lydia
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domenica 27 dicembre 2015
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quando il finale è la chiave di tutto
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PREGO CHI NON AVESSE VISTO IL FILM DI NON LEGGERE QUESTO COMMENTO
considerato che non voglio rovinare il piacere a chi deve ancora intraprendere la visione di questo film magistrale, che va ben oltre i tiepidi commenti letti, inclusi, non voglio peccare di presunzione, ma aimè, di quanto letto della critica esperta.
Non mi dilungo in riassunti della trama, certamente coinvolgente (Bale è magnetico come solo lui sa essere), ma vado al punto: quei 10 secondi di visione finale, è proprio il caso di dire visione, quella scena che nessuno sembra aver "visto", apparentemente fuori luogo, pacifica, al riparo fra le mura di casa dopo tanta violenza, il protagonista dimesso, accasciato dopo quel sospiro compensatore, altro non è che la realtà crudele e spietata che riemerge allo spettatore dopo un lungo "viaggio" di vendetta vissuta nell'anima del protagonista, per effetto della droga assunta (quella dose rischiosamente acquistata).
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PREGO CHI NON AVESSE VISTO IL FILM DI NON LEGGERE QUESTO COMMENTO
considerato che non voglio rovinare il piacere a chi deve ancora intraprendere la visione di questo film magistrale, che va ben oltre i tiepidi commenti letti, inclusi, non voglio peccare di presunzione, ma aimè, di quanto letto della critica esperta.
Non mi dilungo in riassunti della trama, certamente coinvolgente (Bale è magnetico come solo lui sa essere), ma vado al punto: quei 10 secondi di visione finale, è proprio il caso di dire visione, quella scena che nessuno sembra aver "visto", apparentemente fuori luogo, pacifica, al riparo fra le mura di casa dopo tanta violenza, il protagonista dimesso, accasciato dopo quel sospiro compensatore, altro non è che la realtà crudele e spietata che riemerge allo spettatore dopo un lungo "viaggio" di vendetta vissuta nell'anima del protagonista, per effetto della droga assunta (quella dose rischiosamente acquistata). E' un film tutt'altro che sterotipato, non c'è eroe, non c'è cattivo punito (che si lascia punire nell'immaginario di Russel), non c'è nessuna vendetta. Lo spettatore cade inevitabilmente nella trappola della commistione della realtà con l'allucinazione.
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dandy
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mercoledì 8 marzo 2017
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purtroppo il deja vu è nell'aria.
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Nonostante una produzione di lusso(niente meno che Ridley Scott e Leonardo DiCaprio)e un cast di prim'ordine(non sfruttato totalmente)l'esordiente regista(anche sceneggiatore)onora tutti gli stereotipi del genere,dalla provincia povera violenta,alla giustizia impotente,alla vendetta come unica soluzione possibile.Tutto già visto parecchie altre volte.Banale l'accostamento simbolico dell'uccisione e macellazione del cervo al pestaggio e all'esecuzione del fratello del protagonista.I personaggi non hanno nulla di memorabile,si comportano come ci si aspetta.
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enricofermi
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mercoledì 10 settembre 2014
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il sogno negato americano
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Non si può definire un thriller l’ultimo intenso lavoro di Scott Cooper laddove il regista usa sapientemente una confezione tutto sommato usuale per raccontarci invero un America di provincia, proletaria, povera e derelitta, senza avvenire, lontana anni luce dalle sfolgoranti luci della Grande Mela o di una qualsiasi Las Vegas hollywoodiana, espressa magistralmente nella fotografia algida, scolorita, costantemente livida di Takayanagi quasi a voler continuamente ricordare allo spettatore quel senso di fine imminente, di inutilità, di morte che corrode, sgretolandoli pian piano, i personaggi del film fino al loro tragico epilogo.
Cooper lavora per dissonanze e similitudini lungo tutto il corso del film, cacofonie ben rimarcate dalle note iniziali dei Pearl Jam (Release) quasi a voler negare ai personaggi una qualunque via d’uscita da una putrida palude di non-vita, come nella pietà del figlio più grande Russell, impersonato da un magistrale Christian Bale, davanti a un padre morente (I am myself, like you somehow).
