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jack90
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giovedì 10 marzo 2016
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the danish girl, un buon film
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The Danish Girl è la storia dell’artista danese Gerda Wegener e del marito Einar negli anni ’20. Gerda ritrae in un quadro il marito vestito da donna e da allora Einar inizia ad assumere in modo sempre più forte un’apparenza femminile, scoprendo un nuovo lato di se stesso e della propria sessualità. Tale situazione è affrontata con grande difficoltà dalla coppia, anche a causa degli ostacoli che la civiltà dell’epoca mette loro davanti.
La regia di Tom Hooper tratta un tema delicato con forte sensibilità. La cifra stilistica usata è davvero efficace: c’è un’attenzione minuziosa per i dettagli della vita di queste persone… il movimento grazioso di una mano che accarezza il viso, sguardi tanto sottili quanto penetranti, l’immenso fascino femminile dato da un semplice foulard… è il linguaggio dell’intimità.
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The Danish Girl è la storia dell’artista danese Gerda Wegener e del marito Einar negli anni ’20. Gerda ritrae in un quadro il marito vestito da donna e da allora Einar inizia ad assumere in modo sempre più forte un’apparenza femminile, scoprendo un nuovo lato di se stesso e della propria sessualità. Tale situazione è affrontata con grande difficoltà dalla coppia, anche a causa degli ostacoli che la civiltà dell’epoca mette loro davanti.
La regia di Tom Hooper tratta un tema delicato con forte sensibilità. La cifra stilistica usata è davvero efficace: c’è un’attenzione minuziosa per i dettagli della vita di queste persone… il movimento grazioso di una mano che accarezza il viso, sguardi tanto sottili quanto penetranti, l’immenso fascino femminile dato da un semplice foulard… è il linguaggio dell’intimità. L’autore si dimostra capace di raccontare con maestria storie come questa: entra in punta di piedi, eppure con intensità, nella dimensione privata dell’esistenza. Il suo occhio segue le azioni dei personaggi attraverso piccole camere, grandi saloni e immensi paesaggi sempre con la stessa pacata compostezza, con tocco leggero. È con questo stile sobrio e rispettoso che si indagano le dinamiche e le trasformazioni delle anime e dei corpi.
Questo film mostra il modo in cui il cuore di una persona conosce se stesso, si smarrisce, si ritrova, cambia; e come tutto questo influenza e caratterizza la vita di tutti i giorni. Attraverso luci, ombre, suoni e silenzi, ecco rappresentata la complessità della natura umana. Ed è incredibilmente efficace il modo in cui Hooper mostra la corrispondenza tra ciò che si è fuori e ciò che si è dentro.
Il lavoro di Hooper certo non avrebbe raggiunto il suo obiettivo senza la grande prova dei due interpreti principali, Eddie Redmayne e Alicia Vikander, che per questo film si è aggiudicata il Premio Oscar come attrice non protagonista.
È bellissima la fotografia curata da Danny Cohen, che illumina con grande espressività tanto gli splendidi esterni danesi quanto i volti dei personaggi. Il lavoro fotografico nel film ha un’importanza enorme, perché ha il compito di mostrare il rapporto tra pittura e vita: più volte nel corso della storia i personaggi dipingono ciò che vedono, che sia un paesaggio o una persona.
The Danish Girl è un’opera preziosa. Da vedere.
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irene
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venerdì 18 marzo 2016
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tre cuori e una capanna
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Non sono fra quelli che storcono il naso quando sentono il nome di Tom Hooper. Ho amato molto "Il discorso del re" e moltissimo "Les misérables", non li ho trovati né troppo costruiti né patinati, ma qui la storia è diversa.
Film piatto come pochi altri mai, come una canzone suonata su una nota sola, senza un acuto e, per quanto mi riguarda, senza un'emozione vera, scorre così, senza onde, senza quelle scosse che l'avrebbero reso un film vivo. Non ritengo giusto l'aggettivo 'patinato' che ho letto da più parti, ma l'ho trovato finto, inerte. Il regista aveva a disposizione luoghi fantastici che non ha sfruttato se non fografandoli come in delle belle cartoline all'inizio e alla fine; quanto ai personaggi, si sprofonda in una marea di melassa, in un mondo ideale che non esiste dove tutti fanno a gara a chi è più buono.
