iris22
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martedì 3 giugno 2014
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l'america dimenticata
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La trama di Nebraska è semplice, monotoni sono i suoi paesaggi e quotidiani i personaggi, tutttavia, Alexander Payne riesce a costruire un racconto amabile e poetico, che ci avvolge e ci diverte, grazie al fascino del bianco e nero, a interpretazioni perfette, ad una sceneggiatura brillante e puntuale. Lieve e lineare, il film affronta temi complessi come la solitudine della vecchiaia, il bisogno di riscatto, la difficoltà di trovare una propria strada e di stabilire un contatto sincero con gli altri, con i propri genitori e lo fa senza didascalismi e retorica, ma con la sincerità della commedia, svelando persone comuni coi loro rimpianti e le loro piccole glorie, i ricordi, le illusioni.
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gianleo67
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lunedì 12 maggio 2014
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nebraska,una storia 'vera'
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Anziano capofamiglia, testardo e alcolista, vuole a tutti i costi raggiungere il Nebraska per riscuotere la somma milionaria che crede di aver vinto leggendo il messaggio pubblicitario di una società inserzionista recapitatogli per posta. Ostacolato dalla moglie,dispotica e insofferente, e dal maggiore dei suoi figli, viene invece aiutato dal più giovane che cerca di assecondare la irriducibile determinazione del genitore ormai vecchio e malato. Percorreranno molte miglia attraverso il cuore di un'America rurale e profonda e le lontane stagioni di una misconosciuta storia familiare fatta di irrisolte recriminazioni affettive e di un mancato riscatto sociale.
Nel rigore asciutto e nitido di uno splendido bianco e nero firmato Phedon Papamichael, Alexander Payne ci conduce attraverso le immense distese del granaio d'America alla ricerca del miraggio, beffardo e ingannevole, di un sogno americano ridotto alla modesta serigrafia di un'inserzione pubblicitaria che viaggia a ritroso dal Montana al Nebraska, lungo statali assolate e cittadine deserte che raccontano le piccole miserie e i conflitti irrisolti di una remota provincia americana dove il tempo sembra essersi fermato e dove, nell'ultima definitiva stagione di bilanci e disillusioni, un vecchio testardo cerca l'ingenuo riscatto ad una vita di amarezze e insoddisfazioni.
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Anziano capofamiglia, testardo e alcolista, vuole a tutti i costi raggiungere il Nebraska per riscuotere la somma milionaria che crede di aver vinto leggendo il messaggio pubblicitario di una società inserzionista recapitatogli per posta. Ostacolato dalla moglie,dispotica e insofferente, e dal maggiore dei suoi figli, viene invece aiutato dal più giovane che cerca di assecondare la irriducibile determinazione del genitore ormai vecchio e malato. Percorreranno molte miglia attraverso il cuore di un'America rurale e profonda e le lontane stagioni di una misconosciuta storia familiare fatta di irrisolte recriminazioni affettive e di un mancato riscatto sociale.
Nel rigore asciutto e nitido di uno splendido bianco e nero firmato Phedon Papamichael, Alexander Payne ci conduce attraverso le immense distese del granaio d'America alla ricerca del miraggio, beffardo e ingannevole, di un sogno americano ridotto alla modesta serigrafia di un'inserzione pubblicitaria che viaggia a ritroso dal Montana al Nebraska, lungo statali assolate e cittadine deserte che raccontano le piccole miserie e i conflitti irrisolti di una remota provincia americana dove il tempo sembra essersi fermato e dove, nell'ultima definitiva stagione di bilanci e disillusioni, un vecchio testardo cerca l'ingenuo riscatto ad una vita di amarezze e insoddisfazioni.
