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harroldthebarrel
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venerdì 31 dicembre 2021
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grottesco
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È divertente leggere quante qualità vengono attribuite a questo film. Certo, va riconosciuta la capacità del regista di creare vari livelli di tensione. Il tutto però, all'interno di una trama e di uno sviluppo che definire inverosimile è un complimento. Il tentativo di intrecciare più generi - thriller, racconto psicologico, horror, erotismo - ha un risultato complessivo che probabilmente non è quello voluto dal regista: quello di confezionare un film grottesco.
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paolo salvaro
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martedì 25 giugno 2013
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un ottimo thriller con degli ottimi attori
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Davvero niente male. Il regista coreano di questa pellicola ha avuto le idee ben chiare fin dalle primissime scene della pellicola, dimostrando un buon talento. Questo è il suo primo film in lingua inglese in assoluto e me ne auguro che ne arriveranno altri, ha davvero talento. La trama e la sceneggiatura scorrono apparentemente lisce come l'olio salvo poi interrompersi bruscamente tra saltuari e brevissimi flashback e scene ripetute di scatto. Una combinazione di luci e musiche dolcissime rende il tutto ancora più piacevole, intrigante e misterioso. La scelta di attribuire alla protagonista un comportamento docile e mansueto ed al tempo stesso freddo e distaccato è l'arma vincente di questo film.
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Davvero niente male. Il regista coreano di questa pellicola ha avuto le idee ben chiare fin dalle primissime scene della pellicola, dimostrando un buon talento. Questo è il suo primo film in lingua inglese in assoluto e me ne auguro che ne arriveranno altri, ha davvero talento. La trama e la sceneggiatura scorrono apparentemente lisce come l'olio salvo poi interrompersi bruscamente tra saltuari e brevissimi flashback e scene ripetute di scatto. Una combinazione di luci e musiche dolcissime rende il tutto ancora più piacevole, intrigante e misterioso. La scelta di attribuire alla protagonista un comportamento docile e mansueto ed al tempo stesso freddo e distaccato è l'arma vincente di questo film. Tra l'altro, per quanto io di recitazione capisca più o meno una cippa, mi sento di poter dire che la protagonista interpretata da Mia Wasikowska e sua madre interpretata da Nicole Kidman sono state semplicemente fantastiche, svolgendo un lavoro ammirevole. Leggermente più in affanno mi è invece sembrato il protagonista maschile, ruolo assegnato ad un Matthew Goode rivedibile. Peccato che Colin Firth abbia mollato strada facendo : sarebbe stato un film ancora più epico!
Consigliatissimo agli amanti del genere, Stoker è un film sapientemente diretto che sa come tenere lo spettatore incollato dinanzi allo schermo. Quattro stelle più che meritate.
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storyteller
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sabato 29 giugno 2013
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park in buona forma, ma non basta
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Premetto che amo di tutto cuore la filmografia di Park, e devo dire che a grandi linee questo suo ultimo lavoro mi è piaciuto.
Il vero problema è la sceneggiatura dell'esordiente Wentworth Miller che, diciamocelo, non ha esattamente un curriculum di pregio: ma pazienza, mi sono ragguagliato dopo aver visto il film, perciò sono andato al cinema senza pregiudizi.
In determinate scene il dialogo funziona (o meglio, funzionano le singole frasi), assurgendo a livelli di simbolismo che quasi quasi rimandano a Lynch, ma molto più spesso si tratta di scambi insignificanti, frusti, completamente privi di quella penetrante purezza a cui vorrebbe rifarsi Miller.
Lo sviluppo della vicenda, poi, è troppo "telefonato": non appena la figura dello zio entra in scena, sembra quasi che gli autori ci stiano gridando: "Guardate, ecco il tipo per cui la protagonista si prenderà una cotta e che sconvolgerà la sua vita quotidiana per sempre, segnatevelo, mi raccomando".
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Premetto che amo di tutto cuore la filmografia di Park, e devo dire che a grandi linee questo suo ultimo lavoro mi è piaciuto.
Il vero problema è la sceneggiatura dell'esordiente Wentworth Miller che, diciamocelo, non ha esattamente un curriculum di pregio: ma pazienza, mi sono ragguagliato dopo aver visto il film, perciò sono andato al cinema senza pregiudizi.
