mauridal
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giovedì 18 maggio 2017
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quando la vecchiaia si fa dura , la tenerezza inizia a giocare.
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Quando la vecchiaia si fa dura,allora Le tenerezze cominciano a vivere e ad emergere , si fanno largo e a volte vincono. Nel bel film del regista Amelio,tutta la storia di Lorenzo ,avvocato di una Napoli antica, si incentra sulle durezza d'animo che la vita vissuta , la vecchiaia, con i suoi difetti inevitabili,gli determinano . L'anziano avvocato Lorenzo, provato da un ricovero per infarto,ritorna a vivere da solo in casa avendo dei figli lontani fisicamente e affettivamente,avendo abbandonato da tempo la famiglia , con moglie e figli per altri amori, per tentare di vivere una vita egoisticamente più felice ,ma che gli ha comportato dopo la morte della moglie una vita solitaria , quasi misantropa, con durezze e inasprimenti del carattere .
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Quando la vecchiaia si fa dura,allora Le tenerezze cominciano a vivere e ad emergere , si fanno largo e a volte vincono. Nel bel film del regista Amelio,tutta la storia di Lorenzo ,avvocato di una Napoli antica, si incentra sulle durezza d'animo che la vita vissuta , la vecchiaia, con i suoi difetti inevitabili,gli determinano . L'anziano avvocato Lorenzo, provato da un ricovero per infarto,ritorna a vivere da solo in casa avendo dei figli lontani fisicamente e affettivamente,avendo abbandonato da tempo la famiglia , con moglie e figli per altri amori, per tentare di vivere una vita egoisticamente più felice ,ma che gli ha comportato dopo la morte della moglie una vita solitaria , quasi misantropa, con durezze e inasprimenti del carattere . Questo personaggio diventa nell'Italia di oggi, contemporanea al film di Amelio e al romanzo a cui si ispira, un frequente e comunissimo tipo umano che abita e vive nelle città ,anzi diventando una porzione di popolazione quasi preminente a quella giovanile , dove i giovani fanno fatica a iniziare una vita autonoma. Ed è così che il vecchio Lorenzo ormai inspessito come le sue arterie, si trova a contatto per caso con una giovane coppia con due figli piccoli , i quali vengono ad abitare nell'antico palazzo napoletano dove lui abita .Da questo casuale incontro , scaturisce una voglia di tenerezza per tutti i personaggi,un intreccio di umanità e di sentimenti coinvolgenti che fanno del film un piccolo gioiello di narrazione e recitazione con espressività tali da rendere i dialoghi e le immagini pur necessari ,anche a volte superflui. Si può dire che il gioco del racconto si basa su espressività e sentimenti suggeriti , come pure i luoghi e la città di Napoli da sfondo alle azioni. Sicuramente la recitazione di Micaela Ramazzotti ,di Elio Germano , nei panni della giovane coppia ,tenera sì ma sfortunata, risulta efficace e comunicativa, ma la prova di Renato Carpentieri, come l'avvocato Lorenzo,è superba e piena di significato, sia per lo spessore dell'attore ma anche per la piena aderenza al tema della tenerezza che si vuole dare al personaggio, chiuso nella scorza della vecchiaia .(mauridal)
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eugenio
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mercoledì 7 giugno 2017
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dolcezza e poesia nel nuovo film di amelio
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Un’inquadratura di soppiatto, due semplici scene. Una persona anziana in ospedale, una donna che la guarda fosca, ingrigita. Poi poco oltre, il ritorno dell’uomo, prima ricoverato, in un palazzo antico nel centro di Napoli.
Stacco e un incontro inaspettato con una giovane vicina di casa che ha dimenticato le chiavi ed è rimasta sul pianerottolo, ad attendere.
Il ritratto della felicità contro l’apparente male di vivere dell’uomo, avvocato di dubbia fama, caduto in disgrazia e abbandonato dai figli, educatore “sui generis” di un nipote invitato a marinare a scuola e a seguire le sue inclinazioni.
Lorenzo (Renato Carpentieri) e Michela (Micaela Ramazzotti).
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Un’inquadratura di soppiatto, due semplici scene. Una persona anziana in ospedale, una donna che la guarda fosca, ingrigita. Poi poco oltre, il ritorno dell’uomo, prima ricoverato, in un palazzo antico nel centro di Napoli.
