vepra81
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martedì 29 agosto 2017
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film straniero
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Dopo il tanto parlare di questo film ieri sera ho avuto modo di vederlo. La trama è drammatica e coinvolgente. Altro di bello. Nulla. Un film meridionale per i meridionali. Non ho capito nulla sia per l'audio registrato male sia per l'idea del regista di usare il dialetto locale. Almeno mettere i sotto titoli. Ne hanno tanto parlato bene ma sono rimasto deluso. Lo chiamate film italiano e allora parlate in italiano. Molti termini usati non li ho capiti. Il film ha dei lunghissimi piani sequenza che spesso annoiano lo spettatore in quanto non accade nulla. L'inizio più che indivisibili mi sembrava "100 colpi di spazzola". Un'occasione sprecata di fare un capolavoro a mio avviso
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eugenio
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martedì 25 luglio 2017
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il racconto di due gemelle alle foci del volturno
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A metà tra il melò, un territorio straziato dai rifiuti alla foce del Volturno e il riscatto sociale.
A metà tra il desiderio di proclamare la propria indipendenza e l’esercizio di un diritto primigenio quello alla vita contro la logica pietistica di “fenomeni da baraccone”, il tempo necessario per una suonata al matrimonio o a un ballo in una festa in piazza di paese.
A metà tra il comportamento passivo che nasconde condiscendenza, amara accettazione dello status quo e l’ansia di provare emozioni nuove, in poche parole: una nuova vita.
Il titolo tra tante metà che nel film giocano un ruolo dicotomico e da una volontà di ”separazione” , per antifrasi, è ineluttabile e perentorio: Indivisibili.
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A metà tra il melò, un territorio straziato dai rifiuti alla foce del Volturno e il riscatto sociale.
A metà tra il desiderio di proclamare la propria indipendenza e l’esercizio di un diritto primigenio quello alla vita contro la logica pietistica di “fenomeni da baraccone”, il tempo necessario per una suonata al matrimonio o a un ballo in una festa in piazza di paese.
A metà tra il comportamento passivo che nasconde condiscendenza, amara accettazione dello status quo e l’ansia di provare emozioni nuove, in poche parole: una nuova vita.
Il titolo tra tante metà che nel film giocano un ruolo dicotomico e da una volontà di ”separazione” , per antifrasi, è ineluttabile e perentorio: Indivisibili.
Indivisibili di Edoardo de Angelis descrive drammaticamente la vicenda di due ragazze siamesi (interpretate dalle bravissime Angela e Marianna Fontana), Viola e Dasy e il loro legame simbiotico e incomprensibile agli occhi di chi nulla del genere ha mai provato, della loro esistenza, una vita come cantanti neo-melodiche sul litorale domizio con un carrozzone guidato dal “dickensiano” padre e dalla ferita (quanto bizzarra) madre (e zii al seguito) nel girotondo circense di nani, guitti e ballerine.
Non sono “cattivi” i genitori di Viola e Dasy; sono persone asservite alla vita, che cercano di arrangiarsi sfruttando la disabilità delle figlie. Conducono un’esistenza appartata in una villetta disadorna non priva delle necessarie avanguardie tecnologiche, a parte cinici ma capaci della generosità necessaria per dividere i frutti della loro “fatica” conservando parte della somma in un libretto intestato alle due figlie.
Dal sogno di spostarsi a Los Angeles per condurre una vita diversa da quella attuale, Viola e Dasy, apprendono quasi per caso, di poter essere separate e che l’intervento con buona probabilità di successo, permetterà a entrambe (in particolare a una di queste che vorrebbe ubriacarsi, ridere, fare l’amore con una decisa indipendenza) di essere libere e indipendenti secondo i rischi che tale libertà potrà comportare a chi ha sempre vissuto ogni momento quotidiano in “doppio”.
In fuga da una famiglia che non ha mai loro permesso per cupidigia e accidia un intervento medico e accecate dall’illusione di un guadagno facile (i ventimila euro necessari all’operazione) lavorando per uno “pseudo” talent scout di donne di spettacolo che non si fa scrupolo di circondarsi di freaks, “mostri”, in uno yacht ormeggiato al largo di CastelVolturno, Daisy e Viola comprenderanno la difficoltà di una scelta in un mondo “brutto, sporco e cattivo” che non si fa scupolo di oltraggiarle per i loro scopi, un mondo che li allontanerà prepotentemente dall’infanzia perduta verso una maturità amara e crudele.
In questo contesto anche la fede pare non fornire alcuna risposta secondo De Angelis. Il ruolo del prete che imbastisce una commedia nella commedia per convincere disperati extracomunitari del miracolo di Cristo (con tanto di canti gregoriani e stimmate alle due giovani protagoniste), è il sintomo di un’umanità marcia, metaforicamente ripresa alla foce di fogna del fiume Volturno, in un universo di pattume e immondizia che cela nel proprio profondo, cinismo e mancanza di ogni speranza.