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Non sono fra quelli che storcono il naso quando sentono il nome di Tom Hooper. Ho amato molto "Il discorso del re" e moltissimo "Les misérables", non li ho trovati né troppo costruiti né patinati, ma qui la storia è diversa.
Film piatto come pochi altri mai, come una canzone suonata su una nota sola, senza un acuto e, per quanto mi riguarda, senza un'emozione vera, scorre così, senza onde, senza quelle scosse che l'avrebbero reso un film vivo. Non ritengo giusto l'aggettivo 'patinato' che ho letto da più parti, ma l'ho trovato finto, inerte. Il regista aveva a disposizione luoghi fantastici che non ha sfruttato se non fografandoli come in delle belle cartoline all'inizio e alla fine; quanto ai personaggi, si sprofonda in una marea di melassa, in un mondo ideale che non esiste dove tutti fanno a gara a chi è più buono.
Redmayne mi piace poco ed ho fatto fatica a sopportare i suoi innumerevoli sbattimenti di ciglia, i suoi ripetuti sorrisetti timidi di sbieco, la sua recitazione tutta esteriore e melodrammatica. Meglio la Vikander, che però ha dato prove migliori in A royal affair o Ex-machina e persino nel piccolo luminoso ruolo che aveva in Anna Karenina. Se penso che con questa interpretazione ha portato via l'Oscar alla Winslet mi vengono gli attacchi di orticaria. Ma è Hollywood, bellezza, piangi e verrai premiata.
Alla fine la cosa migliore resta la frase detta dall'amico di Einer/Eli: "Ho amato poche persone nella mia vita e tu sei due di queste".
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francy99
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mercoledì 23 marzo 2016
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semplicemente elegante e raffinato
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Premetto di non essere di manica larga nel giudicare un film, però questo veramente merita tutte e 5 le stelle. Un film scorrevole, che narra del coraggio di essere se stessi e di come tutto sia più facile quando si è sostenuti dalla persona amata e dagli amici. Questo è uno dei pochi film che rende omaggio al libro ( che ho letto, e che consiglio vivamente per tutti!) prendendone i punti salienti e ritoccarli per dare un effetto raffinato. Non spenderò parole a parlare del cast, senza prima avergli affidato l'aggetivo di SENSAZIONALE. Qui possiamo ammirare un Eddy Redmayne elegante e raffinato (e non mi riferisco all'abbigliamento di Lili) che interpreta il ruolo di Einar/Lilli ed una Amber Heard veramente squisita.
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Premetto di non essere di manica larga nel giudicare un film, però questo veramente merita tutte e 5 le stelle. Un film scorrevole, che narra del coraggio di essere se stessi e di come tutto sia più facile quando si è sostenuti dalla persona amata e dagli amici. Questo è uno dei pochi film che rende omaggio al libro ( che ho letto, e che consiglio vivamente per tutti!) prendendone i punti salienti e ritoccarli per dare un effetto raffinato. Non spenderò parole a parlare del cast, senza prima avergli affidato l'aggetivo di SENSAZIONALE. Qui possiamo ammirare un Eddy Redmayne elegante e raffinato (e non mi riferisco all'abbigliamento di Lili) che interpreta il ruolo di Einar/Lilli ed una Amber Heard veramente squisita. Volevo concludere confermando il meritato Oscar a quest'ultima, e dicendo che, se non ci fosse stato Leonardo Di Caprio in competizione per l'oscar come migliore attore protagonista assieme ad Eddy e ad altri, l'Oscar sarebbe, senz'altro, stato assegnato a quest'ultimo.
