Ciao Amore, Vado a Combattere

Film 2016 | Documentario, Azione, Biografico, +13 74 min.

Titolo originaleGoodbye Darling, I'm Off to Fight
Anno2016
GenereDocumentario, Azione, Biografico,
ProduzioneItalia, Tailandia
Durata74 minuti
Regia diSimone Manetti
AttoriChantal Ughi, Andrew Robert Thomson, Anissa Meksen, Benoit Mateu .
Uscitagiovedì 20 aprile 2017
TagDa vedere 2016
DistribuzioneI Wonder Pictures
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
MYmonetro 3,27 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Simone Manetti. Un film Da vedere 2016 con Chantal Ughi, Andrew Robert Thomson, Anissa Meksen, Benoit Mateu. Titolo originale: Goodbye Darling, I'm Off to Fight. Genere Documentario, Azione, Biografico, - Italia, Tailandia, 2016, durata 74 minuti. Uscita cinema giovedì 20 aprile 2017 distribuito da I Wonder Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 3,27 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 21 aprile 2017

Chantal Ughi, ex modella, attrice e cantante, ora combatte sul ring, trasformando la rabbia in grinta. In Italia al Box Office Ciao Amore, Vado a Combattere ha incassato 6 mila euro .

Consigliato sì!
3,27/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,04
CONSIGLIATO SÌ
Un atto d'amore, una storia tutta privata e familiare che coinvolge spettatori lontanissimi da quel mondo e diventa di fatto una storia di tutti.
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 21 aprile 2017
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 21 aprile 2017

Chantal Ughi brilla nella Muay Thai. Ex modella, attrice, cantante e cinque volte campionessa mondiale, combatte contro gli avversari e contro i fantasmi in un corpo a corpo che non lesina pugni e calci. Perché nella vita come nella Thai Boxe tutti i colpi sono permessi. Ma non sono i colpi a ferire ma il passato che Simone Manetti risale lentamente, inesorabilmente fino alla sorgente del dolore. In un'infanzia 'battuta' affonda il cuore combattente di Chantal, che ha debuttato al cinema con Peter Del Monte, Giuseppe Piccioni e Fulvio Ottaviano prima di raggiungere New York e volgere l'attrice in cantante nella cornice della cultura musicale underground. Ma una storia d'amore sbagliata con un sassofonista paranoico la rimette in cammino, alla ricerca di un luogo in cui riparare e quietare la 'voce del sangue', la fitta che preme dall'interno, preme e preme finché non ti decidi a respirare e a neutralizzarla. Chantal accetta la sfida e sceglie l'arma, un'arte marziale convertita in sport alla fine del XX secolo. Si trasferisce in Thailandia e impara a combattere come un thailandese, piegandosi ai costumi ancestrali di una disciplina secolare marcata da un cerimoniale religioso.

Pratica culturale prima che sportiva, la Muay Thai allontana gli spiriti malvagi e aiuta i discepoli a concentrarsi, a sentirsi, a gestire le proprie emozioni e recuperare il proprio equilibrio. Il corpo sottile di Chantal si flette come un giunco per resistere meglio ai marosi della vita, il corpo intero si fa arma di attacco per sconfiggere la sorda ostilità di una relazione affettiva. Quella aurorale che il regista indaga con pudore nei corridoi di una casa borghese o nelle bobine amatoriali che documentano la Chantal bambina.

Lontana dall'idea di spensieratezza che trapela dagli home movie, liturgia dell'autorappresentazione che una famiglia borghese prova a dare di sé, Chantal coltiva una vita ascetica e impara a controllare il dolore, la fatica, le frustrazioni. La Muay Thai è una 'filosofia' che informa il corpo e lo spirito partecipando all'impegno di fiorire il fondamento del buddismo. Disciplina faro della Thailandia, la boxe permette a Chantal di mettersi a nudo e a Manetti di metterne a nudo le linee portanti. La boxe costituisce lo spazio di messa in scena di un corpo, la silhouette fragile e scultorea di una donna che incarna la tenacità, che rimanda ai valori buddisti, che ricaccia le ombre.

