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Laura Morante, in nome di un cinema femminile

Regista, sceneggiatrice e attrice, con Assolo rivendica una presa di posizione ideologica e ridà alle donne il baricentro della narrazione. Dal 5 gennaio al cinema. Vai all'articolo
di Mauro Gervasini

Laura Morante (67 anni) 21 agosto 1956, Grosseto (Italia) - Leone. Regista del film Assolo.

mercoledì 6 gennaio 2016 - Celebrities

Faceva la ballerina Laura Morante, ma un giorno Carmelo Bene decise che quella professione «non s'aveva da fare». Lei stessa racconta un aneddoto: per non lasciarla partire in tourné con la compagnia di danza, il grande drammaturgo sfida la sua coreografa e la rinchiude in teatro, letteralmente. Quando torna "libera", è un'eccellente attrice.
Se ne accorge Giuseppe Bertolucci, non a caso pure lui uomo prima di tutto di teatro, che la scrittura ancora molto giovane per Oggetti smarriti (1980), nel ruolo subito incisivo della ragazza tossicodipendente. Poi tocca al fratello Bernardo (La tragedia di un uomo ridicolo, 1981) e a Nanni Moretti, per un sodalizio lungo, da Sogni d'oro (1981) a La stanza del figlio (2001), passando per Bianca (1983), personaggio femminile che le resta appiccicato addosso come un'icona, e che proprio grazie a lei diventa memorabile.

Oggi è in sala nel triplice ruolo di regista, sceneggiatrice e attrice con Assolo, storia di una donna terribilmente insicura che non ha rotto con nessuno degli uomini della sua vita, dai quali continua a cercare conferme, certezze, persino scampoli di identità. Per Laura Morante, una seconda regia dopo Ciliegine (2012), notevole successo nel circuito d'essai, film di produzione francese anche in onore alla sua patria d'adozione. Ancora lei al centro della scena con un personaggio quasi speculare rispetto a quello di Assolo. Donna sicura che ha degli uomini un ideale guardingo: al primo accenno di inaffidabilità li abbandona al proprio destino, fino al colpo di teatro finale. Due figure femminili a tutto tondo, forse persino troppo "scritte" e programmatiche nella loro corrispondenza inversa, ma attraverso le quali Morante attrice e autrice rivendica una presa di posizione artistica quasi ideologica. Ridare alle donne il baricentro della narrazione, costruire universi che non le costringano alla marginalità, in nome di un cinema non più declinato solo al maschile.
Al di là della riuscita dei due film, non può sfuggire l'idea di messa in scena di Morante regista, che appunto fa ruotare gli altri personaggi (soprattutto maschili) intorno a uno sguardo che al netto della psicologia del personaggio (rigido nel primo film, fragile nel secondo) ha uno sguardo che coincide con un mondo.

Laura Morante, pare evidente, crea un percorso artistico preciso anche quando sceglie i film nei quali recitare. Spesso lavora più volte con lo stesso regista (oltre a Moretti, ha nel tempo sodalizi importanti con Gianni Amelio, Michele Placido e Pupi Avati, che le costruisce intorno Il nascondiglio, del 2007 (uno dei suoi titoli più riusciti tra gli ultimi) e ha una carriera parallela in Francia, con autori quali Alain Resnais (Cuori, 2006) e Danièle Thompson (Un po' per caso, un po' per desiderio, 2006).
Mi piace però ricordarla in un film di Carlo Verdone, uno dei suoi più belli: L'amore è eterno finché dura (2004), più melodramma che commedia, dove è la moglie di Carlo il quale però in una chat di appuntamenti si definisce "vedovo". Il suo è un ruolo che rosicchia spazio al protagonista, grazie a una performance di grande intensità capace di rendere la figura femminile mai a una sola dimensione. Libera.

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