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martedì 5 settembre 2017
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due vicende amorose vissute estremamente
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Diviso su due piani temporalmente ben distinti, e precisamente uno in Polonia all'epoca del secondo conflitto mondiale e l'altro a New York nei giorni nostri, "La Storia dell'Amore" racconta due intense vicende sentimentali, vissute entrambe con passione ma ovviamente in maniera diversa. La prima riguarda una giovane coppia di ebrei polacchi che non ha potuto coronare il proprio amore in quanto la guerra li ha portati a separarsi e la donna ha dovuto trasferirsi negli Stati Uniti. La seconda storia, invece, riguarda l'amore tra due adolescenti di New York che però viene vissuto dalla ragazza con molteplici paure e soprattutto con una concezione assoluta che la relazione diventa di conseguenza travagliata e dolorosa.
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Diviso su due piani temporalmente ben distinti, e precisamente uno in Polonia all'epoca del secondo conflitto mondiale e l'altro a New York nei giorni nostri, "La Storia dell'Amore" racconta due intense vicende sentimentali, vissute entrambe con passione ma ovviamente in maniera diversa. La prima riguarda una giovane coppia di ebrei polacchi che non ha potuto coronare il proprio amore in quanto la guerra li ha portati a separarsi e la donna ha dovuto trasferirsi negli Stati Uniti. La seconda storia, invece, riguarda l'amore tra due adolescenti di New York che però viene vissuto dalla ragazza con molteplici paure e soprattutto con una concezione assoluta che la relazione diventa di conseguenza travagliata e dolorosa. L'elemento unificatore tra le due vicende è costituito da un signore ormai anziano che rimembra il passato amoroso e le conseguenze che questo ha provocato nella sua personale esistenza .....
In continua alternanza tra flash-back e tempo presente, "La Storia dell'Amore", tratto dal best seller di Nicole Krauss, si dispiega e piano piano rivela il legame e la coordinazione esistenti tra le due epoche, rendendo comprensibile ciò che all'inizio del film può apparire confuso e slegato. Ma più che la cronologia, al regista Radu Mihaileanu interessa descrivere, come già precedentemente nelle sue opere quali, ad esempio, "Il Concerto", il sentimento dell'amore in sè e le conseguenze che ne derivano in una continua alternanza tra passato e presente, come a dimostrare che tutto al mondo ha un legame stretto ed una continuità e che pertanto nulla va mai perduto, sebbene, magari, venga vissuto in maniera differente.
La pellicola risulta in sè piacevole, a tratti, forse, un pò troppo romantica e con una trama un poco ridondante, ma ciò nonostante si verifica abbastanza avvincente per lo spettatore a cui via via vengono svelati i vari legami tra le persone e la casualità di certi avvenimenti.
Tra gli attori emerge l'inglese Derek Jacobi che in maniera assai commovente dà vita all'anziano personaggio, nonchè la giovane Sophie Nélisse, già ammirata in "Storia di una Ladra di Libri", la quale con la sua spontaneità ed il suo assoluto idealismo sentimentale, rende credibile il proprio ruolo di ragazza adolescente.
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martedì 5 settembre 2017
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due vicende amorose vissute estremamente
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Diviso su due piani temporalmente ben distinti, e precisamente uno in Polonia all'epoca del secondo conflitto mondiale e l'altro a New York nei giorni nostri, "La Storia dell'Amore" racconta due intense vicende sentimentali, vissute entrambe con passione ma ovviamente in maniera diversa. La prima riguarda una giovane coppia di ebrei polacchi che non ha potuto coronare il proprio amore in quanto la guerra li ha portati a separarsi e la donna ha dovuto trasferirsi negli Stati Uniti. La seconda storia, invece, riguarda l'amore tra due adolescenti di New York che però viene vissuto dalla ragazza con molteplici paure e soprattutto con una concezione assoluta che la relazione diventa di conseguenza travagliata e dolorosa.
