max821966
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giovedì 17 maggio 2018
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incompleto
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Sono un appassionato di storia del 20° secolo e drogato di 7a arte.....come potevo rinunciare a questo film?
L'ho visto su Sky e poi ho comprato il Bluray ( ne ho + di 1100, TUTTI ORIGINALI).
Il primo argomento da trattare è la magistrale, fantastica, incredibile interpretazione di Gary Oldman.
Secondo me doveva arrivare prima agli Oscar...... in Leon era stato fulminante, in Dracula superlativo, ma in questi film era la sceneggiatura che aveva suggerito i caratteri dei due personaggi e Oldman fece un capolavoro cmq, in questo oltre alla bravura di attore, Oldman ha dovuto studiare le movenze, i tic, lo sguardo, le capacità comunicative dello statista inglese,(ndr essendo contemporaneo, mi viene da ridere-piangere quando ho sentito che per qualcuno, il + grande statista del 20° secolo è stato il ns, ahimè, B.
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Sono un appassionato di storia del 20° secolo e drogato di 7a arte.....come potevo rinunciare a questo film?
L'ho visto su Sky e poi ho comprato il Bluray ( ne ho + di 1100, TUTTI ORIGINALI).
Il primo argomento da trattare è la magistrale, fantastica, incredibile interpretazione di Gary Oldman.
Secondo me doveva arrivare prima agli Oscar...... in Leon era stato fulminante, in Dracula superlativo, ma in questi film era la sceneggiatura che aveva suggerito i caratteri dei due personaggi e Oldman fece un capolavoro cmq, in questo oltre alla bravura di attore, Oldman ha dovuto studiare le movenze, i tic, lo sguardo, le capacità comunicative dello statista inglese,(ndr essendo contemporaneo, mi viene da ridere-piangere quando ho sentito che per qualcuno, il + grande statista del 20° secolo è stato il ns, ahimè, B.Mussolini, credo che l'unico giorno che abbia passato da grande statista sia stato il 28/4/45).
I truccatori hanno fatto il resto, ma sfido chiunque che conosce la stora bene come me a dire che in Oldman non ha visto la "resurrezione" di Churchill.
Perchè non ho dato 5 stelle? Innanzitutto perchè un film non può avere una classificazione così ristretta, dovrebbero essere 10 le stelle, alcuni capolavori prendono 5 stelle alla pari con dei semi capolavori perchè quest'ultimi meritano più di 4 ma non 5, ma la scelta cade quasi sempre sul 5, entrando nello specifico, il regista ha dato per scontato che tutti gli spettatori conoscano la storia..... mi domando in quanti conoscano Chamberlain, Halifax egli inglesi filonazisti, alcuni dei quali ,addirittura andarono a combattere prima in Spagna, poi si arrularono volontari nelle truppe del 3° Reich.......è quì il punto debole del film. si da per scontato che tutti conoscano i personaggi, i gravissimi errori diplomatici di Chamberlain che non si accorse del tremendo pericolo che Hitler rappresentava, Lord Halifax, anche lui partecipe della sottovalutazione di Hitler e convinto sostenitore di un piano di non belligeranza tra il 3° Reich e Il Regno Unito.
Un film come questo doveva spendere qualche minuto in più di pellicola per spiegare la situazione interna della GB e caratterizzare meglio i personaggi.
Passando alla parte tecnica, bravi gli attori, fotografia e trucco da Oscar.
ps: Permettetemidi di spendere due parole per un paragone tra Oldman e il mio attore preferito Sir Anthony Hopkins : nell'interpretare Hitchcok nel film del 2012 è stato forse superiore a Oldman, ma stiamo parlando di due attori formidabili, sarebbe ingiusto fare un podio.
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vittorio
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giovedì 17 maggio 2018
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grandissimo gary oldman
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Film avvincente, un autentico spaccato di storia e soprattutto un fantastico Gary Oldman, che grazie alla sua performance ci regala emozioni, ironia e tensione. Gran bel film!!
