great steven
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lunedì 12 settembre 2016
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guarda in faccia alla realtà del mestiere d'attore
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BIRDMAN (USA, 2015) diretto da ALEJANDRO GONZALES IňARRITU. Interpretato da MICHAEL KEATON, ZACH GALIFIANAKIS, NAOMI WATTS, EDWARD NORTON, EMMA STONE, ANDREA RISEBOROUGH, AMY RYAN, MERRITT WEVER, LINDSAY DUNCAN, BILL CAMP, ANTONIO SANCHEZ
Riggan Thomson deve la sua notorietà al personaggio di Birdman, supereroe con costume da volatile che ha interpretato in una trilogia cinematografica, di cui avrebbe dovuto essere distribuito anche un quarto capitolo, che poi non è stato realizzato. La cosa pesa alquanto negativamente sulla personalità dell’attore, che si sente la vocazione e il talento del grande artista e fa di tutto per rimarcarlo a sé stesso, ai colleghi e a tutti gli individui che gli lavorano accanto.
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BIRDMAN (USA, 2015) diretto da ALEJANDRO GONZALES IňARRITU. Interpretato da MICHAEL KEATON, ZACH GALIFIANAKIS, NAOMI WATTS, EDWARD NORTON, EMMA STONE, ANDREA RISEBOROUGH, AMY RYAN, MERRITT WEVER, LINDSAY DUNCAN, BILL CAMP, ANTONIO SANCHEZ
Riggan Thomson deve la sua notorietà al personaggio di Birdman, supereroe con costume da volatile che ha interpretato in una trilogia cinematografica, di cui avrebbe dovuto essere distribuito anche un quarto capitolo, che poi non è stato realizzato. La cosa pesa alquanto negativamente sulla personalità dell’attore, che si sente la vocazione e il talento del grande artista e fa di tutto per rimarcarlo a sé stesso, ai colleghi e a tutti gli individui che gli lavorano accanto. Riggan fa il diavolo a quattro per far rappresentare a Broadway (ora infatti, abbandonato il cinema, opera a teatro) una pièce di Raymond Carver, nella quale figura come regista, tentando contemporaneamente di ricucire i legami della sua vita deterioratisi col tempo e di fare chiarezza dentro sé stesso. Ma è una lotta senza speranza: il suo alter ego afferma sempre con maggiore violenza la convinzione che Thomson abbia sprecato il suo talento e si sia ridotto davvero male, spingendolo infine a commettere il suicidio. Le persone che ruotano intorno alla sua esistenza turbata e auto- commiserevole, molte delle quali anime in pena come lui, sono il suo produttore e avvocato Jake, il capriccioso e testardo attore Mike, la disillusa e incattivita primattrice Leslie e la figlia di Riggan, Sam, recentemente disintossicata ma con la voglia ancora di ricadere nel vizio. Il film ha portato a casa quattro Oscar alla cerimonia 2015, e per una volta si può dire che la pellicola che s’è guadagnata l’Academy Award più ambito e importante lo ha fatto con meriti pieni e innegabili: sottotitolato Or The Unexpected Virtus of Ignorance, l’opus n° 5 di Iňarritu si propone come un’analisi spietata del mondo della recitazione statunitense, entrando a testa alta nell’universo del teatro più pagato e stimato del pianeta per raccontare le inquietudini, i vizi capitali, le insicurezze e i problemi radicati degli esseri umani che ci vivono dentro e lo utilizzano per mantenersi, insistendo in particolar modo sul bisogno di un’arte pura e genuina che deve servire allo scopo di creare, quasi dal nulla, prodotti artistici di innegabile qualità. È una riflessione sul mestiere dell’attore come lo era stato, nel 1982, il riuscitissimo Tootsie di Sydney Pollack, benché le differenze tra le due opere non si contino certo sulla punta delle dita. Ma Birdman ha un non so che di shakespeariano nel tracciare il grigiore imperante che alberga nelle anime dei suoi personaggi, infondendo ad un cast di prim’ordine un impenetrabile mantello di regalità e austerità, il quale gioca con le paure e le angosce per enfatizzarle sempre più e condurle a determinare le decisioni di uomini e donne che, in fondo, vogliono soltanto ritagliarsi un angolo di pace e un mezzo espressivo in un mondo sempre più caotico e alienante. Il problema è appunto ritagliarselo nel mondo dell’arte, un veicolo di creazione umana che ormai, questo lo sostengono a ragione in molti, è considerata una cosa inutile e infruttuosa. E su questo neanche il più ignorante degli uomini può essere d’accordo: Iňarritu ribatte la preponderanza dell’arte, in questo caso facendo leva sulla recitazione, attraverso un discorso umanitario che vede negli esecutori della stessa l’atto fautore della sua bellezza, del suo stile e della sua eterna