Stacco e un incontro inaspettato con una giovane vicina di casa che ha dimenticato le chiavi ed è rimasta sul pianerottolo, ad attendere.
Il ritratto della felicità contro l’apparente male di vivere dell’uomo, avvocato di dubbia fama, caduto in disgrazia e abbandonato dai figli, educatore “sui generis” di un nipote invitato a marinare a scuola e a seguire le sue inclinazioni.
Lorenzo (Renato Carpentieri) e Michela (Micaela Ramazzotti). L’avvocato e la giovane donna confusionaria. Poi il marito di lei, Fabio (Elio Germano), giovane ingegnere navale “del nord”, i loro due figli piccoli, una coppia nel tranche de vie in quel mare di luci e ombre che è Napoli.
La coppia e l’anziano.
Loro ubriachi di vita, belli, apparentemente stabili e privi di ogni maschera di dolore; l’altro egoista, brusco, allontanato dai propri figli (uno, Saverio, interessato solo ai soldi per un locale che sta per aprire, l’altra, Elena, interpretata dalla convincente Giovanna Mezzogiorno più introversa, traduttrice in processi per extracomunitari, più sensibile e ancora capace di soffrire per un padre che non ha mai dimenticato).
Un legame stabile contro uno “scucito”, legato al passato di Lorenzo con una moglie che tradiva in continuazione.
Un incrocio tra due solitudini, una dell’anziano, l’altra di una coppia che nasconde fratture dietro l’apparente facciata borghese. In mezzo, lezioni di cucina, la rinascita di un uomo che scopre via via, un legame profondo, un misto di tenerezza con quella giovane ragazza solare “del nord” grazie alla quale imparerà di nuovo a sorridere.
Fino a una confusa quanto concitata notte di pioggia in cui tutto muterà e nulla rimarrà come prima.
Gianni Amelio e il cinema, una lezione che molti giovani cineasti dovrebbero apprendere. Il suo ultimo film La tenerezza capace di canti struggenti quale Il ladro di bambini ritorna con un impeto che ci trascina nei meandri della famiglia, nella fragilità di un rapporto delicato, instabile.
La storia è intrisa di momenti che scavano nella psicologia dei personaggi, senza il peccato della retorica e dell’arte nel giudicare ogni azione. L’elegia e la tenerezza unite alla sapiente fotografia sono la costante di questo film di Amelio che sceglie come protagonista il bravissimo Renato Carpentieri, suo coetaneo in cui far traboccare la rabbia del suo io più irrequieto e insofferente dinanzi al passare del tempo.
La tenerezzaè una storia d’altri tempi, dove l’amore e la dolcezza sono sfiorate da uno sfogo di violenza immotivata di cui tutti, nessuno escluso sono partecipi. Lorenzo chiude il suo dolore nella solitudine; Fabio nella sfuriata contro un extracomunitario nella terribile scena della sciarpe o la sua allucinazione di una madeleine dinanzi al trenino avuto da bambino e ritrovato casualmente da un robivecchi di Napoli; Saverio nel cinismo di un’attività commerciale aperta con i soldi del padre ed infine le due donne; Elena e Michela appunto, forse le uniche capaci di far fronte all’incapacità di amore di uomini chiusi per paura ed egoismo dentro le loro quotidiane preoccupazioni.
Con un andamento a tragedia greca culminante in un apex di dolore e morte, il regista inquadra una Napoli in cui la vita è di strada, muovendo la telecamera in un viaggio inquieto dentro piazze, camere di ospedali in un’ansia e un malessere diffuso di chi solo tra gli altri, annega in un futuro che rifiuta di vedere e esplorare.
E’ un film sapiente La tenerezza che non nasconde il dolore, ma che lo reinventa alla luce di gesti quotidiani, dove la famiglia, cuore di molte passati lavori di Amelio è il motore pulsante dove svolgere un racconto empatico che tocca cuore, mente e fa innamorare.
E poco importa se qualche volta si debba metter mano al fazzoletto. La bellezza e la dolcezza di gesti desueti come quelli di una stretta di mano tra padre e figlia senza guardarsi sullo sfondo di ragazzini che giocano a skateboard valgono qualche lacrima di troppo.
Dice un poeta arabo che la felicità non è una meta da raggiungere ma una casa a cui tornare. Tornare... non andare!