Voto: 9.5
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luca scial�
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giovedì 24 marzo 2016
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morire diventando se stessi
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Dopo averci presentato la storia di un Re d'Inghilterra balbuziente alle prese con il peso della storia (Il discorso del Re), Tom Hooper ci racconta la vita del primo trans della storia: il pittore danese Einar Weigener. Vissuto ad inizio '900. E lo fa utilizzando due ottimi attori: il già premio Oscar Eddie Redmayne, in un'altra grande prova nei panni dell'effemminato e travestito Weigener, e Alicia Wikander, nei panni di sua moglie. Sebbene la sua interpretazione sia stata eclissata dal primo.
Weigener è un pittore di paesaggi, mentre sua moglie è una stimata ritrattrice, che collabora anche nel mondo della moda. Decide di utilizzare proprio suo marito, dai modi e lineamenti delicati, come modella per i suoi ritratti femminili.
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Dopo averci presentato la storia di un Re d'Inghilterra balbuziente alle prese con il peso della storia (Il discorso del Re), Tom Hooper ci racconta la vita del primo trans della storia: il pittore danese Einar Weigener. Vissuto ad inizio '900. E lo fa utilizzando due ottimi attori: il già premio Oscar Eddie Redmayne, in un'altra grande prova nei panni dell'effemminato e travestito Weigener, e Alicia Wikander, nei panni di sua moglie. Sebbene la sua interpretazione sia stata eclissata dal primo.
Weigener è un pittore di paesaggi, mentre sua moglie è una stimata ritrattrice, che collabora anche nel mondo della moda. Decide di utilizzare proprio suo marito, dai modi e lineamenti delicati, come modella per i suoi ritratti femminili. Ma, involontariamente, finisce per risvegliare nel marito un istinto omosessuale represso. Weigener ci prende gusto a vestirsi da donna, facendolo prima per gioco alle feste spacciandosi per una sua cugina, Lili Elbe, e poi per una vera esigenza esistenziale. Si spingerà anche oltre, decidendo di operarsi per il cambio di sesso. Nella prima operazione della storia. I rischi sono altimissimi, ma Einar vuole solo essere se stesso. Vuole reprimere Weigener per far vivere definitivamente Lili.
Film toccante e riuscito soprattutto in termini di ambientazioni (la splendida Danimarca e l'artistica Parigi) e costumi, nonché per la succitata bravura di Eddie Redmayne. Lo scatto di qualità arriva soprattutto nella seconda parte, quando anche la vita del protagonista comincia a prendere una svolta. Finale tipicamente hollywoodiano, ma ci sta. Il cinema tende sempre ad addolcire le tragedie e i drammi umani.
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redrose
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giovedì 31 marzo 2016
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una (perfetta) ragazza danese
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Eddie Redmayne può fare qualsiasi cosa…anche essere perfettamente una donna. La dolcezza ed espressività del suo volto lo permettono. Questa volta però l’Oscar se lo prende di tutto rispetto Alicia Vikander, miglior attrice non protagonista. Strameritato. E’ lei a sopportare tutto il calvario di un marito che di maschile ha solo il nome, a camminare al suo fianco prima in veste di compagna e poi di migliore amica. Fino alla fine. Adoro le storie vere, quelle che in effetti non ti risparmiano per niente la realtà per quella che è. Brutale e scioccante. Ecco così che ne esce un film dalle atmosfere cupe, inevitabilmente triste.
