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mercoledì 29 gennaio 2014
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lo zoo della finanza
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Jordan Belfort è un ragazzo ambizioso che aspira a un futuro da broker e, come esige il sogno americano, lo diventa. Purtroppo per lui arriva però a Wall Street nel momento peggiore: è infatti il “lunedì nero” del 1987 e la sua carriera, appena iniziata, viene bruciata sul nascere. Il giovane è comunque destinato a grandi cose e la sua caparbietà è tale da riuscire a guadagnare milioni di dollari vendendo anche azioni di pochi centesimi; ben presto, grazie al sostegno di alcuni amici non proprio raccomandabili, riesce addirittura a creare un impero finanziario basato sulle penny stock: la Stratton Oakmont Incorporated. Inizia così l'ascesa finanziaria di Belfort, cui corrisponde un inevitabile declino psico-fisico accelerato da orge, droghe e denaro sporco; assistiamo a un vero e proprio delirio di onnipotenza che sembra arrestarsi solo in rari momenti di lucidità, così sgraditi a un uomo che, per sua stessa ammissione, non vuole morire sobrio.
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Jordan Belfort è un ragazzo ambizioso che aspira a un futuro da broker e, come esige il sogno americano, lo diventa. Purtroppo per lui arriva però a Wall Street nel momento peggiore: è infatti il “lunedì nero” del 1987 e la sua carriera, appena iniziata, viene bruciata sul nascere. Il giovane è comunque destinato a grandi cose e la sua caparbietà è tale da riuscire a guadagnare milioni di dollari vendendo anche azioni di pochi centesimi; ben presto, grazie al sostegno di alcuni amici non proprio raccomandabili, riesce addirittura a creare un impero finanziario basato sulle penny stock: la Stratton Oakmont Incorporated. Inizia così l'ascesa finanziaria di Belfort, cui corrisponde un inevitabile declino psico-fisico accelerato da orge, droghe e denaro sporco; assistiamo a un vero e proprio delirio di onnipotenza che sembra arrestarsi solo in rari momenti di lucidità, così sgraditi a un uomo che, per sua stessa ammissione, non vuole morire sobrio. Sarebbe infatti difficile per lui ammettere che, pur vivendo circondato da lusso e belle donne, la sua vita è quella di un miserabile: quando ciò gli viene sbattuto in faccia, non può quindi far altro che stordirsi. Così fa anche dopo il divorzio, evento che apre a una lunga serie di sventure: di lì a poco viene infatti arrestato in seguito a una soffiata del banchiere svizzero che lo aiutava nel riciclaggio; Belfort viene dunque incriminato, decidendo di collaborare con l'F.B.I. in cambio di una riduzione della pena. Uscito di prigione lo ritroviamo, ormai mentore nel settore marketing, in una trasmissione televisiva, ripreso nell'atto di istruire una massa avida e idolatrante sui mezzi migliori per ingannare i propri clienti.
Scorsese si muove con la consueta abilità nel campo della malavita, di cui sviscera con maestria gli aspetti più rivoltanti e spregevoli. Qualcosa è però cambiato dai tempi di “Goodfellas” e “The departed”: ciò che il regista guadagna in visionarietà, lo perde in empatia. La metamorfosi di Jordan Belfort viene infatti presentata come semplice conseguenza a uno stile di vita eccessivo, indugiando sulla perversione in maniera talmente compiaciuta da renderla quasi appetibile. L'ambiguità si sostituisce dunque alla complessità, facendo del protagonista non una vittima delle proprie debolezze ma un idolo per folle di perdenti, un criminale che riceve premi invece di sanzioni. I nodi, nonostante quello che insinua il protagonista, non vengono al pettine e anzi l'impunità è proprio ciò impedisce a Belfort di fare un bilancio della propria condotta, sempre attento com'è a trasformare ogni opportunità in opportunismo. La provocazione rischia perciò di tramutarsi in un'elegia dell'irresponsabilità e Di Caprio finisce per interpretare non un ridicolo farabutto ma un simpatico mascalzone, una specie di Popeye che invece di mangiare spinaci sniffa cocaina; spetta dunque allo spettatore non lasciarsi abbindolare dai continui ammiccamenti e non gioire dei successi del protagonista, evitando piuttosto che fatti del genere avvengano nella vita reale. Solo allora il film avrà avuto un senso, quando cominceremo a considerare questi arrivisti per quello che sono veramente: non persone di successo ma soltanto un branco di famelici lupi.
