pao_1093
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giovedì 21 gennaio 2016
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jobs: emotività e genialità
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Film strutturato perennemente all'interno del suo camerino e del "dietro le quinte" dei suoi insuperabili keynotes. Sicuramente Fassbender riesce a far trapelare il genio e soprattutto arroganza e l'essere superiore che indirettamente Steve Jobs pretendeva di essere rispetto al resto della gente. Unico nel farsi amare, ma unico anche nel farsi odiare. Kate Winslet riceve la sua candidatura, a mio avviso meritata, ma senza lode e senza infamia: buona recitazione e buona anche l'espressione della difficoltá di stare vicino al fondatore della Apple durante i suoi anni professionali, ma in fin dei conti se analizziamo meglio la prova a mio avviso non riesce ad emergere il suo personaggio (forse, anzi, probabilmente, sovrastato dall'ego di Jobs che nel film viene ampiamente sottolineato).
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Film strutturato perennemente all'interno del suo camerino e del "dietro le quinte" dei suoi insuperabili keynotes. Sicuramente Fassbender riesce a far trapelare il genio e soprattutto arroganza e l'essere superiore che indirettamente Steve Jobs pretendeva di essere rispetto al resto della gente. Unico nel farsi amare, ma unico anche nel farsi odiare. Kate Winslet riceve la sua candidatura, a mio avviso meritata, ma senza lode e senza infamia: buona recitazione e buona anche l'espressione della difficoltá di stare vicino al fondatore della Apple durante i suoi anni professionali, ma in fin dei conti se analizziamo meglio la prova a mio avviso non riesce ad emergere il suo personaggio (forse, anzi, probabilmente, sovrastato dall'ego di Jobs che nel film viene ampiamente sottolineato). Un film che punta a superare il precedente e ci riesce di misura, ma a mio avviso si interrompe un attimo prima del vero e proprio apice raggiunto da Jobs. Avrei continuato a ripercorrere le sue "gesta" almeno fino al lancio dell'iPod. Un film comunque da vedere.
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gabrykeegan
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venerdì 5 febbraio 2016
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dietro le quinte del successo
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Il secondo film in pochi anni sul co-fondatore della Apple e grande personaggio, di cui si è parlato ancora di più dopo la scomparsa nel 2011, è diretto e scritto da due premi Oscar. Danny Boyle cura la regia a suo modo, con quello stile da “montagne russe” che ha contraddistinto le sue grandi opere come Trainspotting o The Millionaire. Lo spettatore si trova a dover seguire dialoghi serrati e ad essere attratto dai momenti clou della trama rappresentati con montaggi alternati tra tempo della narrazione e flashback che spiegano il percorso dei protagonisti con una velocità supersonica che si blocca all’improvviso per poi ripartire.
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Il secondo film in pochi anni sul co-fondatore della Apple e grande personaggio, di cui si è parlato ancora di più dopo la scomparsa nel 2011, è diretto e scritto da due premi Oscar. Danny Boyle cura la regia a suo modo, con quello stile da “montagne russe” che ha contraddistinto le sue grandi opere come Trainspotting o The Millionaire. Lo spettatore si trova a dover seguire dialoghi serrati e ad essere attratto dai momenti clou della trama rappresentati con montaggi alternati tra tempo della narrazione e flashback che spiegano il percorso dei protagonisti con una velocità supersonica che si blocca all’improvviso per poi ripartire. L’altro premio Oscar è Aaron Sorkin, sceneggiatore impeccabile di uno sviluppo