trasversalità. Conta innumerevoli pezzi di bravura che, visti una seconda volta, stupiscono e meravigliano ancora di più: i duetti fra Keaton e Galifianakis sulle prospettive future degli spettacoli a Broadway; la discussione animata e focosa fra Keaton e Norton su come raffigurare i dialoghi nel testo teatrale da mettere in scena; la ramanzina sentimentalista della moglie del protagonista sul suo troppo trascurato ruolo di genitore e marito; l’esplosione emotiva della figlia nuovamente drogata nei confronti del padre, ricca di un risentimento troppo a lungo covato e ora improvvisamente scoppiato. Non c’è un solo aspetto del tran-tran quotidiano dell’attore che non venga esaminato con estremo puntiglio e doviziosa accuratezza, e sempre senza scivolare nella trappola dei luoghi comuni o della ripetitività. Attori eccezionali, che meritano, anche alla seconda visione, applausi scroscianti: le loro performance si dimostrano straordinarie specialmente nelle interazioni a due a due, nelle quali gli interpreti sfoderano il meglio di sé. E c’è anche da sottolineare come alla maggior parte degli interpreti sia stata affidata una parte che non è nelle loro corde abituali, soprattutto per quanto concerne il carattere di Z. Galifianakis. Lo stesso Keaton recita in un concentrato di commiserazione, paura, tradimento ed esaltazione interiore che ben difficilmente poteva essere assegnato ad un altro, anche per via della difficoltà di attuarlo a livello pratico. Godibilissimo e magnifico: non centra la perfezione, specialmente a causa di qualche insistenza eccessiva sulla cupezza e sulla tetraggine, ma ribadisce la sua natura di apologo della condizione umana mediante la necessità di riscatto e l’affermazione del proprio Io sopra le altrui polemiche e gli eventi incontrollabili delle circostanze.
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giorpost
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martedì 22 novembre 2016
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film sbalorditivo girato con una tecnica sublime
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Riggan Thomson è un famoso attore sessantenne che ha quasi sempre recitato in film ad alto budget; tuttavia la sua carriera è irrimediabilmente legata all'immagine del super-eroe Birdman per il quale, anni prima, ha rifiutato di recitare nel terzo capitolo dell'omonima saga per dimostrare al mondo di essere, oltre che una star tutto muscoli ed azione, anche un interprete dotato di sensibilità. Decide, così, di buttarsi nel teatro e lo fa in grande stile dedicandosi anima e corpo, in quel di Broadway, alla realizzazione di un'opera tratta da un romanzo di Raymond Carver pubblicato 20 anni prima, ricoprendo il duplice ruolo dell'attore principale e del regista.
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Riggan Thomson è un famoso attore sessantenne che ha quasi sempre recitato in film ad alto budget; tuttavia la sua carriera è irrimediabilmente legata all'immagine del super-eroe Birdman per il quale, anni prima, ha rifiutato di recitare nel terzo capitolo dell'omonima saga per dimostrare al mondo di essere, oltre che una star tutto muscoli ed azione, anche un interprete dotato di sensibilità. Decide, così, di buttarsi nel teatro e lo fa in grande stile dedicandosi anima e corpo, in quel di Broadway, alla realizzazione di un'opera tratta da un romanzo di Raymond Carver pubblicato 20 anni prima, ricoprendo il duplice ruolo dell'attore principale e del regista.
La sua scelta si rivelerà molto presto un boomerang viste le molteplici difficoltà affrontate: trovare, all'ultimo momento, un attore coprotagonista all'altezza della situazione, gestire la sua ansia da prestazione, tenere a bada la pressione esercitata dall'ambiente (produttori, distributori di biglietti) e dalle persone a lui vicine, come l' amico manager, la figlia ex tossica dal carattere complesso, un'ex moglie che ogni tanto esce dall'ombra e la (difficoltosa) nuova compagna con la quale condivide letto e palco. Presto scopriamo che Thomson ha una personalità devastata, una fragilità causata dall'atavica paura di sbagliare e non piacere al pubblico, di cadere rapidamente nell'oblio e di fallire miseramente sul lavoro come già accaduto nella vita privata; tutto ciò lo ha portato, col tempo, a sentire una voce interiore che lo perseguita (e che corrisponde -in verità- al suo alter ego per eccellenza e dal quale non è mai riuscito a liberarsi del tutto, l'Uomo Uccello), oltre ad essere convinto di possedere poteri psico-cinetici.
