidio di Giulio Regeni

Film 2017 | Documentario 52 min.

Anno2017
GenereDocumentario
ProduzioneItalia
Durata52 minuti
Regia diCarlo Bonini, Giuliano Foschini
TagDa vedere 2017
MYmonetro 3,65 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Carlo Bonini, Giuliano Foschini. Un film Da vedere 2017 Genere Documentario - Italia, 2017, durata 52 minuti. - MYmonetro 3,65 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento sabato 29 aprile 2017

Consigliato assolutamente sì!
3,65/5
MYMOVIES 4,00
CRITICA
PUBBLICO 3,30
CONSIGLIATO SÌ
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Un docufilm potente per non dimenticare Giulio Regeni.
Recensione di Claudia Catalli
sabato 29 aprile 2017
Recensione di Claudia Catalli
sabato 29 aprile 2017

Si chiama Nove giorni al Cairo il docufilm su Giulio Regeni. È firmato a quattro mani da Carlo Bonini e Giuliano Foschini, che su circa tredici ore di girato hanno selezionato, con la preziosa collaborazione di 42mo Parallelo, 52 minuti. 52 minuti per raccontare cosa accadde dal 26 gennaio 2016, giorno in cui Regeni fu rapito, al 3 febbraio 2017, giorno in cui venne ritrovato (fatto ritrovare) senza vita e con un corpo che, spiega il medico legale nel film, parlava da solo. Testimoniando "varie ondate lesive che non risparmiavano nessuna parte del suo corpo".
Realizzato da Repubblica, sul cui sito è disponibile in versione webserie (5 puntate) ed evento speciale del Bari international film festival, il film si apre con le parole e i volti dei genitori di Giulio. Paola e Claudio Regeni. L'obiettivo ne cattura le espressioni, la bravura di chi lo guida sta nel non immortalare alcuna lacrima, nel non scadere mai nella retorica del dolore pure immenso. Il racconto di una madre che sente l'ultima volta suo figlio su Skype senza cogliergli nello sguardo traccia di inquietudini. La stessa madre che se lo ritrova giorni dopo avvolto in una di quelle "buste bianche che usano all'Ikea" senza vita. Che vuole controllare i piedi di suo figlio, che somigliano tanto ai suoi e a quelli di suo padre, e glielo sconsigliano, perché il cadavere di Giulio è martoriato. Anche il suo volto è trasfigurato, i genitori lo riconoscono "dalla punta del naso". Dettagli colmi di umanità, che raccontano tutta la dignità di una coppia che non ha mai cessato, né cessa di pretendere che sia fatta verità, donando intanto a chi guarda una lezione di resilienza memorabile.
Il documentario non riguarda una famiglia di Fiumicello, riguarda tutti. Mostra immagini e audio inediti. Chiarifica i rapporti tra Giulio, l'Università di Cambridge e il sindacato degli ambulanti egiziani. Troviamo la conversazione tra Giulio e il capo del suddetto sindacato Mohamed Abdallah, che lamenta di avere una moglie malata di cancro e un forte bisogno di soldi. Giulio si promette di aiutarlo, spiega che le diecimila sterline che potrebbe chiedere all'università sarebbero però destinate non a scopi personali ma solo a progetti di ricerca: "Sono un accademico", "Sono solo uno straniero in Egitto, un ricercatore" ripete a più riprese, di fronte a una birra, sforzandosi di essere il più chiaro possibile. Il tutto registrato da una telecamera nascosta che Abdallah, collaboratore dei servizi segreti egiziani, teneva accesa. Il valore del film, scritto da Diana Ligorio e girato da Alain Zika e Alessandro D'Elista, sta anche nel riuscire a rendere un contenuto tanto fondamentale visivamente interessante. Non c'è un'immagine di troppo, i 52 minuti arrivano dritti allo spettatore come un proiettile, e il contenuto è chiaro, esaustivo, puntuale. Un ottimo equilibrio di forma e sostanza, tutt'altro che scontato, con una telecamera che volutamente indugia sui volti, quelli dei genitori di Giulio, come quelli di figure che finora non si erano espresse sul caso, come appunto il medico legale. La sfida, spiega Bonini, era contaminare il linguaggio delle immagini con la forza documentaria.
Non è, né poteva essere un film a tesi. Non è, né poteva essere un film in grado di dare risposte. Perché dopo oltre un anno le risposte ancora non arrivano. Malgrado le continue richieste da parte di magistratura e società civile italiana, malgrado il ritiro dell'ambasciatore italiano che di fatto equivale ad una sorta di rottura dei rapporti diplomatici con l'Egitto, ancora dal Cairo nessuna risposta. Non aiuta l'ambiguità di Cambridge, che sembra aver dimenticato il suo ricercatore, sottolinea Foschini: "Non c'è neanche una targa per Giulio, una vergogna a cui la comunità accademica intera dovrebbe ribellarsi".
Giulio è stato torturato e ammazzato perché era un ricercatore che voleva studiare, sapere, capire. Questa la lezione che ha lasciato a tutti noi: mai stancarsi di cercare la verità. Verità per Giulio Regeni.

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