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Diviso su due piani temporalmente ben distinti, e precisamente uno in Polonia all'epoca del secondo conflitto mondiale e l'altro a New York nei giorni nostri, "La Storia dell'Amore" racconta due intense vicende sentimentali, vissute entrambe con passione ma ovviamente in maniera diversa. La prima riguarda una giovane coppia di ebrei polacchi che non ha potuto coronare il proprio amore in quanto la guerra li ha portati a separarsi e la donna ha dovuto trasferirsi negli Stati Uniti. La seconda storia, invece, riguarda l'amore tra due adolescenti di New York che però viene vissuto dalla ragazza con molteplici paure e soprattutto con una concezione assoluta che la relazione diventa di conseguenza travagliata e dolorosa. L'elemento unificatore tra le due vicende è costituito da un signore ormai anziano che rimembra il passato amoroso e le conseguenze che questo ha provocato nella sua personale esistenza .....
In continua alternanza tra flash-back e tempo presente, "La Storia dell'Amore", tratto dal best seller di Nicole Krauss, si dispiega e piano piano rivela il legame e la coordinazione esistenti tra le due epoche, rendendo comprensibile ciò che all'inizio del film può apparire confuso e slegato. Ma più che la cronologia, al regista Radu Mihaileanu interessa descrivere, come già precedentemente nelle sue opere quali, ad esempio, "Il Concerto", il sentimento dell'amore in sè e le conseguenze che ne derivano in una continua alternanza tra passato e presente, come a dimostrare che tutto al mondo ha un legame stretto ed una continuità e che pertanto nulla va mai perduto, sebbene, magari, venga vissuto in maniera differente.
La pellicola risulta in sè piacevole, a tratti, forse, un pò troppo romantica e con una trama un poco ridondante, ma ciò nonostante si verifica abbastanza avvincente per lo spettatore a cui via via vengono svelati i vari legami tra le persone e la casualità di certi avvenimenti.
Tra gli attori emerge l'inglese Derek Jacobi che in maniera assai commovente dà vita all'anziano personaggio, nonchè la giovane Sophie Nélisse, già ammirata in "Storia di una Ladra di Libri", la quale con la sua spontaneità ed il suo assoluto idealismo sentimentale, rende credibile il proprio ruolo di ragazza adolescente.
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lunedì 4 settembre 2017
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la triste e crudele quotidianità di un giovane rom
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"A Ciambra" sta indicare il quartiere nella città di Gioia Tauro in Calabria dove risiede la popolazione rom. Come tutti i rom essi vivono in grandi famiglie. o clan, e questo omonimo film, come un documentario, racconta la vita quotidiana di un ragazzino rom di 14 anni di nome Francesco Pio. Abituato sin dalla sua più tenera infanzia a seguire l'esempio dei suoi familiari più anziani, egli non va a scuola (infatti non sa nemmeno leggere) e trascorre le proprie giornate compiendo furtarelli ed altre azioni perseguibili dalla legge. Quando il il padre ed il fratello maggiore vengono arrestati, tocca a lui provvedere alla numerosa famiglia, diventando sempre più abile ed esperto nell'arte del delinquere a tal punto che, quando i suoi familiari usciranno dalla prigione, il fratello lo affilierà direttamente alla sua banda di complici, aprendo così al ragazzo la strada della criminalità vera e propria.
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"A Ciambra" sta indicare il quartiere nella città di Gioia Tauro in Calabria dove risiede la popolazione rom. Come tutti i rom essi vivono in grandi famiglie. o clan, e questo omonimo film, come un documentario, racconta la vita quotidiana di un ragazzino rom di 14 anni di nome Francesco Pio. Abituato sin dalla sua più tenera infanzia a seguire l'esempio dei suoi familiari più anziani, egli non va a scuola (infatti non sa nemmeno leggere) e trascorre le proprie giornate compiendo furtarelli ed altre azioni perseguibili dalla legge. Quando il il padre ed il fratello maggiore vengono arrestati, tocca a lui provvedere alla numerosa famiglia, diventando sempre più abile ed esperto nell'arte del delinquere a tal punto che, quando i suoi familiari usciranno dalla prigione, il fratello lo affilierà direttamente alla sua banda di complici, aprendo così al ragazzo la strada della criminalità vera e propria.
