catballou
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lunedì 7 agosto 2017
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un niente molto ben fatto
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Me lo son visto prima di approfondire le voci contrastanti "bellissimo" "deludente" per avere un'occhio possibilmente obiettivo.
concordo più con i delusi: inizia così vicino a Grease che mi ero illuso fosse una colta parodia degli American Graffiti ma poi si deline subito la classica storia tra i due attori (ok, ottime prestazioni)La venerazione del Jazz come unico Dio è un po' venere e il professore del '48 - il finale: ognun vada per la sua strada ma con rimpianto è talmente la realtà di tutti i giorni che rifarebbe il neorealismo se fosse neo e se non ci fosse il lunghetto "cosa sarebbe successo se...".
bah brutto no di certo ma mi ha lasciato come mi ha trovato non sono entrato in sintonia con Chazelle sceneggiatore e ossequio iChazelle regista professionale e curato (ottimi dettagl
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Me lo son visto prima di approfondire le voci contrastanti "bellissimo" "deludente" per avere un'occhio possibilmente obiettivo.
concordo più con i delusi: inizia così vicino a Grease che mi ero illuso fosse una colta parodia degli American Graffiti ma poi si deline subito la classica storia tra i due attori (ok, ottime prestazioni)La venerazione del Jazz come unico Dio è un po' venere e il professore del '48 - il finale: ognun vada per la sua strada ma con rimpianto è talmente la realtà di tutti i giorni che rifarebbe il neorealismo se fosse neo e se non ci fosse il lunghetto "cosa sarebbe successo se...".
bah brutto no di certo ma mi ha lasciato come mi ha trovato non sono entrato in sintonia con Chazelle sceneggiatore e ossequio iChazelle regista professionale e curato (ottimi dettagli un po' vintage)
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laurence316
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lunedì 7 agosto 2017
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se questo è reinventare un genere...
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A seguito dell’exploit con Whiplash, le aspettative intorno a questo nuovo film del regista erano conseguentemente piuttosto elevate e, sarà per questo motivo, sarà per il fatto che è stato fin troppo elogiato dalla gran parte della critica negli Stati Uniti come in Italia, il risultato finale risulta proporzionalmente alquanto deludente. Data la grancassa mediatica che ha innescato, era veramente lecito aspettarsi qualcosa di più.
La La Land è ambiguo, banale e piuttosto insulso fin dal titolo perché, come dichiarato dal regista stesso, vorrebbe essere un omaggio a tutti coloro che inseguono i propri sogni ancorato però alla realtà, dove non sempre tutto va come vorremmo, ma realizzando il film in una maniera tale da farlo risultare di una spensieratezza e leggerezza assolute smussa di fatto tutti i lati più drammatici, e più che riconoscere la realtà, tenta di sfuggirvi: rifugiandosi in una sorta di “mondo dei sogni”, come suggerisce per l’appunto il titolo.
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A seguito dell’exploit con Whiplash, le aspettative intorno a questo nuovo film del regista erano conseguentemente piuttosto elevate e, sarà per questo motivo, sarà per il fatto che è stato fin troppo elogiato dalla gran parte della critica negli Stati Uniti come in Italia, il risultato finale risulta proporzionalmente alquanto deludente. Data la grancassa mediatica che ha innescato, era veramente lecito aspettarsi qualcosa di più.