basato sulla biografia dello stesso Jobs scritta da Walter Isaacson e pubblicata nel 2011. Come nella sua opera più premiata, The Social Network, Sorkin cavalca l’onda del mito informatico pubblico e scruta gli aspetti più psicologici e personali di un’altra persona che ha cambiato il mondo dal punto di vista tecnologico. Come lo Zuckerberg interpretato da Jesse Eisenberg, anche il Jobs di Fassbender è un antipatico, egocentrico e apparentemente algido. Allo stesso tempo è però un geniale uomo di marketing, un designer preciso e un abile psicologo pronto a carpire i desideri delle persone. Jobs non è né un ingegnere, né un tecnico. Come dice Seth Rogen “non sa suonare nessuno strumento”, ma è - come lui stesso si definisce - un direttore d’orchestra abile e fondamentale per far funzionare bene l’azienda. Non a caso, è proprio grazie a lui che nasce e poi torna a fiorire la mela morsicata, mentre il suo antagonista Bill Gates è un fantasma dalla mente matematica che appare solo in poche battute, come se fosse anni luce distante dalla sua filosofia di imprenditorialità. Un’altra differenza è quella con il precedente film sul CEO di Apple: Jobs di Joshua Michael Stern, interpretato da Ashton Kutcher, dove si sviluppava tutta la carriera, con le sue stranezze e con una fisicità più adatta al ruolo. Un consiglio - se non si conosce bene la biografia - è quello di guardare prima quel lungometraggio, per capire la cronologia delle decisioni e la carriera nel suo insieme per poi tuffarsi nella mente e nelle relazioni con chi gli stava intorno in questa ultima opera. Fassbender è un Jobs un po’ diverso, è quello che svela le sue virtù e le sue debolezze dietro le quinte della sua vita pubblica, totalmente diversa, più brillante e senza intoppi. La Hoffman lo segue come un’ombra e lo aiuta nelle relazioni interpersonali, lo sostiene, cerca di correggerlo e difenderlo. La Winslet è quindi come al solito impeccabile nella sua interpretazione ed è ovviamente il braccio destro del protagonista, che non si ferma quasi mai se non nei momenti di maggior tensione. È sempre inseguito da colleghi, giornalisti, ex amici. L’unica che riesce a destabilizzarlo e bloccarlo fisicamente e mentalmente è la figlia Lisa, unica goccia di sentimento in un mare di progettazione tecnologica poco schematica ma tanto pragmatica, votata a imprimere il proprio nome nella storia più che a fare soldi. Un film con poche ambientazioni, ma con un cast ottimo, un ritmo tagliente e soprattutto che non tende a farci amare il protagonista, ma a raccontare la storia di un personaggio che ha sicuramente influenzato il mondo e che molto probabilmente non lo avrebbe potuto fare se non avesse avuto una forza mentale fuori dal comune, un senso del comando innato e la capacità di risolvere i problemi: sia quelli professionali che quelli personali.
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alex2044
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venerdì 12 febbraio 2016
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steve job : un agitatore di uomini
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Ho rischiato di perdere un film molto bello ma alla fine come con un colpo di fortuna l'ho visto ed ho fatto proprio bene . Qualche volta la pubblicità ed il clamore suscitato ad arte intorno ad alcuni film ti distraggono e uno ci casca . Vai vederli , sono ben fatti, grandi produzioni ma spesso l'entusiasmo è un'altra cosa . Steve Jobs è un film che col passare del tempo cresce e l'attenzione aumenta . Tecnicamente è quasi insolente con le sue inquadrature che sembrano bislacche ma sono solo geniali . Danny Boyle , com' è nel suo stile , non ha paura di sorprenderti . I cambi di scena sono spesso repentini . I personaggi appaiono e scompaiono spesso senza nessun preavviso .