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Non si può definire un thriller l’ultimo intenso lavoro di Scott Cooper laddove il regista usa sapientemente una confezione tutto sommato usuale per raccontarci invero un America di provincia, proletaria, povera e derelitta, senza avvenire, lontana anni luce dalle sfolgoranti luci della Grande Mela o di una qualsiasi Las Vegas hollywoodiana, espressa magistralmente nella fotografia algida, scolorita, costantemente livida di Takayanagi quasi a voler continuamente ricordare allo spettatore quel senso di fine imminente, di inutilità, di morte che corrode, sgretolandoli pian piano, i personaggi del film fino al loro tragico epilogo.
Cooper lavora per dissonanze e similitudini lungo tutto il corso del film, cacofonie ben rimarcate dalle note iniziali dei Pearl Jam (Release) quasi a voler negare ai personaggi una qualunque via d’uscita da una putrida palude di non-vita, come nella pietà del figlio più grande Russell, impersonato da un magistrale Christian Bale, davanti a un padre morente (I am myself, like you somehow).
Russell, forse l’unico personaggio per così dire vivo e positivo di tutto il film, costretto ad aiutare un fratello più giovane che, alla disperata ricerca di denaro, si infila in un gioco più grande di sé, fino a finire ucciso come un cervo in un bosco da squallidi cacciatori di vite umane, intrisi di violenza gratuita, fine a sé stessa.
Come gratuite sono le loro vite dentro all’apparente quiete dei monti Appalachi dove alla cura dei campi e dei boschi si sostituisce la desolazione delle metamfetamine fumate in pipe di vetro o iniettate negli alluci dentro a squallide baracche in disfacimento.
E’ tutta un’umanità disperata quella di Out of the furnace, titolo originale molto più obiettivo di una brutta traduzione italiana, fuori dalla vecchia fonderia prossima alla chiusura perché in Cina l’acciaio costa meno, fuori da un futuro che un’America a stelle e strisce nega ai propri figli, spedendoli in Iraq a combattere guerre che nessuno di loro ha capito per poi finire a farsi massacrare nella propria terra in combattimenti clandestini a pugni nudi dentro a fabbriche in abbandono lontane da tutto e da tutti.
Neppure la Chiesa sembra potere più nulla, neppure i sermoni calcati e opprimenti di un reverendo che parla ormai solamente a stesso in una chiesetta spoglia e quasi deserta.
Ricorda molto da vicino Winter’s Bone, Un gelido inverno, dove ai monti del Missouri si sostituisce la cintura di ruggine di un decrepito villaggio della Pennsylvania e ad un Russell, unico superstite destinato a ritornare per sempre in un carcere, una Ree adolescente dentro a un ruolo cui i padri hanno per sempre abdicato.
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onufrio
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mercoledì 25 marzo 2015
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il fuoco della fornace
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Russell è un onesto lavoratore presso la fornace del proprio paesino; il fratello, Rodney, va e viene dalle missioni di guerra in Iraq e sembra non avere mai pace, impelagato in debiti di gioco. Per un brutto scherzo del destino Russell una notte uccide con la propria auto delle persone, sconterà i suoi anni di carcere, ma una volta uscito perde l'amore della propria fidanzata Lena, passata tra le braccia del poliziotto Wesley; e come se non bastasse, il fratello adesso si è dato alle lotte clandestine per ripagare i debiti a John (W.Dafoe). Un thriller che cova in silenzio, composto da un cast eccellente e da un finale risolutivo, senza appello.
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elgatoloco
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lunedì 21 settembre 2015
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di rara efficacia
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"Out the Furnace"(che rimanderei, come citazione, alla vicenda biblica di Giuseppe into the furnace, nella fornace)di Scott Cooper è film intelligente, girato con rara competenza tecnica(penso al montaggio alternato lungo nelle sequenze che ci raccontano il protagonista impegnato in una battuta "di caccia"con lo zio e, contemporanemente, del fratello che , con un"compare"che è addetto alla riscossione del premio per il combattimento, si accinge alla lotta mortale con una realtà, quella del"New Jersey", nella e alla quale soccomberà), che ci dà un quadro esistenziale terso, anzi fosco dell'"other side of the USA", dell'altra faccia degli States, quella degli esclusi, degli"sradicati".