La La Land è ambiguo, banale e piuttosto insulso fin dal titolo perché, come dichiarato dal regista stesso, vorrebbe essere un omaggio a tutti coloro che inseguono i propri sogni ancorato però alla realtà, dove non sempre tutto va come vorremmo, ma realizzando il film in una maniera tale da farlo risultare di una spensieratezza e leggerezza assolute smussa di fatto tutti i lati più drammatici, e più che riconoscere la realtà, tenta di sfuggirvi: rifugiandosi in una sorta di “mondo dei sogni”, come suggerisce per l’appunto il titolo. E quindi non si capisce quale sarebbe il messaggio del film. Forse che la realtà invece che affrontata, va rifiutata? Ovviamente, c’è chi potrebbe dire che un paio d’ore di evasione in una sorta di mondo parallelo semi-fantastico non siano poi una cosa da buttar via per forza, ma il problema è che, a causa della mancanza di una qualsivoglia tensione drammatica, è assente il coinvolgimento, non si finisce più di tanto per interessarsi alle vicende dei protagonisti (in particolare del jazzista Sebastian, antipatico per ¾ del film), e inoltre la narrazione si affloscia quasi sempre nelle parentesi tra un numero musicale e l’altro.
Numeri musicali, tra l’altro, dei quali nessuno risulta memorabile: non vi ritroverete a fischiettare un motivetto all’uscita dalla sala, semplicemente perché non c’è una sola canzone che sia veramente da ricordare. L’incipit è sicuramente ammirevole sul piano tecnico (un apparente piano sequenza di sei minuti, in realtà realizzato montando minuziosamente tra loro tre riprese) ma fin da subito non particolarmente sul piano musicale (il tema, “Another Day of Sun”, è sicuramente orecchiabile, ma non di certo d’impatto: si farà presto, difatti, a dimenticarsene con il proseguire della visione). E lo stesso, purtroppo, accade con tutte le altre canzoni, spesso piuttosto fiacche e dai testi poco ispirati, oltreché interpretate non troppo bene dalla Stone e, in particolare, da Gosling (che non se la cavano benissimo neanche nel ballo, dove risultano piuttosto impacciati e “legnosi”).
Tutto questo, in un musical, è già di per sé piuttosto deprimente, ma tristemente i problemi del film non finiscono qui: la storia è, infatti, di una banalità assoluta e, come se non bastasse, stiracchiata all’inverosimile per vedere di superare le due ore, con il risultato che il film ci mette un’eternità a partire e annoia per tutta la prima mezz’ora, il messaggio, di cui si è già in parte parlato, è zuccheroso, consolatorio e fintamente malinconico, la colonna sonora di Hurwitz dimenticabile, alcuni momenti fastidiosi (come quando il personaggio di Gosling si mette a pontificare sulla vera essenza del jazz, rivelando di fatto di essere uno snob e finendo per risultare perfino più antipatico di prima).
Certamente il film ha anche dei pregi: la buona regia di Chazelle, la fotografia, il montaggio e anche la scenografia, ma da soli non bastano a fare un buon film. Anche perché la gran parte dei balletti di La La Land, ben riusciti o meno, non sono altro che citazioni o rimandi (Cantando sotto la pioggia soprattutto, ma anche Balla con me, Spettacolo di varietà, Un americano a Parigi, Sweet Charity – Una ragazza che voleva essere amata, Cenerentola a Parigi) e quindi non vi è un solo barlume di originalità o inventiva in questo come nelle parti non cantate. Un ennesimo film del 2016 sopravvalutato, anche e soprattutto dagli Oscar che gli assegnano ben 14 nomination e 6 statuette: a regia, miglior attrice protagonista (Stone), fotografia, scenografia, colonna sonora e canzone originale (“City of Stars”). Che esagerazione.
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emanuele1968
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martedì 11 luglio 2017
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musical
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Nonostante la serata estiva, non credevo di vedere la sala al chiuso cosi piena, anche per il genere trattato, musical, di questi tempi, con la marvel e tanti simili, mi ha fatto piacere. Il film e un buon musical, forse un po lungo, ma molto bello, qualche riaffioro di amarezza personale gli ultimi 15 minuti..............Mi chiedo sempre perchè quando due si vogliono bene debba finire cosi? fortunatamente non è cosi per tutti, però purtroppo capita, il perche? non si sa, aimè gli anni passano, e i progetti vanno in fumo...........