Bentornato Amelio!
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carlosantoni
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sabato 29 aprile 2017
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la difficile via del ritorno
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E' un film che s'impone per rigore e tessitura costruttiva nel panorama deprimente dell'attuale stagione cinematografica. Amelio non delude, anzi sorprende per bravura e finezza, e il suo film parla di tante cose, su piani discorsivi diversi. Parla del rapporto tra genitori e figli, mostrandocelo come per niente scontato, tutt'altro, ricordandoci che è un rapporto difficile, che richiede impegno, applicazione costante: qualcosa che deve saper andare oltre l'incanto dei primi anni, deve saper affrontare il tempo difficile in cui i figli, crescendo, poco a poco diventano necessariamente qualcosa di diverso dai gioiosi bambolotti che ci eravamo ritrovati a coccolare.
Ci parla poi del'irrompere spesso del tutto inatteso della tragedia nella vita, qualcosa cui capita di non essere minimamente preparati, ma che tuttavia devasta la vita nostra e purtroppo non solo la nostra; e di come la tragedia, il precipitare tragico della vita in una dimensione di estremo dolore, ci porti, ci obblighi direi, a riconsiderare tutte quante le coordinate della nostra esistenza, a partire dalla storia e dalla struttura dei nostri propri sentimenti, delle nostre relazioni affettive, imponendo scelte, gerarchie di valori che poco tollerano il formalismo dei luoghi comuni.
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E' un film che s'impone per rigore e tessitura costruttiva nel panorama deprimente dell'attuale stagione cinematografica. Amelio non delude, anzi sorprende per bravura e finezza, e il suo film parla di tante cose, su piani discorsivi diversi. Parla del rapporto tra genitori e figli, mostrandocelo come per niente scontato, tutt'altro, ricordandoci che è un rapporto difficile, che richiede impegno, applicazione costante: qualcosa che deve saper andare oltre l'incanto dei primi anni, deve saper affrontare il tempo difficile in cui i figli, crescendo, poco a poco diventano necessariamente qualcosa di diverso dai gioiosi bambolotti che ci eravamo ritrovati a coccolare.
Ci parla poi del'irrompere spesso del tutto inatteso della tragedia nella vita, qualcosa cui capita di non essere minimamente preparati, ma che tuttavia devasta la vita nostra e purtroppo non solo la nostra; e di come la tragedia, il precipitare tragico della vita in una dimensione di estremo dolore, ci porti, ci obblighi direi, a riconsiderare tutte quante le coordinate della nostra esistenza, a partire dalla storia e dalla struttura dei nostri propri sentimenti, delle nostre relazioni affettive, imponendo scelte, gerarchie di valori che poco tollerano il formalismo dei luoghi comuni. Ci si accorge di voler bene e di non voler bene, ci si accorge che è insopportabile l'assenza di chi veramente si ama o si è amato, e fastidiosa la presenza di chi ci sta intorno per mera consuetudine. Il dolore, quanto più profondo, ci obbliga a una scelta, ad una selezione: la nostra tenerezza, e voglia di tenerezza, non si riverbera affatto in ogni direzione.
Il film ci parla poi di quanto sia labile il confine tra apparenza e realtà, di come sia difficile stabilire e mantenere un criterio astratto di "normalità" all'interno dei rapporti umani. Fin dalle prime scene Amelio ci mette in guardia: Elena (Giovanna Mezzogiorno) che fa la traduttrice per il tribunale di Napoli, casualmente si rende conto che un extracomunitario inquisito non la racconta giusta: lei sa con certezza, per motivi esterni all'apparenza "buonista" delle dichiarazioni dell'inquisito, che questi sta mentendo, ma il suo sapere non può riversarsi nella sua traduzione giurata, che dunque è destinata a rimanere monca e sostanzialmente non veritiera: "Oltre alle parole occorrerebbe poter tradurre lo sguardo, i gesti, il tono della voce...". Sì, perché come spesso accade nella vita, il mero linguaggio verbale, le cose dette, risultano assai distanti dalla realtà, mentre proprio il non detto sarebbe l'essenziale. E nella scena immediatamente su8ccessiva, Elena che in ospedale parla al capezzale di suo padre (che non si scorge in viso, che resta nascosto), dà l'impressione di parlare a un uomo malato, non si sa di cosa, tuttavia completamente immobile e incapace di comprendere. Ma anche questa è apparenza: il realtà l'uomo, Lorenzo, un anziano avvocato interpretato da uno strepitoso Renato Carpentieri, è semplicemente un genitore che non sopporta minimamente i suoi due figli: Elena, appunto, sempre in cerca di un contatto col genitore, e l'arido, cinico Saverio, e che dunque finge di dormire, o comunque di non essere in grado di ascoltare. E quest'apparenza, che vela, nasconde, deforma la realtà trasformandola in conformismo, e che si rivela presente in tutto lo sviluppo della storia, anzi delle diverse storie personali, la si può dissolvere con lo sforzo del voler bene, col saper mettere in gioco la propria tenerezza.