Ritornado sul tema del viaggio e della conoscenza interiore (come nel più leggero Sideways - In viaggio con Jack lungo i misconosciuti percorsi di una california di sorprendenti scoperte enologiche), il regista di Omaha riprende gli spunti più classici del dramma on the road di una maturità artistica che alterna visi e paesaggi di un affresco minimalista dove ciascuno sembra avere un posto preciso (i parenti serpenti, gli amici infingardi, gli amori mancati) e dove gli inganni e le meschinità di una realtà sociale carveriana sono però mitigati dalla commevente semplicità dei valori familiari e dell'amore filiale. Come nell'eroica intrapresa del contadino lynchiano di 'Una storia vera', il viaggio dell'anziano reduce interpretato dalla maschera solcata dal tempo di uno straordinario Bruce Dern, è il percorso a ritroso di un uomo alla ricerca di una smarrita identità sociale e di una irrinunciabile eredità umana da trasmettere ai propri nipoti e, nello stesso tempo la straordinaria scoperta di un rapporto filiale che, sostenendo l'illusione e l'inganno, conferma la qualità dell'uomo e dei suoi valori ('Non vuoi bere una birra con tuo padre?'). Sul difficile crinale di un realismo amaro che alterna il patetico con il poetico, Payne evita le secche del facile sentimentalismo attraverso l'uso di un registro di smaccata ironia e la perfetta direzione di un eccellente cast di interpreti tra cui il giovane e bravo Will Forte e il maturo e navigato Stacy Keach. Miglior interpretazione maschile a Bruce Dern alla 66ª edizione del Festival di Cannes per quello che sembra come uno struggente e definitivo testamento artistico di un grande vecchio del cinema americano.
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cesarcielo
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sabato 10 maggio 2014
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bellissimo
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Un film stupendo...peccato solo per la scelta del regista sul fatto del B/N che secondo me è stata sbagliata,ma x il resto ti lascia dentro emozioni forti.Gli attori protagonisti sono tutti da Oscar e la storia è di una dolcezza infinita.
Se una sera volete sorridere ed emozionarvi questo film è il massimo!
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danielsan_109
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martedì 15 aprile 2014
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nebraska
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ennas
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giovedì 3 aprile 2014
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in viaggio vincitori e vinti
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Un vecchio smilzo cammina barcollando su una strada trafficata e la polizia lo ferma, risponde evasivo alle domande, ha l’aria assente, il passo malfermo, la bianca chioma ispida e svolazzante: è un’immagine eloquente di fragilità senile. Questo è Woody Grant , vecchio alcolista che il figlio più giovane David, preleva al posto di polizia per riportarlo a casa.
Già davanti alla soglia, una donna anziana, la moglie, lo sommerge di improperi con tono esasperato: si coglie una lunga rabbia impotente colorata di sguaiataggine.
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Un vecchio smilzo cammina barcollando su una strada trafficata e la polizia lo ferma, risponde evasivo alle domande, ha l’aria assente, il passo malfermo, la bianca chioma ispida e svolazzante: è un’immagine eloquente di fragilità senile. Questo è Woody Grant , vecchio alcolista che il figlio più giovane David, preleva al posto di polizia per riportarlo a casa.
Già davanti alla soglia, una donna anziana, la moglie, lo sommerge di improperi con tono esasperato: si coglie una lunga rabbia impotente colorata di sguaiataggine. Già questi tre personaggi del film sono notevoli: Woody ( il bravissimo Bruce Dern) marito e padre problematico, David (un dolce Will Forte )secondo figlio della coppia, “l’anima bella “ di questa storia, la linguacciuta moglie Kate ( fantastica l’attrice June Squibb) , tre profili di grande regia e interpretazione. Filo conduttore della vicenda, l’idea fissa di Woody di aver vinto un milione di dollari, vincita annunciata da una lettera di pubblicità fraudolenta : lui vuole andare a ritirare questo premio a Lincoln, nel Nebraska, a 800 miglia da casa e con questo obiettivo si era più volte incamminato a piedi verso la meta.
Il figlio David, contrariamente alla madre e al fratello, decide di assecondarlo e lo accompagna in auto verso la sua ipotetica riscossione. Su questa idea di base , la mania di Woody e il viaggio che ne consegue, il regista innesta abilmente vari temi : la vecchiaia con le sue perdite, il rapporto padre e figlio, l’estrazione sociale, le scelte e le casualità della vita, il culto del denaro con i suoi mostri e i suoi miti.
