Un giorno devi andare |
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Un film di Giorgio Diritti.
Con Jasmine Trinca, Pia Engleberth, Anne Alvaro, Sonia Gessner, Amanda Fonseca Galvao, Paulo De Souza, Eder Frota Dos Santos, Manuela Mendonça Marinho
Drammatico,
durata 110 min.
- Italia, Francia 2013.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 28 marzo 2013.
MYMONETRO
Un giorno devi andare
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Buona arte al servizio di una paccotiglia ideale
di Lore64Feedback: |
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venerdì 6 giugno 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non ho reperito una grande carica innovativa nel film di Diritti. Anzitutto nel tema di fondo della scelta per la vita che cresce e si rinnova, testimoniata dalla scene di apertura e chiusura. Il pregiudizio umanista, quello attinente all’ammirazione e al rispetto verso la vita umana, è fra i peggior lasciti di due millenni di superstizione giudaico-cristiana. L’essere umano è una scimmia assassina e con oltre sette miliardi di esemplari al mondo la sua carne è la mercanzia più economica esistente sul pianeta. Bisogna pensare a come sterminare la zavorra anziché far nascere nuovi esemplari. Altro che poetizzare gl’istinti procreativi delle femmine. L’altro tema, altrettanto stereotipato, è la contrapposizione fra uomo civilizzato e buon selvaggio, con puntuale reinvenzione d'una superiorità vitale e spirituale del secondo. La cosa viene coniugata alla predilezione evangelica verso gli ultimi della terra per dar luogo a un quadro tanto valido dal punto di vista estetico, recitativo e scenografico quanto miserabile sotto il profilo analitico. Il regista stilizza tutto quanto attiene all’Italia in termini di gelo, depressione, chiusura e miseria spirituale, tutto ciò che attiene ai pezzenti brasiliani in termini di riso, rispetto verso il prossimo, slancio vitale e profondo radicamento spirituale. Ne vien fuori l’unica favela al mondo priva di alcoolismo, spaccio organizzato, prostituzione di tutte le età compresa quella infantile, genitori e fratelli magnaccia, mogli quotidianamente pestate dai mariti, bande armate che controllano la vita della comunità ecc. La favela messa in scena da Diritti ha con quella reale (dove la protagonista sarebbe stata violentata dopo 2 giorni) lo stesso rapporto che l’opera di Rousseau intrattiene cogli indù incontrati dai conquistadores, antropofagi e tagliatori di teste, abituati a torturare e mutilare i prigionieri per settimane per puro divertimento. Col Sessantotto il tema del buon selvaggio aveva assunto una colorazione politica (dal libretto rosso a Cuba) di cui la storia ha evidenziato tutto il realismo e la concretezza. Nell’epoca del disimpegno la superiore autenticità del buon selvaggio dimette i panni di alfiere del Sol dell’Avvenire per vestire quelli – solo apparentemente più modesti – di antesignano di una profonda spiritualità che si traduce in uno slancio gioioso verso la vita. Con ciò Diritti dimostra fra l’altro di non aver capito nulla della profonda lezione freudiana e nietzscheana, per cui l’infelicità è controparte ineludibile della crescita intellettiva e spirituale dell’animale umano. “Un giorno devi andare” conchiude degnamente il pastiche di sensibilità chic e mitologemi di regime aperto coi due precedenti esperimenti cinematografici. In “Il vento fa il suo giro” aveva stigmatizzato la diffidenza verso l’Altro in combutta coi correnti pregiudizi eterofili ed antirazzisti, senza avere idea dell’infinita grettezza e chiusura che caratterizzava le comunità di montagna dei secoli passati (e che rappresenta il vero ed autentico senso di radicamento). Ne “L’uomo che verrà” aveva smanettato colla mitologia antinazionalsocialista messa e tenuta in piedi dal conquistatore anglosassone. Adesso arriva il polpettone spiritualeggiante, a metà cristianesimo, UNESCO, miti delle origini e colf filippine o brasiliane importate dai credenti nel dio giudeo. Una grande tecnica narrativa messa al servizio di questa paccotiglia ideale. In fondo la storia dell’arte è tutta qui.
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