rita branca
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giovedì 24 dicembre 2015
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l’apparenza inganna di rita branca
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Il nome del figlio, film (2015) di Francesca Archibugi con Alessandro Gassmann, Micaela Ramazzotti, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo, Valeria Golino,
Film di grande spessore diretto con maestria da F.Archibugi che, in occasione di una cena a casa della figlia di un noto parlamentare ormai defunto, interpretato da Valeria Golino, esplora nel profondo le contraddizioni di un gruppo di personaggi legati da rapporti di parentela e amicizia. Inizialmente la situazione è idilliaca e giocosa: l’affetto e la complicità che legano padroni di casa e invitati sono in primo piano. Il film è subito credibile e lo spettatore ha la sensazione gradevole di essere uno della compagnia. Siamo in una casa benestante, colta, di sinistra, a cui si aggiunge un musicista, amico di antichissima data e il fratello della padrona di casa, imprenditore di successo che snobba gli altri o finge di snobbarli e la sua giovane moglie incinta, una popolana che, nonostante la sua estrazione sociale limitata anche culturalmente, gode di un momento di notorietà, avendo di recente pubblicato un libro ma che non gode della stima dei “veri” detentori della cultura, soprattutto del padrone di casa, professore universitario, pessimo marito e padre distratto.
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Il nome del figlio, film (2015) di Francesca Archibugi con Alessandro Gassmann, Micaela Ramazzotti, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo, Valeria Golino,
Film di grande spessore diretto con maestria da F.Archibugi che, in occasione di una cena a casa della figlia di un noto parlamentare ormai defunto, interpretato da Valeria Golino, esplora nel profondo le contraddizioni di un gruppo di personaggi legati da rapporti di parentela e amicizia. Inizialmente la situazione è idilliaca e giocosa: l’affetto e la complicità che legano padroni di casa e invitati sono in primo piano. Il film è subito credibile e lo spettatore ha la sensazione gradevole di essere uno della compagnia. Siamo in una casa benestante, colta, di sinistra, a cui si aggiunge un musicista, amico di antichissima data e il fratello della padrona di casa, imprenditore di successo che snobba gli altri o finge di snobbarli e la sua giovane moglie incinta, una popolana che, nonostante la sua estrazione sociale limitata anche culturalmente, gode di un momento di notorietà, avendo di recente pubblicato un libro ma che non gode della stima dei “veri” detentori della cultura, soprattutto del padrone di casa, professore universitario, pessimo marito e padre distratto.
Ognuno dei personaggi è un capolavoro a cui dà vita la prova altissima di recitazione di ciascun attore.
Siamo ai livelli straordinari di film come “La cena” di Ettore Scola” o “Le invasioni barbariche” di Denys Arcand
Si percepiscono la simpatia e l’amore della regista e lo sguardo indulgente verso queste creature, dalle fattezze complesse, con qualità e difetti, che si amano e per un nonnulla si detestano in maniera incontrollata e che lo spettatore finisce per adorare, riconoscendosi in qualche modo.
Tanti i colpi di scena. Degni di nota anche sceneggiatura, fotografia e colonna musicale.
Suggerito vivamente.
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giampituo
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domenica 6 marzo 2016
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resa dei conti con noi stessi. altroché,
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Questo mio pensiero lo scrivo dopo un anno dall'uscita del film. E allora? Il tempo é proprio lo stesso non é cambiato nulla da allora. La Archibugi é brava a far sentire accanto a te i personaggi. I personaggi impersonano lei stessa o parte di lei stessa. E sopratutto parte di noi stessi. Parte dei nostri lati del carattere. Della cultura dominante. Della omologazione di sentimenti, delle cattive abitudini. Gli amici in parte scanzonati riescono in meno di due ore a farti capire dove sta andando la nostra societá. Dove ci stiamo perdendo. Giorno dopo giorno. Stando dietro alle mode. Quelle da sapientoni radical chic. Ma anche quelle popolari o peggio plebee. Gli elementi ci sono tutti. In un sol calderone.