Trama complessa, dialoghi coinvolgenti, recitazione raffinata (in primis del solidissimo Carpentieri e della Ramazzotti, così brava a mostrare la fragilità e la pulizia del personaggio, Michela, ma anche del sempre eccellente Germano e della convincente Mezzogiorno), bella fotografia, colonna sonora azzeccata, tutto concorre a fare de "La Tenerezza" un film eccellente.
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loland10
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domenica 30 aprile 2017
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attese e malinconie
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“La tenerezza” (2017) è il dodicesimo lungometraggio del regista Gianni Amelio.
Incastri di personaggi, nuclei famigliari in formazione o da formare, un nonno malato e i figli ancora da cercare, i vicini di casa e una coppia, i bambini e un nipote, una città e un avvocato, le scale e le stanze, il mare e le navi, sogni e silenzio, una città e i suoi segni.
L’ultimo Amelio (tratto dal romanzo di Lorenzo Marone ‘La tentazione di essere felici”) ridà forza a ciò che uno interiorizza in una vita con contrasti, durezze, forze vive e svarioni di ansia come di acuti malinconici tra mura sporcate e disegni da esprimere.
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“La tenerezza” (2017) è il dodicesimo lungometraggio del regista Gianni Amelio.
Incastri di personaggi, nuclei famigliari in formazione o da formare, un nonno malato e i figli ancora da cercare, i vicini di casa e una coppia, i bambini e un nipote, una città e un avvocato, le scale e le stanze, il mare e le navi, sogni e silenzio, una città e i suoi segni.
L’ultimo Amelio (tratto dal romanzo di Lorenzo Marone ‘La tentazione di essere felici”) ridà forza a ciò che uno interiorizza in una vita con contrasti, durezze, forze vive e svarioni di ansia come di acuti malinconici tra mura sporcate e disegni da esprimere. Ecco che il non detto appare molto più incisivo e ficcante di alcuni colloqui o pensieri ad alta voce alquanto allungati come anche inermi nel contesto. Un film ‘morale’ che no dà lezioni ma cerca di prendere: il cinema dell’autore è sempre stato lontano da elucubrazioni mentali e facili retoriche: si deve riconosce una certa pulizia nelle immagini, un curato movimento di macchina, una giusta ripresa distensiva e un distacco sano dai suoi personaggi. Un cinema pulito, si direbbe, caustico, limato con parole soverchie e reazioni scomposte o meglio che sembrerebbero fuori contesto.
Certo manca una sintonia e una diramazione di intenti tra i luoghi esterni e i personaggi (o meglio gli atti recitativi): è un tu per tu sonnecchiante e silenzioso al vuoto interiore: il pathos è fustigato, annullato dalle stesse lunghe frasi e diramazioni e i giochi rappresentativi appaiono (in certi frangenti) scontati. Un certo cinema sociale e (neo)realista è ancora nel cuore del regista calabrese e un documentarismo lieve come poco incline all’eccesso sanno di lezione studiata e insita nel bagaglio culturale ma tendono ad essere una buona partenza come una zavorra che limita il film in certe situazioni che diventano rituali e quasi conosciute.
Lorenzo (Renato Carpentieri) è un avvocato in pensione. E’ appena uscito dall’ospedale. Ha due figli, Elena (Giovanna Mezzogiorno) e Saverio (Arturo Muselli) : rapporti distaccati e pieni di astio; conosce due vicini di casa, Fabio (Elio Germano) e Michela (Micaela Ramazzotti) , (venuti a Napoli) e i loro due bambini. Incontri, scontri, ricordi e ruggini vecchie; le situazioni famigliari di oggi e di ieri si accavallano e si intersecano. Una follia, sangue, disperazione e silenzi da colmare. Tutto in un trambusto di colloqui e di vie di Napoli quasi sconosciute (a tutti).