In determinate scene il dialogo funziona (o meglio, funzionano le singole frasi), assurgendo a livelli di simbolismo che quasi quasi rimandano a Lynch, ma molto più spesso si tratta di scambi insignificanti, frusti, completamente privi di quella penetrante purezza a cui vorrebbe rifarsi Miller.
Lo sviluppo della vicenda, poi, è troppo "telefonato": non appena la figura dello zio entra in scena, sembra quasi che gli autori ci stiano gridando: "Guardate, ecco il tipo per cui la protagonista si prenderà una cotta e che sconvolgerà la sua vita quotidiana per sempre, segnatevelo, mi raccomando". Non ci sono sottigliezze né ambiguità.
Ma veniamo al punto forte: la regia. Park sa esattamente come produrre meraviglia nello spettatore, e ci riesce senza risultare manierista. La potenza allusiva delle sue immagini, le associazioni mentali che scatena, sono di grande pregio e raffinatezza. E non solo: il regista è capace di "indorare" persino quegli spunti narrativi che altrimenti sarebbero rimasti privi di spessore.
Nella parte finale tutto questo un po' si perde, ma in compenso fa capolino quella violenza allegorica che ormai è il marchio di fabbrica di Park. Il montaggio alternato rappresenta senza dubbio una scelta felice, raro caso in cui la forma si mette a disposizione del contenuto rafforzandone il valore complessivo.
Nota di merito per Mia Wasikowska.
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sara kavafis
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giovedì 12 settembre 2013
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parola chiave " morbosità"
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Mia Wasikowska ( attrice della nuova generazione tra le più promettenti) si trova ad affrontare l'improvvisa ma "non casuale" morte dell'adoratissimo padre racchiudendo in se stessa il dolore, data l'incomunicabilità con la fragile e vulnerabile madre(Nicole Kidman).
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Mia Wasikowska ( attrice della nuova generazione tra le più promettenti) si trova ad affrontare l'improvvisa ma "non casuale" morte dell'adoratissimo padre racchiudendo in se stessa il dolore, data l'incomunicabilità con la fragile e vulnerabile madre(Nicole Kidman). Due mondi le dividono. India (Wasikowska) è una creatura quasi senza tempo: vive in un mondo di solitudine , di rabbia e sessualità repressa crescendo solo " con la lunghezza dei piedi". Evelyn (Kidman) trasuda sensualità , fragilità e voglia di ricominciare. Ad acuire le loro divergenze sarà l'arrivo del fratello del defunto padre di India , fino ad allora sconosciuto. All'arrivo dello zio Charlie , l'equilibrio precario di india e Evelyn comincia a crollare. L'atmosfera è da questo momento piena di tensione e si percepisce un mistero ma il tutto è sommerso dalla troppa morbosità e torbidità dei due protagonisti India e Charlie che si " riconoscono" per le loro rispettive inclinazioni e "percezioni mentali". Il regista ci regala un film con una fotografia molto bella e diafana , portandoci in un luogo " non luogo" quasi senza tempo e irreale e delle sequenze originali ma è la morbosità dei personaggi a vincere sulla trama e a togliere la suspense proprio nei momenti dove invece a mio giudizio doveva essere fondamentale. Peccato perchè già dalla prima bellissima sequenza si percepisce che è un regista che poteva volare in alto a differenza dei tanti uccellini uccisi da India. Resta comunque indimenticabile la scena del duetto al piano di India e Charlie nella quale India prende coscienza della potenziale passionalità del suo corpo, dei sensi , dell'essere donna.
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jacopo b98
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sabato 2 novembre 2013
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wasikowska mostruosa per park chan-wook
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Richard Stoker (Mulroney) muore in un incidente d’auto e lascia una moglie (Kidman) ed una figlia, India (Wasikowska). Per il funerale arriva a casa Stoker il fratello del defunto, Charlie (Goode), che dimostra subito di possedere un grandissimo fascino e, come India, poteri soprannaturali. Un notevole numero di omicidi e violenze porterà a scoprire la verità su Charlie e sulla morte di Richard, introducendo la ragazza al fascino e alla perversione del mondo adulto. Primo film americano per il Park Chan-Wook di Oldboy, scritto da Ted Foulke (pseudonimo di Wentworth Miller), è un film di perversioni e violenze che sfociano nell’abbandono dell’adolescenza in favore dell’età adulta, è un film sulla ricerca di se stessi.
