mikidini
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martedì 25 febbraio 2014
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piccolo gioiello
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Sono andato al cinema non sapendo cosa trovare, ammetto che non conoscevo il regista, ero semplicemente incuriosito dalla locandina e da alcune parole sentite/lette qua e là.
Sono rimasto colpito, una fotografia ineccepibile e una colonna sonora degna di nota. Il film affronta un tema difficile da portare su pellicola, ma attraverso un ottima interpretazione degli attori, riesce a trasmettere la forza del legame tra li padre anziano e un figlio apparentemente anonimo.
Consigliato, ma sicuramente per un pubblico più maturo.
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luanaa
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martedì 18 febbraio 2014
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la mancanza di pietà
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Volevo aggiungere che un malato di alzheimer è spesso oggetto di scherno o di insofferenza. Lo si considera spesso una cosa e per una cosa non si prova pietà. La mancanza di pietà o di riconoscimento per l'altro domina in questo film. Non si riesce a vedere se stessi..figuriamoci un'altra persona.In un desolato quadro di persone vinte..perlopiù anziani persi anche se non chiaramente malati..di giovani sostanzialmente violenti..la pietà vera emerge nel figlio che aiutando il padre riesce a dare anche un senso alla propria vita. Davvero bello.
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luanaa
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martedì 18 febbraio 2014
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desolato
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Payne è davvero un regista molto particolare che non ricerca mai l'effetto e anche quando racconta una realtà squallida, sordida ma anche malinconica e tragica è sempre di misura.. distaccato ma umanamente partecipe e soprattutto con una qualità rara: la naturalezza. La parte finale del film è semplicemente meravigliosa. Il riscatto e la dignità umana sempre esistono nei suoi film; apparterranno a poche persone ed in misura diversa (anche la grezza e petulante moglie si adopera alla fine per difenderlo contro gli avvoltoi ed anche il fratello mostrerà un lato meno anaffettivo).Il viaggio nel suo nuovo truck che vede un bravissimo Bruce Dern si muove tra il capire o non capire..chissà...sicuramente sentirsi per un attimo diverso.
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Payne è davvero un regista molto particolare che non ricerca mai l'effetto e anche quando racconta una realtà squallida, sordida ma anche malinconica e tragica è sempre di misura.. distaccato ma umanamente partecipe e soprattutto con una qualità rara: la naturalezza. La parte finale del film è semplicemente meravigliosa. Il riscatto e la dignità umana sempre esistono nei suoi film; apparterranno a poche persone ed in misura diversa (anche la grezza e petulante moglie si adopera alla fine per difenderlo contro gli avvoltoi ed anche il fratello mostrerà un lato meno anaffettivo).Il viaggio nel suo nuovo truck che vede un bravissimo Bruce Dern si muove tra il capire o non capire..chissà...sicuramente sentirsi per un attimo diverso...ancora uomo. Lo capirà davvero forse solo la sua sensibilissima antica fidanzata di un tempo e il suo altrettanto sensibile figlio. Rimangono a mio parere immagini dolorosissime come Dern che dorme in auto col cappello "di vincitore del premio"...Dern che cammina a fatica col camicione dell'ospedale...un uomo che cerca ancora qualcosa ed è quella di dare ("volevo lasciarvi qualcosa") e non di avere. Rimane l'immagine di un uomo malato ma con un cuore che l'empatia estrema del figlio riuscirà a fare emergere in tutta la sua dolcezza. Amarissimo film ma pieno di vera umanità.
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catcarlo
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martedì 18 febbraio 2014
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nebraska
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In uno splendido bianco e nero (fotografato da Phedon Papamichael, greco dal nome spettacolare, già con il regista per ‘Paradiso amaro’), Alexander Payne firma un piccolo capolavoro da una storia semplice, scritta da Bob Nelson, ma che scava a fondo nei personaggi. I Grant sono un’anziana coppia disfunzionale, in cui lui, Woody, è abbonato alla bottiglia e ha un netto disinteresse nei confronti dei familiari, mentre lei, Kate, pare impegnata in una lamentela infinita. Ci si stupisce che i figli non abbiano troppi problemi, a parte che il più giovane, David, è appena stato mollato dalla fidanzata. Un po’ per distrarsi e un po’ per provare a riavvicinarsi al genitore, David decide di accompagnarlo dal Montana fino in Nebraska sulle orme di una vincita milionaria chiaramente fasulla, ma sulla quale il vecchio si è intestardito.