Bastione di grazia, Chantal aspira a un'evoluzione spirituale che la trascenda. Sul ring come nella vita la fighter di Manetti esibisce distacco costante e coraggio, perché è su questi criteri che la decisione dell'arbitro viene presa, perché è "da questi dettagli che si giudica un giocatore".

Ritratto dolente e intraducibile, Ciao amore, vado a combattere accorda un'esistenza e un'arte che ha in sé qualcosa di fondamentale: la realtà coi suoi spasimi, il sangue, il sudore, l'imprevedibilità, il simbolismo della danza, la concretezza della vita. Ha ragione Simone Manetti, merita di essere raccontata la storia di Chantal Ughi e di raccomandarne caldamente la visione. Ciao amore, vado a combattere è un atto d'amore, una storia tutta privata e familiare che riesce a coinvolgere spettatori lontanissimi da quel mondo e diventare di fatto una storia di tutti.

Dentro le immagini di Manetti c'è un patrimonio straordinario, c'è qualcosa che va oltre la storia intima di Chantal e che ha a che fare con la natura stessa del cinema. Ciao amore, vado a combattere documenta e testimonia (nelle immagini riprese da Chantal durante i suoi anni a New York e a Bangkok) ma al contempo mette in scena, trasforma la vita in rappresentazione. Alle immagini si accompagna la 'colonna verbale', le parole (poche) di Chantal che rivelano dietro il corpo atletico un sentimento di inadeguatezza. Un sentimento atavico e un desiderio di amore che deborda da questa parte dello schermo e dentro l'epilogo. Chantal resta lì, davanti alla camera sola e salda in posizione di guardia. Impossibilitata a comunicare qualcosa di sé e del suo senso a chi ha abdicato l'esercizio della genitorialità. Sopra al ring e giù dal ring combatte irriducibile quella manifestazione di pura negazione repressiva. Lo fa senza rumore, alzando i pugni a coprire le parti più sensibili ai colpi. A 'riparare' dove fa più male.

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FOCUS
INCONTRI
martedì 2 maggio 2017
Olivia Fanfani

Un ritratto intimo e doloroso che ripercorre i trascorsi di un'ex modella e attrice passata dal debutto cinematografico con Peter Del Monte, Giuseppe Piccioni e Fulvio Ottaviano, alla New York underground della cultura musicale, per approdare ai ring thailandesi dei campionati di Muay Thai. Chantal parla all'occhio distaccato di Manetti mantenendo sempre alta la guardia, attraverso le immagini amatoriali dei suoi anni newyorkesi, i vecchi filmini di famiglia e lo sguardo schivo con cui confessa uno struggente senso di modesta inadeguatezza. Ciao amore, vado a combattere è uno squarcio intimo e insondabile che traduce in immagini un sentimento difficile da esternare se non attraverso la gestualità tesa del corpo. Emergono gli strascichi di un amore per l'uomo sbagliato, ossessionato dal vortice di alcol e droghe. I demoni antichi di un padre autoritario e una profonda volontà di riscatto che più volte ha rischiato di affogare Chantal nel desiderio capillare d'accettazione.

In linea di massima ho resistito. Accettare un ambiente [tradizionalmente riservato ai soli uomini, nda] come quello della Muay Thai è stato propedeutico nel mio percorso personale, in quanto sapevo di avere una missione da compiere.

Un bagaglio ricco che serve ad imparare a gestire la sensibilità schiva di chi ha scelto di ripartire da sé per guadagnare in termini di stabilità emotiva. Negazione che diviene forza e motore pulsante per rimettersi in gioco, accettare sempre nuove e più difficili sfide. Un'evoluzione spirituale necessaria al superamento di aride relazioni affettive. Avvalendosi di precetti buddisti e tatuaggi cambogiani di origine khmer, Chantal ha alzato la guardia prima di tutto per proteggersi in ogni ambito dell'esistenza. Una tigre, anzi due, a simboleggiare "la donna che sono e quella che a mano a mano cerco di diventare".

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