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The Great Wall, la Cina (ri)scopre il cinema d'avventura

Il blockbuster di Zhang Yimou suscita un sacco di simpatia e va goduto come un richiamo alla narrazione epica, e a un cinema più avventuroso. In tutti i sensi. Al cinema.
di Roy Menarini

The Great Wall

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Matt Damon (Matthew Paige Damon) (53 anni) 8 ottobre 1970, Cambridge (Massachusetts - USA) - Bilancia. Interpreta William Garin nel film di Zhang Yimou The Great Wall.
sabato 25 febbraio 2017 - Focus

Il ruolo storico ricoperto da The Great Wall, nella sua identità di film sino-americano simbolo del nuovo sistema globale che avanza, rischia di soffocarne altre caratteristiche. D'accordo, non può essere sottovalutato quel che avviene nell'industria del cinema cinese, né taciuto di come l'Oriente abbia ribaltato le sorti del cinema commerciale statunitense in anni di vacche non sempre grasse sul mercato interno. D'altra parte anche i dati di consumo europei sembrano premiare l'est: è da nazioni un tempo appartenenti all'area del blocco sovietico che giungono le maggiori soddisfazioni di crescita sul Continente, laddove i mercati storici, forse satolli, dell'Europa occidentale, oscillano da tempo fra piccoli segni più e piccoli segni meno.

La tigre del cinema non è più occidentale, da qualunque punto di vista la si voglia guardare. E allora perché pensiamo che The Great Wall sia un film che deve spingerci a cercare ben oltre le nozioni di puro mercato?
Roy Menarini

Il segno più evidente è il genere scelto: fantasy, certo, ma prima di tutto avventuroso. L'avventura è un archetipo decisivo per le sorti delle narrazioni tradizionali, se si pensa a quale enorme storia abbiano i romanzi degli ultimi tre secoli per la nostra civiltà, da Daniel Defoe a Walter Scott, da Robert Louis Stevenson a Emilio Salgari, da Mark Twain a Herman Melville, questi ultimi già in fondo rappresentanti della letteratura moderna. Di questa grande tradizione nei consumi culturali occidentali è rimasto poco: c'è chi li ritrova nel videogame fantasy/adventure, chi nel filone supereroistico, chi ancora in certa serialità televisiva, ma non c'è dubbio che i connotati sono profondamente cambiati.

Sembra invece che nel cinema orientale i tratti dell'avventura - ovviamente calibrati su una tradizione epica e letteraria autoctona - abbiano continuato a lavorare, complice una resistenza di questo immaginario pur in presenza di una massiccia globalizzazione e omogeneizzazione dei gusti.


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In foto una scena del film The Great Wall.
In foto una scena del film The Great Wall.
In foto una scena del film The Great Wall.

Non è dunque un caso che un film spartiacque come The Great Wall offra di nuovo un grande spettacolo avventuroso, riporti a emersione le figure dell'eroe straniero in terra ostile, del compagno d'armi privo di scrupoli, delle culture lontane che imparano a conoscersi e del monstrum da affrontare. Come se fosse una revisione leggendaria e paradossalmente retrodatata di Avatar (una forma di retrofantasy?), il film di Zhang Yimou mescola e dosa le due anime del cinema di evasione, senza pretendere nemmeno per un minuto di puntare al capolavoro, ma concependo il grande schermo come luogo della grandiosità, prima di tutto scenografica e coreografica (talvolta sembra di essere ancora immersi nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino, diretta proprio dal regista cinese).

E se il discorso sulla scoperta della polvere da sparo sembra divenuta un'ossessione per racconti mitici (da Game of Thrones a Kung Fu Panda 2), il ricorso all'astuzia e alle proprietà dei minerali per la distruzione delle orrende fiere si radica in un immaginario umanista che probabilmente piace anche per (e a non a dispetto della) sua ingenuità, ben servita da una recitazione volutamente elementare, fatta di espressioni esplicite e prive di ogni ambiguità.
Roy Menarini

Insomma, anche se The Great Wall non è un grande film, e probabilmente non è all'altezza del primato storico che vuole rivestire, è un film che suscita un sacco di simpatia, e che va goduto come un richiamo alla narrazione epica, e a un cinema più avventuroso. In tutti i sensi.


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