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pepito1948
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mercoledì 29 gennaio 2014
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lupi ed adrenalina
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Prima regola: non ci sono regole (se non le sue). Seconda: l’illegalità non è un ostacolo, è una sfida. Terza: tutti i coadiuvanti utili alla massimizzazione dell’obiettivo, anche se non consentiti, sono a disposizione. Quarta: i costi umani sono irrilevanti. Quinta: ogni limite è solo un punto di partenza per andare oltre. Questo è il crudo decalogo che guida le gesta di Jordan, giovane ariete deciso a fare sfracelli nel giro vorticoso della finanza invisibile, quella che guizza a velocità incontrollabile nei diverticoli di una rete proteiforme, quella di cui si percepiscono solo gli esiti ai terminali umani, successo, ricchezza, insaziabilità oppure disperazione, rovina, impoverimento.
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Prima regola: non ci sono regole (se non le sue). Seconda: l’illegalità non è un ostacolo, è una sfida. Terza: tutti i coadiuvanti utili alla massimizzazione dell’obiettivo, anche se non consentiti, sono a disposizione. Quarta: i costi umani sono irrilevanti. Quinta: ogni limite è solo un punto di partenza per andare oltre. Questo è il crudo decalogo che guida le gesta di Jordan, giovane ariete deciso a fare sfracelli nel giro vorticoso della finanza invisibile, quella che guizza a velocità incontrollabile nei diverticoli di una rete proteiforme, quella di cui si percepiscono solo gli esiti ai terminali umani, successo, ricchezza, insaziabilità oppure disperazione, rovina, impoverimento. In questo gioco Jordan si butta al massacro (degli altri), non concependo alcuna alternativa all’accumulo infinito di denaro, quello non frusciante, il Re invisibile ma demiurgo dei destini di tanti giocatori, rapaci imbonitori o vittime ingenue o plagiabili o forse solo imprudenti. Dopo la breve ma intensa seduta di formazione dell’ormai lanciato ed allucinato Mark, e dopo un fallito attacco diretto al fortino di Wall Street, J. decide di fare da sé e lancia la rete dei suoi primi accoliti, uomini presi dalla strada o dalla mediocrità, più malleabili a sua immagine e inclini al culto della sua personalità. Cieca obbedienza contro promessa di introiti senza fine, ma ciascuno deve “saper vendere una penna” e non attaccare mai il telefono prima che l’interlocutore dica il fatidico “sì”. Il cono del proselitismo (perché di settarismo si tratta) si allarga, gli spazi delle contrattazioni si estendono, nella giungla di voci e telefoni le prede non hanno scampo, il tabellone visualizza la mutevolezza del fato, la tensione sale e resta oltre i confini normalmente umani, condizione essenziale per non mollare e rendere al massimo. Nasce la Stratton Oakmont, versione presentabile e in doppio petto di una congrega di gente senza scrupoli e senza limiti, in perpetua sintonia con il capo le cui performance teatrali trascinano gli adepti in un’ipnosi collettiva dove venerazione, esaltazione, sovraeccitazione e aggressività fanno massa unica. Il sistema funziona, ma per alimentarsi gli attori principali non possono fare a meno dei coadiuvanti della terza regola: cocaina, crak ed affini punteggiano i momenti clou della giornata, un banchiere accondiscendente ad operazioni spericolate viene associato alla troupe, caterve di donne nude e sempre disponibili servono a scaricare il surplus dei sensi. Sono