Il film mette a fuoco una costellazione famigliare ed anche una piccola comunità, fratelli, vecchi amici di Woody che insieme a David, ritrova durante una sosta forzosa del suo viaggio.
La regia mette criticamente in risalto senza sconti la meschinità dei personaggi, l’emarginazione sociale e l’avidità diffusa ma li ritrae anche con sapienti dosi di umorismo, di tenerezza senza sfiorare troppo il patetico. La mano delicata del regista continua fino alla fine del viaggio,
dopo che Woody ha toccato con mano la sua sconfitta ma ha anche “incassato” insieme al figlio,
“gettoni” più vitali per l’intera famiglia. Travolgente poi , la scena di Woody dall’alto della guida del lucido furgone, nelle strade della “sua” cittadina, per la meraviglia dei suoi amici e parenti. Rivalsa plateale, (ordina al figlio di sparire dalla visuale) la riscossa di moderno cavaliere solitario che imita con orgoglio quel perfetto stile dell’apparire tanto in voga.
Applausi calorosi alla scelta di un bianco e nero nitidissimo, quasi argenteo: ricorda le vecchie immagini in bianco e nero degli archivi fotografici più famosi. Smagliante fotografia e altrettanto dicasi della musica che accompagna con intensità l’intero film.
Un po’ lungo nell’insieme ma un ottimo film , da vedere.
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paride86
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mercoledì 5 marzo 2014
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molto bello
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Storia di un anziano convinto di aver vinto alla lotteria.
Con qualche debito verso "Una storia vera" di David Lynch, "Nebraska" è un film intelligente e divertente e offre un originale spaccato degli Stati Uniti.
Non ho condiviso la scelta del bianco e nero: penalizza parecchio gli splendidi paesaggi e non c'entra niente con la storia che viene raccontata.
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rosye
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sabato 1 marzo 2014
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buono ma pesante
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Sinceramente non ho apprezzato la ininterrotta colonna sonora di fondo;forse una scelta per addolcire la grEvità della storia, rendendola così una ballata agrodoce sulla Comedie Humaine.In compenso la fotografia è incredibile e parla da sola ma anch'essa però senza affondare sino in fondo il coltello nella piaga. Un film molto letterario a mio parere che segue i ritmi naturali di una storia di vita comune senza orpelli di sorta e proprio questo lo rende un po'pesante. Le contraddizioni umane sono psicologicamente ben descritte...gli affetti e odi mai esagerati. La giusta pietas e partecipazione al dolore che un figlio esprime verso il padre ed un padre che capta e risponde malgrado la malattia.
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Sinceramente non ho apprezzato la ininterrotta colonna sonora di fondo;forse una scelta per addolcire la grEvità della storia, rendendola così una ballata agrodoce sulla Comedie Humaine.In compenso la fotografia è incredibile e parla da sola ma anch'essa però senza affondare sino in fondo il coltello nella piaga. Un film molto letterario a mio parere che segue i ritmi naturali di una storia di vita comune senza orpelli di sorta e proprio questo lo rende un po'pesante. Le contraddizioni umane sono psicologicamente ben descritte...gli affetti e odi mai esagerati. La giusta pietas e partecipazione al dolore che un figlio esprime verso il padre ed un padre che capta e risponde malgrado la malattia.Bruce Dern bravissimo.
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ilaria pasqua
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venerdì 28 febbraio 2014
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malinconico
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Il vecchio Woody Grant ha una sola certezza: quella di aver vinto un millione di dollari alla lotteria. Peccato non sia vero. Non ha però nessuna intenzione di sentire ragioni, non c'è persona che riesca a convincerlo del contrario, e così finirà per trascinare la sua famiglia, ma principalmente suo figlio David, in un viaggio, meta ultima: Lincoln in Nebraska, con lo scopo di ritirare la vincita di quello che è solo un volantino pubblicitario. Il viaggio sarà l'occasione per passare del tempo insieme, e nonostante tutto torneranno indietro più ricchi di quando sono partiti.
