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antonio montefalcone
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giovedì 29 dicembre 2016
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viaggio in una vita che si fa poesia, e viceversa
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Paterson è il titolo del poema epico di William Carlos Williams, grande poeta americano. Ma è anche il nome di una piccola città del New Jersey e il nome del protagonista di questo film, a sua volta fan del libro di poesie di Williams e lui stesso poeta. Le coincidenze e i rimandi non sono un caso nell’ultima pellicola di Jim Jarmush. Pellicola che, pur nello stile minimalista e ironico a cui ci ha abituato il regista, sembra stavolta pura astrazione visiva, perfetta fusione tra “forma” e “sostanza” cinematografica e al tempo stesso come un quadro affascinante e interessante sull’esistenza dell’uomo, non soltanto del protagonista: un ritratto agrodolce, come in bianco e nero (i colori preferiti dalla moglie di Peterson) ma anche molto concreto di una quotidianità ordinaria e immobile, immersa in uno stato di eterna sospensione o circolarità (come i cerchi che sua moglie dipinge) che cerca sfumature e significati persino dove non dovrebbero esserci.
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Paterson è il titolo del poema epico di William Carlos Williams, grande poeta americano. Ma è anche il nome di una piccola città del New Jersey e il nome del protagonista di questo film, a sua volta fan del libro di poesie di Williams e lui stesso poeta. Le coincidenze e i rimandi non sono un caso nell’ultima pellicola di Jim Jarmush. Pellicola che, pur nello stile minimalista e ironico a cui ci ha abituato il regista, sembra stavolta pura astrazione visiva, perfetta fusione tra “forma” e “sostanza” cinematografica e al tempo stesso come un quadro affascinante e interessante sull’esistenza dell’uomo, non soltanto del protagonista: un ritratto agrodolce, come in bianco e nero (i colori preferiti dalla moglie di Peterson) ma anche molto concreto di una quotidianità ordinaria e immobile, immersa in uno stato di eterna sospensione o circolarità (come i cerchi che sua moglie dipinge) che cerca sfumature e significati persino dove non dovrebbero esserci. Queste sfumature fanno la differenza e sono dettate però dal ruolo che assumerà la poesia. Peterson, interpretato da Adam Driver (Driver, altra coincidenza, vuol dire guidatore) fa l'autista di autobus; è un individuo sereno, tranquillo, umile, innamorato della moglie Laura, ed è immerso in una quotidianità fatta di armonia e cose semplici, di rituali e prevedibilità, scandite da malinconica bellezza ma anche da profonda tristezza. Tra meraviglia e afflizione, a trovare la rima interna tra le cose, a far uscire un senso da esse, sarà proprio la poesia. Per il protagonista essa è tutto, molto più che passione o inclinazione personale, è ispirazione, è spinta vitale, è luce e forza. E’ questo suo talento a regalargli uno sguardo acuto e sensibile sul mondo, a trasfigurare la ripetitiva e catatonica realtà in cui vive in qualcosa di idilliaco, dolce e accettabile. E’ l’unico modo per gustare un’esistenza altrimenti indigeribile. Il regista declina in versi lo scorrere del tempo, delle sensazioni e delle emozioni, dei sentimenti e delle riflessioni, fissati in un bacio, in un’azione, in un sorriso, in uno stato d’animo, in uno sguardo. Tutto e tutti passano per una messinscena contemplativa attenta ai dettagli, gli stessi (visivi, uditivi, sensoriali) del protagonista pronto a scrivere parole su fogli bianchi, pronto ad accettare persino la rottura della routine quotidiana nelle inaspettate variazioni destabilizzanti, viste però come un disordine necessario per maturare. In lui c’è un senso di sospensione: quella di quando ci si appresta a dialogare con la complessità sfuggente della realtà. E’ la magia del film, il suo farsi poesia, trattando questa come soggetto e oggetto. L’opera non solo si basa su una materia difficile come la poesia, ma soprattutto trasmette lirismo; c’è materia poetica sia nella sceneggiatura, sia nella forma filmica che continuamente richiama, rimanda ed evoca quest’ultima sfruttandone i propri elementi linguistici, come ad esempio le figure retoriche (anafore, ripetizioni, metafore, allegorie, ecc.), le potenzialità tematiche, le punteggiature artistiche, il processo creativo ed interpretativo della realtà. E’ un tipo di cinema raro, audace, prezioso, che riesce nel suo intento e che come le sue poesie non esplica traduzioni, ma solo una sospensione dal giudizio, e un invito a guardare con gli occhi avidi, curiosi e accomodanti del protagonista, vero alter-ego del regista, il senso e il non-senso dell’esistenza, accogliendone il mistero e il suo aspetto più vitale...