necessariamente puttane, perché non circolano sentimenti nel clan; le mogli sono solo un segno di rispettabilità sociale, come nella mafia, l’amore non si concilia con una vita da tsunami che non ammette pause o deroghe e quindi il rischio di ridimensionare il flusso di adrenalina (e di denaro). Ma la sfida (seconda regola), che esalta proprio perché non assicura l’esito voluto, assume una direzione sfavorevole quando qualcuno si muove con la forza dell’Autorità per ostacolare l’attività del gruppo, la cui potenza di fuoco sembra inarrestabile. In quel turbo-baraccone rutilante i tappeti morbidi lasciano trapassare i primi vetri taglienti, lo tsunami comincia ad invertire la marcia investendo i suoi generatori, e la bolla tra varie traversie si sgonfia, perché nella filosofia del guru e del gruppo la quinta regola è la più flebile; prima o poi c’è un limite che dice basta, che non sopporta di essere superato e mette in moto forze distruttrici. Jordan, come un boomerang, torna solo e disarmato al punto di partenza e, davanti a ben altra platea, ricomincia dalla fatidica penna.
Dopo la parentesi “sentimentale” e favolistica di Hugo Cabret, Scorsese non resiste alla tentazione di riproporre il suo pessimismo cosmico sulla società (e sulla natura) umana, e, mettendo mano ai suoi arsenali bellici, riproduce uno degli ambienti più perversi nell’America di oggi, quello della finanza e della Borsa, le cui sciagurate gesta non sono estranee all’avvio della più grave crisi mondiale dalla Grande Depressione che sta affliggendo il mondo. Il lupetto di Wall Street che si fa divoratore degli altri ed alla fine di se stesso è la metafora contraddittoria della società, che per reggere ed esplicare la sua funzione di aggregazione evolutiva dovrebbe avere più leganti (legalità, solidarietà, onestà) che disgreganti, come invece non succede nel mondo occidentale capitalistico. Come è suo solito, Scorsese estremizza la violenza, qui ancora più pericolosa perché non immediatamente visibile, stante l’(ab)uso di strumenti di per sé legittimi; non c’è il sangue di Casinò o di Departed, ma, fuori della stanza dei telefoni, si percepisce per contrasto la rovina di milioni di persone che ogni giorno abboccano alle esche avvelenate di cinici farabutti insensibili agli effetti disastrosi delle loro malefatte (alla faccia delle insulse polemiche di americani benpensanti scandalizzati dal presunto fascino positivo del personaggio di Jordan). Scorsese concentra il suo sguardo apparentemente asettico solo sulla semisfera dei carnefici, per amplificare i dettagli di un contesto umano senza speranza di riscatto o di riabilitazione, salvo la reazione laddove possibile delle forze di contrasto istituzionali. Nulla si vede (ma tutto si intravede) dell’altra semisfera, quella dei normali umani, delle vittime di questo gioco e delle loro ferite spesso non rimarginabili, tranne la scena in cui il vittorioso agente FBI, malpagato e frustrato ma integro, si ritrova a fine giornata seduto accanto ad alcuni poveracci, con cui condivide i rientri a casa in metropolitana. L’affresco ambientale che ci dà Scorsese, grazie anche all’uso spietato e ultra movimentato delle immagini sempre perfette, come sempre frastorna, stappa il vaso di Pandora delle più disparate sensazioni, e lascia il segno per una lacerante riflessione sulla malvagità serpeggiante dei tanti lupi, che dappertutto si aggirano voraci cercando di toglierci anche la pelle. Ancora una lezione di universale attualità, che mai indulge o conforta.
