Nella ex-Jugoslavia Brankica è salita sulla moto del fratello maggiore, Jovica, già a 2 anni e a 10 anni guidava la moto sul “muro della morte”, un cilindro con il fondo raccordato con un raggio di circa 4 metri ed una larghezza della pista pari a 6 metri. Gli spettatori della esibizione trovano posto su una passerella con ringhiera posta in alto attorno al cilindro. Il cilindro ruota ad una velocità sempre maggiore, mentre i motociclisti – ne vediamo tre contemporaneamente – si dispongono paralleli alternandosi in alto, in mezzo e in basso. Un aggeggio simile – con sole persone senza moto - era presente nei Luna Park dagli anni ‘50 in poi: i partecipanti che prendevano posto all’interno del cilindro non pagavano; per effetto della crescente velocità di rotazione le persone nel cilindro venivano sollevate e schiacciate sulla parrete di legno dalla forza centrifuga; i più abili facevano evoluzioni anche a testa in giù.
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Nella ex-Jugoslavia Brankica è salita sulla moto del fratello maggiore, Jovica, già a 2 anni e a 10 anni guidava la moto sul “muro della morte”, un cilindro con il fondo raccordato con un raggio di circa 4 metri ed una larghezza della pista pari a 6 metri. Gli spettatori della esibizione trovano posto su una passerella con ringhiera posta in alto attorno al cilindro. Il cilindro ruota ad una velocità sempre maggiore, mentre i motociclisti – ne vediamo tre contemporaneamente – si dispongono paralleli alternandosi in alto, in mezzo e in basso. Un aggeggio simile – con sole persone senza moto - era presente nei Luna Park dagli anni ‘50 in poi: i partecipanti che prendevano posto all’interno del cilindro non pagavano; per effetto della crescente velocità di rotazione le persone nel cilindro venivano sollevate e schiacciate sulla parrete di legno dalla forza centrifuga; i più abili facevano evoluzioni anche a testa in giù. Gli spettatori paganti stavano sulla passerella esterna e si divertivano a guardare dentro il Rotor. Il congegno apparve in una scena del film di François Truffaut, I 400 colpi. Ora questa versione con moto è l’ultima e appare ancora nell’Est Europa e alla Oktoberfest di Monaco di Baviera, ma ce n’è anche una più moderna con scooter e auto. Le evoluzioni di Brankica , del consuocero Goran e degli altri centauri vengono presentate al microfono con pathos – Acquistate i biglietti! Ultimo giro della Morte!–; le mani dei motociclisti si staccano dal manubrio e si sollevano in alto, come una sfida alla morte. Jovica e Sasha, fratelli di Brankica sono morti sul campo, perché l’imprevisto può scaturire non solo dal congegno fatto di tavole di legno assicurate con tiranti intrecciati di acciaio inossidabile, ma anche da un improvviso calo del motore o dalla rottura di un freno. Brankica ha compiuto 43 anni e non regge più il peso del suo girovagare: conta la nostalgia della vita spensierata prima della tragedia di Jovica e anche la lontananza dei nipotini rimasti in Serbia, che forse vorrebbero imitarla. Ha venduto il Muro della Morte a Goran. Il biopic è soffuso di malinconia e presenta la sua “eroina” con un talento naturale e la lunga esperienza che dà buoni margini di sicurezza. L’imprevisto è in agguato: una dimenticanza, un calcolo sbagliato, una “sicura” non controllata e il gioco finisce; più crescono gli anni, più i riflessi rallentano. Valeva la pena guadagnarsi da vivere così? Certo: si dimostrava che una donna ha coraggio e perizia come un uomo in sella ad una motocicletta con una pista strettissima. Ma non è facile guadagnare ancora la stima del pubblico, ben oltre le evoluzioni di un trapezista che oggi può contare sempre su un cavo di sicurezza, per un esercizio di bravura che mette a rischio la vita per il guadagno di pochi biglietti. La tristezza e la malinconia peseranno sempre più. Buona fortuna, Brankica: che tu possa godere a lungo i tuoi nipoti e veder crescere anche i loro figli! Un bel documentario.
Valutazione *** e ½. FabioFeli.
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