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Batman V Superman. Ovvero DC contro Marvel

Il film di Snyder ha ricevuto recensioni molto dure dalla stampa americana probabilmente sull'idea che il modo giusto di raccontare i supereroi sia quello della Marvel anziché della DC. Al cinema.
di Roy Menarini

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venerdì 25 marzo 2016 - Focus

Chissà quando entrerà in crisi, questa lunga era dei supereroi? Il pubblico sembra in perenne luna di miele con i cinecomics, anche grazie a universi narrativi complessi e transmediali. La critica, invece, si trova talvolta più spiazzata da questo tipo di prodotti, un po' perché manca ancora una consapevolezza teorica di quali strumenti utilizzare di fronte a un blockbuster, un po' per pigrizia intellettuale.

Ma le reazioni che sta suscitando Batman V Superman: Dawn of Justice superano di gran lunga le normali oscillazioni del gusto, e così il film di Zack Snyder si è visto piovere addosso recensioni molto dure dalla stampa americana.
Roy Menarini

Immeritate, a nostro parere, perché probabilmente basate sull'idea che il modo giusto di raccontare i supereroi sia quello della Marvel, mentre la DC offrirebbe prodotti meno appetibili. E in effetti, più che Batman contro Superman (con il terzo incomodo di Wonder Woman e altri meta-umani appena intravisti), il nuovo cinecomic di Snyder può tranquillamente essere interpretato come DC contro Marvel. Complice un reboot di Superman non perfettamente riuscito, la Warner Bros. e la DC sono corsi ai ripari inserendo un Batman se possibile ancora più incupito e rabbioso di quello con Christian Bale, e scelto di trascinare di peso l'iconografia di Nolan dentro la tendenza già di per sé vagamente apocalittica di Snyder.


In foto Ben Affleck in una scena di Batman v Superman: Dawn of Justice (2016).
In foto Henry Cavill in una scena di Batman v Superman: Dawn of Justice (2016).
In foto Ben Affleck e Gal Gadot in una scena di Batman v Superman: Dawn of Justice (2016).
Una cupa visione dell'America

Non si tratta semplicemente di un mondo rovinoso e metropolitano (DC) contro forme di commedia e di spettacolo per famiglie (The Avengers e tutti gli altri, escluso Deadpool), ma anche di una visione del mondo e dell'America. Se da tempo sia Nolan sia Snyder - specie il secondo a dire il vero - si sono sentiti appioppare il famigerato marchio di registi politicamente conservatori o "di destra", potremmo tradurre - in maniera meno rozza - che essi flirtano con un'epica dark, mortuaria e mistica (il marchio di Frank Miller arriva fin qui), tanto quanto la Marvel incarna un democratismo multicolore e riconoscibile, magari talvolta contradittorio, pur sempre in ogni caso legato a un razionale progressismo a stelle e strisce. E Batman V Superman: Dawn of Justice trova tutta la sua forza iconografica e simbolica in questa differenza, in questo scarto cocciuto, intrapreso con una serietà e una insistenza talvolta eccessive, martellanti, ma proprio per questo eccitanti.

Fin dall'inizio, quando guardiamo con gli occhi di Bruce Wayne i disastri collaterali di Superman e delle sue guerre aliene, comprendiamo quanto in gioco sia l'alterità del superuomo, giocata nell'arena pubblica e sullo sfondo dei sentimenti collettivi dei media.
Roy Menarini

Il popolo, come già nella trilogia del pipistrello in versione Nolan, è una massa pronta a oscillare pro o contro l'eroe di turno, manipolata e manipolabile, mentre il semidio - compreso il miliardario che trascende i suoi limiti - si erge solitario, incompreso e nietzschiano.


In foto una scena de L'uomo d'acciaio (2013).
In foto una scena de Il cavaliere oscuro (2008).
In foto una scena de Il cavaliere oscuro - Il ritorno (2012).
Scene di distruzione e di inimicizia

Ci sono immagini spaventose in cui Superman fluttua nel cielo nero, scene di distruzione e inimicizia, momenti di un tale nichilismo da parte di Batman che il clima da tregenda diventa un piacere da respirare, anche per chi ama la maestria della Marvel e del suo universo cosmogonico. Ad esso si affianca - in maniera evidentemente volontaria - un altro tocco "nolaniano", ovvero la convulsione narrativa, fatta di pieni e vuoti improvvisi, momenti onirici e passaggi poco decifrabili che, lungi dal tradire una superficialità in sede di scrittura, fanno tutt'uno con l'ambiguità e il parossismo degli avvenimenti (si veda, giusto come esempio, l'ermetica sequenza del lungo sogno di Batman).

Per la DC non c'è un'America propositiva e comunitaria che fa da sfondo alle lotte dei (e tra i) supereroi, ma una sorta di paese sostanzialmente fallito, preda di paranoie e disfatte, attentati e menzogne, lutti ed eredità simboliche, in cui persino la serialità annunciata - la Justice League - promette un argine contro il male prima che un ruolo di protezione e giustizia metafisica.
Roy Menarini

Un cinema, quello di Snyder, di Nolan e della DC, che - pur con tutte le sue ambiguità e visioni distorte della violenza, o forse proprio per questo - continua a sembrarci a suo modo alternativo e degno di interesse.


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