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In uno splendido bianco e nero (fotografato da Phedon Papamichael, greco dal nome spettacolare, già con il regista per ‘Paradiso amaro’), Alexander Payne firma un piccolo capolavoro da una storia semplice, scritta da Bob Nelson, ma che scava a fondo nei personaggi. I Grant sono un’anziana coppia disfunzionale, in cui lui, Woody, è abbonato alla bottiglia e ha un netto disinteresse nei confronti dei familiari, mentre lei, Kate, pare impegnata in una lamentela infinita. Ci si stupisce che i figli non abbiano troppi problemi, a parte che il più giovane, David, è appena stato mollato dalla fidanzata. Un po’ per distrarsi e un po’ per provare a riavvicinarsi al genitore, David decide di accompagnarlo dal Montana fino in Nebraska sulle orme di una vincita milionaria chiaramente fasulla, ma sulla quale il vecchio si è intestardito. Sulla strada, però, c’è il paesello natio di Woody e Kate, Hawthorne, ed è l’occasione per un ritorno alle origini che coinvolge anche la madre e l’altro fratello, Ross, ma che insegna parecchio a David sui propri genitori. Hawthorne è una specie di buco del culo del mondo, due strade in croce in mezzo al nulla abitate perlopiù da anziani malvissuti (e i giovani sono destinati a seguirne le orme, basti pensare ai cugini Cole e Randy) in una realtà estremamente provinciale che offre poco - forse solo la strada per andarsene - per non dire nulla. La notizia del milione mette in agitazione la piccola comunità che vuole disperatamente crederci malgrado si tratti di una palese patacca. Di conseguenza, vengono rispolverati vecchi rancori e mai sopite rivalità – alla fine personficati in Ed, interpretato da Stacy Keach - attraverso le quali Payne può descrivere una serie di figure disegnate con cura, mettendo in fila una serie di facce una più azzeccata dell’altra. In merito, ci sono almeno due scene memorabili, quella del bancone del bar con tutti gli avventori immobili con il proprio bicchiere e quella in cui i maschi del clan dei Grant guardano la partita dei Chicago Bears in televisione: due piccoli quadri di inquietante gotico americano. In contrasto con gli ambienti, non sempre in perfetta forma, di Hawthorne, ci sono i grandi spazi che circondano la cittadina, il cui fascino magnetico pare venir accentuato dalla mancanza di colore, specie quando i personaggi si muovono sulle strade bianche che collegano le fattorie sparse e che sembrano uguali a cinquanta o cento anni fa. Detto dello splendido contorno, è però ormai ora di parlare degli interpreti principali, dai quali sarebbe stato impossibile pretendere di più. Lo scarmigliato Bruce Dern solo intravisto in ‘Django unchained’ – lunghi capelli bianchi svolazzanti e barba incolta – dà corpo al testardo, fragile Woody con un’andatura strascicata e una voluta sgradevolezza: davvero ottima è l’interazione con Will Forte nella parte di David, con l’attore nato al Saturday Night Live che regge alla grande il faccia a faccia con il vecchio leone e rende in maniera assai sottile l’evoluzione del suo personaggio, l’unico per il quale cambia qualcosa. La vera rivelazione, però, risulta alla fine essere June Squibb che, tutte le volte che è in scena, ruba l’attenzione con il nervosismo di una Kate che, senza peli sulla lingua, sembra voler scaricare nelle parole la durezza di una vita passata al fianco di un uomo che forse non ha mai amato (e viceversa). Trattandosi di un film che lavora sulle psicologie, il passo scelto da Payne è inevitabilmente lento, ma di quella lentezza che aiuta le sensazioni a sedimentarsi nella mente dello spettatore, finendo per non abbandonarlo più: in ogni caso, un tale andamento è lontanissimo dal generare qualsiasi sensazione di noia, anche perché, pur trattandosi di una commedia amara, qua e là ci sono spunti comici costruiti con notevole abilità, come, ad esempio, la ricerca della dentiera di Woody o l’episodio del furto del compressore sbagliato. Il Nebraska è lo stato natale del regista, ma è impossibile sottrarsi alla suggestione di un altro capolavoro intitolato così (e, guarda caso, con uno scatto in bianco e nero in copertina): come il disco di Springsteen è tutto meno che immediato, ma conquista senza lasciare scampo con le sue storie di perdenti, la pellicola di Payne richiede solo un po’ di attenzione per trasformarsi in uno di quei film che è difficile dimenticare.