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"Out the Furnace"(che rimanderei, come citazione, alla vicenda biblica di Giuseppe into the furnace, nella fornace)di Scott Cooper è film intelligente, girato con rara competenza tecnica(penso al montaggio alternato lungo nelle sequenze che ci raccontano il protagonista impegnato in una battuta "di caccia"con lo zio e, contemporanemente, del fratello che , con un"compare"che è addetto alla riscossione del premio per il combattimento, si accinge alla lotta mortale con una realtà, quella del"New Jersey", nella e alla quale soccomberà), che ci dà un quadro esistenziale terso, anzi fosco dell'"other side of the USA", dell'altra faccia degli States, quella degli esclusi, degli"sradicati". Da leggere in senso esistenziale, certamente(lo attesta, come attore, Sam Shepard, grande drammaturgo, regista e attore da sempre, in un ruolo particolarmente efficace, tra l'altro)ma anche sociale: il capitalismo yankee, tanto osannato anche in molte realtà europee, crea necessariamente tali esclusioni, dove la classe"esclusa", che la si definisca"Lumpenproletariat"("proletariato di stracci ", alla lettera, dove l'espressione rimane di grande pregnanza), "sottoproletariato", "esercito industriale di riserva"(il fratello reduce dall'Iraq , che non vuole"arruolarsi"nella fabbrica in cui lavora il fratello, ma preferisce la"roulette russa"dei combattimenti clandestini, è in questa condizione, precisamente)o altrimenti, rimane tale e , stante lo scarso anelito verso la"carità"e al tempo stesso la scarsa disponibilità a farne uso, negli States e in questa classe sociale, segnalando un vulnus umano e sociale assolutamente cruciale per ogni società, sia essa pre, moderna o post-tale... Interpreti tutti(William Dafoe, Zoe Saldana, ma anche il protagonista)di rara efficacacia. El Gato
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leonka
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giovedì 26 novembre 2015
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crudo e spietato
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Un'ambientazione perfetta, personaggi credibili, un film coinvolgente. Mostra un'America di provincia dove la realtà del lavoro, tra fabbriche che chiudono per la globalizzazione, reduci di guerra che sanno solo fare quello che gli ha insegnato l'esercito e allibratori che ti fanno pure credere di essere tuoi amici, rimane quella dei barman e dela polizia. Forse come realta un pò stereotipata (state attenti CERVELLONI, tra poco sarà così anche da noi) ma comunque cruda ed efficace. Il protagonista, grosso sfigato, a me è rimasto molto simpatico e in definitiva, al contrario di quello che possono pensare tutte le sole del politicamente corretto, fà molto bene ad arrivare dove la legge manca.
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Un'ambientazione perfetta, personaggi credibili, un film coinvolgente. Mostra un'America di provincia dove la realtà del lavoro, tra fabbriche che chiudono per la globalizzazione, reduci di guerra che sanno solo fare quello che gli ha insegnato l'esercito e allibratori che ti fanno pure credere di essere tuoi amici, rimane quella dei barman e dela polizia. Forse come realta un pò stereotipata (state attenti CERVELLONI, tra poco sarà così anche da noi) ma comunque cruda ed efficace. Il protagonista, grosso sfigato, a me è rimasto molto simpatico e in definitiva, al contrario di quello che possono pensare tutte le sole del politicamente corretto, fà molto bene ad arrivare dove la legge manca. Bella colonna sonora.
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jonnylogan
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domenica 19 aprile 2020
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american rural
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A Braddock, in Pennsylvania, una piccola comunità rurale che vive all’ombra di una grande acciaieria, vivono Rodney, militare distaccato in Iraq e con numerosi debiti di gioco, e suo fratello Russell, operaio come il padre e fidanzato con Lena. Tutto pare scorrere normalmente fino a quando Russell non viene incriminato per omicidio stradale.
Due fratelli differenti per trascorsi, l’operaio e mite Russ e il nervoso Rodney, soldato reduce da quattro missioni in Iraq che lo hanno irrimediabilmente segnato, attraversano la piccola comunità di Braddock, uno dei mille paesi lungo le strade degli States dove si vive all’ombra di una sola fonte di sostentamento, l’acciaieria locale, e dove la vita scorre lenta come se si fosse perennemente immersi in un tempo sospeso.
