nerone bianchi
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giovedì 15 gennaio 2015
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un lavoro sulla dignita'
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Di Jean-Pierre e Luc Dardenne. “Due Giorni una notte” è un lavoro che ti sorprende, soprattutto se lo vedi poco dopo un film come “Lo Hobbit”, pochissimi attori, fondamentalmente due, lei e il marito, esterni ed interni semplicissimi ed ordinari, tutta la cifra del film è all'insegna dell'assoluta normalità, di quella quotidianità ove ciascuno può ritrovarsi, eppure la storia che si racconta non ci lascia un attimo e continua a riverberare anche nei giorni successivi.
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Di Jean-Pierre e Luc Dardenne. “Due Giorni una notte” è un lavoro che ti sorprende, soprattutto se lo vedi poco dopo un film come “Lo Hobbit”, pochissimi attori, fondamentalmente due, lei e il marito, esterni ed interni semplicissimi ed ordinari, tutta la cifra del film è all'insegna dell'assoluta normalità, di quella quotidianità ove ciascuno può ritrovarsi, eppure la storia che si racconta non ci lascia un attimo e continua a riverberare anche nei giorni successivi. E' una storia di dignità, di come le conquiste dei lavoratori, faticosamente acquisite in anni e anni di lotte, siano oramai fossili di un passato che non riusciamo più neanche a ricordare. Storia di una piccola azienda che produce pannelli solari dove ai dipendenti viene servito il famoso pomo della discordia, accettare che una di loro venga licenziata in cambio di un bonus di mille euro ciascuno. La vittima parla con tutti, uno ad uno, lo fa in due giorni ed una notte, facendoci scorrere sotto gli occhi un campionario di umanità illuminante e credibile. Bravissima la protagonista, chirurgica la regia, un film importante, un lavoro che significa e che è capace di parlarci.
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maria cristina nascosi sandri
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venerdì 2 gennaio 2015
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il lavoro e il male di vivere, oggi
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DUE GIORNI, UNA NOTTE dei Fratelli DARDENNE ( di Maria Cristina NASCOSI SANDRI )
La m.d.p., usata spesso a mano, per dare più drammaticità alla vicenda che man mano si dipana sotto ai nostri occhi, indugia, saepe et libenter sul viso intenso, bellissimo anche senza trucco, anzi grazie a ciò ancor più vero ed autentico nel divenire del plot, di Marion Cotillard, stavolta operaia sull’orlo di perdere il lavoro grazie a giochi perversi ed anche un po’ banali, quasi scartati, dal kapò di turno, più spietato dello stesso padrone.
Tutto sommato una storia prevedibile, per molti aspetti, compreso il tentato suicidio un po’ troppo frettolosamente liquidato e risolto nello spazio di poche ore, lavanda gastrica e ricovero in ospedale compresi.
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DUE GIORNI, UNA NOTTE dei Fratelli DARDENNE ( di Maria Cristina NASCOSI SANDRI )
La m.d.p., usata spesso a mano, per dare più drammaticità alla vicenda che man mano si dipana sotto ai nostri occhi, indugia, saepe et libenter sul viso intenso, bellissimo anche senza trucco, anzi grazie a ciò ancor più vero ed autentico nel divenire del plot, di Marion Cotillard, stavolta operaia sull’orlo di perdere il lavoro grazie a giochi perversi ed anche un po’ banali, quasi scartati, dal kapò di turno, più spietato dello stesso padrone.
Tutto sommato una storia prevedibile, per molti aspetti, compreso il tentato suicidio un po’ troppo frettolosamente liquidato e risolto nello spazio di poche ore, lavanda gastrica e ricovero in ospedale compresi.
Ma c’è un filo rosso importante che differenzia il film dei belgi Dardenne – che paiono a tratti ripercorrere, seppur a latere, la tematica di Risorse umane di Laurent Cantet, del 1999 – da quello che sarebbe potuto essere un film girato in Italia, visto che la crisi non sta risparmiando paese alcuno: un’onestà di fondo, una coerenza di comportamento, un rispetto comunque ‘umano’, l’uno per l’altro, anche da parte di quelli che ‘girano le spalle’ alla Marion ‘licenzianda’.
La prova?
Una stretta di mano inizia a e chiude sempre il ‘contatto’ tra quelli che le sono ‘contro’, che la lascerebbero licenziare per una cifra (1000 euro) che solo ieri sarebbe stata giudicata irrisoria – beh, sempre più che 80 euro di bonus, però…
Un film da vedere, apprezzare, stimare: per imparare dai cugini d’Oltre-Oltralpe che la dignità non ha prezzo e può esser salvaguardata, mazzette, riciclaggi e ‘scandali tardivi’ a parte!.
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francesco2
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venerdì 26 dicembre 2014
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dardenne in tono minore
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E' il film meno bello dei due fratellastri. Stavolta la Giuria di Cannes non li ha sopravvalutati come successo altre volte.
La menzione al non indimenticabile "Figlio", 2002, e forse anche la Palma d'Oro all'"Enfant" (2005), piuttosto che a "Niente da nascondere", tra i pochissimi film importanti del sopravvalutato regista Haneke.
