Anno | 2016 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 105 minuti |
Regia di | Alessandro Scillitani |
Tag | Da vedere 2016 |
MYmonetro | 3,48 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 3 giugno 2016
In Italia al Box Office Il cammino dell'Appia Antica ha incassato 1,6 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Alessandro Scillitani (occhio invisibile), Riccardo Carnovalini (la traccia umana), Irene Zambon (la logistica del viaggio) e Paolo Rumiz (motore mobile di questa ed altre importanti iniziative) ri-scoprono la Via Appia che venne chiamata, non a caso, Regina Viarum e ne restituiscono la memoria e la presenza a chi (tanti, potremmo dire troppi) in questo Paese amnesico l'avevano relegata al ruolo di scritta su qualche cartello segnaletico.
Paolo Rumiz, che si definisce uno che scrive per poter viaggiare, propone un'ulteriore tappa in quel prezioso cammino di conoscenza e consapevolezza che ha iniziato come viandante da lungo tempo. Il soggetto scelto è di quelli di cui tutti hanno sentito parlare almeno a scuola: la via voluta da Appio Claudio Cieco per congiungere Roma a Capua e poi prolungata fino a Brindisi. Questa volta però Rumiz non viaggia in compagnia del solo Scillitani, operatore e regista dallo sguardo attento a cogliere particolari e situazioni che sfuggirebbero ai più. È una vera e propria comitiva quella che letteralmente 'ri-scopre', come si è detto, un tracciato che ha una valenza storica nel senso più pieno della parola. Al nucleo iniziale si aggiungono nuovi componenti che arricchiscono i punti di vista con cui guardare a un passato che è (o dovrebbe essere) radice vitale del presente.
Perché è questa la caratteristica peculiare del lavoro di Rumiz & Co.: non trattare il soggetto a un livello che si rivolga solo agli addetti ai lavori ma neanche banalizzarlo per renderlo 'appetibile'. Piuttosto invece dare conto della complessità di un percorso che ha attraversato e, in parte, condizionato culture e modalità di vita facendo 'sentire' come quegli influssi remoti abbiano inciso anche sull'attualità. In tempi di rimozione della memoria storica, in un'epoca in cui le notizie di ieri sono già considerate 'vecchie e superate', in cui ci si vorrebbe continuare a stupire ma in cui più nulla meraviglia davvero questo film (definirlo documentario sarebbe riduttivo) ci fa attraversare spazi che non conoscevamo.
Ci ricorda che sotto l'asfalto o il terreno incolto ci sono ancora quelle pietre posate con meticolosa cura per realizzare un tracciato che mettesse in comunicazione realtà distanti. Mentre lo si guarda seduti, i piedi (che non sono 'arti' ma organi sensoriali come ci viene ricordato) vorrebbero unirsi a quelli dei viandanti per accompagnarne fisicamente il percorso.
Come già fanno i neuroni che vengono stimolati a riflettere in modo nuovo su quanto sia essenziale comprendere che la 'cultura' è un sistema complesso non relegabile solo nelle aule scolastiche. Nelle quali però questo film dovrebbe entrare per mostrare che, come diceva il poeta Vinicius De Moraes (il quale, vedi caso, aveva lo stesso nome di Capossela che accompagna i Nostri per una parte del viaggio): "La vita, amico, è l'arte dell'incontro". Con la Storia e con le storie dei singoli.