All’estremismo filosofico del Maestro fa riscontro l’immensità di DiCaprio, attore difficilmente sostituibile in ruoli a forte tasso di atipicità antropologica, come in altri film girati con Scorsese e non solo. DiCaprio il tribuno, l’istrione, l’affabulatore, il gaudente, lo strisciante semiparalitico, il narciso, il monopolizzatore, il motivatore. Grandioso.
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leonardo m
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mercoledì 29 gennaio 2014
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crudo, sfrenato, privo di inibizioni.
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Il film è lunghetto ma scorre piacevolmente se non ci si va convinti di assistere al classico stile di vita elegante mondano imbottito di buone maniere e fascino lessicale proprio degli ambienti ricchi ed altolocati....altrimenti sarà dura rimanere attaccati alla poltrona e si fugge via.
Il film è crudo sfrenato e privo di inibizioni e più che sull'avidità io lo circoscriverei al classico stile americano, una radiografia impietosa ed imbarazzante dell'essere americano con tutti i suoi eccessi.
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Il film è lunghetto ma scorre piacevolmente se non ci si va convinti di assistere al classico stile di vita elegante mondano imbottito di buone maniere e fascino lessicale proprio degli ambienti ricchi ed altolocati....altrimenti sarà dura rimanere attaccati alla poltrona e si fugge via.
Il film è crudo sfrenato e privo di inibizioni e più che sull'avidità io lo circoscriverei al classico stile americano, una radiografia impietosa ed imbarazzante dell'essere americano con tutti i suoi eccessi. Anche culturalmente non potrebbe esistere altrove nel mondo, pochi hanno nel dna quel senso di onnipotenza, narcisismo, egocentrismo ed ingordigia proprio del popolo Statunitense.
Un ottimo Di Caprio, veramente magistrale la sua interpretazione.
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paride86
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mercoledì 29 gennaio 2014
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bello
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"The wolf of wall street" è un bel film girato con maestria da un attento Martin Scorsese che alterna sapientemente commedia, ironia, intelligenza e tragedia senza mai far sentire gli stacchi tra l'una e le altre.
Di questo film mi è piaciuta soprattutto l'interpretazione di DiCaprio, probabilmente il migliore attore della sua generazione. Merita davvero l'Oscar.
Non mi sono piaciuti, invece, il compiacimento nel sottolineare i disdicevoli comportamenti del protagonista, spregiudicato truffatore e convinto machista.
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"The wolf of wall street" è un bel film girato con maestria da un attento Martin Scorsese che alterna sapientemente commedia, ironia, intelligenza e tragedia senza mai far sentire gli stacchi tra l'una e le altre.
Di questo film mi è piaciuta soprattutto l'interpretazione di DiCaprio, probabilmente il migliore attore della sua generazione. Merita davvero l'Oscar.
Non mi sono piaciuti, invece, il compiacimento nel sottolineare i disdicevoli comportamenti del protagonista, spregiudicato truffatore e convinto machista. Ho la sensazione che questo film piacerà tanto al pubblico per le ragioni sbagliate: si scambierà un infame per un eroe patinato, un po' come è successo per "Scarface".
L'eccessiva durata non pesa affatto sullo spettatore, e questo è un altro vantaggio di un film confezionato alla perfezione.
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ggmymovies
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mercoledì 29 gennaio 2014
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il circo di wall street
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Di Caprio-Scorsese fanno l'ennesimo boom. Sono una vera e prioprio coppia di fatto del cinema americano e raramente sbagliano un colpo. E The Wolf of Wall Street non fa eccezione.
Di Caprio conferisce a Belfort un carattere e soprattutto un carisma che solo lui poteva conferirgli, il palcoscenico della Stratton Oakmont è dove Jordan Belfort diventa Dio per i suoi adepti, ma è anche dove Di Caprio sfoggia tutto il suo potere comunicativo, che Scorsese mette in risalto, non con una particolare luce o inquadratura, ma con gli sguardi e gli occhi di chi ascolta, che poi non sono altro che gli occhi dello spettatore.