L'inizio del film, peraltro, non mi è affatto parso privo di interesse: si entra in una storia difficile senza patetismi di sorta, l'impatto (immediato) non è disturbante, e anzi forse evita inutili fronzoli.
I problemi, invece, sorgono successivamente.
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E' il film meno bello dei due fratellastri. Stavolta la Giuria di Cannes non li ha sopravvalutati come successo altre volte.
La menzione al non indimenticabile "Figlio", 2002, e forse anche la Palma d'Oro all'"Enfant" (2005), piuttosto che a "Niente da nascondere", tra i pochissimi film importanti del sopravvalutato regista Haneke.
L'inizio del film, peraltro, non mi è affatto parso privo di interesse: si entra in una storia difficile senza patetismi di sorta, l'impatto (immediato) non è disturbante, e anzi forse evita inutili fronzoli.
I problemi, invece, sorgono successivamente. Lontani daun film un pò sottovalutato come "Le nevi del Kilimangiaro" (2011), preoccupato ad ogni istante di sfumare situazioni complesse mostrando le ragioni degli uni e degli altri, i Dardenne scelgono una sorta di semi-documentarismo, in cui la protagonista deve confrontarsi con ogni (Ex) collega. Ma a parte i buchi della sceneggiatura (Anche l'amica di Sandra, ad esempio, non è un personaggio convincente più di tanto), ed il fatto che tale stile funziona (Sempre?) in luoghi come la fabbrica del "Figlio" e l'"abitazione" di "Rosetta", ma meno in una situazione dove ci si muove nello spazio, sentendo tante voci "Diverse"(?), le figure proposte,
a volte, non posseggono un'individualità precisa, e si limitano a ripetere la tesi attinente il bonus ed il licenziamento della protagonista.
Alcuni momenti come il gesto "estremo" ed il finale, oltretutto, confermano l'impressione che si tratti di un'opera relativamente minore.
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cesare premi
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mercoledì 24 dicembre 2014
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asciutto, profondo, antiretorico
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Asciutto, profondo, antiretorico, Due giorni, una notte è un film per cinefili autentici. La ripetitività delle scene (Sandra deve fare il giro dei suoi colleghi operai di una piccola fabbrica di pannelli solari per cercare di convincerli a votare contro il suo licenziamento sacrificando il bonus di mille euro) è solo apparente: in realtà ogni colloquio apre uno squarcio di umanità nuova e diversa, dalla collega che Sandra credeva amica e che si fa negare al citofono al collega che spalleggiato dalla moglie adduce motivi improbabili, dall'amica sensibile ma tiranneggiata dal convivente al precario immigrato che sceglie la solidarietà pur temendo per il suo posto di lavoro.
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Asciutto, profondo, antiretorico, Due giorni, una notte è un film per cinefili autentici. La ripetitività delle scene (Sandra deve fare il giro dei suoi colleghi operai di una piccola fabbrica di pannelli solari per cercare di convincerli a votare contro il suo licenziamento sacrificando il bonus di mille euro) è solo apparente: in realtà ogni colloquio apre uno squarcio di umanità nuova e diversa, dalla collega che Sandra credeva amica e che si fa negare al citofono al collega che spalleggiato dalla moglie adduce motivi improbabili, dall'amica sensibile ma tiranneggiata dal convivente al precario immigrato che sceglie la solidarietà pur temendo per il suo posto di lavoro. Il film si regge sulla forza dei dialoghi e sul realismo delle scene, vere e proprie tranche de vie, senza quasi colonna sonora, come solo Rohmer e pochi altri grandi registi sanno fare. Ovviamente i Dardenne non potevano scivolare sulla banalità del lieto fine: Sandra (una grande Marion Cotilliard) non vince la sua battaglia per conservare il posto di lavoro, ma ritrova la dignità e la fiducia in se stessa proprio quando tutto sembra perduto. I grandi film si riconoscono anche dal finale e questo dei Dardenne è un piccolo, grande film.
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flaw54
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mercoledì 10 dicembre 2014
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la critica sta coni dardenne!
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Me lo sono sempre chiesto: perché film di questo genere sono così osannati dalla critica, mentre film italiani simili vengono stroncati?
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alex2044
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martedì 9 dicembre 2014
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il politicamente corretto è servito
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I fratelli Dardenne sono bravi fanno dei bei film ma da qui a considerarli dei fenomeni ce ne corre . Ormai sono l'emblema del politicamente corretto . Non c'è festival con relativi critici che non li esalti . Ma se qualcuno cerca il colpo d'ala che lo sorprenda può aspettare perchè tanto non arriverà .Per quanto riguarda il film il piano è sempre lo stesso ,senza guizzi o idee innovative . Gli attori corretti ma nulla di più . Un film che si può vedere ma anche perdere ce ne sarà sempre un altro simile .
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pressa catozzo
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martedì 9 dicembre 2014
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globalizazione
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Bravi questi fratelli. Li azzeccano sempre i loro film. Tutta camera a mano, ottima fotografia, inerpreti da spellarsi le mani. Il contenuto? Niente di più attuala.