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no_data
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lunedì 17 febbraio 2014
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ottima fotografia
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Bellissima fotografia di paesaggi e tenero e profondo ritratto di un meraviglioso rapporto padre/figlio
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filippo catani
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domenica 16 febbraio 2014
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un autentico capolavoro
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Un uomo anziano riceve la comunicazione di essere diventato milionario tramite una lotteria. L'uomo dovrà recarsi a Lincoln in Nebraska per ritirare la vincita. Il figlio minore, pur conscio della truffa, decide comunque di esaudire il desiderio del padre e i due avranno modo di intraprendere un viaggio che li porterà fino alla città natale del padre.
Questo film diretto da Payne si iscrive a pieno titolo alla categoria capolavoro. Questo perchè il regista riesce a ritrarre con maestria una storia semplice di un qualsiasi uomo di provincia ormai anziano e malato che decide però di voler vivere il suo ultimo sogno cioè quello di comprarsi un furgone nuovo (pur non potendo più guidare da tempo) e un compressore.
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Un uomo anziano riceve la comunicazione di essere diventato milionario tramite una lotteria. L'uomo dovrà recarsi a Lincoln in Nebraska per ritirare la vincita. Il figlio minore, pur conscio della truffa, decide comunque di esaudire il desiderio del padre e i due avranno modo di intraprendere un viaggio che li porterà fino alla città natale del padre.
Questo film diretto da Payne si iscrive a pieno titolo alla categoria capolavoro. Questo perchè il regista riesce a ritrarre con maestria una storia semplice di un qualsiasi uomo di provincia ormai anziano e malato che decide però di voler vivere il suo ultimo sogno cioè quello di comprarsi un furgone nuovo (pur non potendo più guidare da tempo) e un compressore. Il figlio minore, distrutto dal fatto di essere stato abbandonato dalla sua fidanzata in cerca di matrimonio, decide allora di accompagnare il padre per cercare anche lui di rimettere un po' in ordine la sua vita. Ecco allora entrare in scena un altro personaggio principale: i paesaggi dell'America rurale distanti anni luce dalle affollate metropoli. Quì si passa attraverso grandi distese di campi coltivati, fattorie e bestiame e la vita scorre lenta. Il massimo del divertimento è il football domenicale sul divano e i gossip di paese. Ecco allora che il figlio avrà modo di gettare uno sguardo sulla dura vita del padre tra un'infanzia infelice, i problemi legati all'alcol, il lavoro da meccanico e qualche debito in giro. Su tutto però vigila attenta la mamma del protagonista un'autentica forza della natura bisbetica e pettegola che ha però avuto il grande merito di tenere unita la famiglia e sopportare i vizi e le scappatelle del padre. Alcune delle sue battute sono letteralmente memorabili. Tutto questo è impreziosito dalla scelta del regista di girare in bianco e nero quasi come a sottolineare una sorta di distacco tra il mondo della provincia e il nostro. Film, regia e Dern meriterebbero senza dubbio l'Oscar ma visto che nelle loro categorie il pronostico sembra chiuso, speriamo almeno che l'Accademy voglia premiare almeno la bravissima Squibb.
