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Mika Kaurismaki, outsider come unica alternativa

In occasione dell'anteprima italiana della sua ultima commedia Homecoming il regista finlandese racconta il suo rapporto con il cinema.
di Olivia Fanfani

Mika Kaurismäki Altri nomi: (Michael Bambihill / Mika Kaurismaki ) (68 anni) 21 settembre 1955, Orimattila (Finlandia) - Vergine.
mercoledì 8 marzo 2017 - News

Padre fondatore della nuova era del cinema finlandese e fratello maggiore di Aki, Mika ha avviato la sua carriera di regista giovanissimo, appena finito il liceo, dopo aver letto la "Storia del cinema" di Peter von Bagh.
Eclettico e profondamente pungente, si è cimentato spesso in quella che sarà poi la sua caratteristica distintiva: la commedia nera.

Il suo primo lungometraggio: The Liar, ha segnato l'inizio di una proficua carriera indipendente che ha visto emergere i fratelli Kaurismaki come due veri e propri portenti della settima arte.
Olivia Fanfani

Un successo inaspettato accolse il film, tanto da convincere i fratelli a fondare una Società di Produzione, la Villealfa Film-productions, che divenne ben presto una vitale realtà nella produzione di film low-budget. La produzione crebbe a tal punto da divenire, verso la fine degli anni '80, la terza più grande società cinematografica di tutti i tempi in Finlandia.


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Un'immagine da Homecoming
Un'immagine da Tigrero: A Film That Was Never Made
Un'immagine da The Girl King

In un paese - la Finlandia - con un'identità difficile da declinare, sospeso tra l'atmosfera culturale della Scandinavia e l'influenza dell'area sovietica, come nacque il suo interesse per il cinema?
Negli anni della scuola ho sempre pensato che sarei diventato un architetto, per questo avevo intenzione di iniziare a studiare architettura presso l'Università Tecnica di Monaco di Baviera. Mi ero già iscritto, ma all'ultimo minuto ho cambiato idea, gettandomi a capofitto nello studio dei grandi maestri del cinema. In effetti, la scintilla era già scoccata al liceo, quando iniziai a fare film in Super8 con i miei compagni di scuola e a frequentare un cineforum a Neigboring. Come sempre, la decisione di diventare un regista ha richiesto anni per concretizzarsi. Quando poi ho scoperto che a Monaco di Baviera c'era una scuola di cinema, ho fatto domanda di ammissione. E incredibilmente mi hanno accettato!

Figura poliedrica e uomo dalla cultura sconfinata, quanto ha influito la vicinanza al cinefilo e cineasta Peter von Bagh per il suo esordio dietro la macchina da presa e nella decisione nel 1986 di dare vita al Midnight Sun Film Festival?
All'epoca Peter von Bagh aveva appena pubblicato il suo libro "Storia del Cinema" - il primo del suo genere in Finlandia - una lettura che ha confermato la mia passione per la storia e i maestri che avevano caratterizzato un'arte ancora poco conosciuta nel mio paese. Più tardi ho avuto modo di conoscerlo e siamo diventati amici. Quando abbiamo deciso di fondare il Midnight Sun Film Festival, nel 1986, lo abbiamo invitato come direttore artistico contribuendo a creare una realtà nuova per il nostro paese e autorevole a livello internazionale.

Al suo esordio è corrisposto anche l'esordio di suo fratello Aki, com'era e come si è evoluto il vostro rapporto lavorativo e quanto ha influito la presenza dell'uno per l'altro nel vostro lavoro?
Alla fine degli anni '70, mentre Aki studiava giornalismo in Finlandia, entrambi ci siamo appassionati alla storia del cinema, ricercando vecchi film negli archivi cinematografici, rispettivamente, io al Museo del Cinema di Monaco di Baviera e Aki al Finnish Film Archive. Poi, all'inizio degli anni '80, io decisi di tornare in Finlandia dove cominciammo a fare film insieme. Aki imparava da me cosa voleva dire realizzare un lungometraggio, inizialmente nel ruolo di co-sceneggiatore e mio assistente, poi come regista.

Abbiamo sviluppato il nostro stile insieme, le nostre storie raccontavano soprattutto di personaggi ai margini della società e dei cambiamenti che coinvolgevano la Finlandia in quegli anni. C'era una specie di assurdo, oscuro umorismo nero che attraversava sovente i nostri film.
Mika Kaurismaki

Poi io ho iniziato a fare opere che attraversavano diversi generi, ho lavorato all'estero e, infine, mi sono trasferito in Brasile all'inizio degli anni '90. Aki si è invece mantenuto su quello stile avviato insieme, mentre io ho cercato nuovi orizzonti e ispirazioni lontano da casa, dove sono tornato solo 15 anni dopo.