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Ho rischiato di perdere un film molto bello ma alla fine come con un colpo di fortuna l'ho visto ed ho fatto proprio bene . Qualche volta la pubblicità ed il clamore suscitato ad arte intorno ad alcuni film ti distraggono e uno ci casca . Vai vederli , sono ben fatti, grandi produzioni ma spesso l'entusiasmo è un'altra cosa . Steve Jobs è un film che col passare del tempo cresce e l'attenzione aumenta . Tecnicamente è quasi insolente con le sue inquadrature che sembrano bislacche ma sono solo geniali . Danny Boyle , com' è nel suo stile , non ha paura di sorprenderti . I cambi di scena sono spesso repentini . I personaggi appaiono e scompaiono spesso senza nessun preavviso . Ma ciononostante il regista non perde mai il filo del discorso e lo spettatore neppure . Il film poggia su due momenti della vita di Steve Jobs , in primis ,naturalmente , la sua avventura professionale . Poi ci parla del rapporto complicato con la sua figlia naturale . Quindi ci mostra un uomo che con la sua intelligenza , lungimiranza e tenacia sfonda in modo clamoroso nel mondo imprenditoriale ma nel contempo si ritaglia uno spazio sempre più importante per la sua vita affettiva . Steve Jobs non ha inventato nulla ma come Ferrari è stato prima di tutto un formidabile agitatore di uomini e le sue intuizioni hanno spesso anticipato gli sviluppi futuri nel mondo dell'informatica . Nella vita professionale dopo una serie di alti e bassi tornerà vincitore , nella vita privata un po' meno. Però il suo nome rimarrà senz'altro impresso nell' immaginario collettivo della nostra storia recente . Del film ho già detto . Per quanto riguarda gli attori , Michael Fassbender è bravissimo ma la spalla che gli offre una generosa e mimetica Kate Winslet è fenomenale , che attrice di rango adatta ad ogni parte ! Gli altri come è spesso consuetudine negli USA sono tutti credibili e sovente più che bravi . Per concludere Danny Boyle ha rischiato ma la sua scommessa l'ha vinta , alla grande l'ha vinta . Bravissimo .
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dhany coraucci
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giovedì 28 gennaio 2016
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come jobs è un film che non fa nulla per piacere
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Steve Jobs era un uomo dispotico, presuntuoso, ingrato ed egocentrico e non faceva nulla per piacere. Anche il film si adegua perfettamente alla sua antipatia e, allo stesso modo, non fa nulla per piacere. E nel debole sforzo di essere creativo adotta una scelta stilistica a dir poco irritante. È tutto raccontato nel backstage dei teatri prima delle grandi presentazioni dei vari prototipi, con quella modalità veloce, ansiosa e cardiopatica diventata ormai “obsoleta” (scusate la raffinatezza.... hi-tech) per il cinema. Tra mille interruzioni, mille personaggi che chiedono umilmente udienza, mille orologi che scandiscono i minuti che separano al debutto in palcoscenico e mille termini tecnici e tecnologici che risultano, anche per una generazione così “sul pezzo” come è la nostra, totalmente astrusi, ci affanniamo come gli altri dietro di lui, a seguire i noiosissimi alti e bassi di una vita che francamente non trovo leggendaria.
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Steve Jobs era un uomo dispotico, presuntuoso, ingrato ed egocentrico e non faceva nulla per piacere. Anche il film si adegua perfettamente alla sua antipatia e, allo stesso modo, non fa nulla per piacere. E nel debole sforzo di essere creativo adotta una scelta stilistica a dir poco irritante. È tutto raccontato nel backstage dei teatri prima delle grandi presentazioni dei vari prototipi, con quella modalità veloce, ansiosa e cardiopatica diventata ormai “obsoleta” (scusate la raffinatezza.... hi-tech) per il cinema. Tra mille interruzioni, mille personaggi che chiedono umilmente udienza, mille orologi che scandiscono i minuti che separano al debutto in palcoscenico e mille termini tecnici e tecnologici che risultano, anche per una generazione così “sul pezzo” come è la nostra, totalmente astrusi, ci affanniamo come gli altri dietro di lui, a seguire i noiosissimi alti e bassi di una vita che francamente non trovo leggendaria. Si tenta di umanizzare tutto questo claustrofobico mondo computerizzato con la vicenda della figlia prima rifiutata e poi accolta ed è l'unica nota interessante di tutto il film (ma non mi ha “toccato” in profondità come avrebbe voluto il regista), oppure con le note e le parole di Bob Dylan, con le immagini di Alan Turing o di John Lennon che scorrono sugli schermi del palco o con l'onnipresente assistente Kate Winslet (sopravvalutata da un Golden Globe), ora madre, ora sorella, ora serva, ma non amante, la quale vive della sua luce riflessa, e il risultato, a mio parere, è chiaramente esemplificato nella scelta dell'attore protagonista Michael Fassbender che è bravo, per carità, nulla da eccepire, ma anche (e sempre) senz'anima.
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