Che Suburra sia un film difficilmente maneggiabile dalla cultura italiana è abbastanza evidente. Di recente una giornalista ha domandato a Claudio Amendola come riuscisse a passare dal cinema impegnato stile Suburra alla giuria di Miss Italia. Al tempo stesso, da altre parti Suburra viene impallinato perché "si accontenta" di essere un film di genere e non si eleva mai, testardamente, a qualcosa di più ambizioso. Insomma, non va bene a nessuno: troppo pop per certuni, troppo raffinato per talaltri.

Per fortuna, in casi come questi, il pubblico è più avanti dei commentatori, e l'industria culturale segue il pubblico più dei critici. Gli spettatori tributano un buon successo al lavoro di Sollima. E così a questo solidissimo film verrà dato un seguito, anzi ne verrà fatta una serializzazione complessa, grazie all'accordo tra RAI e Netflix Italia, seguendo lo stesso procedimento di Romanzo criminale e Gomorra su Sky.
Abbiamo insomma un gangster movie nazionale potente e riuscito, e le forze più innovative della scrittura seriale tricolore, in rapida ascesa, ne riprodurranno auspicabilmente i meriti per molto tempo.

Fin qui le buone notizie. Le brutte sono che di Suburra ce ne sono pochissimi, anzi forse solo Suburra stesso. Non è un caso che si citino di continuo gli stessi riferimenti in tutti gli articoli, ricordando Arrivederci amore, ciao o A.C.A.B. dello stesso Sollima. Se si considera che Michele Soavi, autore del primo citato, va considerato un po' come il modello di Sollima (qualcuno ricorda l'ottimo Uno Bianca, incunabolo della serialità adulta di oggi?), si può capire che giriamo sempre intorno a un paio di figure e a pochissimi titoli. Quest'anno - è vero - c'è stato anche il piccolo, interessante e poco distribuito Bolgia totale, che ci fa ben sperare; e in fondo anche Anime nere - si era notato un anno fa - presentava consonanze col cinema/televisione nero e malavitoso che sta sortendo risultati interessanti. Ma è comunque troppo poco per inneggiare alla rinascita del genere. Ecco perché forse, insieme all'ammirazione e all'indiscutibile tensione prodotte da Suburra, nello spettatore si insinua un pizzico di disagio. Quanto dovremo aspettare per vedere la serie? Quanto abbiamo dovuto aspettare perché Romanzo criminale e Gomorra diventassero narrazioni a episodi? La strategia del singolo universo romanzesco che viene espanso a dismisura richiede tempo, impegno produttivo, insistenza, e senza dubbio giunge a ottimi risultati. Ma nel frattempo il cinema italiano tornerà alla solita dicotomia tra film d'autore e commedia.

Il paragone più consono per Suburra non è costituito dal thriller americano (anche se la sparatoria nel supermarket non sarebbe dispiaciuta al Michael Mann degli anni Novanta), quanto piuttosto dal polar (mix tra noir e poliziesco) francese. E infatti in quel caso il genere si nutre di numerosi titoli all'anno e - tradizione a parte - solo negli anni Duemila conta una filmografia abbondante e di tutto rispetto.

Non c'è bisogno, insomma, di essere più o meno autoriali, più o meno di genere, più o meno politici, più o meno impegnati. Bisogna semplicemente farne di più. C'è un evidente problema di politiche produttive nel nostro paese: escono troppi film e molti di questi dimenticano di chiedersi se esiste per loro un pubblico di riferimento. Ora il pubblico del nero italiano esiste. Perché costringerlo sempre e solo al processo di trasformazione film-serie (con il film che rischia di diventare solamente un pilot su grande schermo)? Con capacità imprenditoriale e idee narrative, non c'è problema di costi che tenga. È una foglia di fico.
Dateci un genere, dateci una continuità, dateci 10 Suburra ogni anno.