I suoi repentini sbalzi d'umore, l'alcol e il fumo, i catastrofici rapporti con la new entry Mike Shiner ed altre varianti spingono Riggan sull'orlo del collasso emotivo, il cui apice è raggiunto in due momenti salienti: l'incontro in un bar con Tabitha Dickinson, la più feroce critica della stampa americana, che gli anticipa l'intenzione di voler distruggere a prescindere lo spettacolo (delizioso lo sfogo conseguente), e la sbornia che ne deriva, la quale gli provoca una mega-allucinazione. E' a questo punto che l'attore di “What We Talk About When We Talk About Love” prenderà una decisione drastica che cambierà le sorti dello show e della sua stessa esistenza...
Birdman (USA, 2014) è il sesto lungometraggio di un regista ormai di livello mondiale, quel Alejandro González Iñárritu che molti di noi hanno apprezzato, soprattutto ma non solo, per 21 grammi. La storia non è semplice, non è banale, non è raccontabile in due righe, perché è anzitutto un insieme di elementi che possono caratterizzare l'esistenza di un individuo, nella fattispecie di un attore famoso che, almeno di facciata, non dovrebbe avere nessun tipo di problema. Ma proprio da qui parte la prima analisi: esiste, al mondo, uno status sociale che ci consente di essere assolutamente tranquilli e sereni? A quanto pare, no, ed il personaggio carismatico di Thomson lo dimostra in pieno. Birdman, oltretutto, è una sorta di film nel film in stile François Truffaut, una specie di gigantesca auto-citazione di Michael Keaton (grandissima prova la sua) che ripercorre una carriera intervallata, ad un bivio, dall'Uomo Pipistrello. Facile trovare assonanze, vero? Ed in effetti basta scorrere la filmografia di Keaton per renderci conto che, successivamente, ha cercato di interpretare ruoli più complessi per dimostrare di essere “bravo” senza mai ottenere davvero un consenso globale. L'opera di Iñárritu è colma di altre citazioni come quella di Robert Downey Jr che, in un'intervista in tv, rivela l'uscita dell'ennesimo capitolo di Iron Man mentre viene sbeffeggiato da Riggan che dice di avere “molto più talento di quello lì...”; una pellicola che vuole ergersi a manifesto di un certo Cinema, parzialmente autonomo da Hollywood e più indipendente, scritto con maggiore sensibilità ed accuratezza ma senza per questo rinunciare a sequenze sbalorditive che caratterizzano il fiume di hero-movies in circolazione.
E come non citare la tecnica registica? Gli interminabili piani sequenza (veri o artefatti) sono un must tra i registi messicani e Cuaròn prima, Iñárritu poi, ne sono diventati maestri. E se da un lato la bravura del regista determina la riuscita di un film, lo stesso vale per il cast e, in questo lavoro, le prestazioni sono tutte di alto livello proprio per l'alto tasso di concentrazione richiesta e per la dinamicità delle riprese; partendo -come accennato- da Michael Keaton, convincente e ispirato (incredibile la sequenza della traversata in mutande per rientrare nel teatro), passando per un Edward Norton in stato di grazia e finendo alle tre donne, una più in forma dell'altra, si assiste ad una prova corale di assoluta bravura.
Film pieno di delizie, colmo di sequenze affascinanti, dialoghi surreali e, per certi versi, assurdamente comici, il tutto mescolato ad un pizzico di splatter, erezioni sparse ed una spolverata di social media, senza dimenticare una fotografia spettacolare di un genio: Emmanuel Lubezki (inutile citare i titoli, sono troppi).
Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) è una storia sull'egocentrismo e sull'apparire ad ogni costo, sulla paura di fallire, ma su molto altro ancora e rientra, senza troppi probemi, tra le 10 migliori opere del nuovo millennio. Finora.