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Eddie Redmayne può fare qualsiasi cosa…anche essere perfettamente una donna. La dolcezza ed espressività del suo volto lo permettono. Questa volta però l’Oscar se lo prende di tutto rispetto Alicia Vikander, miglior attrice non protagonista. Strameritato. E’ lei a sopportare tutto il calvario di un marito che di maschile ha solo il nome, a camminare al suo fianco prima in veste di compagna e poi di migliore amica. Fino alla fine. Adoro le storie vere, quelle che in effetti non ti risparmiano per niente la realtà per quella che è. Brutale e scioccante. Ecco così che ne esce un film dalle atmosfere cupe, inevitabilmente triste. Ti sbatte in faccia la vastità e disperazione di un disagio come quello di non riconoscersi nell’abito che indossiamo, in un’epoca in cui sentirsi diversi significava essere considerati malati di mente. La ricerca disperata di se stessi, contro ogni forma di convenzione, al rischio della vita stessa. Terribilmente realistico, ma al netto della sofferenza, non risulta troppo commovente. Che strano. Forse il regista si è talmente impegnato ad evitare scene forti o scabrose e a mantenere una certa dose di garbo, che ci ha risparmiato ahimè anche un bel po’ di pathos…ma gli attori bravi e giovani salvano le sceneggiature deboli.
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fausta rosa
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giovedì 8 settembre 2016
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alla ricerca della propria identità
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Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro.
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Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro. La pittrice accompagna il marito nel percorso di liberazione da dubbi, condizionamenti esteriori, senso di colpa, anche a scapito del loro rapporto di coppia, fino alla decisione di un intervento chirurgico, il primo nella storia della medicina, che porterà Einer a diventare donna anche fisicamente, dopo la trasformazione psichica. Tema quanto mai delicato che il regista, Tom Hooper, ha saputo rendere con eleganza, mantenendo sempre alto il livello espressivo, ancor più di quello narrativo. Il film è il racconto di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale, nella progressiva consapevolezza che il corpo è una gabbia che imprigiona. E’ il racconto del coraggio di una donna sincera, appassionata fino alla devozione che , per amore, quello vero, quello dell’anima, che è incondizionato e non si risolve nel rapporto sessuale, lascia libero colui che ama pur rimanendogli accanto. E’ il racconto di una tenera e intensa storia d’amore e della sofferenza di chi si sente estraneo al proprio corpo e alla propria mente. Il racconto si risolve però soprattutto attraverso le immagini. Primi piani del protagonista, E.Redmayne, sguardi bassi, sfuggenti, pose manierate, sorriso pudico e sommesso, e della protagonista femminile, Alicia Vikander,intensamente drammatica, che attraverso le sue tele esprime l’incorporeità delle sue figure. Curate nel dettaglio la ricostruzione storica , i costumi, la fotografia ( Paco Delgado), le musiche (A. Desplat), la direzione degli attori. Stilisticamente sofisticato, a tratti pittorico, il film, pur nel rispetto della tradizione , come è nello stile di questo regista, riesce , in maniera pregievole, a far entrare lo spettatore nella vicenda, altalenante tra il melodramma e la tragedia umana.
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fausta rosa
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giovedì 8 settembre 2016
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alla ricerca della propria identità
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Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro.
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Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro. La pittrice accompagna il marito nel percorso di liberazione da dubbi, condizionamenti esteriori, senso di colpa, anche a scapito del loro rapporto di coppia, fino alla decisione di un intervento chirurgico, il primo nella storia della medicina, che porterà Einer a diventare donna anche fisicamente, dopo la trasformazione psichica. Tema quanto mai delicato che il regista, Tom Hooper, ha saputo rendere con eleganza, mantenendo sempre alto il livello espressivo, ancor più di quello narrativo. Il film è il racconto di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale, nella progressiva consapevolezza che il corpo è una gabbia che imprigiona. E’ il racconto del coraggio di una donna sincera, appassionata fino alla devozione che , per amore, quello vero, quello dell’anima, che è incondizionato e non si risolve nel rapporto sessuale, lascia libero colui che ama pur rimanendogli accanto. E’ il racconto di una tenera e intensa storia d’amore e della sofferenza di chi si sente estraneo al proprio corpo e alla propria mente. Il racconto si risolve però soprattutto attraverso le immagini. Primi piani del protagonista, E.Redmayne, sguardi bassi, sfuggenti, pose manierate, sorriso pudico e sommesso, e della protagonista femminile, Alicia Vikander,intensamente drammatica, che attraverso le sue tele esprime l’incorporeità delle sue figure. Curate nel dettaglio la ricostruzione storica , i costumi, la fotografia ( Paco Delgado), le musiche (A. Desplat), la direzione degli attori. Stilisticamente sofisticato, a tratti pittorico, il film, pur nel rispetto della tradizione , come è nello stile di questo regista, riesce , in maniera pregievole, a far entrare lo spettatore nella vicenda, altalenante tra il melodramma e la tragedia umana.
Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro. La pittrice accompagna il marito nel percorso di liberazione da dubbi, condizionamenti esteriori, senso di colpa, anche a scapito del loro rapporto di coppia, fino alla decisione di un intervento chirurgico, il primo nella storia della medicina, che porterà Einer a diventare donna anche fisicamente, dopo la trasformazione psichica. Tema quanto mai delicato che il regista, Tom Hooper, ha saputo rendere con eleganza, mantenendo sempre alto il livello espressivo, ancor più di quello narrativo. Il film è il racconto di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale, nella progressiva consapevolezza che il corpo è una gabbia che imprigiona. E’ il racconto del coraggio di una donna sincera, appassionata fino alla devozione che , per amore, quello vero, quello dell’anima, che è incondizionato e non si risolve nel rapporto sessuale, lascia libero colui che ama pur rimanendogli accanto. E’ il racconto di una tenera e intensa storia d’amore e della sofferenza di chi si sente estraneo al proprio corpo e alla propria mente. Il racconto si risolve però soprattutto attraverso le immagini. Primi piani del protagonista, E.Redmayne, sguardi bassi, sfuggenti, pose manierate, sorriso pudico e sommesso, e della protagonista femminile, Alicia Vikander,intensamente drammatica, che attraverso le sue tele esprime l’incorporeità delle sue figure. Curate nel dettaglio la ricostruzione storica , i costumi, la fotografia ( Paco Delgado), le musiche (A. Desplat), la direzione degli attori. Stilisticamente sofisticato, a tratti pittorico, il film, pur nel rispetto della tradizione , come è nello stile di questo regista, riesce , in maniera pregievole, a far entrare lo spettatore nella vicenda, altalenante tra il melodramma e la tragedia umana.
Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro. La pittrice accompagna il marito nel percorso di liberazione da dubbi, condizionamenti esteriori, senso di colpa, anche a scapito del loro rapporto di coppia, fino alla decisione di un intervento chirurgico, il primo nella storia della medicina, che porterà Einer a diventare donna anche fisicamente, dopo la trasformazione psichica. Tema quanto mai delicato che il regista, Tom Hooper, ha saputo rendere con eleganza, mantenendo sempre alto il livello espressivo, ancor più di quello narrativo. Il film è il racconto di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale, nella progressiva consapevolezza che il corpo è una gabbia che imprigiona. E’ il racconto del coraggio di una donna sincera, appassionata fino alla devozione che , per amore, quello vero, quello dell’anima, che è incondizionato e non si risolve nel rapporto sessuale, lascia libero colui che ama pur rimanendogli accanto. E’ il racconto di una tenera e intensa storia d’amore e della sofferenza di chi si sente estraneo al proprio corpo e alla propria mente. Il racconto si risolve però soprattutto attraverso le immagini. Primi piani del protagonista, E.Redmayne, sguardi bassi, sfuggenti, pose manierate, sorriso pudico e sommesso, e della protagonista femminile, Alicia Vikander,intensamente drammatica, che attraverso le sue tele esprime l’incorporeità delle sue figure. Curate nel dettaglio la ricostruzione storica , i costumi, la fotografia ( Paco Delgado), le musiche (A. Desplat), la direzione degli attori. Stilisticamente sofisticato, a tratti pittorico, il film, pur nel rispetto della tradizione , come è nello stile di questo regista, riesce , in maniera pregievole, a far entrare lo spettatore nella vicenda, altalenante tra il melodramma e la tragedia umana.