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sacchiapone
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martedì 4 luglio 2017
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era meglio oronzo
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A parte dancer in the dark forse il musical dovrebbero semplicemente vietarlo o limitarlo ai frequentatori delle migliaia di inutili scuole di danza per aspiranti non si sa bene cosa.film insopportabile,inutile,noiosissimo.non vedevo l'ora che finisse il primo tempo per fuggire via dal cinema,fumare 100 sigarette e prendere una serie di vodka tonic.arrivederci
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dama75
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domenica 2 luglio 2017
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film non deludente... di più!
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Come si possono dare tutti questi oscar e premi ad un film dove anche se ci fosse stata una trama non c'è una fluidità. Film a tratti offensivo per chi credeva che fosse un capolavoro. Lui sfigato ma sognatore, lei sfigata ma sognatrice... due sfigati che alla fine ottengono quello che vogliono dalla vita solo se stanno lontani. Lui non sa ballare, lei sì, lui non sa cantare, lei sì. Unica coerenza è l'attrice che vuole fare l'attrice e dimostra di essere l'unica attrice del film. Scene frivole, girato in max 3 location che si ripetono per tutto il film, fotografia zero, originalità zero, magia zero, romanticismo zero, insomma uno dei peggiori film dell'ultimo decennio , Ha ricevuto 14 candidature, eguagliando Eva contro Eva e Titanic, incredibile!
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liuk!
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domenica 25 giugno 2017
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5 stelle piene
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Non sono un amante del jazz e detesto i musical, con queste premesse mi sono seduto a vedere La La Land, incuriosito dall'Oscar alla sempre bravissima Emma Stone ed ancor più incuriosito dal mancato Oscar come miglior film, andato ad un filmetto di serie B come Moonlight.
Già dopo pochi minuti ho percepito l'immensità dell'opera, una potenza visiva grandiosa che fondeva colori e musiche, che univa l'epoca attuale agli anni '60 senza quasi accorgersi dello stacco, tutto reso in sordina con grande delicatezza e, soprattutto, raffinatezza. I riferimenti a film classici sono innumerevoli ma nulla è copiato, semplicemente rivisitato in grande stile ed arricchito con attori veri, bravi anzi bravissimi.
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Non sono un amante del jazz e detesto i musical, con queste premesse mi sono seduto a vedere La La Land, incuriosito dall'Oscar alla sempre bravissima Emma Stone ed ancor più incuriosito dal mancato Oscar come miglior film, andato ad un filmetto di serie B come Moonlight.
Già dopo pochi minuti ho percepito l'immensità dell'opera, una potenza visiva grandiosa che fondeva colori e musiche, che univa l'epoca attuale agli anni '60 senza quasi accorgersi dello stacco, tutto reso in sordina con grande delicatezza e, soprattutto, raffinatezza. I riferimenti a film classici sono innumerevoli ma nulla è copiato, semplicemente rivisitato in grande stile ed arricchito con attori veri, bravi anzi bravissimi. L'Oscar alla Stone è forse il premio più meritato degli ultimi dieci anni ma anche Gosling non è da meno.
Non mi soffermo sulla storia, di cui si è scritto e parlato già a sufficienza, mi limito a dire che il finale, tristissimo e melanconico, è uno dei migliori di cui ho memoria.
Per quanto mi riguarda La La Land è un capolavoro assoluto e merita come minimo un paio di visioni.
Chapeau.
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alberto
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venerdì 19 maggio 2017
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vi verrà da ballare
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Non un film coraggioso, ma neanche un film convenzionale, senza dubbio un capolavoro. Già la prima scena è magica: un banale scenario di ingorgo stradale, introdotto dalla scritta "Presentato in Cinemascope", si trasforma in una festa, una specie di inno al sole che muta i quotidiani brontoloni e dita medie in allegri ballerini e passi coinvolgenti (anche sopra le macchine). Finisce la canzone e l'irreale intermezzo lascia il posto di nuovo ai clacson. Ed è così che si palesa allo spettatore lo strano titolo: "La la land", un gioco di parole che fa riferimento alla città-sfondo di questa storia, Los Angeles (L.