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A Braddock, in Pennsylvania, una piccola comunità rurale che vive all’ombra di una grande acciaieria, vivono Rodney, militare distaccato in Iraq e con numerosi debiti di gioco, e suo fratello Russell, operaio come il padre e fidanzato con Lena. Tutto pare scorrere normalmente fino a quando Russell non viene incriminato per omicidio stradale.
Due fratelli differenti per trascorsi, l’operaio e mite Russ e il nervoso Rodney, soldato reduce da quattro missioni in Iraq che lo hanno irrimediabilmente segnato, attraversano la piccola comunità di Braddock, uno dei mille paesi lungo le strade degli States dove si vive all’ombra di una sola fonte di sostentamento, l’acciaieria locale, e dove la vita scorre lenta come se si fosse perennemente immersi in un tempo sospeso. I fratelli Baze sono le due facce della stessa medaglia al punto che tutto quello che parrebbe immutabile può cambiare da un momento all’altro e alla fine le sorti dell’uno diventano la maledizione dell’altro fino a uscire da quella fornace, traduzione letterale del titolo originale, in cerca di una vendetta che non può di certo pareggiare i conti ma che viene vissuta come liberatoria.
Cast spettacolare per una pellicola colpevolmente passata in sordina nelle nostre sale. Bale, e il minore dei fratelli Affleck, sanno offrire prove di primissimo livello e intensità, capaci di essere espressive anche solo grazie ai loro silenzi, così come Willem Defoe nel ruolo di un allibratore dal cuore troppo tenero e Woody Harrelson in quello di un organizzatore di incontri clandestini di lotta del tutto imprevedibile. Completa il cast il mastodontico Forrest Whitaker, nel ruolo di un poliziotto zelante. Il film fa inevitabilmente correre la memoria a Il cacciatore, di Michael Cimino, causa la locale acciaieria, la passione ancestrale per la caccia agli animali selvatici e quel mondo che ruota intorno a quelle piccole comunità lontane dai centri di potere, ma dove si può respirare la parte più vera del grande mostro a stelle e strisce. La seconda pellicola del regista e attore Scott Cooper, subentrato a Rupert Sanders poco prima dell’inizio delle riprese, non ha assolutamente l’ambizione di riuscire a replicare il successo di quella di Cimino, ma riesce comunque nell’impervio tentativo di trasformarsi in un thriller e in un dramma di grande spessore.
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carloalberto
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domenica 7 febbraio 2021
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nulla di nuovo ma cooper cala il poker
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Il richiamo del sangue e la voglia di vendetta è più forte del desiderio di riscatto sociale e non c’è possibilità di redenzione in una società stratificata dove è facile incontrare le persone sbagliate quando si vive nell’ambiente sbagliato, e per il protagonista, Christian Bale, la storia non cambia.
Il cast è di prim’ordine. Forest Whitaker è il poliziotto onesto, rappresenta l’alternativa possibile ad una vita sbandata, ma appare un po’ sotto tono, forse non si trova a suo agio in un ruolo secondario, abituato oramai a dominare la scena. Willem Dafoe, invece, è sempre incisivo, anche nelle piccole parti.
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Il richiamo del sangue e la voglia di vendetta è più forte del desiderio di riscatto sociale e non c’è possibilità di redenzione in una società stratificata dove è facile incontrare le persone sbagliate quando si vive nell’ambiente sbagliato, e per il protagonista, Christian Bale, la storia non cambia.
Il cast è di prim’ordine. Forest Whitaker è il poliziotto onesto, rappresenta l’alternativa possibile ad una vita sbandata, ma appare un po’ sotto tono, forse non si trova a suo agio in un ruolo secondario, abituato oramai a dominare la scena. Willem Dafoe, invece, è sempre incisivo, anche nelle piccole parti. Woody Harrelson è cattivo e psicopatico come in quasi tutti i film che interpreta, ma la sua recitazione risulta, come al solito, efficace nel personificare il male assoluto.
In questi casi accanto al tema principale, il dramma maggiore, se ne aggiunge un altro minore a rinforzo, e questa volta si è scelto quello della travagliata storia d’amore tra lo sfortunato protagonista, un eroe maledetto contro voglia, e la moglie, che lo ha lasciato per il probo Whitaker. Il che aggiunge il danno alla beffa, perché non solo la società non gli consente di rimediare agli sbagli del passato, ma contro di lui si accanisce pure la mala sorte, con l’incidente d’auto e l’accusa di omicidio colposo, che lo rimanda diritto in carcere, perché non siamo nel belpaese, e dulcis in fundo la moglie lo abbandona poiché è un poco di buono inaffidabile, preferendo il tranquillo, serioso e tutto d’un pezzo sceriffo di colore.