Voto: 9
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laurence316
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sabato 4 febbraio 2017
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semplicemente sopravvalutato
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Fra i film più osannati dell’anno, Birdman, la nuova fatica di Innaritu, è, ovviamente, da notare in particolare per il suo virtuosismo, essendo girato come un unico, lungo piano-sequenza (apparentemente) senza stacchi. Altro sicuro punto forte del film sono le eccellenti interpretazioni degli attori: accanto ad un “ritrovato” Keaton, l’eccezionale Norton, l’ottima Stone e la Watts, ma anche gran parte dei comprimari, a cominciare da Galifianakis. Tuttavia, nonostante i suoi indubbi meriti tecnici, Birdman ha più che altro il sapore dell’esperimento, più che di un vero film, e tra l’altro spesso non troppo riuscito, quantomeno sul piano della narrazione.
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Fra i film più osannati dell’anno, Birdman, la nuova fatica di Innaritu, è, ovviamente, da notare in particolare per il suo virtuosismo, essendo girato come un unico, lungo piano-sequenza (apparentemente) senza stacchi. Altro sicuro punto forte del film sono le eccellenti interpretazioni degli attori: accanto ad un “ritrovato” Keaton, l’eccezionale Norton, l’ottima Stone e la Watts, ma anche gran parte dei comprimari, a cominciare da Galifianakis. Tuttavia, nonostante i suoi indubbi meriti tecnici, Birdman ha più che altro il sapore dell’esperimento, più che di un vero film, e tra l’altro spesso non troppo riuscito, quantomeno sul piano della narrazione. La sceneggiatura, infatti, non conta più di tanto in un film che è senz’altro molto ironico e satirico, ma anche piuttosto tragico e drammatico, e spesso fatica a bilanciare questi due piani. E, inoltre, procede per scenette e squarci sulla vita interiore del protagonista (ex-attore cinematografico di scadenti film di supereroi, da cui il titolo) che non sono sempre riusciti. Ma nonostante tutto è da subito glorificato dalla critica, forse anche eccessivamente. Dopotutto, si tratta sicuramente di un buon film, ma di certo non di un capolavoro. Non è un film unico e irripetibile come invece molti sembrerebbero portati a pensare (plagiati soprattutto dall’abile mossa del regista di girare l’intero film senza stacchi). Ed è, poi, alquanto prolisso e porta, talvolta, a qualche sbadiglio. In sintesi: il virtuosismo dello stile non basta.
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lucascialo
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martedì 28 febbraio 2017
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triste constatazione del degrado culturale
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Alejandro Gonzalez Inarritu è un regista a cui piace basare i propri film su intensità dei personaggi, inquadrature ad effetto, storie coinvolgenti. Lo ha dimostrato con 21 grammi prima, Biutiful poi, questa pellicola ancora e l'ultimo Revenant. Riuscendo perfino nell'impresa di far vincere un Oscar a Leonardo Di Caprio per l'intensità che dona al suo personaggio.
In questa pellicola, invece, riesce nell'impresa di mostrarci un Michael Keaton finalmente profondo, dall'interpretazione densa e coinvolgente. Interpreta Riggan Thompson, attore che ha raggiunto l'apice interpretando una trilogia ispirata a un eroe dei fumetti: Birdman.
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Alejandro Gonzalez Inarritu è un regista a cui piace basare i propri film su intensità dei personaggi, inquadrature ad effetto, storie coinvolgenti. Lo ha dimostrato con 21 grammi prima, Biutiful poi, questa pellicola ancora e l'ultimo Revenant. Riuscendo perfino nell'impresa di far vincere un Oscar a Leonardo Di Caprio per l'intensità che dona al suo personaggio.
In questa pellicola, invece, riesce nell'impresa di mostrarci un Michael Keaton finalmente profondo, dall'interpretazione densa e coinvolgente. Interpreta Riggan Thompson, attore che ha raggiunto l'apice interpretando una trilogia ispirata a un eroe dei fumetti: Birdman. Ma la sua carriera si è arenata lì, a quel blockbuster, e molti ritengono che non sappia nemmeno recitare. Così, decide di darsi al teatro e trasporre come regista e attore protagonista, un racconto di Raymond Carver: Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. E pure in un teatro storico di Broadway. Ma oltre allo scetticismo generale, di quanti ritengono che non sia un bravo attore (tra cui una recensionista del New York Times pronta a stroncarlo), deve vedersela anche con la sua vita privata disastrosa (una ex moglie tradita e la figlia tossica), e attori pieni di sé o insicuri.
Nella mente però gli ritorna sempre la voce di quel personaggio che ha interpretato, che alla fine gli rivela una triste verità: la gente vuole sangue, esplosioni, sparatorie. E dovrà adeguarsi a questo, così come ai Social pronti a dare risalto alle cose utili.