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tommax
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sabato 5 maggio 2018
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oldman monumentale
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Non sono un critico nè un esperto; il film mi è piaciuto molto nonostante l'apparente struttura claustrofobica, che però ben rende cosa fu quel periodo per la Gran Bretagna. Aldilà di tutto, la recitazione di Gary Oldman vale da sola la visione del film. Misurata, scarna, efficace. Gli sguardi espressivi, i dialoghi fulminanti. Una vera e propria lezione di recitazione.
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tiz
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domenica 22 aprile 2018
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un buon film
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Film ben confezionato. Ben diretto. Si dimenticherebbe presto se non che... la straordinaria interpretazione di un grandissimo attore Gary Oldman. Geniale, umano, mai compiaciuto. Perfetto. Semplicemente perfetto.
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maricanoemi
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venerdì 30 marzo 2018
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assolutamente eccezionale
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Un film storico ben fatto, coinvolgente e interessante anche per chi generalmente non ama i film storici. Decisamente consigliato
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thomas49
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martedì 13 marzo 2018
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un attore che va al dilà di se stesso...
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...nel ruolo di un personaggio senza limiti. la cosa più incredibile è che sai dall'inizio come sono andate le cose. ma ti appassioni, aspetti. ti chiedi se la storia ripeterà se stessa... Forse il film ha quella cosa che si chiama talento.
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arctor
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mercoledì 7 marzo 2018
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darkest hour
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Il regista Joe Wright torna sugli schermi dopo alcuni anni di assenza (non contando il trascurabile intermezzo fantasy di “Pan”, ci aveva lasciati con l’adattamento di Anna Karenina) con un film le cui intime caratteristiche di genere competono abbastanza al suo particolare stile e afflato storiografico, come al suo cinema stesso. E’ da subito chiaro che naviga in acque a lui congeniali in quanto il soggetto è confacente alla sua estetica, alla cifra filmografica mostrata già dal suo attivo, ossia di ricerca, per immagini e dialoghi di una consistenza caratteriale nei suoi personaggi, spesso tratti dalla letteratura o dalla storia, come qui. Ma un ritratto così complesso, sfaccettato, articolato, eppure limpido e puntiglioso, di sorta, quale dev’essere quello di una personalità di assoluto spicco, che ebbe, nella scena politica inglese di inizio Seconda Guerra Mondiale (Churchill), non è mai esente da rischi vari, come quello di scadere nella mezza caricatura o nel tragicomico pasticciato, muoversi “a braccio” o dando vita a uno spaccato privo di profondità.
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Il regista Joe Wright torna sugli schermi dopo alcuni anni di assenza (non contando il trascurabile intermezzo fantasy di “Pan”, ci aveva lasciati con l’adattamento di Anna Karenina) con un film le cui intime caratteristiche di genere competono abbastanza al suo particolare stile e afflato storiografico, come al suo cinema stesso. E’ da subito chiaro che naviga in acque a lui congeniali in quanto il soggetto è confacente alla sua estetica, alla cifra filmografica mostrata già dal suo attivo, ossia di ricerca, per immagini e dialoghi di una consistenza caratteriale nei suoi personaggi, spesso tratti dalla letteratura o dalla storia, come qui. Ma un ritratto così complesso, sfaccettato, articolato, eppure limpido e puntiglioso, di sorta, quale dev’essere quello di una personalità di assoluto spicco, che ebbe, nella scena politica inglese di inizio Seconda Guerra Mondiale (Churchill), non è mai esente da rischi vari, come quello di scadere nella mezza caricatura o nel tragicomico pasticciato, muoversi “a braccio” o dando vita a uno spaccato privo di profondità. Tutto questo non avviene, alla fine, fortunatamente.
