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Bond, fine di un'era

Spectre - 007 rilancia un'icona forte ma chiude senza appelli la quadrilogia Bond/Craig. Dal 5 novembre al cinema. Di Roy Menarini.
di Roy Menarini

Daniel Craig (56 anni) 2 marzo 1968, Chester (Gran Bretagna) - Pesci. Interpreta James Bond nel film di Sam Mendes Spectre - 007.

lunedì 9 novembre 2015 - Focus

È abbastanza curioso che sui giornali ci si affanni a chiedersi se Daniel Craig e Sam Mendes potranno di nuovo essere dentro al mondo 007. Ovviamente no, basta aver visto Spectre per capire che è stato concepito come capitolo conclusivo, senza ritorno, della quadrilogia Bond/Craig. A questo punto - e al di là del singolo apprezzamento per quest'ultimo capitolo (che aveva il difficile compito di succedere a Skyfall, e lo ha fatto egregiamente, citando tanti Bond del passato ma esagerando con gli Edipi e le connessioni famigliari di 007) - vale la pena riflettere in blocco su questi quattro film e su che cosa hanno significato nell'universo dell'agente più amato del mondo.

La concezione della quadrilogia prende senso proprio a partire da Spectre che, fin dai titoli di testa, abbraccia amici, nemici e donne di Bond in una sinuosa, vagamente kitsch, tentacolare danza di corpi e polipi. Come a dire che l'intreccio tra i quattro film è indissolubile (per quanto ovviamente lo spettatore meno attento possa comunque goderseli uno per uno). Il resto del film poi insiste più volte, già dalla tradizionale avventura pre-titoli di testa, per allacciare i nodi, e riportare tutto alla testa dell'idra, il Blofeld di Christoph Waltz, vero leader del terrorismo internazionale. Passano in rassegna, anche nella bella sequenza dei bersagli come foto segnaletiche, le figure affettive di Bond, da Vesper a M.

E poco importa che una come Vesper (o una come Eva Green) non la si troverà mai più, visto che Casino Royale era concepito come reboot di un nuovo 007, dai modi spicci e il fisico tozzo, biondo e capace di dire "chi se ne frega" a un barista che gli chiede, nel primo episodio della nuova serie, se preferisce il Martini agitato o shakerato. Dunque Vesper è la donna-alfa del maschio-alfa, cui solo la proustiana Madeleine Swann (a volte gli sceneggiatori fanno allusioni da scuola media, perdoniamoli) può paragonarsi, per il fatto di chiudere le fila più che per la capacità di fronteggiare Vesper.

Dunque la quadrilogia è stata pensata come viaggio integrale tra la licenza di uccidere appena acquisita insieme al prefisso 00, fino allo scontro finale con la Spectre, come se l'intera tradizione che nasce nel 1962 venisse riattraversata in maniera veemente in soli nove anni, dal 2006 di Casino Royale al 2015 di Spectre. In mezzo, il film del cinquantennale - Skyfall - con la narrazione epica e fumettistica delle origini del mito. Nascita, sviluppo, mitologia, scontro finale. Quattro mosse per un segmento bondiano che non potrà che fare scuola e che ha come risvolto della medaglia il problema più drammatico, quello di ripartire dopo tutto questo, con il serio rischio di trovarsi in un nuovo impasse come quello che costò l'obsolescenza del marchio nel periodo di Timothy Dalton (soprattutto) e Pierce Brosnan (parzialmente).

La spregiudicatezza di quella che nel mercato del consumo si chiama re-brand di James Bond è andata oltre le attese, rilanciando tuttavia un'icona forte, non dissacrata né parodizzata, anzi fortemente virilizzata rispetto ai precedenti testé citati. In fondo, è stata una quadrilogia di prime volte: il primo attore nato dopo il 1962 (Daniel Craig, classe '68), la prima volta in cui due capitoli si svolgono in continuità (Casino Royale e Quantum of Solace), la prima volta in cui veniamo informati del passato di Bond, o in cui M muore, e molto altro ancora.

In futuro ci vorranno altre prime volte, con l'attenzione però a non rovesciare il tavolo, potendo nuovamente sostenere il mito senza trasformarlo in altro - serio rischio corso da Skyfall, eccessivamente vicino al Batman di Nolan.

Infine, continua a stupire il confronto a distanza tra 007 e la serie di Mission: Impossible, ideologicamente anti-modernista la prima (l'agente sul campo e gli effetti artigianali contro i droni e il digitale) e fortemente contemporaneista la seconda (l'agente sul campo con l'iper-tecnologia come terreno di battaglia). Speriamo di vederne ancora delle belle.

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