Un'amara constatazione di quanto la cultura sia genuflessa alla futilità del web e alla superficialità degli effetti speciali.
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samanta
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domenica 7 marzo 2021
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volare per fuggire ...
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Il film è uscito nel 2014 ricevette nel 2015 ben 4 Oscar, di cui 1 per la regia (meritata) di Inarritu (è anche produttore e sceneggiatore) ed 1 per il miglior film (preferivo i nominati American Sniper e Whitplash). Il regista Inarritu l'anno seguente doppiò il premio con Revenant e ha diretto diversi film tra cui 21 grammi (da me recensito).
Birdman è una storia tra fantasia e realtà, ambientata nel mondo del teatro, Riggan (Michael Keaton: Batman, Spider-man: Home coming, Dumbo) è stata una star del cinema, impersonando con grande successo Birdman un supereroe che vola con 2 ali, ma stufo di fare sequel è passato nell'oblio di Hollywood, anche se ha ancora molti fans, si trasferisce a New York per mettere in scena un dramma di Carver di 40 anni prima oltre ad essere protagonista è anche regista e sceneggiatore, l'altro protagonista è Mike (Edward Norton (Schegge di paura The Bourne Lagacy) attore esuberante chiamato all'ultimo momento, protagoniste sono Laura (Andrea Riseborough: Doppio gioco, La Battaglia dei sessi) e Lesley (Naomi Watts) fidanzata con Mike, altra protagonista è la figlia di Riggan Sam (Emma Stone) ex tossicodipendente.
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Il film è uscito nel 2014 ricevette nel 2015 ben 4 Oscar, di cui 1 per la regia (meritata) di Inarritu (è anche produttore e sceneggiatore) ed 1 per il miglior film (preferivo i nominati American Sniper e Whitplash). Il regista Inarritu l'anno seguente doppiò il premio con Revenant e ha diretto diversi film tra cui 21 grammi (da me recensito).
Birdman è una storia tra fantasia e realtà, ambientata nel mondo del teatro, Riggan (Michael Keaton: Batman, Spider-man: Home coming, Dumbo) è stata una star del cinema, impersonando con grande successo Birdman un supereroe che vola con 2 ali, ma stufo di fare sequel è passato nell'oblio di Hollywood, anche se ha ancora molti fans, si trasferisce a New York per mettere in scena un dramma di Carver di 40 anni prima oltre ad essere protagonista è anche regista e sceneggiatore, l'altro protagonista è Mike (Edward Norton (Schegge di paura The Bourne Lagacy) attore esuberante chiamato all'ultimo momento, protagoniste sono Laura (Andrea Riseborough: Doppio gioco, La Battaglia dei sessi) e Lesley (Naomi Watts) fidanzata con Mike, altra protagonista è la figlia di Riggan Sam (Emma Stone) ex tossicodipendente. Siamo alla vigilia dellle anteprime e Riggan deve lottare contro l'ombra e la voce di Birdman che lo deride, inoltre scoppiano i contrasti tra Riggan e Mike che cerca di debordare al suo ruolo nonché con Sam a cui è affezionato ma che gli rimprovera la sua assenza. Riggan riesce a condurre bene le anteprime anche per un exploit involontario che lo vede recitare in mutande (una delle migliori scene del film), ma rimane pessimista anche perché la temibile critica del New York Times gli ha promesso di distruggerlo dopo la prima perché "Tu non sei un attore ma una celebrità". Nella scena finale Riggan che si deve suicidare con una pistola ha sostituito l'arma giocattolo con una vera e sparando si ferisce al volto lievemente. Il successo anche di critica è clamoroso, Riggan riconquista l'affetto della figlia e della moglie che aveva lasciato, ma dal letto dell'Ospedale si getta dalla finestra la figlia che accorre non lo vede a terra, ma scorge uno stormo di ucccelli che vola nel cielo.
Il film è più che discreto la regia ha un'assoluta padronanza della tecnica con uso accorto degli effetti speciali (il volo tra tra i grattacieli), l'utilizzo dei piani sequenza attraverso i lunghi corridoi del teatro percorsi dagli attori che ricordano (in parte) il capolavoro L'Arca russa di Sokurov. Tuttavia si ravvisa un pò di incoerenza logica tra le varie scene del film, sono forzati eccessivamente i toni dei dialoghi, trionfa un pessimismo assoluto, il personaggio è visto in realtà in modo negativo, rammenta l'aforisma "la vita è quella cosa che ti passa accanto mentre sei occupato a fare altro", il protagonista malgrado abbia conseguito il successo e ritrovato l'amore della moglie e della figlia, si butta dalla finestra sfuggendo così alla vita che merita di essere vissuta. In certi punti la vicenda è un pò lenta con scene superflue come il bacio saffico tra Lesley e Laura (omaggio al Politically Correct), il film merita 4 stelle per la recitazione di alto livello dei protagonisti: Keaton e Norton sono discreti attori ma qui recitano da primi della classe mostrando una notevole professionalità, bravissime anche Emma Stone e Naomi Watts entrambe da Oscar (perché la Watts non ha mai vinto un Oscar?).
