Come i film di Malick così quelli di Linklater mi risultano indigeribili.
La scena più bella del film è stata quella finale: l'inizio delle lezioni nel college dopo un week end in cui il gruppo di universitari vive la propria "ricreazione" con bagordi, canne, donne, allenamenti di baseball. La bellezza della scena finale non è soltanto nella frase che icasticamente il prof annota sulla lavagna mentre due dei protagonisti giacciono esanimi e illanguiditi sul banchetto, "I confini sono dove ognuno li trova": effettivamente bella perchè dalle molteplici chiavi di lettura.
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Come i film di Malick così quelli di Linklater mi risultano indigeribili.
La scena più bella del film è stata quella finale: l'inizio delle lezioni nel college dopo un week end in cui il gruppo di universitari vive la propria "ricreazione" con bagordi, canne, donne, allenamenti di baseball. La bellezza della scena finale non è soltanto nella frase che icasticamente il prof annota sulla lavagna mentre due dei protagonisti giacciono esanimi e illanguiditi sul banchetto, "I confini sono dove ognuno li trova": effettivamente bella perchè dalle molteplici chiavi di lettura. La sua bellezza è anche e soprattutto nel sollievo derivante dalla fine del film, dopo due ore di noia mortale.
Siamo a Austin (Texas) nel 1980. "Tutti vogliono qualcosa" ha il sapore dolceamaro della nostalgia, il clima della sospensione e della dilatazione temporale -l'istante che vale e dura una vita-, l'atmosfera senza domani che lo rende simile a un bizzarro addio al celibato. Forse complice la perdita di significazione derivante dal doppiaggio, l'ho trovato privo di pregnanza, di mordente, di humour e di pathos. Propriamente noioso e con ritmi e narrativa quasi parodici, che a me evocano Chiquito y Paquito di Olcese e Margiotta.
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