giovanni
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giovedì 8 giugno 2023
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noioso
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Deludente, noioso, non realistico.
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giovedì 8 giugno 2023
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noiso, scollegato, inverosimile
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Regia dormiente, attori non credibili, film inute, noioso e inconsistente.
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matteo
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domenica 12 maggio 2019
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un'occasione mancata per te
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L'occasione l'hai mancata tu. Infatti un bel tacere non fu mai scritto. Tu pretendi una verità "altra" e "alta", per quello c'è già la propaganda razzista del governo. Non ti basta??
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matteo
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domenica 12 maggio 2019
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noi figli di eichmann
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Andrea Segre firma un film coraggioso e onesto che non lascia dubbi sulla verità delle cose. Un film lucido che ci mette davanti alle nostre responsabilità di spettatori passivi di una tragedia pianificata dai nostri governanti. Un film su un funzionario che solo apparentemente sembra trovare un po' di umanità che seppellisce nell'esecuzione dei suoi doveri. Un personaggio, come tanti, buon padre di famiglia, onesto cittadino ma mandante e sicario nello stesso tempo. Esecutore di stermini programmati. Un rimando al passato, neppure troppo lontano. Potremmo ancora una volta dire che noi non sapevamo?
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ennio
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giovedì 11 aprile 2019
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coerente e di attualità ma un pò piatto
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Rispetto ad altri film di Segre che ho molto apprezzato, ("Io sono Li" "La prima neve"), questo film di denuncia sul traffico di esseri umani dalla Libia e sui centri di smistamento/detenzione libici risulta un pò più sfocato nei contenuti umani, forse perchè focalizzato in massima parte sul "noi" e non sul "loro".... "noi" trattiamo coi cattivi il destino delle vittime, e sono le nostre vite ad essere studiate e discusse in questo contesto, non le "loro" vite. Non si tratta dunque del classico -dalla parte delle vittime-, ma un -dalla parte di noi-
Il solerte poliziotto-funzionario ministeriale appare una figura verosimile, che a un certo punto è tentato dal diventare inverosimile di fronte a un singolo caso umano che il destino gli propone.
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Rispetto ad altri film di Segre che ho molto apprezzato, ("Io sono Li" "La prima neve"), questo film di denuncia sul traffico di esseri umani dalla Libia e sui centri di smistamento/detenzione libici risulta un pò più sfocato nei contenuti umani, forse perchè focalizzato in massima parte sul "noi" e non sul "loro".... "noi" trattiamo coi cattivi il destino delle vittime, e sono le nostre vite ad essere studiate e discusse in questo contesto, non le "loro" vite. Non si tratta dunque del classico -dalla parte delle vittime-, ma un -dalla parte di noi-
Il solerte poliziotto-funzionario ministeriale appare una figura verosimile, che a un certo punto è tentato dal diventare inverosimile di fronte a un singolo caso umano che il destino gli propone. Il finale "cattivista" fa tirare a tutti un sospiro di sollievo.
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nadia meden
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venerdì 15 marzo 2019
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libia
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Un grande fim, un grande Andrea Segre che, portando sulla scena due "mostri sacri" del teatro come Paolo Pierobon e Fausto Russo Alesi, ( da non dimenticare Battiston), ci fa capire come sia importante seguire da vicino la tristissima situazione della Libia e dei migranti e come faccia , invece , molto più comodo girare a testa dall'altra parte , far finta di niente, non potersi assumere nessuna responsabilità personale. Meglio, dunque, lasciare che l'ordine delle cose proceda.............Grazie
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lbavassano
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martedì 19 febbraio 2019
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la giusta distanza
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Ottimo film "L'ordine delle cose" di Andrea Segre, opera di drammatica attualità (i sordidi accordi fra Italia e Libia nella "gestione" dei migranti), che però sa mantenere la giusta misura, la giusta distanza, lontana da troppo facili effetti di sdegno o commozione ma anche da un preteso asettico documentarismo, e che proprio per questo risulta ancor più efficace. Opera pregevole comunque anche dal punto di vista strettamente cinematografico, delle immagini e della colonna sonora, dei modi narrativi, anche se gran parte del merito deve essere riconosciuto agli interpreti, perfetti, e sempre credibili, nel sapersi adeguare al tono volutamente asciutto, su tutti eccellente Paolo Pierobon.
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Ottimo film "L'ordine delle cose" di Andrea Segre, opera di drammatica attualità (i sordidi accordi fra Italia e Libia nella "gestione" dei migranti), che però sa mantenere la giusta misura, la giusta distanza, lontana da troppo facili effetti di sdegno o commozione ma anche da un preteso asettico documentarismo, e che proprio per questo risulta ancor più efficace. Opera pregevole comunque anche dal punto di vista strettamente cinematografico, delle immagini e della colonna sonora, dei modi narrativi, anche se gran parte del merito deve essere riconosciuto agli interpreti, perfetti, e sempre credibili, nel sapersi adeguare al tono volutamente asciutto, su tutti eccellente Paolo Pierobon.
