Le cronache marziane di Sopravvissuto.
di Roy Menarini
La rinascita della fantascienza americana è sotto gli occhi di tutti. Si tratta di una fantascienza particolarmente umana, probabilistica (nel senso che immagina sviluppi al limite del possibile), legata fortemente alla Nasa e al tema dell'esplorazione, lontana dalle poetiche extraterrestri e molto concentrata sul nostro mondo anche quando se ne visitano altri.
Già da subito Sopravvissuto - The Martian si candida a ideale trilogia insieme a Gravity e Interstellar. Col primo condivide alcuni snodi narrativi (la bufera che innesca la crisi, le operazioni di aggancio e recupero di astronauti vaganti nello spazio), col secondo due attori in ruoli che orbitano nella stessa galassia narrativa (Matt Damon e la sempre più accecante Jessica Chastain). Non è un caso, poi, che la parte più appassionante del film di Ridley Scott - anche se il vero autore ci sembra Drew Goddard, sceneggiatore di talento cristallino - sia quella del diario filmato di Watney, botanico colonizzatore di un mondo inospitale.
Sarebbero da analizzare tutte le tappe di questo "survival" rosso, dove di fascisti su Marte per fortuna non c'è traccia, ma ci troveremmo a svelare troppo di un racconto dove non a caso sono stati chiamati in causa Robinson Crusoe e il trascendentalismo letterario statunitense.
In verità, e forse meno poeticamente, Sopravvissuto - The Martian allude anche a questo periodo di prodotti televisivi e mediali centrati appunto sul concetto di esistenza al limite, e infatti l'idea di "diretta da Marte" che si trasforma nel più estremo dei reality a un certo punto serpeggia. Indicando la Luna (anzi Marte), cerchiamo però di non correre il rischio di osservare il dito.
Qual è il motivo per cui la nostra cultura si sta così tanto appassionando ai racconti di solitudine, naufragio e resistenza in ambiente ostile? Da Into the Wild a Wild, da Everest ai tre film di fantascienza poco sopra citati, è tutto un fiorire di survival movies e soprattutto di ricerca della rifondazione - cui è in fondo dedicato l'intero impianto di Interstellar, che rimane il più fallibile ma anche il più grandioso.
Le risposte sono incerte. Qualcuno dice che non potendo sfuggire alle gabbie economiche e politiche che regolano la società, forse premiamo quel cinema e quella televisione capaci di trasportarci nell'utopia di traumi e apocalissi rigeneranti. Altri pensano che siano i ciclici ritorni di miti cari a civiltà sazie ma insicure. Altri ancora invitano a sottolineare il ruolo dell'uomo e della donna in questi racconti archetipici: se Gravity è divenuto terreno di battaglia femminista, che dire di Sopravvissuto - The Martian, dove è l'uomo a fecondare il mondo e costruire - ovviamente in laboratorio - la vita (con quel germoglio di verde che ricorda anche un altro capolavoro di questa corrente, Wall-E)?
Lasciamo a ciascuno la sua metafora. Certo è che l'intelligenza e lo humour di Sopravvissuto - The Martian permettono di innescare questi temi, suggerire queste interpretazioni e soprattutto avvincere lo spettatore con passione romanzesca. E la costruzione del linguaggio con alfabeto Ascii e movimenti di telecamera è così brillante da stimolare senza dubbio future analisi accademiche del film di Ridley Scott.