Indivisibili di De Angelis muove con sicurezza la macchina da presa all’altezza delle due ragazze. Non si fa scrupolo di cercare un parallelismo con il Pinocchio collodiano ( con molteplici riferimenti nella scena dello yacht a Mangiafuoco e alle facili illusioni di una vita agiata, ricordano l’ingenuità del burattino di legno) ma procede oltre nel tentativo di denunciare con un film accorato e corale le inquietudini di un territorio in mano a camorristi e crocevia di rifiuti e miseria.
La stessa che le due protagoniste dovranno vivere, la stessa che in un climax le condurrà per converso a quell’agognato quanto illusorio traguardo che una volta raggiunto sarà il prefazio a una salita senza fine.
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gufetta76
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mercoledì 3 maggio 2017
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la sorellanza
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Nonostante il dialetto per me incomprensibile, il film è girato bene ed è molto bello. Belle le musiche e anche le location spesso sembrano non luoghi o spazi stregati. La tematica trattata è difficile e spesso scabrosa, ma la regia veloce e semplice non appesantisce la tematica.Consigliato
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uppercut
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domenica 30 aprile 2017
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inattaccabili?
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Indivisibili , perso al cinema, recuperato su sky, è innanzitutto il suo ottimo trailer: due volti gemelli che ti rimangono nella memoria, un'atmosfera cromatica e musicale molto pervasiva, un'idea narrativa di base accattivante. Il problema è il suo avanzamento nell'estensione del lungometraggio. A volte zoppica, sbanda, s'inciampa come la/le protagonista/e, costrette a un connubio a dir poco complicato. Anche il film soffre dello stesso handicap, autocostringendosi in un difficilissimo equilibrio tra realismo sociale e slancio visionario, un'impresa per geni come Zavattini o Kusturica, assai più ardua per un coraggioso regista alle prese con una produzione non certo stellare.
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Indivisibili , perso al cinema, recuperato su sky, è innanzitutto il suo ottimo trailer: due volti gemelli che ti rimangono nella memoria, un'atmosfera cromatica e musicale molto pervasiva, un'idea narrativa di base accattivante. Il problema è il suo avanzamento nell'estensione del lungometraggio. A volte zoppica, sbanda, s'inciampa come la/le protagonista/e, costrette a un connubio a dir poco complicato. Anche il film soffre dello stesso handicap, autocostringendosi in un difficilissimo equilibrio tra realismo sociale e slancio visionario, un'impresa per geni come Zavattini o Kusturica, assai più ardua per un coraggioso regista alle prese con una produzione non certo stellare. Forte dell'assunto che in una favola contemporanea in fondo tutto è concesso, il film si concede e si perdona incongruenze, buchi di sceneggiatura, battute improbabili, perdendo a poco a poco ogni credibile tensione.
Il medico che spunta dal nulla a dire la sua diagnosi rivelatrice dopo diciotto anni di vita inspiegabilmente vissuti nel più totale silenzio: la passione da parte di una ragazza di periferia del giorno d'oggi nutrita di canzonacce paterne per Janis Joplin (!); il viaggio in motocicletta, una davanti e l'altra dietro, da parte di due sorelle siamesi (che non sarebbe propriamente giuntate con una cerniera per finestre); l'imbarazzante discrepanza tra le dimensioni della barca e del suo scafo popolato come una discoteca; il tempo che ci si può mettere per trovare un cavolo di té alla pesca in una stiva mentre ti fumano i santissimi per un approccio interrotto; l'inspiegabile arrivo del padre a cercare le figlie nel luogo a loro stesse ignoto (dov'è la riva del Volturno? chiedono innocenti...); l'incomprensibile scena tra le foglie, sottotitolata da sky in modo non esattamente provvidenziale: "Parlano in napoletano stretto..."; una camminata di duecento metri in una clinica svizzera in totale assenza di lettini, infermiere, medici, carrozzine... insomma, una somma di licenze poetiche alla fine davvero insostenibile. Nonostante un finale commovente da cui davvero ci si separa a malincuore.
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maddalenapignata
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giovedì 30 marzo 2017
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il vero david di donatello
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é vero, ha ottenuto ben sei statuette tra cui miglior sceneggiatura e miglior produttore, oltre alle meritatissime due per la musica del grande avitabile e la canzone originale. è vero, ha ottenuto un grande successo. ma non basta, questo è il miglior film italiano dell'anno, lo sanno tutti, eppure la pazza gioia ha ottenuto il riconoscimento pe ril miglior film e Virzì quello per la miglior regia. Ecco, la pazza gioia è un ottimo film ma la potenza espressiva ed innovativa di Indivisibili è nettamente superiore e a mio parere andava riconosciuta a pieno.
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flyanto
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mercoledì 8 marzo 2017
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un ritorno a se stesso
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Con "Rosso Istanbul" , film dedicato alla propria madre, il regista Ferzan Ozpetek ritorna nella sua natia Turchia e fortunatamente felicemente nel mondo del cinema.
La storia, ambientata, appunto, nella città di Istanbul, ruota tutta intorno alla figura di un editore di origini turche che ritorna dopo vent'anni nella sua terra d'origine dopo aver scelto deliberatamente di trasferirsi a Londra in seguito ad una terribile disgrazia personale. Ex scrittore di successo, il protagonista ha deciso di lasciare per sempre l'attività di romanziere e di dedicarsi alla pubblicazione dei libri altrui. Poichè sta curando quella di uno scrittore turco più giovane di lui, egli ritorna ad Istanbul per definire e concordare di persona gli ultimi accordi.