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Questo mio pensiero lo scrivo dopo un anno dall'uscita del film. E allora? Il tempo é proprio lo stesso non é cambiato nulla da allora. La Archibugi é brava a far sentire accanto a te i personaggi. I personaggi impersonano lei stessa o parte di lei stessa. E sopratutto parte di noi stessi. Parte dei nostri lati del carattere. Della cultura dominante. Della omologazione di sentimenti, delle cattive abitudini. Gli amici in parte scanzonati riescono in meno di due ore a farti capire dove sta andando la nostra societá. Dove ci stiamo perdendo. Giorno dopo giorno. Stando dietro alle mode. Quelle da sapientoni radical chic. Ma anche quelle popolari o peggio plebee. Gli elementi ci sono tutti. In un sol calderone. Il burlone scanzonato, demente e ignorante che fa soldi piazzando case. La sorella frustrata, con sogni da Prof. Universitaria è ridotta a far da serva a un marito progressista a parole, colto ma emblema del maschilismo peggiore, nei fatti. Quelli di ogni giorno. L'amico apparentemente single e dai sentimenti raffinati che fa pensare a tutti di essere inconsapevolmente gay che invece è amante segreto della mamma di due di questo club di amici a cena in una serata romana. Questa è Roma. La vera Grande Bellezza. E poi la più brava, la più vera di tutte. Personaggio e attrice. La Ramazzotti plebea che sposata con il ricco burlone e deficiente dà una lezione a tutti noi. In che modo? Con la sua auenticitá. Parola oramai obsoleta. Tutti bravi gli attori. A mio parere in primis Ramazzotti e Gassman. Più di tutti la Archibugi. Che bel film. Grazie Sky.
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raffele
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sabato 19 marzo 2016
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rancori, maschere, ironia
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Gerard Lauzier era un grande del fumetto francese. Ho letto tutto di Lauzier. Anche certe prefazioni di Lietta Tornabuoni, lucida come Lauzier stesso ma incapace di rinunciare a qualche lampo fugace di vetero-sessantottismo (che oggi definiremmo molle) quando lo definiva "banalista" (non banale!), qualunquista (immancabile in quegli anni, bastava non intonare l'internazionale), nel migliore dei casi, con sarcasmo "ma che ragionevole, ma che assennato". E non si accorgeva, probabilmente, di collocarsi per qualche attimo fra quei personaggi, i personaggi di Lauzier, coi loro pregiudizi e le loro pose... di quando ancora si diceva qualcosa di sinistra, troppo. Quelli che Lauzier fulminava con eleganza.
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Gerard Lauzier era un grande del fumetto francese. Ho letto tutto di Lauzier. Anche certe prefazioni di Lietta Tornabuoni, lucida come Lauzier stesso ma incapace di rinunciare a qualche lampo fugace di vetero-sessantottismo (che oggi definiremmo molle) quando lo definiva "banalista" (non banale!), qualunquista (immancabile in quegli anni, bastava non intonare l'internazionale), nel migliore dei casi, con sarcasmo "ma che ragionevole, ma che assennato". E non si accorgeva, probabilmente, di collocarsi per qualche attimo fra quei personaggi, i personaggi di Lauzier, coi loro pregiudizi e le loro pose... di quando ancora si diceva qualcosa di sinistra, troppo. Quelli che Lauzier fulminava con eleganza.
"quando disegna invece, è soltanto bravissimo". Se ne accorgeva, Lietta, eccome. "non potrebbero esserci dei Maupassant, nei fumetti? ce ne sono, ce ne sono: lui stesso (Lauzier) potrebbe essere un impasto curioso di Balzac, Sagan..."
Ecco Lauzier era imparziale come un chirurgo, la sua irrisione, pulita come una lama, colpiva gli ambienti chic della sinistra salottiera parigina e quelli della sinistra sfigata della provincia e, udite udite, anche quelli della destra retriva, militaresca, pecoreccia della repressione in Algeria. Ed io dopo aver voltato l'ultima pagina, mi chiedevo se mai qualcuno avrebbe modellato in teatro o in cinema una delle sue cene delle beffe, che come i lampi delle luci psichedeliche (ricordate?) fissavano come in tante istantanee facce, atteggiamenti, apparenze, maschere, rancori, separandoli dalla vita per poterci ridere o piangere su, specchiarsi, guardarsi in faccia una volta tanto. per poi adagiarsi di nuovo nel gioco delle parti, ma la crisi ogni tanto fa bene. La Archibugi ha fatto qualcosa di simile, che sia un remake poco importa. le ricette vecchie, se gli ingredienti sono freschi, sono salutari. Qualcuno dirà "niente di nuvo, puah", i personaggi di Lauzier. Cosa vuoi che sia.
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captain sensible
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mercoledì 21 gennaio 2015
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una commedia interessante
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Una bella commedia non troppo leggera ma neanche pesante, che sfiora la discussione intellutuale.
Due coppie e un amico che si conoscono da anni si ritrovano per una serata insieme. Il nome del bambino che sta per nascere, diventa presto l'occasione per rilevare piccoli e grandi segreti, che per chi apparentemente condivideva tutto sono delle grandi sorprese. La bella sceneggiatura, deve comunque molto al supporto dei bravi attori, con una Ramazzotti in stato di grazia, gli altri non sono da meno. Una riflessione sull'amicizia e sull'amore, sui nostri tempi ed il senso del passato, ma anche con quella leggerezza che a volte ci vuole per affrontare questi temi.
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midnight
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domenica 1 febbraio 2015
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lo scherzo è bello quando dura poco....
