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Da Hitchcock a The Silent Man: come sono cambiate le spy stories al cinema

La controversa figura di Mark Felt è al centro del thriller biografico con Liam Neeson. Dal 12 aprile al cinema.
di Emanuele Sacchi

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Liam Neeson (William John Neeson) (71 anni) 7 giugno 1952, Ballymena (Gran Bretagna) - Gemelli. Interpreta Mark Felt nel film di Peter Landesman The Silent Man.
martedì 10 aprile 2018 - Focus

Nei corsi e ricorsi delle tendenze che attraversano la storia del cinema, il particolare periodo storico che stiamo vivendo sembra ricollegarsi, misteriosamente, a un filone tipico della New Hollywood anni '70: quello delle spy stories a sfondo politico, intrighi in cui il mistero si infittisce sempre più e rivela la trama di insospettabili architetture spionistiche. Forse in virtù di una presidenza statunitense inaccettabile per molti dei suoi cittadini più illustri, timorosi che l'America possa compiere irreversibili passi indietro, o per un riaprirsi delle tensioni tra Usa e Russia.

Cinematograficamente sono due i momenti cardine, attorno a cui ruota la gran parte delle vicende di complotti svelati messe in scena: in primis la morte di John F. Kennedy nel 1963, seguita dalla poco convincente indagine della commissione Warren, e quindi lo scandalo Watergate, che mette fine alla presidenza Nixon.
Emanuele Sacchi

Entrambi i casi sono passati sotto la lente di ingrandimento di Peter Landesman, ex giornalista e ora regista, che adotta uno stile semplice ed efficace nel racconto per immagini di pagine oscure della storia degli Stati Uniti d'America. Per JFK si trattò di Parkland, del 2013, mentre al Watergate è dedicato The Silent Man, un thriller biografico dedicato alla figura di Mark Felt, il cosiddetto "Gola profonda", così soprannominato sulla scia del successo del celeberrimo porno con Linda Lovelace. La figura di Felt, informatore chiave dell'indagine del Washington Post, è sempre rimasta nell'ombra, nei racconti che hanno preceduto The Silent Man: a partire dal celeberrimo Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula, che ritraeva Felt come un utile strumento per permettere alle penne libere di Bob Woodward e Carl Bernstein di mettere in ginocchio l'odiato Nixon. Landesman restituisce invece a Felt il ruolo di primattore, eroico protagonista della vicenda Watergate, relegando i giornalisti a una fugace apparizione.

Ma per arrivare a Landesman e alla sua rivisitazione del canone, un breve excursus su alcuni capisaldi della spy story in versione politica.


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Il club dei 39.
Va' e uccidi.
Una squillo per l'ispettore Klute.

Il club dei 39 (1935)
Il progenitore di un genere. Sir Alfred Hitchcock, ancora in attività su suolo britannico, cuce attorno allo stranito Robert Donat un complotto enormemente più grande di lui. Un uomo d'affari a cui piacciono le belle donne, che finisce per diventare il colpevole ideale di un traffico di armi. L'associazione segreta dei "trentanove scalini" prepara ai Notorious e Intrigo internazionale che verranno.

Va' e uccidi (1962)
Meglio noto come The Manchurian Candidate e oggetto di un remake diretto da Jonathan Demme, è un indimenticabile concentrato di tutte le paranoie da guerra fredda: lavaggio del cervello, il comunismo come fabbrica di automi che hanno bandito le emozioni, la sindrome da attentato al Presidente, che accompagna gli States dalla morte di Abraham Lincoln in avanti. Un anno dopo sarà un attentato a mettere fino alla vita di John Kennedy, aumentando l'aura di sinistro presagio che aleggia sul film di John Frankenheimer.

Una squillo per l'ispettore Klute (1971)
L'obiettivo non è il potere politico, ma quello finanziario, ma lo sguardo di Pakula è il medesimo, tagliente e lucido. Considerato il primo di una ideale trilogia firmata dal regista, con Perché un assassinio e Tutti gli uomini del Presidente, è il più sexy dei tre, costruito attorno a Bree Daniels, una Jane Fonda sensuale e misteriosa, che si aggiudica un meritato Oscar. Una storia che prefigura il ruolo primario della componente sessuale negli intrighi politici e non che verranno. Attualissimo.


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Perché un assassinio.
Tutti gli uomini del Presidente.
Blow Out.

Perché un assassinio (1974)
È il meno conosciuto e celebrato della trilogia di Pakula, probabilmente il più coraggioso e azzardato. Ancora un candidato alla presidenza ucciso e una cospirazione politica negata. Warren Beatty interpreta Joe Frady, giornalista intrepido che non si ferma di fronte a nulla in cerca della verità. La Parallax Corporation resta una delle più inquietanti organizzazioni criminali in incognito viste al cinema e Perché un assassinio uno dei più neri e pessimisti esempi di thriller politico di ogni tempo.

Tutti gli uomini del Presidente (1975)
Tanto Perché un assassinio è paranoico e pessimista, quanto Tutti gli uomini del Presidente è carico di speranza nel futuro. Benché ricco di momenti thrilling, la conclusione della ideale trilogia di Alan J. Pakula diviene l'archetipo del film di denuncia dei democratici americani. Il simbolo di come una democrazia possieda gli anticorpi necessari per salvaguardare la libertà quando questa viene messa in discussione dall'interno. Ancora oggi resta il perfetto film da Oscar, come dimostrano le statuette ai suoi "nipotini" dell'era-Obama Argo e Il caso Spotlight.

Blow Out (1981)
Blow Out arriva alla fine della sbornia da Watergate, quando gli Ottanta stanno già scrivendo la storia di un'altra America, in cui i repubblicani hanno ottenuto la loro rivincita reaganiana. Brian De Palma omaggia Blow up (guarda la video recensione) di Antonioni e trasporta la vicenda di omicidio mascherato da incidente in uno scandalo politico tutto americano. Paranoia da complotto e voyeurismo depalmiano al loro apice, con un lavoro audace su montaggio e uso del sonoro. John Lithgow è diabolico e implacabile, una maschera di morte, a caccia di un inedito John Travolta, che inizia la sua difficile carriera post-Tony Manero.


THE SILENT MAN: RECENSIONE

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