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Richard Stoker (Mulroney) muore in un incidente d’auto e lascia una moglie (Kidman) ed una figlia, India (Wasikowska). Per il funerale arriva a casa Stoker il fratello del defunto, Charlie (Goode), che dimostra subito di possedere un grandissimo fascino e, come India, poteri soprannaturali. Un notevole numero di omicidi e violenze porterà a scoprire la verità su Charlie e sulla morte di Richard, introducendo la ragazza al fascino e alla perversione del mondo adulto. Primo film americano per il Park Chan-Wook di Oldboy, scritto da Ted Foulke (pseudonimo di Wentworth Miller), è un film di perversioni e violenze che sfociano nell’abbandono dell’adolescenza in favore dell’età adulta, è un film sulla ricerca di se stessi. Ma la colpa del parziale fallimento del film è imputabile proprio allo sceneggiatore che deve lottare contro il genio di Park nel mettere in scena e l’attore-sceneggiatore americano non può competere con la scelta perfetta delle inquadrature e tutte le deliziose genialità registiche che riempiono il film, dai piccoli, magnifici dettagli scenografici, ai magnifici costumi, alla ottima fotografia, ecc. Insomma Stoker è un film che combatte tra una discreta sceneggiatura, sempre oscurata dall’infinito talento del suo regista. Tutti gli attori sono grandiosi e spiccano nel cast la giovane (e lanciatissima) Wasikowska e Goode, fascinosissimo e pervertito. Meriterebbero una nomination agli Oscar. Inquietante e violento, il divieto ai minori di 14 anni è giustificato.
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jixeurij
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sabato 28 dicembre 2013
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l'eleganza del male
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Stoker, la nuova pellicola del regista coreano Park Chan-Wook, non delude le aspettative.
Seguiamo le vicende di India, una ragazza isolata che perde il padre inseguito a quello che sembra essere un incidente. In poco tempo lei e sua madre ricevono la visita dello zio Charlie, di cui non hanno mai sentito parlare. Il fascino oscuro dello zio infatua entrambe, ma egli nasconde un segreto.
Questo grande regista, noto per aver diretto la leggendaria "Trilogia della Vendetta" di cui Old Boy è il capolavoro assoluto, colpisce ancora.
Stoker è un film sfuggente e "malato" quasi nel suo significato letterale, che disturba lo spettatore con meccaniche fredde e inusuali per il cinema contemporaneo.
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Stoker, la nuova pellicola del regista coreano Park Chan-Wook, non delude le aspettative.
Seguiamo le vicende di India, una ragazza isolata che perde il padre inseguito a quello che sembra essere un incidente. In poco tempo lei e sua madre ricevono la visita dello zio Charlie, di cui non hanno mai sentito parlare. Il fascino oscuro dello zio infatua entrambe, ma egli nasconde un segreto.
Questo grande regista, noto per aver diretto la leggendaria "Trilogia della Vendetta" di cui Old Boy è il capolavoro assoluto, colpisce ancora.
Stoker è un film sfuggente e "malato" quasi nel suo significato letterale, che disturba lo spettatore con meccaniche fredde e inusuali per il cinema contemporaneo. Fuori dalla sua terra natale, il regista non si lascia andare alle tematiche banali e false di molti film che ogni anno puntualmente arrivano nelle nostre sale, ma crea un gioiello che con la sua potenza narrativa colpisce e stordisce, andando controcorrente, come è di suo solito. I riferimenti al cinema occidentale non mancano, basti notare in quante riprese viene catturato lo sguardo di Charlie, che trasmette la sua pazzia, come decenni or sono Hitchcock fece per il suo grande capolavoro Psycho; o il volto pulito di Mia Wasikowska e la conturbante relazione con suo zio assomigli al "Lolita" di Kubrick.
I personaggi sono uno degli aspetti più importanti.
Se in Old Boy il protagonista, una volta scoperto ciò che ha fatto decide di dimenticare codardamente in Stoker i fatti avvengono in maniera differente.
India è giovane e introversa, ha sempre considerato sè stessa diversa dagli altri a causa della sua caratteristica del "vedere oltre", con l'arrivo dello zio la sua innocenza e il suo lato infantile muoiono, spariscono. Entra nella fase adulta della sua vita, ha una più lucida visione di ciò che le sta intorno, nella scena del cambio delle scarpe.