Lorenzo dice a Fabio di essere nato a Napoli e di non essere mai andato via: ma il film è troppo preso dentro per farci incontrare e vedere il fuori: si osservano mura vecchie, portoni, scritte laceranti, virtù dimesse e gente che scorre lontana da quello in primo piano. Appartamenti, scale, corridoi, camere di tribunale e d’ospedale: è ciò che il regista stringe a noi e a lui. Luoghi vivi dentro e spenti fuori. L’opposto (o quasi) dei personaggi che meriterebbero schiaffi: così come dice Saverio a sua sorella ‘merito uno schiaffo… dammelo’…’non ci penso nemmeno’ e fa gesti di una tenerezza al fratello come il padre che attende la mano di sua figlia. Il padre, vecchio e senza nessuno, si ritrova ad amare persone che non vede mai. I figli come i vicini.
Il lascito dell’infanzia del regista: “Ma non dovevate morire?” dice il nipote come il suo vicino Fabio in altro modo e Lorenzo ne conviene con: “ Ci ho ripensato…”. Il cinema quasi in fine d’opera che ripensa indietro e s’attarda nei grandi spazi sapienti di una casa piena di libri e di giudizi, nei rimbombi del palazzo di giustizia e nei lunghi corridoi di un ospedale ben tenuto. Tutto fuori il mondo periferico imbruttito fuori: solo le sporcizie di scritti e disegni sugli intonaci o colonne diramavano il mondo ma non certo non ne divide affinità e grandi vuoti. Il silenzio è di tutti i personaggi e le parole dette sono tutte inutili, futili ad ogni raggiro o raccordo di convenienza o di rapporto. Un mondo astioso e pieno di se. Nessuno si guarda realmente. E’ il cinema di una malattia post-moderna: l’isolamento senza social (unica fortuna i telefonini sono fuori e una partita di calcio sul p.c., in una stanza d’ospedale, è un pareggio per tutti: nessuno vince. E’ dei vinti il cinema di Amelio. Aspettiamo la tenerezza di un ‘vecchio’ (cinema) verso di noi perché ‘ai bambini si può dire tutto’.
Un racconto intimo, tenero e malinconico quello di Gianni Amelio dove la fotografia del milanese Luca Bigazzi vive con esso con immagini chiaro-scure quasi esauste. Della cerchia degli attori si vuole fare un plauso a Giovanna Mezzogiorno (e il suo vivere ‘sgomento’) e a Renato Carpentieri (e la sua sagoma penzolante).
Voto: 7/10.
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vincenzoambriola
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lunedì 1 maggio 2017
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densità di emozioni
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Un avvocato napoletano oramai in pensione, vedovo, con una figlia e un figlio con cui non comunica, anzi, che detesta apertamente. Una famiglia giovane che si trasferisce a Napoli, nell'appartamento vicino a quello dell'avvocato. Due realtà che si incontrano, che interagiscono mostrando diverse intensità di dolore, di incomprensione, di tragedia. Ma l'avvocato domina la scena, con le sue certezze, la sua grande esperienza umana e anche con il suo enorme cinismo. Come sempre vince il destino, che annoda i fili spezzati della trama e spezza quelli dell'ordito, senza dare a nessuno la possibilità di fuggire, di trovare la propria strada o quella che poteva essere.
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Un avvocato napoletano oramai in pensione, vedovo, con una figlia e un figlio con cui non comunica, anzi, che detesta apertamente. Una famiglia giovane che si trasferisce a Napoli, nell'appartamento vicino a quello dell'avvocato. Due realtà che si incontrano, che interagiscono mostrando diverse intensità di dolore, di incomprensione, di tragedia. Ma l'avvocato domina la scena, con le sue certezze, la sua grande esperienza umana e anche con il suo enorme cinismo. Come sempre vince il destino, che annoda i fili spezzati della trama e spezza quelli dell'ordito, senza dare a nessuno la possibilità di fuggire, di trovare la propria strada o quella che poteva essere. Ottima regia e ottime interpretazioni, incorniciate da una fotografia di altissimo livello che ci presenta una Napoli più vera di quella che conoscono gli stessi napoletani. Una Napoli di persone, di vicoli, di palazzi scrostati e di palazzi tecnologici. Una Napoli densa di emozioni e di tenerezza.