Scorsese fa un ritratto di una Wall Street angosciante e angosciata, con sesso, droga (in quantità allucinanti) e rock n roll (data dall'ottima soundtrack), dove non è solo l'avidità a macchiare la morale di questi personaggi (come in tutti i film che girano intorno al tema borsistico), ma è la totale assenza di una morale a lasciare lo spettatore attaccato alla poltrona, e anche a fargli fare qualche sogghigno.
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Di Caprio-Scorsese fanno l'ennesimo boom. Sono una vera e prioprio coppia di fatto del cinema americano e raramente sbagliano un colpo. E The Wolf of Wall Street non fa eccezione.
Di Caprio conferisce a Belfort un carattere e soprattutto un carisma che solo lui poteva conferirgli, il palcoscenico della Stratton Oakmont è dove Jordan Belfort diventa Dio per i suoi adepti, ma è anche dove Di Caprio sfoggia tutto il suo potere comunicativo, che Scorsese mette in risalto, non con una particolare luce o inquadratura, ma con gli sguardi e gli occhi di chi ascolta, che poi non sono altro che gli occhi dello spettatore.
Scorsese fa un ritratto di una Wall Street angosciante e angosciata, con sesso, droga (in quantità allucinanti) e rock n roll (data dall'ottima soundtrack), dove non è solo l'avidità a macchiare la morale di questi personaggi (come in tutti i film che girano intorno al tema borsistico), ma è la totale assenza di una morale a lasciare lo spettatore attaccato alla poltrona, e anche a fargli fare qualche sogghigno.
Il montaggio è quasi perfetto e la scena del Di Caprio fatto che presenta una sua versione della guida allo spettatore ne è la prova, tanto che quella scena è già da dare alla storia, anche grazie a Di Caprio, che usa delle movenze degne del miglior Johnny Depp per arrivare alla macchina.
Scorsese-Di Caprio...nient'altro da aggiungere.
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raltok
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martedì 28 gennaio 2014
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fenomenale
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un capolavoro. merita tutti gli oscar a cui è stato candidato.
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venusiau
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martedì 28 gennaio 2014
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rubare ai ricchi per dare a se stessi
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The Wolf of Wall Street è il film di un Martin Scorsese giovane, moderno, al passo con i tempi, che si diverte prima di tutto lui dietro la macchina da presa e il risultato è scontato: tre ore, 180 minuti, di vero cinema, in cui l’unico rischio è quello di non averne mai abbastanza. Non ci si annoia un solo secondo, lo vedi tutto d’un fiato e alla fine ne fai parte anche tu, trasportato in un mondo di eccessi, di sballo puro, dove i numeri servono solo per fare soldi, farne t[+]
The Wolf of Wall Street è il film di un Martin Scorsese giovane, moderno, al passo con i tempi, che si diverte prima di tutto lui dietro la macchina da presa e il risultato è scontato: tre ore, 180 minuti, di vero cinema, in cui l’unico rischio è quello di non averne mai abbastanza. Non ci si annoia un solo secondo, lo vedi tutto d’un fiato e alla fine ne fai parte anche tu, trasportato in un mondo di eccessi, di sballo puro, dove i numeri servono solo per fare soldi, farne tanti, così da comprarsi donne e droga, un circolo vizioso che non sembra potersi fermare mai.
Leonardo Di Caprio si riconferma sul piedistallo degli attori più bravi e azzeccati degli ultimi 10 anni. In questo film ci regala una recitazione superba, magistrale, che solo la direzione di Scorsese forse poteva assicurargli. È a suo agio, non sbaglia un colpo e te lo ritrovi nei panni dell’uomo d’affari, del folle, del dipendente drogato, del marito e dell’amico: sfaccettature di un personaggio che passa dal ruolo drammatico a quello buffo e grottesco con una semplicità e una classe che ti lasciano a bocca aperta. Una nota stonata non la trovi nemmeno a cercarla: tutto il cast sembra cucirsi addosso il film, colonna sonora magnifica, sceneggiatura possente con dialoghi estremi ed esagerati fino all’inverosimile. È un mondo pazzo quello in cui si viene catapultati, in un film che non si prende mai troppo sul serio. L’obiettivo è stato raggiunto: a wall street ci sono stati lupi famelici, che hanno rubato a poveri e ricchi per dare a se stessi. E non solo ci sono riusciti, ma lo hanno fatto divertendosi.. eccome se si sono divertiti!