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nigel mansell
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sabato 12 gennaio 2019
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l'ordine delle cose di andrea segre
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Dei suoi lavori avevo già visto “Io sono Li”, che giudico superiore a questa pellicola. Anche qui il tema sono gli stranieri. Prima avevamo una cinese a Chioggia, ora siamo in Libia, dove ci sono il Medio Oriente e l'Africa che spingono alle porte della vecchia Europa.
Di fronte a ciò che vediamo, alla folla di disperati ed ai loro carnefici, non riusciamo a capire di cosa si tratta. Sono migrazioni volontarie o forse fughe indotte, o magari minacciose invasioni? Riusciamo davvero, abbiamo gli elementi per capire a quale evento epocale stiamo assistendo?
Questo film di certo non da risposte, non prende parte, ma si limita ad osservare.
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Dei suoi lavori avevo già visto “Io sono Li”, che giudico superiore a questa pellicola. Anche qui il tema sono gli stranieri. Prima avevamo una cinese a Chioggia, ora siamo in Libia, dove ci sono il Medio Oriente e l'Africa che spingono alle porte della vecchia Europa.
Di fronte a ciò che vediamo, alla folla di disperati ed ai loro carnefici, non riusciamo a capire di cosa si tratta. Sono migrazioni volontarie o forse fughe indotte, o magari minacciose invasioni? Riusciamo davvero, abbiamo gli elementi per capire a quale evento epocale stiamo assistendo?
Questo film di certo non da risposte, non prende parte, ma si limita ad osservare. Racconta di un funzionario integerrimo che pur di mantenere il suo zelo metterà a tacere la sua coscienza. Perché non può prendere a cuore la tragedia a cui assiste, non può guardare quei migranti negli occhi, altrimenti non saranno più numeri ma persone, ed allora non potrà sarà costretto ad agire.
Siamo nella Libia post Gheddafi, il film aveva anticipato la triste realtà odierna. Segre ci fa capire cosa si intende quando i governi dicono bisogna prendere accordi con i locali per evitare gli sbarchi. In sostanza ci mostra cosa si intende con l'espressione aiutiamoli a casa loro.
E noi gente comune, noi che non decidiamo di far scoppiare guerre civili o fomentiamo odi etnici, che non vogliamo mettere tutti contro tutti per mantenere gli equilibri in Africa e nel Medio Oriente, ci troviamo a fare i conti con gli effetti di una causa che non conosciamo, né abbiamo scatenato.
E mentre i perbenisti stanno nelle loro ville in collina o nei lussuosi palazzi del centro, e da lì pontificano di tolleranze che non conoscono, ci troviamo a dividere le miserie delle periferie con questa nuova umanità.
Che posizione prendere? Io non lo so, e questo film non mi ha fatto maturare una decisione.
Per il resto questo lungometraggio, quasi un documentario più che una fiction (d'altronde il regista viene da lì e non ha disdegnato ritornarci), scorre lento e si trascina stancamente sino alla fine della vicenda, quando il funzionario, nella sua splendida villa, lontano da tutto e tutti, si rifugia negli affetti della famiglia: lui che può.
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mayamax3d
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venerdì 20 ottobre 2017
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ma quanto è realmente bello questo film?
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Questa pellicola è girata proprio male, stabilizzazione assente delle immagini, una fotografia "piatta" è dire poco.
I dialoghi li trovo discutubili e tutto il film l'ho letto come una denuncia contro quelle persone che pensano che occuparsi della sicurezza del proprio paese sia sbagliato.
onestamente credevo in un film più "distaccato" e obbiettivo.
mai più questo film
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merilois
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mercoledì 11 ottobre 2017
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ordine, innanzitutto!
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Corrado, serio funzionario di Stato non ha scelta, alla fine. Deve compiere la missione e portare a casa un risultato come richiesto dal Ministro.
Se salva la ragazza e la fa arrivare in Europa, deve "comprarla". Il militare, capo del centro di detenzione libico, gli chiede dei soldi. Corrado l'ha già denunciato
come uomo corrotto. Se salva la ragazza manda all'aria tutta la missione. E' il fallimento. Lo Stato Italiano perde e gli sbarchi continueranno.
Di questo si tratta. Salvare la patria, riportare l'ordine delle cose. I diritti umani rispettati sono un altro paio di maniche. Forse verranno dopo, in una seconda fase. O forse non verrranno mai.
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Corrado, serio funzionario di Stato non ha scelta, alla fine. Deve compiere la missione e portare a casa un risultato come richiesto dal Ministro.
Se salva la ragazza e la fa arrivare in Europa, deve "comprarla". Il militare, capo del centro di detenzione libico, gli chiede dei soldi. Corrado l'ha già denunciato
come uomo corrotto. Se salva la ragazza manda all'aria tutta la missione. E' il fallimento. Lo Stato Italiano perde e gli sbarchi continueranno.
Di questo si tratta. Salvare la patria, riportare l'ordine delle cose. I diritti umani rispettati sono un altro paio di maniche. Forse verranno dopo, in una seconda fase. O forse non verrranno mai. Alla fine della storia a Corrado gli si inumidiscono gli occhi pensando alla ragazza che non ha potuto salvare. Però la Ragion di Stato sta sopra ogni cosa.
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