Come Michele Santoro ha già fatto nel suo ultimo film "Robinù", e così svariati altri registi ancor prima, anche il giovane Jonas Carpignano documenta la vita quotidiana dei ragazzi emarginati, nello specifico di un adolescente della comunità rom. Senza emettere alcun giudizio morale a riguardo, Carpignano si limita solamente a descrivere attraverso le immagini della sua pellicola la quotidianità di un ragazzino a cui è stata rubata principalmente la propria infanzia a favore di un futuro teso verso una delinquenza certa. Quello che più impressiona di questo film è come il protagonista Pio sia stato allevato sin da piccolo secondo assai discutibili principi morali e come pertanto, per lui sia giusto e normale, per non dire "doveroso" nei confronti del proprio clan, vivere in una maniera alquanto sbandata. Con un futuro sicuro da pregiudicato il giovane muove i suoi passi verso uno stile di vita spietato che gli fa soffocare e cancellare definitivamente quei minimi barlumi di "umanità" e solidarietà che egli ogni tanto prova per qualcuno, si veda, per esempio, il suo attaccamento nei confronti di un giovane di colore che quasi egli considera come un fratello maggiore. Già con il suo primo lungometraggio "Mediterranea" dove descriveva l'odissea vissuta da un giovane del Burkina Faso approdato in Italia, Carpignano ha raccontato la realtà degli individui disagiati ed emarginati e tutte le loro svariate problematiche, ora, anche in "A Ciambra", non si discosta dal tema sociale che, ripeto, non giudica ma solamente presenta in maniera obiettiva e molto dettagliatamente a guisa di documento sociale. Film, dunque, asciutto ed assai crudo per la sua tematica, per non dire addirittura scomodo, esso si rivela molto interessante, sebbene non riveli nulla di nuovo concernente la vita di svariate persone allo sbando.
Vi è da rimarcare positivamente l' efficace interpretazione del giovane protagonista Francesco Pio Amato che, insieme a tutta la sua numerosissima famiglia, ha preso parte alle riprese sebbene, poi, non abbia fatto altro che replicare la propria vita di tutti i giorni.
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venerdì 1 settembre 2017
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in un viaggio solo con una bara
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"Easy" è l'aggettivo inglese che si pronuncia come il diminutivo "Isi", di Isidoro, il protagonista del film.
Isidoro è un giovane uomo, sovrappeso, dedito sempre ad abbuffarsi di snack e cibi calorici oltre misura, tenuto in un' evidente scarsa considerazione sia dalla madre, che gli preferisce il più bello e realizzato professionalmente (almeno apparentemente) fratello, che dal suddetto fratello che lo tratta come un mentecatto dietro false dimostrazioni d'affetto.
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"Easy" è l'aggettivo inglese che si pronuncia come il diminutivo "Isi", di Isidoro, il protagonista del film.
Isidoro è un giovane uomo, sovrappeso, dedito sempre ad abbuffarsi di snack e cibi calorici oltre misura, tenuto in un' evidente scarsa considerazione sia dalla madre, che gli preferisce il più bello e realizzato professionalmente (almeno apparentemente) fratello, che dal suddetto fratello che lo tratta come un mentecatto dietro false dimostrazioni d'affetto. Quando si presenta l'occasione di dover riportare in un paesino sperduto dell'Ucraina la salma di un operaio deceduto in seguito ad un incidente sul lavoro avvenuto nel cantiere del fratello, onde evitare problemi con la Polizia, quest'ultimo chiede, mascherato da favore e grande responsabilità, ad Isidoro di consegnare la bara con il corpo del morto alla sua famiglia di origine. E' così che inizia per il protagonista un lungo viaggio alla guida di un carro da morto (in passato l'uomo era stato un valente e promettente pilota di macchine da corsa) verso la terra ucraina dove gli succederanno le più svariate e, per la maggior parte, negative avventure (furto dell'autovettura compreso), ma anche singolari incontri con persone di vario genere e di più o meno disponibilità nei suoi confronti. Un lungo e faticoso iter che il povero Isidoro riuscirà nonostante tutto a portare a termine....