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agata75
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mercoledì 3 maggio 2017
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il titolo giusto sarebbe 'la pesantezza'
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Film che promette bene dall'incipit, l'idea c'è. Si sviluppa però in maniera troppo contorta, con una drammaticità e tragicità che non aggiunge valore alla trama e si dilunga in particolari che anch'essi non sono necessari, aumentano solo il calvario, aspettando il finale. Lo stesso è risolutivo, ma che fatica. I personaggi sono troppi, abbozzati ma non sufficientemente approfonditi psicologicamente da poter creare un legame con lo spettatore. Io lo sconsiglio, non mi ha dato niente.
[+] la pesantezza!!!
(di tamburel)
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nadia meden
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venerdì 15 novembre 2019
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la tenerezza
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Ho rivisto con molto piacere in Tv un film che avevo molto apprezzato in sala, non ricordo bene se nel 2016 o 2017 con un cast d'attori eccezionale. Il protagonista , Lorenzo interpretato magistralmente dal Sig. Renato Carpentieri, è un vecchio signore in pensione che ha sempre fatto l'avvocato e che è molto conosciuto nella sua città , Napoli , anche per certi trascorsi un pò nebulosi riguardanti la sua attività. Personaggio particolare e fulcro di tutto ilfilm, una bellissima commedia italiana che racchiude tutti isentimenti umani , il rimpianto, il rancore, la nostalgia, ma soprattutto l' amre incondizionato. Amore che il sig. Lorenzo riverserà su una giovane coppia con due figli piccoli che diventeranno suoi vicini di casa.
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Ho rivisto con molto piacere in Tv un film che avevo molto apprezzato in sala, non ricordo bene se nel 2016 o 2017 con un cast d'attori eccezionale. Il protagonista , Lorenzo interpretato magistralmente dal Sig. Renato Carpentieri, è un vecchio signore in pensione che ha sempre fatto l'avvocato e che è molto conosciuto nella sua città , Napoli , anche per certi trascorsi un pò nebulosi riguardanti la sua attività. Personaggio particolare e fulcro di tutto ilfilm, una bellissima commedia italiana che racchiude tutti isentimenti umani , il rimpianto, il rancore, la nostalgia, ma soprattutto l' amre incondizionato. Amore che il sig. Lorenzo riverserà su una giovane coppia con due figli piccoli che diventeranno suoi vicini di casa. Sarà solo dopo l' immane tragedia che sconvolgerà la sua vita e quella della famigliola che l'uomo proverà a farsi accettare da sua figlia adulta e con la quale non riusciva piu' a comunicare e tenterà finalmete di riversare su di lei tutto l'amore paterno che per un breve periodo aveva regalato alla sua vicina Michela ( Micaela Ramazzotti ) . un Grandissimo Carpentieri, una bravissima Ramazzotti, una bravissima Giovanna Mezzogiorno e un sempre bravo Elio Germano. Un cameo notevole quello di Giuseppe Zeno che io ammiro tantissimo a teatro . Grazie.
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namla
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lunedì 1 maggio 2017
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una filosofia tutta napoletana
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il film mi è piaciuto... All'ombra di una Napoli triste ed enigmatica il protagonista turba lo spettatore con pensieri e riflessioni sulla vita ... è un uomo maturo che ha maturato una sua "filosofia" profondamente napoletana... la toccante interpretazine del bravissimo Carpentieri lo fa amare dallo spettatore perchè è solo, ma anche saggio e filantropo nonostante la sua scarsa comunicabilità.
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jackmalone
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giovedì 25 maggio 2017
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andare e non tornare
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Nessuno riesce a tornare sui suoi passi, a riscrivere propria storia evitando gli errori commessi e la sofferenza procurata a se stessi e agli altri. Tutti abbiamo pensato almeno una volta :"e se avessi un'altra occasione?": per dimostrare di poter far meglio, di aver capito i propri errori; ma poi perchè? E a chi interessa veramente quello che avremmo
potuto essere? Quando arrivano questi pensieri è troppo tardi ; siamo vecchi, ci sentiamo inutili: vogliamo solo essere capiti, perdonati e assolti: abbiamo bisogno solo di un poco di tenerezza, ci sembra di meritarla ,oltretutto, anche se non abbiamo fatto niente per guadagnarcela. La famiglia è il luogo peggiore dove esercitare questo sentimento, è un fallimento programmato nei minimi dettagli.