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Non un film coraggioso, ma neanche un film convenzionale, senza dubbio un capolavoro. Già la prima scena è magica: un banale scenario di ingorgo stradale, introdotto dalla scritta "Presentato in Cinemascope", si trasforma in una festa, una specie di inno al sole che muta i quotidiani brontoloni e dita medie in allegri ballerini e passi coinvolgenti (anche sopra le macchine). Finisce la canzone e l'irreale intermezzo lascia il posto di nuovo ai clacson. Ed è così che si palesa allo spettatore lo strano titolo: "La la land", un gioco di parole che fa riferimento alla città-sfondo di questa storia, Los Angeles (L.A.), e alla parola inglese Lalaland, con cui si intende uno stato mentale euforico e spensierato. La "city of stars" spesso richiamata nelle canzoni è sempre al centro dell'attenzione: le sue leggende e i sogni (o illusioni) che regala (o causa) sono il fulcro della mentalità dei due protagonisti: da una parte Mia (Emma Stone), un'aspirante attrice che deve fare i conti con la superficialità dei suoi giudici e, in un secondo momento, del pubblico, bravo solo a commentare una materia non di sua competenza, dall'altra Sebastian (Ryan Gosling), un bizzarro pianista con una sconfinata passione per il jazz, ribelle quando (non) serve, dato che è consapevole di non essere nato per suonare "Jingle Bells" in un locale per signori di una certa età, ma per far resuscitare quell'ormai defunto genere musicale di cui i giovani non sentono la mancanza. Cosa succederà dopo un paio di incontri fortuiti? Si salveranno la vita a vicenda. La morale del "non mollare" è palese, meno invece del concetto di passione che comunica questa pellicola, l'elemento più importante per poter vivere. Gli ideali, le aspirazioni, i sogni ci consentono di andare avanti, spesso anche di ignorare il pessimismo e la mancanza di fiducia, vere malattie di fondo della società. A proposito di questo discorso è davvero notevole qui l'equilibrio tra la malinconia di certe scene e la carica che regala la coreografia ricolma di citazioni provenienti da altri capolavori del genere cinematografico più folle che esista: il musical. In particolare si possono notare le passeggiate tra i set di Hollywood e il fantasioso finale presenti anche in "Cantando sotto la pioggia" e gli ombrelli e la divisione in stagioni de "Les Parapluies de Cherbourg. Per il regista trentaduenne Damien Chazelle la musica deve proprio essere importante, poiché anche le sue precenti opere, "Guy and Madeline on a Park Bench" e il viscerale "Whiplash" hanno come tema la musica e non trasmettono semplicemente la "passione per la musica", ma la passione con la p maiuscola, quella che a volte ti rovina la vita e a volte è l'unico scopo di quest'ultima. Un plauso alla bellissima regia ( sembra che anche la cinepresa stia ballando) ma anche ai due interpreti principali, tutti meriterebbero un oscar, insieme poi all'artefice della colonna sonora, Justin Hurwitz, e alla costumista Mary Zophres. Abbiamo ben 14 nomination per i prossimi oscar, un record che non si ripete dai tempi di Titanic. Solo per la (difficile per i protagonisti) scena del tip tap sulla collina non posso (per ora) che tifare per il conseguimento del premio che interessa di più in quella famigerata serata. Superconsigliato, all'uscita dalla sala vi verrà da ballare.
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lgiulianini
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domenica 14 maggio 2017
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la la flop
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Avendo giurato di non mettere più piede in una sala cinematografica fino al bando totale dei cellulari, cosa che mai accadrà, soddisfo il mio bisogno di cinema tramite l'home video, arrivo tardi ma arrivo, e posso vedere un film con l'attenzione che si deve ad un opera d'arte, senza quadrupedi messaggianti di lato.