Andrea Magnani ha girato e prodotto un film del tutto singolare, quasi surreale sotto certi aspetti, sicuramente triste e melanconico ma anche e soprattutto molto delicato e, in certe scene anche sottilmente ironico. In una società dove, se un individuo ha dei problemi estetici o psichiatrici ,viene considerato e trattato come un emarginato, a volte anche dagli stessi familiari, uno come il personaggio di Isidoro di questa pellicola è sicuramente condannato ad una condizione di solitudine perenne che sempre più aumenta e, come una spirale che si avvolge su stessa, sempre più la società continua ad allontanare. Isidoro, da ragazzo quasi prodigio, ha deluso evidentemente le grandi aspettative dei propri familiari e, non trovando conforto e sostegno da nessuna parte , sempre di più si è isolato e viene continuamente isolato. Egli dovrà raggiungere le terre lontane ed ostili dell'Ucraina per trovare un pò di calore umano, in un percorso, fisico ed introspettivo, infinito ed ostile che il regista Magnani ben descrive e rappresenta consegnando una pellicola altamente poetica che fa riflettere lo spettatore e nel contempo lo fa anche sorridere delle "stralunate" azioni di Isidoro. Un encomio, inoltre, va diretto ovviamente anche a Nicola Nocella che con il suo ingombrante corpo ed il proprio viso caratterizzato da un sempre meravigliato ed innocente sguardo rende quanto mai toccante e simpatico il personaggio di Isidoro.
Un vero piccolo gioiello di film.
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giovedì 31 agosto 2017
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5 individui alla ricerca del proprio futuro
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Film "nostrano" del giovane regista Salvatore Allocca, "Taranta on the Road" è un road movie, come si può evincere,. del resto, dal titolo, che racconta il viaggio dalla Puglia sino a Ventimiglia, presso il confine con la Francia, che intraprendono i 5 personaggi della storia. Ai tre musicisti di una band scalcinata locale che si esibiscono nelle piazze delle varie zone del Salento durante le sagre paesane o durante le cerimonie di matrimonio, si uniscono per caso due giovani tunisini, un uomo ed una donna, che, appena sbarcati sulle coste italiane clandestinamente, devono cercare di eludere a tutti i costi la Polizia perchè senza documenti al fine di raggiungere le mete prefissatesi, come l'Inghilterra uno e la Francia l'altra.
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Film "nostrano" del giovane regista Salvatore Allocca, "Taranta on the Road" è un road movie, come si può evincere,. del resto, dal titolo, che racconta il viaggio dalla Puglia sino a Ventimiglia, presso il confine con la Francia, che intraprendono i 5 personaggi della storia. Ai tre musicisti di una band scalcinata locale che si esibiscono nelle piazze delle varie zone del Salento durante le sagre paesane o durante le cerimonie di matrimonio, si uniscono per caso due giovani tunisini, un uomo ed una donna, che, appena sbarcati sulle coste italiane clandestinamente, devono cercare di eludere a tutti i costi la Polizia perchè senza documenti al fine di raggiungere le mete prefissatesi, come l'Inghilterra uno e la Francia l'altra. Entrati in contatto casualmente con i tre suddetti musicisti, essi vengono aiutati da questi che, provvisti di buon cuore e nessun pregiudizio, offrono loro un passaggio sul proprio pulmino. Nel corso delle giornate che essi trascorreranno insieme sino al confine francese, succederanno vari avvenimenti che porteranno tutti i protagonisti a legarsi affettivamente sempre di più sino alla fine del viaggio quando dovranno separarsi definitivamente e si indirizzeranno verso un futuro che si presenta alquanto incerto per tutti.