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peer gynt
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mercoledì 27 agosto 2014
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attori che indossano i loro personaggi come abiti
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Battaglia a colpi di protagonismi fra attori che fanno le celebrità e celebrità che fanno gli attori, jeu de massacre fra attori che si vestono e si spogliano in continuazione dei loro stessi personaggi, continuo uscire dal palcoscenico e dal teatro per entrare nella realtà/spettacolo della strada e viceversa: questo in sintesi l'ultimo film di Gonzalez Iñarritu. Il regista messicano, con il suo stile inconfondibile (pianisequenza con steadycam a rincorrere e incrociare i personaggi e montaggio fluido), narra la vicenda di un attore diventato famoso solo per passati blockbuster dove ha vestito i panni di un supereroe dei fumetti che cerca di riscattarsi con del teatro impegnato.
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Battaglia a colpi di protagonismi fra attori che fanno le celebrità e celebrità che fanno gli attori, jeu de massacre fra attori che si vestono e si spogliano in continuazione dei loro stessi personaggi, continuo uscire dal palcoscenico e dal teatro per entrare nella realtà/spettacolo della strada e viceversa: questo in sintesi l'ultimo film di Gonzalez Iñarritu. Il regista messicano, con il suo stile inconfondibile (pianisequenza con steadycam a rincorrere e incrociare i personaggi e montaggio fluido), narra la vicenda di un attore diventato famoso solo per passati blockbuster dove ha vestito i panni di un supereroe dei fumetti che cerca di riscattarsi con del teatro impegnato. Ma il primo a non crederci è lui stesso.
Film tutto ritmo, con in colonna sonora una batteria che si fa personaggio a sua volta, grande prova di attori che giocano a superarsi, sia nel film girato che nella finzione filmica, e grande prova della scrittura, che scolpisce i personaggi caricandoli anche di un'autroironia distruttiva. Facendo parte di un macrogenere vecchio quanto il cinema (il cinema sugli attori e sul rapporto verità-finzione, il cinema nel cinema e il teatro nel teatro), il film dice poco di nuovo e che non si sia già visto. Ma innegabilmente lo dice bene.
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[+] estasi e tormenti di un attore
(di mino52)
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fsromait
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sabato 7 febbraio 2015
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quando l'intelletto cede di nuovo alla fantasia
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Consapevolmente superba rappresentazione filmica, in quel di una Broadway vissuta in tempo reale, descritta al presente come la miglior contemporaneità spesso impone, pressoché ininterrotto assolo di talvolta asfissianti piani-sequenza (riecheggianti Hitchcock) solo saltuariamente pausati da rare ossigenanti dissolvenze, Iñárritu definisce e realizza un ininterrotto flusso di coscienza attorno alla dialettica intellettualismo/fantasia, propendendo infine decisamente per la seconda.
Tra una giovane e piacente figlia, ex-tossica e inclinante al precipizio, un creativo e intuitivo attore tormentato da pensieri d’impotenza, un amico produttore/agente sufficientemente imbelle e incapace, una critica teatrale inclemente fino alla crudeltà e prossima all’odio personale, un corollario di personaggi, moglie ed ex o attuali papabili fiamme inclini ad amori alternativi, il protagonista, a cui dà volto corpo e anima un rinnovato Michael Keaton (già Batman di Tim Burton), nella fiction ex stella di Hollywood ovvero già nei panni di un grottesco tuttavia verosimile super-eroe Uomo-Uccello, ormai affermato divo che però non assurge all’Olimpo artistico, si dibatte tra gli opposti aneliti a un ritenuto plausibile successo teatrale (che lo immortalerebbe nell’alveo dell’eternità artistica e non solo popolare) improntato sulle intellettualistiche divagazioni attorno all’amore, e un richiamo verso i suoi passati trascorsi fulgori di BirdMan appunto.