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[+] questa pellicola è una scommessa vinta
(di tom87)
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foffola40
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mercoledì 28 dicembre 2016
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noioso e sonnolento
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la quotidianità è rassicurante ma al cinema si chiede qualche piccolo evento, qualche fatto: l'unico gravissimo è la distruzione del libretto segreto delle poesie del protagonista da parte di Marvin il cane di casa. Stupisce l'abbondanza di frasi stereotipate, di luoghi comuni, una sceneggiatura di cose solite. unica piccola novità la poesiola della bambina incontrata per caso da Paterson che mette in luce la pochezza delle c.dette poesie scritte da lui nel taccuino segreto. Avrà fatto bene il cane?
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writer58
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lunedì 26 dicembre 2016
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ohio blue tip
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Non so se avete presente quelle stampe giapponesi, dai colori tenui, i segni evanescenti, che contengono silhuette snelle di barche, vulcani incappucciati di neve, peschi rosa pallido, fiori bianchi e violacei, nuvole soffici e stratificate. Un universo dove la ripetizione di un canone preciso si accoppia con minime variazioni di luogo, di composizione, di gradazioni cromatiche. Un mondo dalla poetica quasi impalpabile eppure ben riconoscibile, uno spazio zen leggero e iridescente.
Questa è l'impressione che mi ha provocato la visione di "Paterson", ultimo lavoro di Jim Jarmusch. Non si tratta, come qualcuno ha scritto, di una "poetica del quotidiano", ma di uno sguardo che ci mostra la "quotidianità della poesia", i legami di senso che, connettendo eventi concreti, conferiscono spessore e bellezza allo scorrere degli eventi.
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Non so se avete presente quelle stampe giapponesi, dai colori tenui, i segni evanescenti, che contengono silhuette snelle di barche, vulcani incappucciati di neve, peschi rosa pallido, fiori bianchi e violacei, nuvole soffici e stratificate. Un universo dove la ripetizione di un canone preciso si accoppia con minime variazioni di luogo, di composizione, di gradazioni cromatiche. Un mondo dalla poetica quasi impalpabile eppure ben riconoscibile, uno spazio zen leggero e iridescente.
Questa è l'impressione che mi ha provocato la visione di "Paterson", ultimo lavoro di Jim Jarmusch. Non si tratta, come qualcuno ha scritto, di una "poetica del quotidiano", ma di uno sguardo che ci mostra la "quotidianità della poesia", i legami di senso che, connettendo eventi concreti, conferiscono spessore e bellezza allo scorrere degli eventi.
Paterson è un giovane uomo che guida un autobus nell'omonima città del New Jersey. La sua vita è scandita da uno routine precisa: sveglia alle 6 e 10, un bacio alla moglie (interpretata dalla magnifica Farahani), una rapida colazione e poi via verso il deposito degli autobus dove guida la linea "23". Otto ore di lavoro su e giù per la cittadina, rientro nel tardo pomeriggio nella sua casetta unifamigliare, una cena e un'uscita serale con il cane per una passeggiata e una birra al bar. Vi sono, tuttavia, alcuni elementi che colorano, per così dire, questa routine precisa e sempre identica a se stessa: il rapporto tra Paterson e la moglie, un rapporto fatto di amore, tenerezza, reciproco sostegno e leggerezza; la capacità del protagonista di ascoltare e mettersi in sintonia con gli altri. Soprattutto, l'amore per la poesia, poesie che compone su un piccolo taccuino segreto, prima o dopo ill lavoro, parole che mettono insieme fatti minimali creando piccoli folgorazioni.
Tutto il film è costruito come le poesie del protagonista: parte dalla celebrazione di una marca di fiammiferi (gli Ohio Blue Tip) per approdare all'amore, a una sigaretta accesa per la prima volta per la donna amata.