Che si sia accettata per quella che è, un'assassina? Che davvero lei abbia lo stesso sangue di suo zio?
Il film lascia parzialmente la libertà di pensiero con la scena finale, un capolavoro di regia.
Sangue. Oggetto quasi di desiderio all'interno della pellicola. Si può dire che il regista proponga una sorta di rivisitazione del vampiro moderno, che come cento anni fa spaventava per la sua natura mostruosa fisicamente, ora spaventa psicologicamente. Bram Stoker, l'autore di Dracula, avrebbe scritto una storia simile se fosse nato in questo secolo, e così forse pensa anche Park Chan-Wook.
Il tutto presentato con una fotografia d'eccezione, per sottolineare il lato "elegante" della vicenda, la classe sociale di alto livello.
Il film è una discesa progressiva negli inferi, cupa e allo stesso tempo lucida; tutto avviene sotto gli occhi dello spettatore che si sente attratto come i personaggi e alla fine della visione quasi testimone di ciò che è accaduto.
Avrei dato volentieri 4 stelle e mezzo, sempre per sottolineare quel passo che avrebbe portato la pellicola ad essere al livello del grande capolavoro del regista, che vanta uan potenza narrativa e tragica ancora inarrivabile.
Da vedere assolutamente, una perla, genialità allo stato puro.
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asakusakid
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domenica 7 dicembre 2014
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l'america scopre la sensualità, via india
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Impressioni a pelle: un iniziale senso di non uniformità, intendo dire che avevo echi di occhi a "mandorla" (passatemi l'espressione poco tecnica) durante lo scorrere del film, mi si sovrapponevano ambienti e atmosfere asiatiche a cui sono abituato, collegamenti che mi catapultavano nei vecchi film di Park Chan Wook, ma col passare dei minuti mi sono seduto negli Stati Uniti d'America e ho trovato l'allineamento. Vinto lo scetticismo delle scene iniziali ho avvertito il dissanguamento della neo donna India, la ceramizzazione della madre, la presenza inquietante dello zio e delle varie "comari" che ruotano intorno alla famiglia che hanno la funzione di coro proprio come nell'Opera. Apro solo una parentesi per sottolineare l'Opera di Verdi "Il Trovatore", suonata durante il film e citata dallo zio; proprio come in quell'opera si consumano tragedie familiari per fatalità, e la zingara Azucena trova la sua vendetta compiendo qualcosa di atroce, proprio perchè "qualche volta devi fare cose brutte per impedirti di fare cose peggiori".
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Impressioni a pelle: un iniziale senso di non uniformità, intendo dire che avevo echi di occhi a "mandorla" (passatemi l'espressione poco tecnica) durante lo scorrere del film, mi si sovrapponevano ambienti e atmosfere asiatiche a cui sono abituato, collegamenti che mi catapultavano nei vecchi film di Park Chan Wook, ma col passare dei minuti mi sono seduto negli Stati Uniti d'America e ho trovato l'allineamento. Vinto lo scetticismo delle scene iniziali ho avvertito il dissanguamento della neo donna India, la ceramizzazione della madre, la presenza inquietante dello zio e delle varie "comari" che ruotano intorno alla famiglia che hanno la funzione di coro proprio come nell'Opera. Apro solo una parentesi per sottolineare l'Opera di Verdi "Il Trovatore", suonata durante il film e citata dallo zio; proprio come in quell'opera si consumano tragedie familiari per fatalità, e la zingara Azucena trova la sua vendetta compiendo qualcosa di atroce, proprio perchè "qualche volta devi fare cose brutte per impedirti di fare cose peggiori". I richiami al Dracula di Bram Stoker sono fin troppo chiari già dal titolo che è poi il cognome della famiglia che miete vittime non solo in modo fisico; un vampiro poi cos'è? un essere quasi umano che vive succhiando via la vita altrui, che nell'800, proprio grazie a Stoker, divenne metafora della paura e della crisi che stava attraversando il mondo in quell'epoca. C'è il tema della trasformazione, come quella che avviene nelle persone che vengono morse