Di ritratti e di pellicole incentrate sulla figura di Churchill se ne sono susseguite molte nell’arco di pochi anni (ma sin dai primi anni ’00, con Albert Finney) per arrivare ai progetti più recenti, interpretati da attori protagonisti tutti bene o male capaci di rendere il personaggio con le dovute differenze, a proprio modo (Michael Gambon, Brian Cox, Brendan Gleeson, probabilmente il migliore sino a qui). E forse però appunto con “Darkest Hour” si tratta del caso in cui, almeno da un punto di vista qualitativo e di invenzione, virtù stilistica e al contempo fedeltà narrativa, quest’ultima opera di Wright ne surclassa la maggior parte, in buona misura rendendo al meglio le complicazioni e le difficoltà, gli impedimenti di una personalità stratificata quanto unica e amabile di Winston e del circondario. Grazie anche all’uso saggio e ponderato di luci ed ombre, in un’ottica di scenografia e di scene in senso più ampio, ma anche montaggio e musica (ottimo l’accompagnamento dell’italiano Dario Marianelli, basato su eleganti scie di piano ralenti). La composizione segue l’ordine realistico e cronologico dei fatti e degli eventi. Lo script è quasi sempre rispettoso del materiale di partenza nella descrizione dei giorni più densi della vita del protagonista in ottica decisionale, di governo e inoltre morale. La questione di ambito e di spessore morale e fatale viene sollevata ben presto: migliaia di vite ormai gli dipendono, sono appese a un filo, pendono dalla sua ultima parola sulle numerose scelte da prendere. Risparmiandosi certi crismi, Wright infrange i limiti del ‘biopic’ riduttivo ed a sé stante, che spesso, quando in mano a registi minori, non navigati, occasionali, finisce per essere sterile (come in buona parte “Into The Storm”, un girato televisivo del 2008, che si concentrava però comunque più su aspetti del suo privato che non sulla sua visione chiarificatrice, d’onore, politica e d’insieme, di popolo, nonché di orgoglio nazionale). Merito anche soprattutto di un ritrovato Gary Oldman, perfettamente mimetico, uno fra i migliori attori inglesi sulla piazza. Un film che non nasconde una genuina impostazione formale, ma in ultima istanza è più che mai capace di condensare una riflessione e dare il senso di un’identità critica, di sicuro interesse della storia europea e mondiale di metà secolo scorso.
Voto: 6.5/10
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spione
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lunedì 5 marzo 2018
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un elegante santino
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A un film del genere non si può certo chiedere di essere storicamente attendibile, perché non è questo il suo scopo. Non avrebbe guastato, tuttavia, qualche accenno in più - sia pur rispettosamente velato - alle ben note simpatie dell'eroico salvatore dell'Europa per le dottrine autoritarie in voga a quell'epoca (e magari anche alla sua grande ammirazione e amicizia con il Mascellone nostrano). Per un'ora e mezzo il film funziona: sapientemente trasformato in un personaggio accattivante un po' folkloristico, l'evergreen del vecchietto simpatico e brontolone, il Churchill di Gary Oldman affascina e conquista. Peccato per gli ultimi venti minuti, in cui finisce per sbracare.
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A un film del genere non si può certo chiedere di essere storicamente attendibile, perché non è questo il suo scopo. Non avrebbe guastato, tuttavia, qualche accenno in più - sia pur rispettosamente velato - alle ben note simpatie dell'eroico salvatore dell'Europa per le dottrine autoritarie in voga a quell'epoca (e magari anche alla sua grande ammirazione e amicizia con il Mascellone nostrano). Per un'ora e mezzo il film funziona: sapientemente trasformato in un personaggio accattivante un po' folkloristico, l'evergreen del vecchietto simpatico e brontolone, il Churchill di Gary Oldman affascina e conquista. Peccato per gli ultimi venti minuti, in cui finisce per sbracare. L'episodio del viaggio in metropolitana risulta francamente imbarazzante, così come la scena dei discorsi finali di fronte al governo e al Parlamento è intrisa di una retorica indigeribile. Ma quando si vuole puntare al successo al botteghino, temo che non ci siano altre scelte.