In Brasile ha proseguito con la sua carriera di cineasta, esordendo con un film drammatico, Amazon, per poi dedicarsi alla realizzazione di documentari. Con Tigrero: A Film That Was Never Made si è recato sul fiume Araguaia insieme a Jim Jarmusch, com'è stato lavorare insieme?
In realtà, inizialmente avevo intenzione di stabilirmi a Roma, dove ho vissuto un po 'di tempo alla fine degli anni '80, ma dopo aver realizzato Amazon, nel 1989, ho preso la decisione di trasferirmi in Brasile. Nel 1994 ho girato "Tigrero" con Samuel Fuller e Jim Jarmusch - e gli indiani Karaja. E 'stata una grande esperienza, unica, per trascorrere del tempo nella foresta pluviale con due grandi cineasti, che erano anche e soprattutto buoni amici e il cui lavoro ammiro moltissimo. Jim ha poi detto che questa esperienza lo ha ispirato per Dead Man.


Un'immagine da Road North
Un'immagine da Homecoming
Un'immagine da The Girl King

Ha mai pensato di girare un film interamente in portoghese, magari prodotto in Brasile?
Sì, mi piacerebbe fare un vero e proprio lungometraggio brasiliano e infatti sto sviluppando un film di finzione lì al momento. Mi piacerebbe concluderlo alla fine di quest'anno o all'inizio del 2018, il risultato vorrei fosse un film girato principalmente in Brasile, con attori brasiliani e che racconti della vita in un paese così pieno di contraddizioni. Nel frattempo sto anche scrivendo una sceneggiatura per un altro lungometraggio brasiliano. È bizzarro - ripensandoci - solo ora che sono tornato in Europa, a Lisbona, trovo il tempo per dedicarmi alla stesura di progetti ambientati in un paese in cui ho vissuto oltre vent'anni.

Veniamo al suo ultimo film, Homecoming, una commedia finlandese in cui affronta il difficile legame padre/figli. Questo è già il secondo lungometraggio [dopo Road North] che racconta di un universo ironico, in cui i padri sono spesso figure di sani principi, decisi a rifiutare le sovrastrutture del tessuto sociale e quindi i difficili rapporti familiari. Pensa sia possibile un aperto confronto generazionale nell'Europa contemporanea?

Le persone relegate ai margini, gli outsider, sono spesso i personaggi principali nei miei film. E nel caso di Road North e Homecoming vi è un ribaltamento dei ruoli in cui un padre rappresenta la voce discordante, prodigiosa e fuori dal coro. Spesso in questi casi il distacco generazionale e la lontananza sono dati da un trauma irrisolto, per cui instaurare qual si voglia dialogo risulta estremamente difficile. Ma nei miei film arriva sempre un momento in cui il dialogo si dimostra necessario per sbloccare una situazione di stallo, per avviare un percorso che conduca al perdono.
Mika Kaurismaki

C'è un legame personale con il rifiuto di tanti dei suoi personaggi di omologarsi al modello dominante?
Io stesso mi sono sempre sentito lontano dal pensiero convenzionale - troppo - ma è sempre stata la mia unica scelta possibile, come spesso accade ai miei personaggi, sentono di non avere alternative. Sono persone che hanno deciso di intraprendere un proprio percorso, assumendone i rischi e anche la capacità di adottare un punto di vista esterno alla società. Questo garantisce una maggiore capacità di osservazione da una prospettiva estranea, da sempre in conflitto naturale con le convenzioni interne, con la società stessa.

Sto pensando al padre di Tiina in Homecoming, ma anche alla protagonista di The Girl King, la regina Kristina di Svezia, unica regnante della Storia che ha preferito il libero arbitrio ai doveri di corte. Scelte scandalose o impopolari che caratterizzano film moderni (pur essendo The Girl King un film di carattere storico) potrebbero rappresentare il dilemma di molti giovani di oggi?
The Girl King è stata sicuramente una delle prime anticonformiste per sua scelta. Anche se il film è ambientato nel diciassettesimo secolo, l'intenzione non era quella di fare un'opera in costume tradizionale, ma un intenso dramma psicologico che indagasse la personalità della regina Kristina, una donna moderna ancora oggi. Se si guarda al mondo di oggi, specialmente in Europa, nulla è cambiato molto in questo senso; il mondo è pieno di guerre di religione e le donne sono ancora in lotta per i loro diritti. I giovani stanno cercando di capire cosa fare della loro vita, quali decisioni è meglio prendere per sopravvivere ed essere felici. Quando ho fatto il film, non ho mai pensato a Kristina come a una figura da museo, ma come una giovane donna moderna, in lotta per trovare la sua strada e il suo posto nonostante le pressioni imposte dall'esterno e dal ruolo di erede al trono. Spero che il pubblico possa scorgere questi paralleli tra il tempo di Kristina e il nostro.

Oltre ai film brasiliani, ha altri progetti futuri?
Come accennato prima, oltre allo sviluppo di un paio di progetti brasiliani, sto anche lavorando a due sceneggiature finlandesi e a un progetto tedesco. Non so quale sarà il primo ad essere prodotto, ma sono molto impaziente di realizzare un nuovo film. Inoltre, quest'estate ho intenzione di girare un documentario su un teatro indipendente molto conosciuto in Finlandia, il Ryhmäteatteri (teatro Group), che compirà 50 anni alla fine di quest'anno.


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