Ho visto perciò la la land ieri, appena uscito. Dato il gran plauso unanime di critica, le vagonate di nomination, i premi vinti a man bassa , mi aspettavo un capolavoro assoluto. Sono rimasto di stucco, e non tanto, o non solo per la banalità della storia, ma soprattutto per l'atmosfera ridondante e ripetitiva che pervade tutto il film.
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Avendo giurato di non mettere più piede in una sala cinematografica fino al bando totale dei cellulari, cosa che mai accadrà, soddisfo il mio bisogno di cinema tramite l'home video, arrivo tardi ma arrivo, e posso vedere un film con l'attenzione che si deve ad un opera d'arte, senza quadrupedi messaggianti di lato.
Ho visto perciò la la land ieri, appena uscito. Dato il gran plauso unanime di critica, le vagonate di nomination, i premi vinti a man bassa , mi aspettavo un capolavoro assoluto. Sono rimasto di stucco, e non tanto, o non solo per la banalità della storia, ma soprattutto per l'atmosfera ridondante e ripetitiva che pervade tutto il film. Se ci si fa caso, tutto in la la land è un modulo ripetuto: i balletti sono simili se non uguali dall'inizio alla fine, le coreografie idem, con una esaltazione cromatica (non si vede MAI una donna senza rossetto!) che alla lunga sfianca, una musica orecchiabile sì ma ripetuta dal primo all'ultimo ciak, una storia come tante, con attori come tanti ed un finale incomprensibile.
E già, pochi sottolineano l'assurdità del finale di questo film. Mia e Sebastian si allontanano a causa soprattutto del successo di lui, che sceglie il compromesso rispetto all'amore per il be-bop primigenio, mettendosi a fare funky-fusion con un gruppo nominato The Messengers, il che incrina agli occhi di Mia la visione di purezza che ha del suo uomo, e tiene lontano Sebastian per le tournee, dimenticando lo sceneggiatore che il funky-fusion è un genere giurassico di questi tempi, ha fatto la storia degli anni 70-80 (Al Jarreau, Commodores etc), ma è un genere con il quale oggi si farebbe una discreta fame, quanto se non di più che suonando Charlie Parker o John Coltrane. Comunque perdoniamo il regista attribuendo alla giovane età questo strafalcione ed andiamo avanti. Infatti il buon Sebastian si riabilita, o dovrebbe essere a tutti gli effetti riabilitato agli occhi di una donna innamorata, perché è LUI che consente a Mia di diventare un'attrice famosa, una star quale si vede alla fine. E' LUI che riceve la telefonata di selezione di Mia da parte del casting del film che poi effettivamente realizzerà a Parigi e la renderà famosa, è LUI che va a prenderla in macchina da Los Angeles a Boulder City ove Mia si è rifugiata dopo il fallimento del suo monologo teatrale, LUI insiste per riprovare la carriera che lei sembra voler abbandonare del tutto, LUI la accompagna al provino ed aspetta fuori della porta l'esito trionfale.
Sanità di mente farebbe pensare che qui la storia d'amore tra i due riparta ed alla grande, quanti artisti vivono lontani senza mettere in discussione il proprio rapporto, ci si aspetterebbe che Mia e Sebastian, al ritorno dell'attrice ormai famosa da Parigi finite le riprese (otto mesi in tutto!), riprendano a filare d'amore e d'accordo, nel più classico degli happy ends.
Ed invece no: a tradimento sullo schermo compare la scritta “ cinque anni dopo....” , e cominciamo a temere il peggio. Non veniamo smentiti: Mia è ormai una supermegastar, che vive in una supermegavilla, con un supermegapirla e tanto di pargola almeno treennale sul groppone.
Se si fanno un po' di conti si capisce che Mia perciò, appena poggiato il piedino sul vecchio suolo europeo, abbia cominciato dal primo secondo a tradire il povero e malinconico e sincero Sebastian, che invece il suo sogno lo realizza perdavvero, mettendo in piedi il locale bop “Seb's”, progetto che a suo tempo i ragazzi avevano fatto insieme.