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[+] disinformato
(di max821966)
[ - ] disinformato
[+] tutti i salmi finiscono in gloria
(di mencio)
[ - ] tutti i salmi finiscono in gloria
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zarar
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sabato 24 febbraio 2018
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il mito churchill
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Reso quasi irriconoscibile e molto teatrale dall’esigenza di riprodurre il più possibile attraverso il trucco la fisionomia di Churchill, l’attore Gary Oldman impersona lo statista inglese nel momento cruciale (1940) in cui assunse coraggiosamente una decisione che ha fatto storia, quando impose all’Inghilterra, messa alle strette come il resto d’Europa dall’avanzata apparentemente irresistibile delle truppe hitleriane, la resistenza ad ogni costo.
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Reso quasi irriconoscibile e molto teatrale dall’esigenza di riprodurre il più possibile attraverso il trucco la fisionomia di Churchill, l’attore Gary Oldman impersona lo statista inglese nel momento cruciale (1940) in cui assunse coraggiosamente una decisione che ha fatto storia, quando impose all’Inghilterra, messa alle strette come il resto d’Europa dall’avanzata apparentemente irresistibile delle truppe hitleriane, la resistenza ad ogni costo. Lucido nell’individuare sin dall’inizio la pericolosità e l’irriducibilità del nazismo a qualsiasi logica democratica, nominato Primo Ministro in un clima da ultima spiaggia, osteggiato quasi più dai suoi sodali Conservatori che dal Laburisti, blandamente appoggiato dal re Giorgio VI, pressato perché cercasse una trattativa di pace, consapevole dell’inferiorità militare britannica e dell’inevitabile sacrificio di migliaia di soldati, Churchill, pur divorato dal peso della responsabilità che si assumeva dato l’esito incerto della sua scelta, tenne duro. In questo film il regista rinuncia ad un approccio complesso e multiplo, puntando piuttosto sul mito Churchill come icona della strenua resistenza inglese, scegliendo una strategia di rappresentazione molto accattivante per il grande pubblico, una doccia scozzese di avvicinamento/distanziamento, umano troppo umano da una parte/eroe supereroe dall’altra. Di qui la centralità assoluta del personaggio impersonato con fin troppa energia da Oldman, con la sottolineatura da una parte del dettaglio personale e umorale, della minuzia everyday life, degli eccessi istrionici, fino all’autocompassione quasi piagnucolosa, con l’enfasi dall’altra sui momenti ‘eroici’ dei grandi discorsi e delle storiche riflessioni, con oscillazioni dal cinico al nobile, una sequenza abilmente connessa di citazioni e aneddoti, lontana da tentazioni di approfondimento. Un profilo che si manifesta al suo peggio nell’improbabile invenzione della corsa notturna in metropolitana che segna l’identificazione ‘mistica’ dell’animo del burbero politico con quello che brilla sui visi trasfigurati di lower-middle class Londoners. Intorno quasi solo comparse ad una dimensione: un Chamberlain maliconico e supercontrollato molto English, la segretaria timida che recita la segretaria timida, la moglie devota che recita la moglie devota, un re molto a portata di mano, che non perdona a Churchill l’appoggio a Wally Simpson, ma improvvisamente si riveste della dignità di un sovrano. Un’eccezione il personaggio Halifax (Stephen Dillane) un po’ più complesso degli altri. Questo approccio produce una sceneggiatura decisamente semplificatoria, ma non priva di impatto. Alla forza di attrazione contribuiscono un’ambientazione d’epoca che è – come sempre nei film inglesi – molto evocativa e curata nei dettagli, immersa in un’atmosfera un po’ livida e sulfurea che le dà un’efficace patina vintage. La regia poi ha un controllo assai astuto e ad effetto di tempi, ritmi, scorci, piani, alternanza buio/lampi di luce, integrazione di azione e colonna sonora, e sa come tenere desta l’attenzione dello spettatore.