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Consapevolmente superba rappresentazione filmica, in quel di una Broadway vissuta in tempo reale, descritta al presente come la miglior contemporaneità spesso impone, pressoché ininterrotto assolo di talvolta asfissianti piani-sequenza (riecheggianti Hitchcock) solo saltuariamente pausati da rare ossigenanti dissolvenze, Iñárritu definisce e realizza un ininterrotto flusso di coscienza attorno alla dialettica intellettualismo/fantasia, propendendo infine decisamente per la seconda.
Tra una giovane e piacente figlia, ex-tossica e inclinante al precipizio, un creativo e intuitivo attore tormentato da pensieri d’impotenza, un amico produttore/agente sufficientemente imbelle e incapace, una critica teatrale inclemente fino alla crudeltà e prossima all’odio personale, un corollario di personaggi, moglie ed ex o attuali papabili fiamme inclini ad amori alternativi, il protagonista, a cui dà volto corpo e anima un rinnovato Michael Keaton (già Batman di Tim Burton), nella fiction ex stella di Hollywood ovvero già nei panni di un grottesco tuttavia verosimile super-eroe Uomo-Uccello, ormai affermato divo che però non assurge all’Olimpo artistico, si dibatte tra gli opposti aneliti a un ritenuto plausibile successo teatrale (che lo immortalerebbe nell’alveo dell’eternità artistica e non solo popolare) improntato sulle intellettualistiche divagazioni attorno all’amore, e un richiamo verso i suoi passati trascorsi fulgori di BirdMan appunto. È quest’ultimo, che in una sorta di dapprima silente poi sempre più consapevole schizofrenia, lo tormenta con dialoghi interiori assillanti e devastanti.
L’evolversi della vicenda, emblematicamente, propenderà per la scelta della fantasia, malgrado il paradossale e significativo epilogo, in cui i ruoli, paradossalmente, si ribalteranno. Il finale aperto, come meglio non potrebbe essere, lascia allo spettatore la necessaria scelta. Ma, al di là di tutto ciò, appare necessario sottolineare il linguaggio incalzante e seccamente ricco di Inarritu, lo stile avvincente, come già espresso in altre sue opere, ad esempio il sontuoso Babel, prestigioso poligono di storie intersecantesi in tre angoli planetari.
Progenitori prestigiosi, incrociati echi, si colgono nei decenni precedenti per quest’opera di Inarritu a cui forse manca un equilibrio semantico maggiore (ma ciò è libera scelta poetica). Un padre, di Birdman, è da ritrovarsi nell’antico All that Jazz di Bob Fosse, dove Roy Scheider preannunciava il volto perplesso, ma certamente meno angosciato, che qui mostra Michael Keaton; uno zio si ritrova nel Barton Fink è successo a Hollywood, dei fratelli Cohen, in cui il percorso del protagonista, uno stralunato quanto straordinario John Turturro, era l’opposto, ovvero da Broadway a Hollywood. Ma altri nessi si ritrovano nei padri/fratelli quali Effetto notte di Truffaut, Stardust memories di Woody Allen, il nostrano Sogni d’oro di Nanni Moretti, fino a giungere al “nonno”, a sua volta padre di tutti questi nonché, indirettamente, dell’attuale: il felliniano Otto e mezzo, in cui anche lì, un grillo parlante critico viene infine messo fuori gioco dalla scelta ultima del protagonista di girare il suo film (in effetti scelta isomorfa del recente Jap Gambardella della Grande Bellezza di Sorrentino). Ciò a rivendicare, oggi come ieri, a torto o a ragione, il primato dell’istinto e della immaginazione, della genuina fantasia, su ogni preordinata, precostituita e calcolatrice forma di intellettualismo, o pseudo tale.
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mcmurphy92
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sabato 7 febbraio 2015
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alejandro non deludi mai !!!! capolavoro assoluto
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Birdma è il capolavoro del 2014,il film è un perfetto amalgama di situazioni e persone perfettamente strutturata durante la narrazione,ogni cosa è posta e organizzata al proprio posto,Michael keaton ha realizzato l’ interpretazione della vita recitando al meglio in una storia di incredibile magnificenza.
Inarritu ha saputo raccontare una storia moderna sella realtà di Broadway e di tutta la fauna locale che la circonda.
La colonna sonora ha un’ incredibile impatto dal punto di vista narrativo donando suspence e pathos nelle sequenze piǜ importanti.
In parole povere Inarritu ha realizzato un vero capolavoro e uno dei migliori film degli ultimi anni
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il folle
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lunedì 9 febbraio 2015
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birdman:biografia di keaton?