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no_data
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lunedì 19 settembre 2016
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il corpo non può essere protagonista
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Per non svilire la complessità dell'argomento oggetto del film, trovo essenziale dare più spazio all'aspetto interiore della vicenda piuttosto che a quello fisico. Quando il corpo intrappola l'anima non è lui che va posto al centro del viaggio di una persona che cerca se stessa. Proprio come l'errore de Il giovane favoloso è stato incentrare la trama su un corpo che soffoca la personalità di chi lo possiede, il pregio di The Danish girl è raccontare imtensamente la scioccante rivelazione intima di una persona che trova se stessa nonostante l'inganno tesole dalla natura nel dotarla di un corpo maschile.
In entrambi i film si racconta il tormento interiore di due persone che sono riuscite ad esprimersi ed esistere riconoscendo e superando i limiti imposti a ciascuna dal proprio corpo.
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Per non svilire la complessità dell'argomento oggetto del film, trovo essenziale dare più spazio all'aspetto interiore della vicenda piuttosto che a quello fisico. Quando il corpo intrappola l'anima non è lui che va posto al centro del viaggio di una persona che cerca se stessa. Proprio come l'errore de Il giovane favoloso è stato incentrare la trama su un corpo che soffoca la personalità di chi lo possiede, il pregio di The Danish girl è raccontare imtensamente la scioccante rivelazione intima di una persona che trova se stessa nonostante l'inganno tesole dalla natura nel dotarla di un corpo maschile.
In entrambi i film si racconta il tormento interiore di due persone che sono riuscite ad esprimersi ed esistere riconoscendo e superando i limiti imposti a ciascuna dal proprio corpo. L'amore per l'altro comprende anche amore corporeo ma, come testimonia Gerda, esiste a prescindere dalla materialita del corpo, quindi, per una volta, può essere raccontato senza esporre sopratutto il corpo.
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onufrio
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domenica 6 novembre 2016
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la danese
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Einar Wegener è un noto pittore danese, pittore come sua moglie Gerda Wegener ma poco affermata rispetto al marito. Un piccolo gioco intimo di coppia fa nascere in Einar una donna, il suo nome è Lili, si veste da donna, si trucca da donna, ma quel piccolo gioco diventa a lungo andare un'ossessione, Einar non si ritrova più nel suo corpo di uomo, numerose saranno le visite da tanti dottori che vista l'epoca (primi anni del '900) esprimeranno diagnosi poco credibili; il Dottor Warnekros è l'unico ad aver capito quale possa essere il vero problema del protagonista. Film toccante, ben strutturato che consacra Eddie Redmayne dopo la prova in "La Teoria del Tutto" come uno dei migliori attori in circolazione, non vincerà l'Oscar per questa prova, Oscar che andrà invece meritatamente alla splendida Alicia Vikander.
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Einar Wegener è un noto pittore danese, pittore come sua moglie Gerda Wegener ma poco affermata rispetto al marito. Un piccolo gioco intimo di coppia fa nascere in Einar una donna, il suo nome è Lili, si veste da donna, si trucca da donna, ma quel piccolo gioco diventa a lungo andare un'ossessione, Einar non si ritrova più nel suo corpo di uomo, numerose saranno le visite da tanti dottori che vista l'epoca (primi anni del '900) esprimeranno diagnosi poco credibili; il Dottor Warnekros è l'unico ad aver capito quale possa essere il vero problema del protagonista. Film toccante, ben strutturato che consacra Eddie Redmayne dopo la prova in "La Teoria del Tutto" come uno dei migliori attori in circolazione, non vincerà l'Oscar per questa prova, Oscar che andrà invece meritatamente alla splendida Alicia Vikander.
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2016
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quella luce di ieri nell'oggi
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Dentro le vesti, gli aspetti di ieri appare meglio ciò che è oggi. Potremmo anche dire: dentro le vesti, gli aspetti dell’altro si vede meglio l’identico, l’identità. Così se cronologicamente ieri è l’altro dell’oggi, ecco che il cinema riesce a dirci con appassionante limpidezza quello che sta accadendo oggi, domani, presentandocelo attraverso una vicenda realmente accaduta nel passato.