Il soggetto, scritto dallo stesso regista,Scott Cooper, sa di già visto, ripete il vecchio meccanismo alla base di tanti sketch comici della coppia Laurel ed Hardy, tu fai un torto a me ed io per ripicca ne faccio uno a te. La parodia che faceva ridere perché faceva rivivere in modo grottesco il tragico schema della faida, che dai primordi sopravvive a tutt’oggi nelle moderne società di massa, con il trionfo della giustizia fai da te, che tanto piace agli americani e a cui forse inconsciamente aspireremmo un po’ tutti, soltanto avessimo le capacità criminali, la freddezza ed anche il fisico di Bale.
Nulla di nuovo dunque, ma il film è comunque valido, non fosse altro che per il poker di straordinari attori messi in campo da Cooper.
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gianleo67
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domenica 17 agosto 2014
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epopea familiare...a corto di epica
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Mentre il fratello maggiore Russel lavora,come già l'anziano padre ormai malato terminale, nella fonderia che domina il paesaggio industriale di una piccola cittadina della Virginia, il più piccolo Rodney Jr. è un ex marine che trascorre le sue giornate tra la bottiglia e il gioco d'azzardo. Quando quest'ultimo si infila nel pericoloso circuito dei combattimenti clandestini e rimane vittima di uno spietato e brutale ras della malavita locale toccherà al primo imbracciare il fucile e saldare i conti con la giustizia.
Dramma di una provincia metalmeccanica che si muove neanche tanto velatamente sulle tracce di un classico del genere ('Il Cacciatore' - Michael Cimino 1978) e sull'epica nazionalista del trinomio Dio-Patria-Famiglia, il film dell'autoctono Scott Cooper condivide con il primo un cast di all stars che sembra guadagnato più sul campo del successo agli Oscar ed ai Globe del suo primo lavoro ('Crazy Heart' -2009) che su quello di una reale qualità della scrittura cinematografica che segnò invece il definitivo tramonto del sogno americano precipitato nella follia della guerra del Vietnam e con esso il mito indissolubile del regista italo-americano.
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Mentre il fratello maggiore Russel lavora,come già l'anziano padre ormai malato terminale, nella fonderia che domina il paesaggio industriale di una piccola cittadina della Virginia, il più piccolo Rodney Jr. è un ex marine che trascorre le sue giornate tra la bottiglia e il gioco d'azzardo. Quando quest'ultimo si infila nel pericoloso circuito dei combattimenti clandestini e rimane vittima di uno spietato e brutale ras della malavita locale toccherà al primo imbracciare il fucile e saldare i conti con la giustizia.
Dramma di una provincia metalmeccanica che si muove neanche tanto velatamente sulle tracce di un classico del genere ('Il Cacciatore' - Michael Cimino 1978) e sull'epica nazionalista del trinomio Dio-Patria-Famiglia, il film dell'autoctono Scott Cooper condivide con il primo un cast di all stars che sembra guadagnato più sul campo del successo agli Oscar ed ai Globe del suo primo lavoro ('Crazy Heart' -2009) che su quello di una reale qualità della scrittura cinematografica che segnò invece il definitivo tramonto del sogno americano precipitato nella follia della guerra del Vietnam e con esso il mito indissolubile del regista italo-americano. Figlio di un impegno produttivo non indifferente (R.Scott,T.Scott e L.Di Caprio) e di un progetto nato sotto l'egida del cinema finto indipendente made in USA, il film del quarantenne del South-East assomma da un lato tutti gli elementi più consumati del dramma di genere e di una regia classica che procede con rituale linearità verso una costruzione narrativa dove alle consuete premesse segue sempre l'ineluttabile resa dei conti finale e dall'altro manca di un vero spunto tematico o formale in grado di risollevare le sorti di una una produzione che si arena nella consueta e stanca dialettica tra le colpe da espiare e la vendetta da consumare, rendendo il sacrificio finale dell'antieroe di turno (un C.Bale, come molti altri suoi bravi colleghi, adatto allo scopo) la scontata appendice di un mero dovere d'ufficio. Seppure sul piano di una deferenza non dichiarata al modello di