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Con "Rosso Istanbul" , film dedicato alla propria madre, il regista Ferzan Ozpetek ritorna nella sua natia Turchia e fortunatamente felicemente nel mondo del cinema.
La storia, ambientata, appunto, nella città di Istanbul, ruota tutta intorno alla figura di un editore di origini turche che ritorna dopo vent'anni nella sua terra d'origine dopo aver scelto deliberatamente di trasferirsi a Londra in seguito ad una terribile disgrazia personale. Ex scrittore di successo, il protagonista ha deciso di lasciare per sempre l'attività di romanziere e di dedicarsi alla pubblicazione dei libri altrui. Poichè sta curando quella di uno scrittore turco più giovane di lui, egli ritorna ad Istanbul per definire e concordare di persona gli ultimi accordi. Quando lo scrittore in questione una sera misteriosamente scompare, il protagonista giorno per giorno comincia a venire a contatto con il suo mondo personale, conoscendone amici, amanti e conoscenti ed inizia così anche a risvegliare in se stesso nuovamente la passione ormai sopita per la scrittura. Il soggiorno turco gli servirà, dunque, per ritrovare se stesso, fare pace con il suo passato ed i suoi fantasmi ed affacciarsi alla vita con uno spirito del tutto nuovo.
Una pellicola, forse, autobiografica dal momento che anche il regista Orzpetek ha lasciato la propria patria da circa vent'anni ed ora vi è ritornato per girare questo suo ultimo film. La città di Istanbul è in realtà la vera protagonista di quest' opera cinematografica con la sua atmosfera magica e col suo potere evocativo del passato che risveglia nel personaggio principlae antichi ricordi, dolori e passioni. Orzpetek, in "Rosso Istanbul" dimostra chiaramente l'amore e l'affetto che nutre per la sua città natale, riprendendola per tutta la durata del film in maniera quanto mai suggestiva, principalmente con inquadrature notturne, e particolare. Una sorta quasi di amore e nello stesso tempo odio provato per questa città che però si tramuta presto in un sentimento sconfinato e prorompente di affetto e di forte legame ancestrale. Al di là della storia, di per sè sicuramente interessante e sugegstiva, quello che costituisce il valore del film è proprio la sua atmosfera generale, quanto mai delicata, fatta di sfumature intense e pertanto alquanto toccante. Dopo i precedenti fallimentari "Magnifica Presenza" ed "Allacciate le cinture" , Orzpetek ritorna in maniera più che positiva a raccontare storie nel cinema.
Per estimatori.
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luca scialo
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mercoledì 22 febbraio 2017
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inseparabili di cronenberg nella terra dei fuochi
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Dopo Perez, secondo lungometraggio del promettente Edoardo De Angelis. Il quale sta impegnando la sua filmografia sul racconto della difficile realtà campana. Soprattutto, quella della Terra dei fuochi.
Due sorelle siamesi, Viola e Dasy, cantanti neomelodiche, vengono sfruttate dalla loro famiglia e dalla Chiesa locale come due fenomeni da baraccone. Il loro talento, ma soprattutto, la loro deformità, è una miniera d'oro in una terra dove il disagio sociale è imperante. Tutto scorre liscio finché una di loro non decide di spiccare il volo da quella gabbia familiare e naturale nella quale è rinchiusa.
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Dopo Perez, secondo lungometraggio del promettente Edoardo De Angelis. Il quale sta impegnando la sua filmografia sul racconto della difficile realtà campana. Soprattutto, quella della Terra dei fuochi.
Due sorelle siamesi, Viola e Dasy, cantanti neomelodiche, vengono sfruttate dalla loro famiglia e dalla Chiesa locale come due fenomeni da baraccone. Il loro talento, ma soprattutto, la loro deformità, è una miniera d'oro in una terra dove il disagio sociale è imperante. Tutto scorre liscio finché una di loro non decide di spiccare il volo da quella gabbia familiare e naturale nella quale è rinchiusa.
Ambientato nella difficile Castel Volturno, rievoca Inseparabili di Cronenberg ed offre un nuovo spunto di riflessione sulla complicata Terra dei fuochi.
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benelli
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giovedì 10 novembre 2016
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scappare e ritrovarsi
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Che bello questo film, a volte bisogna andarsene, scappare.. per ritrovarsi davvero, per trovare se stessi. Le due gemelle, al loro esordio cinematografico, sono straordinarie; il regista, un mago.
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matildedenicola
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giovedì 10 novembre 2016
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paura di crescere
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Paura di crescere, desiderio di crescere. Tra desiderio e paura c'è la vita, dura e faticosa. Per crescere bisogna farsi male ma il premio è la conquista dell'identità. Bellissimo. Indimenticabile. Mio.
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molosso
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giovedì 10 novembre 2016
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me lo porto dentro
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posso solo dire che la visione di questo film è stata un'esperienza sensoriale memorabile. Me lo porto dentro.
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