5 candidature agli oscar 2014: miglior film, miglio regia, miglior attore protagonista, migliore attore non protagonista, miglior sceneggiatura non originale.
Da vedere? Fate un po’ voi!!!!
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venusiau
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martedì 28 gennaio 2014
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rubare ai ricchi per dare a se stessi
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The Wolf of Wall Street è il film di un Martin Scorsese giovane, moderno, al passo con i tempi, che si diverte prima di tutto lui dietro la macchina da presa e il risultato è scontato: tre ore, 180 minuti, di vero cinema, in cui l’unico rischio è quello di non averne mai abbastanza. Non ci si annoia un solo secondo, lo vedi tutto d’un fiato e alla fine ne fai parte anche tu, trasportato in un mondo di eccessi, di sballo puro, dove i numeri servono solo per fare soldi, farne t[+]
The Wolf of Wall Street è il film di un Martin Scorsese giovane, moderno, al passo con i tempi, che si diverte prima di tutto lui dietro la macchina da presa e il risultato è scontato: tre ore, 180 minuti, di vero cinema, in cui l’unico rischio è quello di non averne mai abbastanza. Non ci si annoia un solo secondo, lo vedi tutto d’un fiato e alla fine ne fai parte anche tu, trasportato in un mondo di eccessi, di sballo puro, dove i numeri servono solo per fare soldi, farne tanti, così da comprarsi donne e droga, un circolo vizioso che non sembra potersi fermare mai.
Leonardo Di Caprio si riconferma sul piedistallo degli attori più bravi e azzeccati degli ultimi 10 anni. In questo film ci regala una recitazione superba, magistrale, che solo la direzione di Scorsese forse poteva assicurargli. È a suo agio, non sbaglia un colpo e te lo ritrovi nei panni dell’uomo d’affari, del folle, del dipendente drogato, del marito e dell’amico: sfaccettature di un personaggio che passa dal ruolo drammatico a quello buffo e grottesco con una semplicità e una classe che ti lasciano a bocca aperta. Una nota stonata non la trovi nemmeno a cercarla: tutto il cast sembra cucirsi addosso il film, colonna sonora magnifica, sceneggiatura possente con dialoghi estremi ed esagerati fino all’inverosimile. È un mondo pazzo quello in cui si viene catapultati, in un film che non si prende mai troppo sul serio. L’obiettivo è stato raggiunto: a wall street ci sono stati lupi famelici, che hanno rubato a poveri e ricchi per dare a se stessi. E non solo ci sono riusciti, ma lo hanno fatto divertendosi.. eccome se si sono divertiti!
5 candidature agli oscar 2014: miglior film, miglio regia, miglior attore protagonista, migliore attore non protagonista, miglior sceneggiatura non originale.
Da vedere? Fate un po’ voi!!!!
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massimo x.
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martedì 28 gennaio 2014
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dipende da cosa pretendete da questo film.
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Ho fatto questa premessa nel titolo, perché io sono uscito dal cinema un po' amareggiato, in quanto speravo di vedere una grande interpretazione di Di Caprio e una Trama più piena e meno sempliciotta.
Se siete alla ricerca di un film leggero, che possa incantarvi con il mondo di wall street i suoi eccessi, i suoi sperperi, bhè andatelo a vedere.