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Commedia brillante, non si discosta molto dall’originale commedia francese ma resta sempre una pellicola piacevole da vedere. Uno scherzo durato forse troppo da inizio ad una serie di discussioni che portano i protagonisti a dirsi quel che realmente pensano l’uno dell’altro.
Non ho apprezzato molto l’uso del drone, che fa da sfondo alla pellicola, invece, molto emozionante la scena dove la musica di Dalla diventa protagonista.
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shaque
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lunedì 2 febbraio 2015
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stile archibugi
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Nuovo film dell'Archibugi, una commedia la cui storia gira intorno tra passato e presente sulla vita di 5 personaggi con le loro insicurezze, segreti inconfessabili ed ironia tagliente. Buona prova del cast per un film decisamente da vedere. Consigliato.
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dhany coraucci
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lunedì 2 febbraio 2015
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melensa ricetta italiana di prelibatezza francese
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Certo non si può dire che in fatto di originalità e fantasia gli italiani nel cinema si distinguano; se per questo, nemmeno gli italiani nel teatro: della commedia francese Le Prénom di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte da cui gli stessi scrittori hanno tratto il film Cena tra Amici, ce ne sono due di versioni italiane, a poco più di anno di distanza, una teatrale voluta dalla Ferilli (Le Paté de la Maison) e una cinematografica voluta dall'Archibugi. Tutte e due sono insapori se vengono messe a confronto della raffinata, graffiante e non consolatoria prelibatezza francese la quale, come il camembert, ha un profumo forte e acre, gustosissimo al palato.
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Certo non si può dire che in fatto di originalità e fantasia gli italiani nel cinema si distinguano; se per questo, nemmeno gli italiani nel teatro: della commedia francese Le Prénom di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte da cui gli stessi scrittori hanno tratto il film Cena tra Amici, ce ne sono due di versioni italiane, a poco più di anno di distanza, una teatrale voluta dalla Ferilli (Le Paté de la Maison) e una cinematografica voluta dall'Archibugi. Tutte e due sono insapori se vengono messe a confronto della raffinata, graffiante e non consolatoria prelibatezza francese la quale, come il camembert, ha un profumo forte e acre, gustosissimo al palato. E tutte e due, pur sfruttando pedissequamente l'ineccepibile ricetta francese, hanno aggiunto degli ingredienti di casa nostra, purtroppo sempre quelli, già cucinati in mille altri piatti italiani, con il risultato, più o meno riuscito, di portare in tavola un intruglio commestibile che non vuole scontentare nessuno, che vuole lasciare la bocca buona a tutti i costi, con quel sorriso buono, a tutti i costi. Hanno un bel da dire, infatti, l'Archibugi e Francesco Piccolo, lo scrittore che ha vinto il Premio Strega 2014 con uno di quei romanzi italiani che non leggerò mai (apro parentesi per dire che.... non aprirò una parentesi su questa questione), qui in veste di sceneggiatore, che non si tratta di una versione italianizzata del film francese: ah no? I flashback dell'infanzia, della famiglia come era un tempo, intrisi di sdolcinata malinconia.... no? E quella critica assai poco pepata alla sinistra italiana con la presa in giro del solito intellettuale snob e un po' ridicolo... no? E la canzone di Lucio Dalla “Telefonami tra vent'anni” cantata da tutti i protagonisti bambini e adulti che ha fatto sciogliere (o meglio “fondere” se vogliamo usare il linguaggio culinario) tutti i critici come burro a bagnomaria, al punto che viene considerata la scena-madre.... no? Va bene, posso dare il beneficio del dubbio. Ma la figura della scrittrice ignorante (che dico? ignorantissima) verace e volgare che ha un enorme successo con un libretto un po' piccante, interpretata dalla Ramazzotti, questa è una storia italiana al 100%; che si trasformi, poi, nel personaggio-chiave che salva tutti gli altri dal baratro dei loro fallimenti grazie alla sua spontaneità così autentica e buona (e nauseabonda) e che finisca anche per scrivere come si deve, citando addirittura Cechov, aiutatemi, è un boccone davvero indigesto! Meno male che c'è Alessandro Gassman, lui è l'eccellente dessert che mi riconcilia col mondo, anzi, con l'Italia: è magnifico, è bello e magnifico. Cameriere! Ne vorrei un'altra porzione, grazie!
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anty_capp
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venerdì 6 febbraio 2015
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frizzante aranciata amara
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Il film è ispirato ad un fac-simile francese intitolato "Cena tra amici" del 2012, che vedrò al più presto, per scorgere qualcosa da criticare su questo, ma intanto non riesco a trovare nulla di negativo da dire su questo bel coro di acredini, cattiverie ed in buona sostanza, verità che vengono orchestrata da un'ottima Archibugi che questa volta riesce anche a farmi sghignazzare dopo avermi fatto commuovere con "Questioni di cuore" del 2008. Riuscire, con una sciocchezza come il nome da dare ad un figlio, a dare il là ad una fitta schermaglia di situazione, animi, sorprese e vulnerabilità dichiarate o mal celate come quelle a cui si assiste intorno ad un tavolo prima e su uno splendido terrazzo poi, è davvero un esercizio difficile, ma riuscitissimo a mio parere.