riferimento si può parlare di un moderno riadattamento di tematiche forti e sempre attuali (il rapporto uomo-natura, la continuità di una tradizione familiare, l'amore corrisposto, il dovere di patria e di fede, la caduta nell'abisso della disperazione, l'inutile tenativo di riscatto,etc.) questi si livellano sul piano di una prevedibilità narrativa e di una ordinarietà della messa in scena che neppure gli interessanti scarti del montaggio nella parte centrale e l'ottima fotografia riescono più di tanto a risollevare. A dimostrazione che il cinema non è una scienza esatta poi, anche il lavoro sugli attori che riesce a minimizzare il notevole potenziale di interpreti di primordine (eccezzion fatta per il sempre inespressivo Affleck-Rodney Jr.) o a ridicolizzarne alcuni aspetti caratteriali (Woody Harrelson che sembra la brutta copia del sadico criminale di NBK), finendo per subordinare una storia di personaggi e di caratteri alle stringenti maglie di una consuetudine tragica nello stanco dispiegarsi di un'epopea familiare a corto di epica. Bella colonna sonora dei pearl Jam. Presentato in anteprima Festival Internazionale del Film di Roma del 2013, sarà distribuito in Italia a partire dal 27 agosto 2014. Chi può si astenga.
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the thin red line
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martedì 27 gennaio 2015
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la polverosa provincia americana
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Russel è un uomo retto, dedito al lavoro, alla sua famiglia e alla sua fidanzata. La sua non è una vita agiata ma non si lamenta e tira avanti per se' e per il fratello più scapestrato. Una notte però provoca un incidente mortale e viene arrestato; all'uscita dalla prigione i guai continueranno a tormentarlo fino a fargli voltare strada.
Out of the furnace non è un thriller dalla trama sofisticata e ingarbugliata ne un drammone complicato, è un magnifico ritratto della civiltà suburbana dell'America. La cittadina che ospita le vite dei protagonisti è un ambiente squallido e polveroso, sovrastato dalle nuvole di fumo sprigionate dalla sua unica fonte economica (l'acciaieria).
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Russel è un uomo retto, dedito al lavoro, alla sua famiglia e alla sua fidanzata. La sua non è una vita agiata ma non si lamenta e tira avanti per se' e per il fratello più scapestrato. Una notte però provoca un incidente mortale e viene arrestato; all'uscita dalla prigione i guai continueranno a tormentarlo fino a fargli voltare strada.
Out of the furnace non è un thriller dalla trama sofisticata e ingarbugliata ne un drammone complicato, è un magnifico ritratto della civiltà suburbana dell'America. La cittadina che ospita le vite dei protagonisti è un ambiente squallido e polveroso, sovrastato dalle nuvole di fumo sprigionate dalla sua unica fonte economica (l'acciaieria). Un luogo dove si vive di fabbrica, fai da te e combattimenti illegali sanguinolenti. La violenza è onnipresente in questa pellicola di Scott Cooper in ogni fotogramma, ove si crea una cupa atmosfera melodrammatica. Gli abitanti sembrano intrappolati in un posto dimenticato da Dio, accontentandosi di ciò che può offrire loro. Il regista si prende i suoi tempi per venire al dunque dedicandosi nella prima parte del film ad una descrizione accurata dei due fratelli e non si discosta dall'accennare a una tematica spesso ricorrente nel cinema moderno: l'abbandono dei reduci di guerra nella figura del fratello minore abilmente interpretato dal più giovane degli Affleck, tema scottante che anche il cineasta classico Eastwood non sorvola di ricordarci nel suo più recente American Sniper. La presenza di grandi caratteristi come Harrelson, Defoe e Shepard ne arricchiscono la qualità interpretativa distogliendo lo spettatore da una trama piuttosto banale nel suo che ma altrettanto carica di significati. La redenzione del fratello minore (nella scena della lettera lasciata al fratello) coincide con la svolta nella vita dell'altro che, abbandonate le speranze di potersi avvalere della giustizia pubblica, si dedica anima e corpo a quella privata finendo a sua volta in una drammatica escalation di violenza.
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