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Nessuno riesce a tornare sui suoi passi, a riscrivere propria storia evitando gli errori commessi e la sofferenza procurata a se stessi e agli altri. Tutti abbiamo pensato almeno una volta :"e se avessi un'altra occasione?": per dimostrare di poter far meglio, di aver capito i propri errori; ma poi perchè? E a chi interessa veramente quello che avremmo
potuto essere? Quando arrivano questi pensieri è troppo tardi ; siamo vecchi, ci sentiamo inutili: vogliamo solo essere capiti, perdonati e assolti: abbiamo bisogno solo di un poco di tenerezza, ci sembra di meritarla ,oltretutto, anche se non abbiamo fatto niente per guadagnarcela. La famiglia è il luogo peggiore dove esercitare questo sentimento, è un fallimento programmato nei minimi dettagli. I figli maschi non diventano come i padri vorrebbero, le femmine entrano in competizione con la madre e cercano di vivere sovvertendo il modello imposto. Nessuno si sforza di capire l'altro: ognuno pigramente ripete un ruolo stantio senza avere nè la forza nè il bisogno di cambiarlo, ritraendosi sempre più in se stesso fino al totale isolamento. Quando all'anziano avvocato dalla condotta disinibita, che non ha mai avuto peli sullo stomaco, neanche nel lavoro, e che è stato capace di rovinare irrimediabilmente anche il rapporto con i figli, capita una seconda occasione gli sembra arrivata l'ora del suo riscatto morale e civile. Troppo bello per essere vero; il mostro si nasconde in tutte le famiglie; anche in quelle apparentemente felici. E' un mostro veramente spaventoso,destabilizzante ed assoluto che si cela nella malattia mentale. Meglio allora le nostre squallide famiglie "normali" dove ognuno ignora l'altro e faticosamente , a modo proprio, cerca di ritagliarsi un pezzetto di normalità.
Sulla famiglia è stato scritto, detto e interpretato tutto. Le parole più significative sono state dette forse dal grande Eduardo quando nella sua commedia "Mia famiglia" faceva dire al padre che cercava di contestare le scelte avventate del figlio:" Siamo tutti come le maglie di una stessa catena e, se si allenta una maglia, si allentano tutte le altre..";
purtroppo una grande verità ancora adesso.
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goldy
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sabato 29 aprile 2017
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sconvolgere per pensare
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Mi sono chiesta quale motivazione possa aver spinto l'autore del romanzo da cui è tratto il film a scrivere una storia così sconvolgente. Probabilmente il ripetersi continuo di tragedie familiari che negli ultimi anni riempono la cronaca nera. italiana Impensabili fino a qualche anno fa, oggi invece i delitti parentali sembrano essere i luoghi sclusivi per gli assassinii più efferati..
Del fenomeno il cinema per lo meno quello itliano non se ne era ancora occupato. Lo fa Amelio che ha il tocco e l'esperienza per entrare nei drammi familiari e lo fa con maestria e delicatezza esemplare. Nella mancanza di tenerezza individua
la causa principle e probabilmente ha ragione.
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Mi sono chiesta quale motivazione possa aver spinto l'autore del romanzo da cui è tratto il film a scrivere una storia così sconvolgente. Probabilmente il ripetersi continuo di tragedie familiari che negli ultimi anni riempono la cronaca nera. italiana Impensabili fino a qualche anno fa, oggi invece i delitti parentali sembrano essere i luoghi sclusivi per gli assassinii più efferati..
Del fenomeno il cinema per lo meno quello itliano non se ne era ancora occupato. Lo fa Amelio che ha il tocco e l'esperienza per entrare nei drammi familiari e lo fa con maestria e delicatezza esemplare. Nella mancanza di tenerezza individua
la causa principle e probabilmente ha ragione. Mette a fuoco la fondamentale importanza del dialogo con i bambini. Bravo nel costruire dialoghi essenziali , appena accennanati che scoraggiano la retoriva.. Coinvolgente, struggente, straziante ma quanto mai utile per una necessaria riflessione sulla necessità di dire, parlare, comunicare, amare.
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