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Il film è ispirato ad un fac-simile francese intitolato "Cena tra amici" del 2012, che vedrò al più presto, per scorgere qualcosa da criticare su questo, ma intanto non riesco a trovare nulla di negativo da dire su questo bel coro di acredini, cattiverie ed in buona sostanza, verità che vengono orchestrata da un'ottima Archibugi che questa volta riesce anche a farmi sghignazzare dopo avermi fatto commuovere con "Questioni di cuore" del 2008. Riuscire, con una sciocchezza come il nome da dare ad un figlio, a dare il là ad una fitta schermaglia di situazione, animi, sorprese e vulnerabilità dichiarate o mal celate come quelle a cui si assiste intorno ad un tavolo prima e su uno splendido terrazzo poi, è davvero un esercizio difficile, ma riuscitissimo a mio parere. Attori tutti ottimi, anche Gassman che di solito è guidato malamente dal regista di turno, qui imbrigliato in un ritmo che ne fa quasi un mattatore. La Archibugi si rivela come per Verdone (anche lui ingabbiato in 40 secondi dentro la vicenda del 2008) un toccasana per un attore mediocre come lui. Unico neo forse la prostituzione cinematografica della Ramazzotti che opera un vero e proprio scempio della propria vita privata con lo sceneggiatore del film mettendo a nudo tutto di sè. Pur di esserci anche dopo morta probabilmente. Film da gustare come una frizzante aranciata amara.
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no_data
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giovedì 19 febbraio 2015
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se questo è il cinema "d'autore" italiano
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Profonda delusione per un film disarticolato, che non riesce a mantenere le mie aspettative a causa di una recitazione sopra le righe degli attori, su tutti Gassman, e di una scarsa capacità di coinvolgere lo spettatore. Originalità non pervenuta. Capacità di emozionare prossima allo zero. Tema di fondo, quello dei rapporti familiari, interessante ma che viene sovrastato dalla lunga e sterile polemica sul nome del figlio.
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paolo salvaro
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venerdì 22 maggio 2015
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talmente brutto che mi si impapocchia il cervello
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Avrei voluto mollare il film già dopo aver sentito questa battuta iniziale del film, seguita da una presentazione di accattivanti personaggi, tra cui una casalinga che fa "ginnastica isometrica domestica", il tutto condito da dialoghi talmente orrendi da far venire il latte alle ginocchia. Tutta l'arguzia, l'intelligenza e l'ammirabile tecnicità del film francese da cui è tratto si è persa nel nulla assoluto, allucinante che il critico che lo ha recensito sia riuscito a dare tre stelle a questa roba. Bravi gli attori, fin troppo preparati e professionali visto le cazzate che sono stati costretti a dire, e la regista, il cui innegabile talento con la macchina da presa è stato in questo caso inversamente proporzionale al modo aberrante in cui ha rovinato l'opera teatrale di partenza.
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Avrei voluto mollare il film già dopo aver sentito questa battuta iniziale del film, seguita da una presentazione di accattivanti personaggi, tra cui una casalinga che fa "ginnastica isometrica domestica", il tutto condito da dialoghi talmente orrendi da far venire il latte alle ginocchia. Tutta l'arguzia, l'intelligenza e l'ammirabile tecnicità del film francese da cui è tratto si è persa nel nulla assoluto, allucinante che il critico che lo ha recensito sia riuscito a dare tre stelle a questa roba. Bravi gli attori, fin troppo preparati e professionali visto le cazzate che sono stati costretti a dire, e la regista, il cui innegabile talento con la macchina da presa è stato in questo caso inversamente proporzionale al modo aberrante in cui ha rovinato l'opera teatrale di partenza. L'ironia del film francese si sviluppava a partire dall'arguto dualismo dei due nomi Adolph ed Adolf, fare una cosa simile con italiano Benito non ha senso, per non parlare dell'eccessiva rapidità con cui le gag si sviluppano, troppo veloci per risultare simpatiche o credibili, si sfiora a tratti la volgarità gratuita e la noia. Seriamente, ma se si danno tre stelle a sta roba, al film francese quante gliene si devono dare? Cinque? O non ci si rende manco conto dell'oceano di differenza che vi è tra l'uno e l'altro?
Assolutamente non consigliato.
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[+] accidenti
(di paolo salvaro)
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[+] so bourgeois!
(di gianleo67)
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