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astromelia
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domenica 16 febbraio 2014
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strabiliante
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c'è molto più in questo film di quello che si percepisce vedendolo,storia di sentimenti e di vissuto,quando ormai l'uomo non ha più nulla da dimostrare avviandosi alla fine del percorso ma mantenendo dentro se stesso la consapevolezza dei valori della famiglia,bravissimi gli attori menzione per will forte che avrebbe meritato una nomination, bellissima sceneggiatura, l'idea del bianco e nero che a volte annoia qui calza a pennello, bellissimi paesaggi seppur deserti e sconfinati misti a desolati paesetti persi e dimenticati dove oltre ai protagonisti sembra regnare la desolazione come presagio di morte-
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pascalo77
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mercoledì 12 febbraio 2014
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non capisco tutte ste stelle...
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Non capisco tutte ste stelle...film decisamente noioso
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diomede917
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mercoledì 12 febbraio 2014
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maturità in bianco e nero
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Il cinema di Alexander Payne è un lungo viaggio attraverso l'altra America (o sicuramente quella vera) quella non rappresentata da Hollywood.....
I suoi protagonisti sono disillusi, allo sbando, brutti anche da vedere alla ricerca di una vera ragione per vivere il domani.....
Con Nebraska il regista realizza il suo viaggio perfetto, la sua maturità stilistica con una storia perfettamente scritta e raccontata.......e con la ciliegina finale dell'uso del bianco e nero che meglio rappresenta la crepuscolarita' dei suoi personaggi e che fotografa un paesaggio fortemente operaio vittima della crisi economica che ha rubato pure i colori.
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Il cinema di Alexander Payne è un lungo viaggio attraverso l'altra America (o sicuramente quella vera) quella non rappresentata da Hollywood.....
I suoi protagonisti sono disillusi, allo sbando, brutti anche da vedere alla ricerca di una vera ragione per vivere il domani.....
Con Nebraska il regista realizza il suo viaggio perfetto, la sua maturità stilistica con una storia perfettamente scritta e raccontata.......e con la ciliegina finale dell'uso del bianco e nero che meglio rappresenta la crepuscolarita' dei suoi personaggi e che fotografa un paesaggio fortemente operaio vittima della crisi economica che ha rubato pure i colori.
Al centro della storia c'è Woody Grant un anziano disilluso dalla vita, ex(?) alcolizzato che barcolla per la strada alla ricerca del suo miraggio, un ultimo desiderio rappresentato da una presunta vincita di un milione di dollari......la classica esca che usano per vendere abbonamenti a riviste.....
Il figlio minore, anche lui in un limbo esistenziale rappresentato dall'abbandono della propria donna ma sicuramente dal non capire cosa vuole dalla vita, decide di accompagnare in Nebraska il padre.....un modo per conoscere di più un uomo che è un vero mistero affettivo......
In questo viaggio attraverseranno i luoghi dei ricordi e dei rancori mai assopiti......e solo la pia illusione che questo milione di dollari sia reale farà emergere una realtà e una società che ha bisogno di un sogno per poter aggrappare una speranza....
Che essa sia un compressore o attraversare il proprio paese con un fuoristrada nuovo....
Attraverso un alternarsi di momenti divertenti (dai duetti con la moglie logorroica alla presentazione dell'opulenta famiglia) a una certa intensità emotiva come il bellissimo primo piano sullo sguardo di una ex fiamma mai spenta
L'ex idolo Bruce Dern è perfetto nell'incarnare questo personaggio spesso assente nel superfluo ma presente per tirare le giuste stoccate......meritatissimo il premio a Cannes e meritatissima la candidatura agli Oscar (non vorrei essere nei panni dei giurati quest'anno visto che i 5 candidati sono di una bravura eccelsa), ma la sorpresa è Will Forte il figlio che troverà un senso per andare avanti alla fine di questo lungo viaggio.....
Voto 8
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plania
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martedì 11 febbraio 2014
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la noia domina nel deserto americano
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Non capisco i clamori di critica e pubblico per questo film noioso e piatto come la natura nella quale si muovono i protagonisti. Film che vorrebbe essere originale, forse di nicchia, ma che originale non è. A nulla vale per sollevare lo spettatore da una soporifera serata qualche spunto finale. Unica cosa accettabile l'intepretazione di Bruce Dern
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