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Isabelle Huppert: Elle

Comeback di Paul Verhoeven, Elle è il best of stordente di tutti i registri dell'interprete francese. Dal 23 marzo al cinema.
di Marzia Gandolfi

Elle

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Isabelle Huppert (Isabelle Ann Huppert) (71 anni) 16 marzo 1953, Parigi (Francia) - Pesci. Interpreta Michelle nel film di Paul Verhoeven (II) Elle.
giovedì 16 marzo 2017 - Focus

È sempre difficile descrivere la performance di un'attrice, dire il perché e il come di una presenza. La forza di Isabelle Huppert è di donarsi completamente, in tutti i ruoli, scrupolosamente scelti, custodendo un enigma. Nelle sue interpretazioni c'è un fervore trattenuto, inquieto che la tiene a distanza. Ma è quel touche froide ad attirare irresistibilmente lo spettatore. Immobile, muta, quasi minerale, Isabelle Huppert è un'artista preziosa, magnetica che polarizza gli sguardi. Regina delle nevi o leggenda vivente, i cliché si sprecano ma la sua immagine resta intatta. Immagine di "grande attrice" che lei domina totalmente. Lei è onnipotente e onnipresente. Cinema, televisione, teatro, festival, cerimonie, è una riserva spettacolare, una campionessa del controllo pronta a prendersi tutti i rischi, un'attrice trapezista che ama rilanciare a ogni ruolo, tuffandosi nel vuoto.

Bionda, rossa, dea, star, amante, strega, intellettuale, madre, puttana, Isabelle Huppert ha incarnato tutte le maniere dell'attrice e della donna. Plurale e unica: una donna e tutte le donne, sullo schermo o sulle tavole del palcoscenico.
Marzia Gandolfi

L'attrice più prolifica del cinema francese, a ventotto anni aveva già grandi ruoli alle spalle (Violette Noziére, Loulou, Si salvi chi può (la vita)). Chabrol, Pialat, Godard sono solo alcuni degli autori sedotti dal suo erotismo diafano che rievoca le giovani donne (semi)nude ed enigmatiche di Balthus. Figura maggiore dello schermo (da Cimino a Godard, da Chabrol a Haneke) e del palcoscenico (da Wilson a Warlikowski), la Huppert ha offerto un corpo all'alienazione, sovente glaciale, folle o criminale, sempre trasgressivo, ma in pieno centro, in piena luce. Rappresentare la follia al lavoro è il compito che le viene affidato all'alba della carriera con La merlettaia di Claude Goretta. Comincia lì il lento cammino dalla nevrosi alla psicosi, dalla vita sociale all'istituto psichiatrico di alcuni dei suoi personaggi. Certificare tutti gli stati della disfunzione psichica diventa uno degli assi forti della sua carriera. Con Chabrol la follia si fa più equivoca, maligna, sollecita, sfumando nelle regole del gioco sociale (Violette Nozière, Il buio nella mente, Grazie per la cioccolata), con Werner Schroeter si adorna di orpelli lirici (Malina, Deux), con Krzysztof Warlikowski si rende spazialmente tangibile sulla scena che diventa una vera e propria architettura della psicosi (Un tramway). Impossibile capire se Elle è veramente folle o solamente lucida, Chabrol ha confuso per sempre il confine tra l'una e l'altra.


ELLE: SCOPRI IL FILM
Isabelle Huppert al Festival di Cannes.
Isabelle Huppert al Festival di Cannes.
Isabelle Huppert al Festival di Cannes.

Impossibile ancora (per misura e grandezza) ritornare sui lampi abbaglianti di una carriera fuori norma che ha abbracciato un numero impressionante di autori francesi e internazionali e collezionato prove sbalorditive. Ma possiamo cominciare dal presente, da un ruolo che conferma la sua forza creatrice e il suo mistero. Inalterabile e insondabile, Isabelle Huppert è in ogni piano di Elle, comeback magnifico di Paul Verhoeven che aggiunge una tessera sostanziale alla sua filmografia, adeguata a tutte le economie e le geografie. Adattamento di un romanzo di Philippe Djian ("Oh..."), Elle sorvola sull'incipit del libro e predilige l'entrée brutale. Un gatto impassibile e sovrano, posato in controcampo, fissa in tutta maestà la scena primitiva del film: la violenza carnale. Il gatto anticipa la felinità dell'eroina che come nessuno sa ricadere in piedi sulle sue zampe.

Abusata e picchiata da uno sconosciuto mascherato sul parquet della sua casa borghese, Michèle si solleva dal trauma riprendendo senza dire una parola o quasi il corso della sua esistenza di imprenditrice ricchissima, figlia di un mostro e madre separata di un figlio grande e immaturo. Le fila del thriller si avvolgono intorno alle sue dita, invertendo ruoli e direzione: la preda cacciata si converte in predatrice totale, affrancata dai vivi come dai morti.
Marzia Gandolfi

Verhoeven, lontano da qualsiasi apologia dell'abuso e concentrato sul gioco torbido della dominazione che nasce tra vittima e carnefice, disegna il ritratto caustico di una donna complessa, minuta ed enorme. Per interpretarla, Isabelle Huppert non fa che dispiegare quella fissità energica di cui solo lei conosce il segreto. La sua immagine attraversa tutte le sue vite anteriori, il ruolo di Michèle si fa carico di tutta la sua storia di attrice, pescando nell'esperienza per le zone pericolose e portando alla sommità l'ambiguità, l'amoralismo, la solitudine, la solidità. L'incarnazione con Elle è così totale che sfilano sullo schermo, e secondo gli scarti della sceneggiatura, i caratteri dei suoi personaggi passati: l'inflessibilità del giudice di La commedia del potere, la manipolazione tirannica di Abus de faiblesse, la nevrosi sessuale di La pianista. Elle diventa allora una compilation stordente, un best of di tutti i registri dell'attrice, che con la complicità di Verhoeven va davvero lontano nell'esplorazione della perversione, dell'incontro fusionale di due mostri sessualmente compatibili.


Isabelle Huppert in una scena del film Elle.
Isabelle Huppert in una scena del film Elle.
Isabelle Huppert in una scena del film Elle.

I suoi gesti, grida, scoppi di risa, stravaganze producono a chi la guarda una vertigine. La performance della Huppert è un pensiero vivo e creativo nel film. La sua composizione rimanda alla pianista di Haneke, doppio invertito, una macchina da guerra fredda ancora ma questa volta sbilanciata dalla parte della vita. Letale come Sharon Stone (Basic Instinct) e indistruttibile come Peter Weller (RoboCop), Isabelle Huppert interpreta tutti i ruoli assegnati alla femminilità (madre, figlia, moglie, amante, divorziata), accomodandosi nel gineceo dominante di Verhoeven (Spetters, Basic Instinct, Showgirls, Black Book).

Nominata agli Oscar e vincitrice di un Golden Globe per Elle, è alla ricerca permanente di personaggi che le permettano di esplorare nuovi paesaggi interiori, che le procurino ancora quel piacere (d'attrice) insaziabile.
Marzia Gandolfi

Silhouette fragile e monumento di opacità, avanza aperta a tutte le possibilità dentro un presente che sembra infinito. Dentro l'avenir di Mia Hansen-Løve (Le cose che verranno) e nella pelle di un'altra eroina che organizza la propria sopravvivenza con aplomb, finendo il suo arco narrativo senza marito, senza madre, senza figli. Alle mutilazioni della vita la sua Nathalie oppone l'arte di rinunciare progressivamente alle cose, offrendosi al mondo nuda, luminosa, raggiante, iper-Huppert.


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