Molto piacevole a seguirsi, "Taranta on the Road" è una commedia agro-dolce che, attraverso la celebrazione di tradizioni locali quali, appunto, la danza pugliese della Taranta, tratta il tema del disagio e delle difficoltà che gli immigrati devono affrontare e che, di volta involta, incontrano e devono superare, pregiudizi compresi. Chiaramente teso a dimostrare tesi ed un giudizi positivi sul fenomeno dell'immigrazione, il film si evolve in maniera alquanto simpatica ed accattivante, presentando sullo schermo i 5 personaggi, più quelli di contorno, con i propri problemi, paure e caratteristiche varie, in cui lo spettatore quasi si immedesima come se partecipasse anch' egli stesso ala storia raccontata. Non mancano così momenti di seria riflessione concernente sia la problematica degli immigrati che quelle personali di ciascun individuo, come episodi più leggeri ed esilaranti che alleviano notevolmente lo spirito generale della vicenda.
Non un capolavoro ma certamente assai gradevole e pertanto consigliabile.
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martedì 29 agosto 2017
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c'è del marcio in argentina
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A seguito della morte del padre un uomo ritorna in Argentina con la propria moglie per ricevere la propria parte di eredità consistente nel terzo di un appezzamento di terreno in Patagonia e per cercare, di conseguenza, di convincere i propri congiunti a vendere l'intera proprietà paterna ad una grossa compagnia straniera. E' in questa occasione che egli rivede la sorella, ormai rinchiusa in un centro psichiatrico, ed il misantropo e burbero fratello che vive ormai solitario nel suddetto terreno. Nel corso del soggiorno affioreranno in lui tristi e dolorosi ricordi legati al passato e, più precisamente, alla morte prematura di un fratello causato da uno sparo di fucile dal fratello sopra menzionato.
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A seguito della morte del padre un uomo ritorna in Argentina con la propria moglie per ricevere la propria parte di eredità consistente nel terzo di un appezzamento di terreno in Patagonia e per cercare, di conseguenza, di convincere i propri congiunti a vendere l'intera proprietà paterna ad una grossa compagnia straniera. E' in questa occasione che egli rivede la sorella, ormai rinchiusa in un centro psichiatrico, ed il misantropo e burbero fratello che vive ormai solitario nel suddetto terreno. Nel corso del soggiorno affioreranno in lui tristi e dolorosi ricordi legati al passato e, più precisamente, alla morte prematura di un fratello causato da uno sparo di fucile dal fratello sopra menzionato. I rapporti ed il riavvicinamento tra i due uomini ovviamente si dimostreranno subito difficili, per non dire violenti, finchè la situazione non precipiterà portando a galla terribili verità su molte questioni del passato.
Questa è in breve la trama del thriller argentino "Neve Nera" del regista Martin Hodara: un dramma familiare a tinte fosche, reso ancor più cupo dal selvaggio, nonchè spettacolare, paesaggio innevato della Patagonia. Sin dall'inizio si intuisce che non tutto è come sembra e che alla fine, infatti, verrà confermato attraverso lo svelarsi di atroci verità. Un thriller psicologico che scava nel torbido dei suoi personaggi, molto ben diretto ed interpretato, sui cui attori spicca notevolmente, come sempre, il bravissimo Ricardo Darin nel ruolo del fratello violento accusato di fratricidio.
Avvincente, il film desta l'interesse dello spettatore man mano che la vicenda si evolve e pertanto nel suo complesso risulta vivamente consigliabile.
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sabato 27 giugno 2015
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tante teste tante idee
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Non sono un critico cinematografico e quindi non me la tiro. Dirò semplicemente che secondo me questo splendido film sta agli altri film del genere, specie quelli americani, come la Mafia uccide solo d'estate sta ai film del genere mafia , prevedibili e zeppi di luoghi comuni. Bravo il regista e ottimi gli attori, tutti. Film indimenticabile
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lunedì 15 giugno 2015
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"storia speciale per gente normale..."