Insomma come storyline un bel disatro non c'è che dire. Si parla di la la land come di un musical moderno, ma è solo un film dove si canta molto ma quasi sempre la stessa canzone, si balla molto ma pochi passi perennemente ripetuti e non senza qualche rigidità di troppo (si capisce lontano anni luce che né Emma Stone né Ryan Gosling siano ballerini!), si cerca ostinatamente di ricreare un clima da musical anni 50, fatica resa impossibile da povertà di sceneggiatura, banalità di coregrafia, talento latitante sotto il profilo del ballo soprattutto. Come lo fai un vero musical così? Boh. Nessun genere è anacronistico, bisogna saperlo fare però, avere a disposizione attori di grande talento nel canto e nel ballo e non solo nella recitazione, avere le idee chiare in fatto di coreografia, costumi, ambientazioni.
E così, in la la land non è, se non per qualche minuto e qualche trovata, e stop. Avevo notato qualche vena di ridondanza, ed un sovragusto alla ripetizione compiaciuta anche in Whiplash, ma qui si esagera, francamente. Damien Chazelle ha solo trentuno anni. E si vede.
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lgiulianini
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venerdì 12 maggio 2017
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la la flop
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Avendo giurato di non mettere più piede in un cinema fino al bando totale dei cellulari, cosa che mai accadrà, soddisfo il mio bisogno di cinema tramite l'home video, arrivo tardi ma arrivo, e posso vedere un film con l'attenzione che si deve ad un opera d'arte, senza quadrupedi messaggianti di lato. Ho visto perciò la la land ieri, appena uscito. Dato il gran plauso unanime di critica, le vagonate di nomination, i premi vinti a man bassa , mi aspettavo un capolavoro assoluto. Sono rimasto di stucco, e non tanto, o non solo per la banalità della storia, ma soprattutto per l'atmosfera ridondante e ripetitiva che pervade tutto il film. Se ci si fa caso, tutto in la la land è un modulo ripetuto: i balletti sono simili se non uguali dall'inizio alla fine, le coreografie idem, con una esaltazione cromatica (non si vede MAI una donna senza rossetto!) che alla lunga sfianca, una musica orecchiabile sì ma ripetuta dal primo all'ultimo ciak, una storia come tante, con attori come tanti ed un finale incomprensibile.
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Avendo giurato di non mettere più piede in un cinema fino al bando totale dei cellulari, cosa che mai accadrà, soddisfo il mio bisogno di cinema tramite l'home video, arrivo tardi ma arrivo, e posso vedere un film con l'attenzione che si deve ad un opera d'arte, senza quadrupedi messaggianti di lato. Ho visto perciò la la land ieri, appena uscito. Dato il gran plauso unanime di critica, le vagonate di nomination, i premi vinti a man bassa , mi aspettavo un capolavoro assoluto. Sono rimasto di stucco, e non tanto, o non solo per la banalità della storia, ma soprattutto per l'atmosfera ridondante e ripetitiva che pervade tutto il film. Se ci si fa caso, tutto in la la land è un modulo ripetuto: i balletti sono simili se non uguali dall'inizio alla fine, le coreografie idem, con una esaltazione cromatica (non si vede MAI una donna senza rossetto!) che alla lunga sfianca, una musica orecchiabile sì ma ripetuta dal primo all'ultimo ciak, una storia come tante, con attori come tanti ed un finale incomprensibile. E già, pochi sottolineano l'assurdità del finale di questo film. Mia e Sebastian si allontanano a causa soprattutto del successo di lui, che sceglie il compromesso rispetto all'amore per il be-bop primigenio, mettendosi a fare funky-fusion con un gruppo nominato The Messengers, il che incrina agli occhi di Mia la visione di purezza che ha del suo uomo, e tiene lontano Sebastian per le tournee, dimenticando lo sceneggiatore che