Un giorno devi andare

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Un film di Giorgio Diritti. Con Jasmine Trinca, Pia Engleberth, Anne Alvaro, Sonia Gessner, Amanda Fonseca Galvao, Paulo De Souza, Eder Frota Dos Santos, Manuela Mendonça Marinho Drammatico, durata 110 min. - Italia, Francia 2013. - Bim Distribuzione uscita giovedì 28 marzo 2013. MYMONETRO Un giorno devi andare * * * - - valutazione media: 3,10 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

i diritti di Diritti Valutazione 2 stelle su cinque

di pepito1948


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mercoledì 3 aprile 2013

UN GIORNO DEVI ANDARE
Colpisce la casuale correlazione tra il cognome dell’autore ed il tema di fondo dei film di Giorgio Diritti: la  rinunciadi un piccolo allevatore francese al diritto di installarsi in un paesino occitano chiuso e refrattario ai forestieri e lo spregio del diritto di esistere di una comunità emiliana vittima della barbarie nazista.
Nel suo nuovo film, il regista bolognese concentra l’attenzione sulla dura realtà di una comunità nell’Amazzonia brasiliana, nella quale si rifugia Augusta, in fuga dall’Italia e dal mondo civilizzato dopo una drammatica vicenda personale e familiare, alla ricerca di nuove motivazioni per riprendere il filo di una vita in via di frantumazione. La favela in realtà è un villaggio palafitticolo, sospeso sul lerciume del fiume ed a rischio di crolli come la vita di Augusta, in cui la lotta per la sopravvivenza e contro la miseria è sostenuta da un grande spirito di gruppo e senso di solidarietà, accompagnati dalla palpitante vitalità dei bambini. Tra le difficoltà di trovare ogni giorno di che cibarsi, che porta persino alla vendita di bambini, la minacciosità  delle mire rapaci di ricchi capitalisti e di imprenditori senza scrupoli, l’ingannevole attraenza della religione come unico rimedio ai triboli quotidiani, si inserisce Augusta, succhiando la linfa vitale che promana dalla comunità e adoperandosi al meglio per dare una fattiva mano ai locali, condividendone ed attenuandone le asperità quotidiane. Ma tutto questo non basta alla “fuggitiva” per superare i propri traumi, e quindi non resta che ritirarsi in un eremo sabbioso in riva al fiume, in attesa di un segno salvifico, che puntualmente verrà.
Ancora una volta l’occhio dell’autore si sofferma sulla violazione sistemica dei diritti dei nativi brasiliani ad una vita dignitosa e libera dalla fame e dalla miseria, che li espone costantemente alle tentazioni delle sirene della civiltà fatta di affari e sfruttamento dei bisogni dei deboli, oltre che dei telepredicatori. Ma alla nobiltà delle intenzioni non corrisponde la qualità del prodotto filmico, che non funziona e non è all’altezza delle precedenti prove. A parte la monoespressività della Trinca, su cui è superfluo soffermarsi, non è certo una novità la storia del fuggiasco borghese che intraprende un viaggio in luoghi lontani fisicamente e culturalmente per ritrovare stimoli interiori, siano essi in India o in Africa o in America latina. Così come l’epilogo, il raggio di luce rivelatore incarnato dalla visione improvvisa di un bambino come portatore di purezza, innocenza e vitalità, non è proprio un esempio di cinema originale ed imprevedibile. La parte “italiana” del racconto, di per sé di scarso interesse, non aggiunge nulla alla vicenda americana, e si perde in rivoli scontati (come la riconciliazione tra madre e figlia tramite il toccarsi delle mani da sempre lontane) senza un minimo di pathos. I dialoghi sono senza spessore e talora ai limiti della banalità (“.. bisognava trapiantargli il cervello…). Ma soprattutto affiora una certa artificiosità nelle inquadrature, comprese quelle naturalistiche (tra cui alcune sicuramente affascinanti), un’insistenza eccessiva nel puntare sull’immobilità espressiva della protagonista, una simbologia un po’ rudimentale (la Trinca ripresa tra tronchi o radici di alberi contorti che sembrano promanare tormento), che non trascinano emotivamente e lasciano un che di irrisolto.
Belle –ed evidentemente sentite- le immagini di povertà della palafitta, dei volti sfatti ma fieri degli abitanti, di qualche panorama suggestivo: non molto rispetto alle aspettative suscitate dagli esordi incoraggianti di un autore che attendiamo ad una prova più convincente.

 
 

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