dal vampiro. Il morso della passione, della scoperta di questa nuova identità, di ciò che prima c'era già ma aspettava di nascere, cambiare colore, il ragno che si arrampica sulla gamba fino ad insediarsi nella nuova casa da far vivere, controllare, comandare. la sensualità apre nuove strade, quelle della scoperta dell'Io. Non più un "Io" frutto della plasmazione, effetto dell'educazione ricevuta in famiglia, sogni mai raggiunti dai genitori, aspettative, direzioni auspicate e inculcate subdolamente, bensì un missaggio delle esperienze infantili e tardo adolescenziali dei vari precettori avuti in cattedra, sangue dello stesso sangue succhiato e trasfuso ad un unica persona che definisce sempre più la sua nuova identità di Vampiro. Porta la cintura del padre, la camicia della madre e le scarpe dello zio. Questa è India, la terra che più facilmente si può raggiungere circumnavigando l'Africa ma che ti porta nelle Americhe. Chan Wook con il suo rigore, raffinatezza, epicità, ti rinchiude nel salotto dove si tiene il pomeridiano concerto di musica da camera, ti passa un velo sugli occhi e improvvisamente sei nei campi dorati, poi verdi, poi bui e chiassosi. Quei capelli che diventato grano, erba, fiori che si tingono di quel sangue che gli dà quel colore che non avevano potuto scegliere, ma nemmeno in questo caso lo hanno scelto, gli è capitato, così come capita a tutti di noi di diventare ciò che ci accade, cioè adulti, liberi. "Diventare adulti è essere liberi". Non mi soffermo mai così tanto a parlare della sceneggiatura, ho questo grosso problema di vedere il cinema come arte del vedere, così per quello che è nato, ma so che oggi giorno è veramente difficile che qualcuno apprezzi un film se non per la storia che racconta. Faccio sempre l'esempio delle barzellette: io sono un pessimo narratore, perciò una stupenda barzelletta va saputa raccontare adeguatamente. conosco persone che rendono meravigliose anche le più insulse battute! Il linguaggio è importante.
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[+] ma via!
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gianleo67
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domenica 26 aprile 2015
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lo zio charlie è tornato!
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Alla morte del padre in uno strano incidente d'auto il giorno del suo 18° compleanno, la bella ed introversa India si vede precipitare in casa l'ambiguo ed affascinante zio Charlie che inizia a flirtare con la madre ed a solleticare in lei gli strani istinti e le misteriose pulsioni
di una inquieta indole adolescenziale. Quando tanto la nonna che la zia spariscono misteriosamente proprio mentre sono sul punto di confessare una indicibile verità che riguarda l'uomo, India viene trascinata in un labirinto di ossessioni e complicità che le faranno scoprire il lato più oscuro ed inespresso della propria natura.
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Alla morte del padre in uno strano incidente d'auto il giorno del suo 18° compleanno, la bella ed introversa India si vede precipitare in casa l'ambiguo ed affascinante zio Charlie che inizia a flirtare con la madre ed a solleticare in lei gli strani istinti e le misteriose pulsioni
di una inquieta indole adolescenziale. Quando tanto la nonna che la zia spariscono misteriosamente proprio mentre sono sul punto di confessare una indicibile verità che riguarda l'uomo, India viene trascinata in un labirinto di ossessioni e complicità che le faranno scoprire il lato più oscuro ed inespresso della propria natura.
Un pò thriller psicologico un pò favola horror, questo dramma familiare a tinte fosche è impregnato dei torbidi sentori di tetri umori domestici finendo per ripercorrere le strade più volte intraprese dal regista coreano (qui in una riuscita trasferta americana) nell'indagare i lati più oscuri e perversi della natura umana a confronto con gli istinti più brutali legati alla sopraffazione dell'altro, alla bieca rivalsa sul tradimento degli affetti più privati e finanche all'affermazione dei codici di uno spietato ordine sociale.