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Un bel viso espressivo dà il tono a questo film, è quello vivo, parlante dalla prima all’ultima scena, di Isabella Ragonese (la protagonista Stefania) dal gioioso, illuminato, vitale dell’esordio, al muto, ostinato, autistico che segna il dramma successivo, sino alla pallida, incerta apertura finale. La storia è quella che incrocia gente comune con le emergenze di un mondo senza pace: da noi l’inquinamento industriale invade le coste, le falde acquifere, l’aria che si respira; poco più in là le sanguinose guerre medio-orientali, così vicine da una parte, così incomprensibili e minacciose dall’altra, in un clima di scontro di culture che non aiuta a conoscere e a interpretare.
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Un bel viso espressivo dà il tono a questo film, è quello vivo, parlante dalla prima all’ultima scena, di Isabella Ragonese (la protagonista Stefania) dal gioioso, illuminato, vitale dell’esordio, al muto, ostinato, autistico che segna il dramma successivo, sino alla pallida, incerta apertura finale. La storia è quella che incrocia gente comune con le emergenze di un mondo senza pace: da noi l’inquinamento industriale invade le coste, le falde acquifere, l’aria che si respira; poco più in là le sanguinose guerre medio-orientali, così vicine da una parte, così incomprensibili e minacciose dall’altra, in un clima di scontro di culture che non aiuta a conoscere e a interpretare. Stefania è un’infermiera, ma anche attivista anti-inquinamento; Roberto, suo marito, un militare in missione in Iraq. La passione che li ha uniti è molto vitale, allegra e coinvolgente, anche se intuiamo diversità di caratteri e di scelte personali. Che non hanno il tempo di catalizzarsi, perché la guerra si incarica di tranciare tutto di netto: Roberto precipita in uno stress da combattimento sempre più cupo, che diventa evidente licenza dopo licenza, ed include un rifiuto totale di dire alcunché sulla sua dura esperienza, finché non resta ucciso a causa di un attentato suicida. Per la forte e tenace Stefania è un colpo terribile: non riesce a elaborarlo e decide l’impresa assurda di andare a scoprire – sotto la copertura di una missione umanitaria - chi è stato il kamikaze che le ha rovinato la vita. Questo per dare un senso ad una morte che sembra più che mai piombata dal nulla, che – come le rinfaccerà in un momento d’ira un giovane arabo, non le dà neppure un nemico da odiare. Inutile anticipare la fine, anche perché, più della fine, è il viaggio in sé, l’ostinata ricerca di senso di cui Stefania ha bisogno, quello che conta. E, nonostante molti passaggi appaiano improbabili (anche se di ‘veri’ comportamenti improbabili sui quei teatri di guerra ne abbiamo visti, eccome…) la storia tiene, perché riesce a trasmettere con una certa efficacia sia l’umanissima ossessione di una donna colpita due volte, da una morte crudele e dal vuoto che sembra circondarla; sia la distanza enorme tra mondi che non comunicano se non nel rapporto brutale della guerra e del denaro, appena attenuata da una solidarietà per forza di cose ‘contingentata’; sia la definitiva conferma che un senso non c’è in questa “storia sbagliata” che non sia, per attimi, la percezione di un comune dolore e di una comune impotenza di fronte a processi che sovrastano completamente la “gente normale”. Intendiamoci, non è “Viaggio a Kandahar”, di cui si avvertono echi, ma trasmette qualcosa di significativo. Belli e intensi i primi e primissimi piani; un po’ manieristico, ma ben orchestrato, il montaggio che alterna continui flash-back allo sviluppo lineare della storia; non particolarmente espressivi in rapporto ad un territorio devastato dalla guerra, gli esterni. Brava la Ragonese e accattivante, anche se un po’ troppo inappuntabile e grillo-parlante, Dehbi nella parte dell’interprete arabo.