Mercy frere Darden.
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enrico danelli
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domenica 7 dicembre 2014
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un riuscitissimo caleidoscopio di varia umanità
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Ottime recitazioni. Tema di drammatica attualità. Sensibilità narrativa. Regia e dialoghi asciutti ed essenziali. Cosa si può chiedere di più ad un film di 90 minuti ? Il tema di attualità è : lavorare di meno per lavorare tutti. Nel microcosmo di Sandrà sul tema sociale si misurano i diversi personaggi e per ciascuno il problema diventa un caso di coscienza, almeno per chi una coscienza ce l'ha ancora. Di fornte alla stesso discorso (breve preambolo e domanda secca) di Sandrà (volutamente e ossessivamente ripetuto uguale nel corso di tutto il film), ogni interlocutore si atteggia in modo diverso: qui sta la spirito del film, tratteggiare le diverse reazioni umane di fronte allo stesso problema.
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Ottime recitazioni. Tema di drammatica attualità. Sensibilità narrativa. Regia e dialoghi asciutti ed essenziali. Cosa si può chiedere di più ad un film di 90 minuti ? Il tema di attualità è : lavorare di meno per lavorare tutti. Nel microcosmo di Sandrà sul tema sociale si misurano i diversi personaggi e per ciascuno il problema diventa un caso di coscienza, almeno per chi una coscienza ce l'ha ancora. Di fornte alla stesso discorso (breve preambolo e domanda secca) di Sandrà (volutamente e ossessivamente ripetuto uguale nel corso di tutto il film), ogni interlocutore si atteggia in modo diverso: qui sta la spirito del film, tratteggiare le diverse reazioni umane di fronte allo stesso problema. C'è chi si giustifica, c'è chi si vergogna, c'è chi si affida a Dio, c'è chi diventa violento e così via. Una notazione: non c'è la critica ai padroni.che si arricchiscono alle spalle dei dipendenti. Il padrone non guida una lussuosa berlina, ma una utilitaria come i suoi dipendenti e in extremis si arrabatta a cercare una (pur discutibile) soluzione di compromesso. Anche per questo equilibrio e oggettività il film è veramente memorabile. Da vedere e far vedere..
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marcellodangelo1979
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sabato 6 dicembre 2014
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ben vengano..
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Il film non è nulla di eccezionale.
i ritmi sono lenti e gli attori nella media.
La cotillard stupisce per la troppa emotività e si avvicina in maniera considerevole alla "nostra " Giovanna Mezzogiorno, le sue intrepretazioni sono ormai sempre più drammaticamente isteriche.
Tuttavia consiglio la visione per l'attualità della trama, in questo periodo meglio vedere questi film che far finta che il dolore del prossimo non sia anche un pochino il nostro. Bello il finale, per nulla scontato.
6,5 per gli attori
7 per la trama
6 per la fotografia
consigliato ..
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flyanto
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giovedì 4 dicembre 2014
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la disperazione di chi sta per perdere la propria
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Film in cui si racconta di una donna che ha solo un weekend a disposizione al fine di convincere gli altri suoi colleghi a non votare a favore del proprio licenziamento. Sarà un lungo, estenuante e penoso compito per lei ....
Quest'ultima opera dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, come del resto anche le loro precedenti, affronta un tema serio, sociale e dunque anche scomodo portando lo spettatore ad immedesimarsi quasi in prima persona al problema ed inducendolo seriamente a riflettere. Anche in questa occasione i due registi belgi affrontano la grave e contemporanea tematica della crisi generale nel campo del lavoro e le difficoltà conseguenti e reali di mantenere un'occupazione o di subire od incorrere nella minaccia di perderla.
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Film in cui si racconta di una donna che ha solo un weekend a disposizione al fine di convincere gli altri suoi colleghi a non votare a favore del proprio licenziamento. Sarà un lungo, estenuante e penoso compito per lei ....
Quest'ultima opera dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, come del resto anche le loro precedenti, affronta un tema serio, sociale e dunque anche scomodo portando lo spettatore ad immedesimarsi quasi in prima persona al problema ed inducendolo seriamente a riflettere. Anche in questa occasione i due registi belgi affrontano la grave e contemporanea tematica della crisi generale nel campo del lavoro e le difficoltà conseguenti e reali di mantenere un'occupazione o di subire od incorrere nella minaccia di perderla. La disperazione infatti che viene manifesta nel corso della vicenda dalla protagonista è quanto mai plausibile, oltre che tangibile, in quanto resa e presentata in maniera assai efficace e credibile. Ovviamente l'elemento che rende tutto ciò possibile e fortemente incisivo è determinato sicuramente dall'ottima interpretazione di Marion Cotillard che dà corpo ad una donna fortemente disperata che si aggrappa a tutto, ad ogni tipo di soluzione, al fine di non soccombere ed arrendersi definitivamente. L' insieme dell' equilibrata e scandita regia dei Dardenne con la significativa recitazione della Cotillard determinano senza alcun dubbio l'elevato valore del film.
Insomma, un vero gioiello sicuramente da consigliare a chi ama il cinema d'autore ed anche le storie forti.
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