Sulla sceneggiatura scritta dall'attore Wentworth Miller, che dice di essersi ispirato tanto al Dracula di Bram Stoker quanto a 'L'ombra del dubbio' di Alfred Hitchcock, Park Chan-wook contamina il suo stile sospeso tra onirismo e simbolismo, con i capisaldi più classici del thriller hollywoodiano divertendosi ad introdurre i personaggi secondo i ruoli prestabiliti dalla loro funzione nell'economia del racconto (la nipote psicolabile, lo zio psicopatico , la vedova giovane e insoddisfatta, le vittime sacrificali) ma riservandosi di rivelarne istinti e motivazione solo lungo i percorsi paralleli di una storia familiare tenuta al riparo dai facili clichè del genere (la tensione corre sul filo) per farli deflagare nell'assordante silenzio di un finale che affoga nel sangue e nella follia. A tratti irresistibile (virtuoso) negli stacchi del montaggio e nel piano-sequenza , Park Chan-Wook orchestra un thriller hitchockiano a 18 carati facendo competere in bravura i personaggi di due predatori psipocopatici consanguinei (affetti da narcisismo patologico) legati dal 'fil rouge' di un'attrazione malata e morbosa e dalla interminabile scia di sangue di una indicibile e macabra tara familiare. Attento come sempre ai cromatismi cinerei di una storia che si dipana tra gli interni claustrofobici di un'ossessione domestica e gli esterni abbacinanti di un trasognato idillio favolistico, il regista coreano sposta la sua attenzione dalla caratterizzazioni noir dei personaggi tipici del maestro inglese (vedere per credere la melliflua ambiguità dello zio Charlie di Joseph Cotten) al valore simbolico della messa in scena, cui viene spesso demandato il raccordo per una ricerca delle motivazioni psicologiche di personaggi a tratti incomprensibili (dal flashback sul trauma domestico a quello sulle scene di caccia). Frutto più di una consapevole scelta di linguaggio che di un limite nella direzione degli attori, il film di Park Chan-Wook si avvale comunque di un cast di primordine che, a parte la recitazione senza infamia della Kidman (sempre più relegata in ruoli secondari), annovera il fascino ineffabile di un eccellente Matthew Goode ed il talento purissimo di una straordinaria Mia Wasikowska, figli degeneri di una famiglia che li ha al tempo stesso protetti e respinti e che si ritrovano al passaggio di consegne di una maturità che affoga nel bagno di sangue di un gioco al massacro (familiare) e nel battesimo del fuoco di una piena consapevolezza (liberazione) criminale. Attraversato dagli umori misogini di una sessualità malata che non farebbe rimpiangere gli esempi più emblematici del maestro del brivido (finanche l'omaggio di una 'scena della doccia' che rese celebre Janet Leigh) il film si chiude in modo magistrale con il teatro di una scena del crimine che non ci sarà, lungo il percorso di una interminabile scia di sangue che porta dritto dritto nel prato all'inglese di un ordinato giardino degli orrori e nella chiusa ellittica di una follia omicida capace di mutare il candore di un fiore di campo nel rosso screziato di una ineluttabile vocazione di morte. Quanto mai a tema le musiche di Clint Mansell e Philip Glass e l'ipnotismo insinuante della bellissima 'Becomes the color' nella versione di Emily Wells. "A volte devi fare qualcosa di male per impedirti di fare qualcosa di peggio".
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flyanto
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martedì 25 giugno 2013
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il turbamento dato da un penetrante sconvolgimento
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Film in cui si narra di una ragazza di 18 anni che il giorno del suo compleanno rimane orfana del padre a causa di un incidente automobilistico. Da questo momento tutta la sua esistenza, caratterizzata da una profonda complicità col padre, cambierà totalmente a causa anche dell'arrivo nella propria casa di un avvenente giovane zio, fratello del padre defunto e mai conosciuto perchè sempre in viaggio. Questi sconvolgerà non poco, appunto, l'esistenza della ragazza che in un primo momento proverà per lui ostilità ma poi grande fascinazione, e della stessa madre vedova ed apatica (interpretata da Nicole Kidman) sino al raggiungimento di un estremo epilogo.
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Film in cui si narra di una ragazza di 18 anni che il giorno del suo compleanno rimane orfana del padre a causa di un incidente automobilistico. Da questo momento tutta la sua esistenza, caratterizzata da una profonda complicità col padre, cambierà totalmente a causa anche dell'arrivo nella propria casa di un avvenente giovane zio, fratello del padre defunto e mai conosciuto perchè sempre in viaggio. Questi sconvolgerà non poco, appunto, l'esistenza della ragazza che in un primo momento proverà per lui ostilità ma poi grande fascinazione, e della stessa madre vedova ed apatica (interpretata da Nicole Kidman) sino al raggiungimento di un estremo epilogo. Questa pellicola è la prima opera negli States, cioè in lingua inglese e con un cast in lingua inglese, da parte del regista sud-coreano Chan-Wook Park che anche in questo caso si distingue particolarmente per alcune sue scene crude e violente ed altre cariche di ambiguità ed inquietudine, sebbene qui maggiormente patinate. Lo sconvolgimento dell'ancora adolescente protagonista, interpretata da Mia Wasikowska, viene descritto dal regista in maniera molto efficace, in un crescendo di pulsioni e violenza estrema. Se la protagonista Wasikowska interpreta bene il suo ruolo di adolescente inquieta ed ancora innocente, la migliore interpretazione la si riscontra però in Nicole Kidman nel proprio ruolo di madre anaffettiva, algida e indolente. Ed anche Metthiew Goode risulta quanto mai credibile nella sua parte di giovane uomo affascinante, seducente e carico di mistero. L'unica critica quanto mai giustificata ed ovvia da muovere al film è senza dubbio la poca credibilità che assumono certe situazioni ed eventi, qui portati veramente all'estremo, ma quello che Chan-Wook Park voleva rappresentare è più che altro uno stato generale di "sospensione" che alla fine prende una direzione ben precisa.