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venerdì 12 giugno 2015
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una donna ormai sola e devastata nel profondo
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Un film che avrebbe potuto riproporre le solite vicende già presentate da altre pellicole che hanno trattato il conflitto iracheno e che invece si discosta da esse in quanto racconta la storia privata di una coppia. I protagonisti di essa sono due giovani innamorati (Isabella Ragonese e Francesco Scianna) che si sono sposati e che vivono nell' inquinata città di Gela, lei come infermiera pediatrica, lui come soldato. In seguito al conflitto bellico in Iraq lui è costretto a partire molteplici volte in svariate missioni in quella terra da cui ritorna sempre fino, ovviamente, a quando non viene ucciso in un attentato per opera di un kamikaze. Da questo momento per la moglie non resterà altro che trasferirsi in quei territori con la scusa di prestare soccorso in un ospedale italiano che opera i bambini locali affetti da labbro leporino al fine di andare alla ricerca di come si sono realmente svolti i fatti e di incontrare la famiglia di colui che le ha ucciso il marito.
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Un film che avrebbe potuto riproporre le solite vicende già presentate da altre pellicole che hanno trattato il conflitto iracheno e che invece si discosta da esse in quanto racconta la storia privata di una coppia. I protagonisti di essa sono due giovani innamorati (Isabella Ragonese e Francesco Scianna) che si sono sposati e che vivono nell' inquinata città di Gela, lei come infermiera pediatrica, lui come soldato. In seguito al conflitto bellico in Iraq lui è costretto a partire molteplici volte in svariate missioni in quella terra da cui ritorna sempre fino, ovviamente, a quando non viene ucciso in un attentato per opera di un kamikaze. Da questo momento per la moglie non resterà altro che trasferirsi in quei territori con la scusa di prestare soccorso in un ospedale italiano che opera i bambini locali affetti da labbro leporino al fine di andare alla ricerca di come si sono realmente svolti i fatti e di incontrare la famiglia di colui che le ha ucciso il marito. Non sarà per lei ovviamente un'impresa facile ma, dopo numerose ricerche e soprattutto grazie all'aiuto di un giovane interprete locale riuscirà nel suo intento.
Il film complessivamente risulta molto avvincente ed induce a riflettere lo spettatore su quanto siano devastanti, come tutte le guerre, questi conflitti in terre lontane, sia per chi vi vada a combattere che per chi vive in quelle terre, ma soprattutto mostra quanto i conflitti siano devastanti alla psiche dei soldati che mai più riescono ad adattarsi a condurre un'esistenza normale e serena una volta rientrati in patria e che proprio per questo preferiscono sempre ripartire quasi a ricercare la propria morte direttamente. Ed il dramma profondo ed intenso che si abbatte e che sono costrette a vivere le mogli e le donne di questi soldati (ma anche quello esattamente all'opposto delle donne dei vari kamikaze seminatori di morte) costituisce il perno della vicenda su cui il regista Gianluca Maria Tavarelli impernia tutta la vicenda e la sua condanna. Diretto in maniera lucida e ben scandita, con alternanze di flash back e riprese dei momenti presenti della protagonista, "Una Storia Sbagliata" ha però un limite e cioè di essere in alcune parti della narrazione poco realistico ed un poco semplicistico: le continue uscite dal campo medico sorvegliato a vista dagli americani ed il liberamente passeggiare da parte della protagonista per mercati e viuzze dei vari paesi, sia pure coperta dal burka, non risultano affatto credibili così come anche, in quanto troppo idealistica, la scena finale dell'incontro con la moglie, anch'ella vedova, del kamikaze.
Ottima l'interpretazione di Isabella Ragonese che si distingue nettamente sugli altri suoi colleghi, sia pure egregi, Francesco Scianna e Mehdi Dehbi.
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[+] racconta molteplici perno impernia
(di angelo umana)
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mercoledì 10 giugno 2015
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due vedove
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La guerra in Iraq vista da un’altra parte, da quella della gente normale che vive come può. Gli iracheni con strutture ospedaliere di fortuna, poveri, bambini che muoiono di niente; una coppia italiana di Gela che sogna la casa, lei infermiera pediatrica e lui soldato che va e torna dalla guerra. I nostri condottieri americani la chiamarono epicamente Desert Storm e Enduring Freedom, sembrano titoli di kolossal di guerra. Per quelli che in Iraq si facevano esplodere in attentati era semplicemente una jihad, ma dietro i condottieri dell’una e dell’altra parte c’era gente piccola.