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Iñarittu torna dietro una macchina da presa per dirigere un suo nuovo gioiello:Birdman.Il film narra le vicende di Riggan Thompson,attore conosciuto per aver interpretato un supereroe(birdman) negli anno 90,che deve affrontare qualche imprevisto durante la messa in scena di uno spettacolo a Broadway.Iñarrittu impacchetta un film divertente,irriverente nel quale scopriamo le paure del protagonista (e dell'uomo in sé).Molto pulita e soprattutto scorrevole la regia,che narra la storia senza (apparenti)stacchi di telecamera.Eccellente anche il cast in cui sono presenti Emma Stone,Edward Norton,Naomi Watts,Zach Galifianakis e sopratutto Michael Keaton che interpreta il protagonista(se stesso?).Che Keaton sia il protagonista forse non è solo un caso,infatti dopo Night Schift,il successo planetario arriva dopo l'aver vestito i panni dell'uomo pipistrello nei 2 batman di Tim Burton.
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Iñarittu torna dietro una macchina da presa per dirigere un suo nuovo gioiello:Birdman.Il film narra le vicende di Riggan Thompson,attore conosciuto per aver interpretato un supereroe(birdman) negli anno 90,che deve affrontare qualche imprevisto durante la messa in scena di uno spettacolo a Broadway.Iñarrittu impacchetta un film divertente,irriverente nel quale scopriamo le paure del protagonista (e dell'uomo in sé).Molto pulita e soprattutto scorrevole la regia,che narra la storia senza (apparenti)stacchi di telecamera.Eccellente anche il cast in cui sono presenti Emma Stone,Edward Norton,Naomi Watts,Zach Galifianakis e sopratutto Michael Keaton che interpreta il protagonista(se stesso?).Che Keaton sia il protagonista forse non è solo un caso,infatti dopo Night Schift,il successo planetario arriva dopo l'aver vestito i panni dell'uomo pipistrello nei 2 batman di Tim Burton.Dopo aver interpretato il vigilante mascherato keaton ebbe ruoli marginali in film di minor successo e livello.Che questo viaggio racconti quindi il viaggio emotivo di keaton alle prese con la depressione e la paura di essere visto come una celebrità e non un attore?
Forse mi sto solo sbagliando
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jonathan imperiale
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lunedì 9 febbraio 2015
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birdman: vero come la finzione
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Per due ore la camera fluttua attorno agli attori ed alle loro fragilità, senza trovare mai posa eccetto in un "night and day" metropolitano. Quai un unico, grande piano sequenza che sospende il tempo e le esistenze, mischiando realtà e finzione fino all'inmprevedibile leggerezza finale. Innaritu narra un altra storia corale senza gli stacchi narrativi e visivi di "Babel". In "Birdman. L'imprevedibile virtù dell'ignoranza" prevale l'uniformità che non ti aspetti. A circa mezz'ora dalla fine, il film esplode animandosi di fantasie fumettistiche che denudano con leggerezza il paradosso del cinema: l'eterna oscillazione tra box office e opera d'arte.
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Per due ore la camera fluttua attorno agli attori ed alle loro fragilità, senza trovare mai posa eccetto in un "night and day" metropolitano. Quai un unico, grande piano sequenza che sospende il tempo e le esistenze, mischiando realtà e finzione fino all'inmprevedibile leggerezza finale. Innaritu narra un altra storia corale senza gli stacchi narrativi e visivi di "Babel". In "Birdman. L'imprevedibile virtù dell'ignoranza" prevale l'uniformità che non ti aspetti. A circa mezz'ora dalla fine, il film esplode animandosi di fantasie fumettistiche che denudano con leggerezza il paradosso del cinema: l'eterna oscillazione tra box office e opera d'arte. L'eccellente regia diviene linguaggio e codice interpretativo mentre le derivanti visioni del protagonista, un Michael Keaton straordinariamente fuori forma, preparano un colpo di scena per nulla eclatante nel caos ordinato di Inarritu. Straordinari tutti gli attori che accettano di recitarsi con onestà. Naturalmente spicca per ruolo e bravura l'ex Batman, qui chiamato ad affrontare un alter ego simile a quello che gli diede grande visibilità ai tempo di Tim Burton. La sensazione è che un eventuale oscar come miglior protagonista possa avere il retrogusto di un riconoscimento alla carriera. Sarebbe un premio più che meritato.
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