il funky-fusion è un genere giurassico di questi tempi, ha fatto la storia degli anni 70-80 (Al Jarreau, Commodores etc), ma è un genere con il quale oggi si farebbe una discreta fame, quanto se non di più che suonando Charlie Parker o John Coltrane. Comunque perdoniamo il regista attribuendo alla giovane età questo strafalcione ed andiamo avanti. Infatti il buon Sebastian si riabilita, o dovrebbe essere a tutti gli effetti riabilitato agli occhi di una donna innamorata, perché è LUI che consente a Mia di diventare un'attrice famosa, una star quale si vede alla fine. E' LUI che riceve la telefonata di selezione di Mia da parte del casting del film che poi effettivamente realizzerà a Parigi e la renderà famosa, è LUI che va a prenderla in macchina da Los Angeles a Boulder City ove Mia si è rifugiata dopo il fallimento del suo monologo teatrale, LUI insiste per riprovare la carriera che lei sembra voler abbandonare del tutto, LUI la accompagna al provino ed aspetta fuori della porta l'esito trionfale. Sanità di mente farebbe pensare che qui la storia d'amore tra i due riparta ed alla grande, quanti artisti vivono lontani senza mettere in discussione il proprio rapporto, ci si aspetterebbe che Mia e Sebastian, al ritorno dell'attrice ormai famosa da Parigi finite le riprese (otto mesi in tutto!), riprendano a filare d'amore e d'accordo, nel più classico degli happy ends. Ed invece no: a tradimento sullo schermo compare la scritta “ cinque anni dopo....” , e cominciamo a temere il peggio. Non veniamo smentiti: Mia è ormai una supermegastar, che vive in una supermegavilla, con un supermegapirla e tanto di pargola almeno treennale sul groppone. Se si fanno un po' di conti si capisce che Mia perciò, appena poggiato il piedino sul vecchio suolo europeo, abbia cominciato dal primo secondo a tradire il povero e malinconico e sincero Sebastian, che invece il suo sogno lo realizza perdavvero, mettendo in piedi il locale bop “Seb's”, utilizzando i soldi fatti coi Messengers, progetto che a suo tempo i ragazzi avevano fatto insieme. Insomma come storyline un bel disatro non c'è che dire, altro che malinconia! Si parla di la la land come di un musical moderno, ma è solo un film dove si canta molto ma quasi sempre la stessa canzone, si balla molto ma pochi passi perennemente ripetuti e non senza qualche rigidità di troppo (si capisce lontano anni luce che né Emma Stone né Brian Gosling siano ballerini!), si cerca ostinatamente di ricreare un clima da musical anni 50, fatica resa impossibile da povertà di sceneggiatura, banalità di coregrafia, talento latitante sotto il profilo del ballo soprattutto. Come lo fai un vero musical così? Boh. Nessun genere è anacronistico, bisogna saperlo fare però, avere a disposizione attori di grande talento nel canto e nel ballo e non solo nella recitazione, avere le idee chiare in fatto di coreografia, costumi, ambientazioni. E così, in la la land non è, se non per qualche minuto e qualche trovata, e stop. Avevo notato qualche vena di ridondanza, ed un sovragusto alla ripetizione compiaciuta anche in Whiplash, ma qui si esagera, francamente. Damien Chazelle ha solo trentuno anni, e si vede.
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marione
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lunedì 1 maggio 2017
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bello, bellissimo
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Ho visto questo film una sola volta e mi è apparso grandioso, dolce, profondo, brillante, divertente, appassionato. Se poi si considera la giovane età di chi lo ha concepito e diretto si rimane esterrefatti, sembra l'opera matura di un grande Maestro del cinema. Lo vedrò certo ancora e spero che Damien Chazelle possa esprimere ancora il suo evidente talento ragalandoci ancora simili capolavori.
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