E’ un film dal punto di vista originale, questa Storia Sbagliata di Gianluca Maria Lavarelli (dedicato a suo padre): guardare in faccia la famiglia dell’uomo che mi ha distrutto la vita, questo vuole Stefania (Isabella Ragonese), che parte per l’Iraq dopo che il suo uomo è saltato in un attentato.
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La guerra in Iraq vista da un’altra parte, da quella della gente normale che vive come può. Gli iracheni con strutture ospedaliere di fortuna, poveri, bambini che muoiono di niente; una coppia italiana di Gela che sogna la casa, lei infermiera pediatrica e lui soldato che va e torna dalla guerra. I nostri condottieri americani la chiamarono epicamente Desert Storm e Enduring Freedom, sembrano titoli di kolossal di guerra. Per quelli che in Iraq si facevano esplodere in attentati era semplicemente una jihad, ma dietro i condottieri dell’una e dell’altra parte c’era gente piccola.
E’ un film dal punto di vista originale, questa Storia Sbagliata di Gianluca Maria Lavarelli (dedicato a suo padre): guardare in faccia la famiglia dell’uomo che mi ha distrutto la vita, questo vuole Stefania (Isabella Ragonese), che parte per l’Iraq dopo che il suo uomo è saltato in un attentato. Lui, Roberto (Francesco Scianna), per dare e per darsi sicurezza diceva Il nostro è solo un lavoro, questa guerra non mi ucciderà. Il regista lo ha disegnato come un duro simpatico, coraggioso e anche rude, nel suo modo di possedere la moglie, di quei maschi che sanno il fatto loro, dolcissimi ma che conducono. In qualche tratto pure esagerato, come quell’inizio di amplesso sul tavolo con l’impasto di farina, che potrebbe richiamare alla mente Nicholson e la Lange in Il postino suona sempre due volte, ma era un’altra cosa. Stefania ci si farà trasferire, in Iraq, per lo scopo che ha in mente, non tanto per spirito umanitario, ed è ben strano: lei che pare aver chiuso la faccenda quando i militari le portano a casa la bandiera del suo soldato, la rifiuta, suo marito non c’è più ed allora perché tenerne qualcosa. Eppure parte per conoscere la famiglia dell’uomo che si è fatto esplodere, come a prolungare la sua personale agonia.
Apprenderà che in Iraq, secondo produttore mondiale di petrolio, si fanno code interminabili ai distributori, lei che a Roberto parlava di Gela, del petrolchimico e del miraggio degli anni ’60, di lavoro e di ricchezza, stipendio e benessere che poi si trasformarono in incubo per le malattie, le malformazioni e la crisi ambientale. Anche in questo caso: il petrolio visto da due lati diversi del mondo. Molta parte ha nel film anche la crisi del soldato nelle licenze trascorse a casa: non riescono a starci. Nella vita di prima non riescono più a trovare un posto, uno spazio adatto a loro. Sono costretti a tornare qui (in Iraq)per trovarne uno, nessuna delle persone che ti stanno accanto lo riesce a capire. I soldati scelti: restare soli è la cosa di cui hanno più paura. E Roberto che non si spiegava perché l’esercito portava i giocattoli ai bambini laggiù e poi li bombardava.
L’attesa di Stefania Spataro - a base di ricatti e contrattazioni con un “interprete” iracheno che si fa pagare perché sogna di andarsene dall’Iraq verso l’America e lì ottenere la green card - e pure quella dello spettatore, verranno premiate alla fine: il suo incontro struggente con una donna molto simile a lei, vedova anch’essa, che la invita semplicemente nella sua casa a mangiare riso. Adesso saprebbe chi odiare.
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