I paesaggi di Paterson (patria del celebre poeta William Carlos Williams), visti dal finestrino dell'autobus, i dialoghi tra i passeggeri (esilarante quello tra due uomini che fingono di sapere cosa vogliono le donne, mentre in realtà sono impegnati a proteggere i propri timori), le chiacchiere con il barista e gli avventori del pub, gli incontri casuali con altri poeti, tutti questi elementi del "concreto quotidiano" vengono rivisitati con gli attrezzi e gli utensili della poesia,assumono una tessitura che li fa emergere dalla ripetizione coatta, dalle consuetudini mortifere e stantie fino ad illuminarli con i colori delicati della sensibilità e della luce nascente.
Un film insolito, simile a un moto di gioia provato nel vedere un paesaggio amato o il caffè che sprizza da una caffettiera in una mattinata festiva.
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(di antonio montefalcone)
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antonio ruggiero
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domenica 25 dicembre 2016
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molto più poetici i simpson
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Pur essendo un seriale frequentatore di sale cinematografiche, non ero a conoscenza di una nuova catalogazione di film: il genere poetico.
"Paterson", il film di Jim Jarmusch, è un film di genere Poetico, così almeno c'è scritto nella locandina del distributore del film Cinema S.r.l. De Paolis.
In pratica il signor Jarmusch, che ha già fatto il regista, il musicista, lo sceneggiatore , ecc, ecc. (vedi Wikipedia), questa volta ha deciso di fare il poeta, e si è messo a scrivere poesie minimaliste. Ma invece di pubblicarle in un libro, che forse nessuno avrebbe letto, o declamarle in un Festival di Poesia, ha deciso di rifilarle al pubblico assai più vasto: i normali spettatori del cinema, che nei giorni di festa sono alla ricerca di film "tranquilli", non volgari,e non violenti.
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Pur essendo un seriale frequentatore di sale cinematografiche, non ero a conoscenza di una nuova catalogazione di film: il genere poetico.
"Paterson", il film di Jim Jarmusch, è un film di genere Poetico, così almeno c'è scritto nella locandina del distributore del film Cinema S.r.l. De Paolis.
In pratica il signor Jarmusch, che ha già fatto il regista, il musicista, lo sceneggiatore , ecc, ecc. (vedi Wikipedia), questa volta ha deciso di fare il poeta, e si è messo a scrivere poesie minimaliste. Ma invece di pubblicarle in un libro, che forse nessuno avrebbe letto, o declamarle in un Festival di Poesia, ha deciso di rifilarle al pubblico assai più vasto: i normali spettatori del cinema, che nei giorni di festa sono alla ricerca di film "tranquilli", non volgari,e non violenti.
Siete dunque avvertiti, in questo film non succede praticamente nulla. Per sette giorni seguiamo il signor Paterson, che di professione fa l'autista di autobus, che in orario di lavoro, tra una fermata e l'altra, elabora mentalmente, corregge e declama poesie minimaliste, scritte dal poeta Jarmusch, mentre sullo schermo scorre il testo in inglese.
Ad essere sinceri qualcosa succede. Mi sono divertito a trovare dei punti di contatto tra il film in questione e i Simpson. Il film è girato in una tranquilla cittadina, Paterson, molto simile a Springfield. I coniugi Paterson vivono in una casa quasi identica a quella dei Simpson,c'è anche il divano e tante tende. Non hanno figli, ma in compenso hanno un cane terribile come Piccolo Aiutante di Babbo Natale. La moglie di Paterson è una ottima cuoca e sforna di continuo dolcetti americani come fa Marge Simpson. Per quanto riguarda il protagonista, non è certo mangione e pasticcione come Homer, ma una cosa c'è l'hanno in comune: tutte le sere vanno al bar, e quello che vediamo nel film è molto simile alla Taverna di Boe, ed entrambi sono ottimi bevitori di birra.
Un ultima differenza purtroppo c'è:....nel film di Jarmusch la poesia la ascolti, la vedi, ma non ti emoziona non ti arriva al cuore....mentre in molti episodi dei Simpson nessuno recita poesie eppure c'è un quid che ti emoziona.
Viva il Poeta Matt Groening.
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[+] la poesia si trova nei titoli di coda
(di brunoesse)
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goldy
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sabato 24 dicembre 2016
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come l'aria a 4000 metri
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La semplice forza delle cose vere, autentiche, buone per raccontare un nulla che in verità è il tutto.
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marta73
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venerdì 23 dicembre 2016
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bellissimo
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Da vedere assolutamente! Da togliere il fiato
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