Siamo tra Copenaghen e Parigi di inizio ‘900. I coniugi Einar e Gerda Wegener, belli della loro briosa giovinezza, sono entrambi pittori. Innamorati perdutamente l’uno dell’altra, Einar e Gerda si addormentano e si svegliano facendo l’amore: eppure – nonostante lo desiderino – Gerda non rimane mai incinta.
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Dentro le vesti, gli aspetti di ieri appare meglio ciò che è oggi. Potremmo anche dire: dentro le vesti, gli aspetti dell’altro si vede meglio l’identico, l’identità. Così se cronologicamente ieri è l’altro dell’oggi, ecco che il cinema riesce a dirci con appassionante limpidezza quello che sta accadendo oggi, domani, presentandocelo attraverso una vicenda realmente accaduta nel passato.
Siamo tra Copenaghen e Parigi di inizio ‘900. I coniugi Einar e Gerda Wegener, belli della loro briosa giovinezza, sono entrambi pittori. Innamorati perdutamente l’uno dell’altra, Einar e Gerda si addormentano e si svegliano facendo l’amore: eppure – nonostante lo desiderino – Gerda non rimane mai incinta.
Gerda lavora anche alle scenografie di balletti, rappresentazioni teatrali. Un giorno chiede a suo marito di mettersi in posa con un tutù appoggiato sopra, calze bianche alle gambe e scarpette da ballerina infilate ai piedi per un dipinto di scena. Da questa piccola goccia mimetica viene giù tutto il cielo splendente della loro vita. Gerda comincia a ritrarre il marito in questa sua alterità, o identità diversamente esibita. Il suo successo artistico è immediato, oltrepassa i confini danesi e arriva fino a Parigi, dove la reclamano per un’importante mostra celebrativa. Da quel momento suo marito Einar non apparirà più in pubblico. Gerda si presenta in società, ai ricevimenti, ai vernissage delle sue mostre accompagnata da Lili Elbe, la cugina di suo marito, la quale – gli somiglia molto. È lei il nuovo dominante soggetto dei ritratti di Gerda Wegener.
A travolgere la giovane, bella pittrice non è però il successo artistico, ma il dramma del giovane bel marito pittore che ha scoperto la sua identità diversamente dislocata da quella maschile. I sentimenti tra loro sono immutati, anzi, più forti che prima, poiché Gerda fa del tutto per aiutare Einar nella lacerante contraddizione di sentirsi ormai pienamente donna ma in un corpo di uomo. Lui ormai è Lili Elba e non può più fare a meno di vestire fisicamente e psicologicamente i suoi panni. I pregiudizi culturali, mentali e persino sanitari dell’epoca servono a mettere meglio in risalto proprio il contrasto tra l’intimità di una condizione sentimentale, di un amore tra persone al di là del genere sessuale e l’ambiente sociale esterno.
Molti di quei pregiudizi oggi sono caduti, eppure altri rimangono ben radicati. Soprattutto in Italia. Abbiamo anzi assistito a un loro volgare rinfocolamento in tutta la vicenda sulla legge per le unioni civili. I pregiudizi, però – come è nell’etimologia stessa della parola –, partono sempre da una triviale astrazione. Se noi entrassimo nella concretezza di una situazione umana data ci accorgeremmo che il vero nocciolo della questione non ha niente a che fare con quegli irreali preconcetti. Ecco, The Danish Girl ci conduce dentro l’intimità di una vicenda storica vera, mostrando limpidamente, con la forza e la forma alta dell’immagine, la purezza e l’autenticità dei sentimenti in gioco. Sentimenti che l’astratto, ottuso pregiudizio sociale e culturale ha trasformato in un concreto dramma per le due persone che amandosi lo hanno vissuto fino all’ultimo respiro. E i sentimenti veri non hanno tempo, come sa mostrarci solo il grande cinema: quelli di oggi sono già da sempre quelli di ieri.
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