Se invece pensate di andare a vedere un filmone, con niente meno che Di Capirio e Scorzese, bhè lasciate perdere, rimarreste molto delusi. Di Caprio e Scorzese possono vantare film di qualità senza dubbio superiore.
Questo non è altro che un filmetto, disimpegnato e che in molte scene rasenta il ridicolo (sembra un film comico).
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Ho fatto questa premessa nel titolo, perché io sono uscito dal cinema un po' amareggiato, in quanto speravo di vedere una grande interpretazione di Di Caprio e una Trama più piena e meno sempliciotta.
Se siete alla ricerca di un film leggero, che possa incantarvi con il mondo di wall street i suoi eccessi, i suoi sperperi, bhè andatelo a vedere.
Se invece pensate di andare a vedere un filmone, con niente meno che Di Capirio e Scorzese, bhè lasciate perdere, rimarreste molto delusi. Di Caprio e Scorzese possono vantare film di qualità senza dubbio superiore.
Questo non è altro che un filmetto, disimpegnato e che in molte scene rasenta il ridicolo (sembra un film comico). E' uno di quei film che ti scivola addosso, come fosse un cinepanettone, dopo 2 settimane dimentichi tutto.
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gatsby97
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martedì 28 gennaio 2014
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verso la fine di una carriera.
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Scorsese-DiCaprio : ci risiamo. Film destinato a divenire cult per l'incredibile parabola ascendentale di Jordan Belfort , noto broker di wall street , accusato di aver rubato milioni di dollari dalle tasche degli americani e averli spesi per il suo divertimento : Niente di più vero !!! Terence Winter ha detto esplicitamente che , quando incontrò Jordan Belfort , gli sembrò una persona come tante e l'ultima cosa che aveva pensato è che a 22 anni avesse rubato 46 milioni di dollari. DiCaprio dà un livello in più al film , forte della sua eccelsa interpretazione che molto probabilmente se la giocherà con Bruce Dern e Matthew McConaughey per l'oscar al miglior attore. L'epicità e l'assurdo vanno a braccetto in questo one man show di cui fa della sceneggiatura e l'interpretazione i suoi punti cardine , passando dai riferimenti che fa Scorsese con la macchina da cinepresa , riportandoci all'anno 1990 in cui uscì l'inizio di una trilogia non dichiarata : The Goodfellas ; si perchè in fondo quell'Harry e questo Jordan ( Ray Liotta e Leonardo DiCaprio ) si conoscono da sempre avendo anche la stessa concezione dei soldi e del lusso.
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Scorsese-DiCaprio : ci risiamo. Film destinato a divenire cult per l'incredibile parabola ascendentale di Jordan Belfort , noto broker di wall street , accusato di aver rubato milioni di dollari dalle tasche degli americani e averli spesi per il suo divertimento : Niente di più vero !!! Terence Winter ha detto esplicitamente che , quando incontrò Jordan Belfort , gli sembrò una persona come tante e l'ultima cosa che aveva pensato è che a 22 anni avesse rubato 46 milioni di dollari. DiCaprio dà un livello in più al film , forte della sua eccelsa interpretazione che molto probabilmente se la giocherà con Bruce Dern e Matthew McConaughey per l'oscar al miglior attore. L'epicità e l'assurdo vanno a braccetto in questo one man show di cui fa della sceneggiatura e l'interpretazione i suoi punti cardine , passando dai riferimenti che fa Scorsese con la macchina da cinepresa , riportandoci all'anno 1990 in cui uscì l'inizio di una trilogia non dichiarata : The Goodfellas ; si perchè in fondo quell'Harry e questo Jordan ( Ray Liotta e Leonardo DiCaprio ) si conoscono da sempre avendo anche la stessa concezione dei soldi e del lusso. The Goodfellas - The Departed - The Wolf Of Wall Street : 3 sceneggiature epiche per 3 film destinati a diventare cult... Il mio voto è 8,5
Correte a vederlo !!!
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