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alfiosquillaci
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sabato 17 febbraio 2018
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nell’ora buia è la lingua inglese che va in guerra
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Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco: gli inglesi sono in Inghilterra e gli anglomani stanno in Perù. Va bene. Eppure, anche da non anglomani, anzi un tantinello avversi ai fasti della perfida Albione, come non invidiare un popolo che sa raccontarsi così bene al cinema? Dopo Vittoria e Abdul sull'epoca Vittoriana e l'Impero britannico all'apogeo e Dunkirk che raccontava una delle gesta di Churchill – l’evacuazione dell’intero esercito inglese incalzato dai tedeschi nella spiaggia normanna, film che nonostante le ambagi stilistiche era sostenuto dallo stesso sentimento “patriottico” -, il film di Wright si inserisce al meglio in questa scia di storia patria e ne costituisce l’antefatto, ne narra tra le altre vicende l’avantesto che si svolse sulla costa inglese nel maggio del 1940.
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Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco: gli inglesi sono in Inghilterra e gli anglomani stanno in Perù. Va bene. Eppure, anche da non anglomani, anzi un tantinello avversi ai fasti della perfida Albione, come non invidiare un popolo che sa raccontarsi così bene al cinema? Dopo Vittoria e Abdul sull'epoca Vittoriana e l'Impero britannico all'apogeo e Dunkirk che raccontava una delle gesta di Churchill – l’evacuazione dell’intero esercito inglese incalzato dai tedeschi nella spiaggia normanna, film che nonostante le ambagi stilistiche era sostenuto dallo stesso sentimento “patriottico” -, il film di Wright si inserisce al meglio in questa scia di storia patria e ne costituisce l’antefatto, ne narra tra le altre vicende l’avantesto che si svolse sulla costa inglese nel maggio del 1940.
Eppure si ammira smodatamente questa pellicola per spietata comparazione ellittica con la nostra storia coeva e avendo noi italiani medesimi come termine di paragone implicito, visto che in questa pellicola sono di scena dopotutto gli inglesi oltre che un suo magnifico eroe. Ciò per alcuni motivi prima di tutto extra-filmici. Per innanzi per la magnificazione della “Politica” che comunica la pellicola, termine che non si può non esprimere con la maiuscola in un Paese come il nostro dove è vilipesa da cittadini riottosi quanto stanchi e confusi, i quali non la amano (più) senza saperci mettere niente al suo posto se non un bofonchiante “sentimento del contrario” che solo sbrigativamente chiamiamo “antipolitica”. Dall’altro l’ammirazione per la capacità di una Nazione di saper esprimere una Classe Dirigente all’altezza della chiamata, nella sua “ora suprema”. Non solo Churchill, che giganteggia, ma il re Giorgio VI, e anche il visconte Halifax o Neville Chamberlain, corretti e durissimi oppositori dell’uomo con il sigaro, seppero rispondere all’ora solenne, nell’interesse esclusivo della nazione. E poi, dietro e a sostegno di questa classe dirigente, un popolo indomito e fieramente bellicoso come gli inglesi la cui capacità di resistenza e di difesa conoscemmo e ammirammo da piccoli anche in pellicole laterali come Pomi d’ottone e manici di scopa.
Per quel che riguarda il film in sé, che dire: straordinario e godibilissimo, tutto incentrato certamente sulla figura eccentrica e maiuscola (un maverick dopotutto) di Churchill ma anche sulla capacità di saper rendere gli aspetti drammaturgici della politica in sé e per sé. Molti riteniamo erroneamente, con Stendhal, che la politica rischi di funzionare in un intreccio narrativo come “un colpo di pistola in un concerto”, ossia che possa raffreddare il pathos o ostacolare di colpo, con le sue mene e pastoie, la fluidità dello sviluppo di un intreccio. Eppure metteteci la Politica con la maiuscola o gli avvolgenti discorsi di Churchill in un buio (non certo “sordo e grigio”) Parlamento inglese, semi-rischiarato da luci laterali, caravaggesche, e vedrete l’effetto grandioso, anche in termini di godibilità meramente visiva e “gastronomica”, che la Politica potrà offrire. Perché d’un tratto, non più l’immagine, ma è la parola solenne e teatrale a prendersi la scena, specie presso un maestro istrionico dell’oratoria classica come Churchill (che ha sottotraccia Cicerone), il quale come ammette lo sconfitto Halifax, dopotutto non fece che «portare la lingua inglese in guerra».
Alfio Squillaci
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[+] bravissimo
(di max821966)
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