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giulioct
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mercoledì 3 luglio 2013
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stoker: pulizia e virtuosismi in un film splendido
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Un filosofo a noi caro che prende il nome di Aristotele, la bellezza di 23 secoli fa, disse che quando la narrazione smette di funzionare il risultato è la decadenza. E' possibile sia stato proprio questo elemento ad affondare molti investimenti cinematografici dalla cifra inestimabile, prosciugando il cinema europeo e americano e producendo film aridi che impegnano i loro autori nel triste ruolo di "decoratori" con l'obiettivo di colpire solo l'occhio dello spettatore. Stoker, al contrario, si differenzia dalla massa superando la prova, senza perdere 'occasione di dare maggior credito alla qualità del cinema di matrice asiatica. Chan-wook Park presenta Stoker senza nascondersi dietro banali strategie commerciali, affidandosi ad una sola ed unica qualità che il regista mostra in tutta la sua brillantezza: la creatività e la genialità di un regista che sa cosa sta facendo e ne è convinto.
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Un filosofo a noi caro che prende il nome di Aristotele, la bellezza di 23 secoli fa, disse che quando la narrazione smette di funzionare il risultato è la decadenza. E' possibile sia stato proprio questo elemento ad affondare molti investimenti cinematografici dalla cifra inestimabile, prosciugando il cinema europeo e americano e producendo film aridi che impegnano i loro autori nel triste ruolo di "decoratori" con l'obiettivo di colpire solo l'occhio dello spettatore. Stoker, al contrario, si differenzia dalla massa superando la prova, senza perdere 'occasione di dare maggior credito alla qualità del cinema di matrice asiatica. Chan-wook Park presenta Stoker senza nascondersi dietro banali strategie commerciali, affidandosi ad una sola ed unica qualità che il regista mostra in tutta la sua brillantezza: la creatività e la genialità di un regista che sa cosa sta facendo e ne è convinto. La regia e il montaggio di questo film sono due aspetti così belli e così puliti, che la trama "sempliciotta" del film passa in secondo piano. La bellezza di tutta la pellicola tiene il pubblico alla larga da particolari attese e colpi di scena, sollecitandolo anzi, ad assaporare le immagini del film così "artistiche" e ben studiate che grazie solo ad esse, riescono a narrare la "patologia" di casa Stoker lasciando presupporre tramite il video ciò che le parole non esprimono. Ogni immagine e riflessione di questo film proviene da una grande padronanza della storia da parte del regista, storia che in fondo non è poi così articolata o complessa per essere un film del 2013. Chan-wook Park, dunque, si affida alle sue uniche capacità di regista e anche grazie alla sua formazione di scuola hitchcockiana, ci racconta splendidamente la storia di questa ragazza di nome India che perde un padre premuroso e trova uno zio altrettanto misterioso: passaggio che rimarca il ponte tra l'adolescenza e la maturità della giovane donna. Costretta ad affrontare la ricerca di se stessa, imbattuta in una natura selvaggia ed inquietante, India cresce di continuo nei 100 minuti di film e ne viene fuori chiudendolo con brillantezza ed eleganza. Stoker è una piccola chicca adatta a tutti gli amanti dell'estetica del cinema, che lascia nello spettatore la speranza di assistere a pellicole di questo livello e la testimonianza che l'arte cinematografica ha ancora molto da dire... basterebbe riacquisire forse, la passione di raccontare storie e ricercare il miglior modo per farlo.
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