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Il vecchio Woody Grant ha una sola certezza: quella di aver vinto un millione di dollari alla lotteria. Peccato non sia vero. Non ha però nessuna intenzione di sentire ragioni, non c'è persona che riesca a convincerlo del contrario, e così finirà per trascinare la sua famiglia, ma principalmente suo figlio David, in un viaggio, meta ultima: Lincoln in Nebraska, con lo scopo di ritirare la vincita di quello che è solo un volantino pubblicitario. Il viaggio sarà l'occasione per passare del tempo insieme, e nonostante tutto torneranno indietro più ricchi di quando sono partiti.
Nebraska è stato una visione molto dolce. Un piccolo road movie di grande semplicità e allo stesso tempo di profondità che mi ha commossa in più punti.
Con quel magnifico, evocativo, ma soprattutto malinconico bianco e nero, seguiamo il percorso del vecchio Woody, spesso interrotto nella cittadina in cui è vissuto. Tanti gli incontri, altrettanti i ricordi che verranno alla luce e che faranno conoscere a suo figlio David qualcosa di più su suo padre. Si rivelerà un vero e proprio viaggio verso le radici di un uomo alla fine della sua vita.
David è quel figlio che da piccolo era bellissimo ma che da adulto è solo e immobile, passa le sue giornate lavorando in un negozio di elettrodomestici perché non ci sono alternative e correndo continuamente, quando la madre lo chiama esasperata, da quel vecchio scorbutico che continua a sparire di casa. Woody verrà raccolto più volte dalla strada durante i suoi tentativi di raggiungere il Nebraska, e il figlio non potrà far altro che accontentarlo, anche solo per dare al padre, spento e confuso, un po' di gioia, un pizzico di serenità.
David è il figlio ideale, profondamente sensibile, affettuoso. Attraverso i suoi occhi sinceri osserviamo quell'uomo ormai anziano che si ostina a stare in piedi, ma che crolla il più delle volte, intrappolato da una vita carica di rimpanti che cerca di colmare bevendo, lo fa da sempre. È questo che scoprirà David lungo il cammino. Attraverso gli abitanti della vecchia città natale, amici di un tempo, capirà la profonda sofferenza di suo padre che crede di non aver fatto nulla nella vita per essere ricordato. È questo il motivo che lo spinge verso il Nebraska. Vuole prendere i soldi per lasciarli ai suoi figli, vuole fare qualcosa per loro, vuole che lo ricordino. Ma Woody ha lasciato qualcosa di meglio al mondo: David, eredità molto più preziosa del denaro.
Nella città natale, dove si fermeranno più a lungo di quanto sia in realtà necessario, Woody verrà acclamato come un eroe, poi, in un secondo momento, verrà circondato dai vecchi amici e parenti che desiderano riscattare passati debiti lasciati da lui in anni ormai troppo distanti, lungo quella vita confusa. Che siano personaggi positivi o negativi, sono tutte persone vere con cui è facile empatizzare. Ma a me resterà nel cuore lo sguardo di Woody, interpretato da uno stupendo Bruce Dern, di fronte all'applauso in un locale di quella città, una sorta di piccolo riscatto, solo un momento per tornare a sorridere, e non sentirsi più nessuno, ma forse finalmente qualcuno. E quel bacio della moglie Kate, che all'inizio appariva solo cattiva, brusca, odiosa, persino stupida, l'essenza del vero amore.
David tornerà un figlio che vede suo padre dal basso, che lo scopre come si fa da bambini mentre ancora si sta crescendo. Recuperando all'ultimo un rapporto compromesso, la dimensione di padre e figlio. Woody riacquisterà invece un po' di dignità.
In fondo cosa vuole per sè? Solo guidare un pick-up per gli ultimi chilometri che gli restano, salutando dal finestrino la sua vita.
Recensione pubblicata originariamente su: www.ilariapasqua.net
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omero sala
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venerdì 28 febbraio 2014
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eredità d'affetti
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Woody Grant (Bruce Dern) è un vecchio incazzoso che cova rancori con l’universo, forse per la semplice ragione, comune a molti anziani, di vedersi scivolare via nella monotonia quotidiana una vita inconcludente. Per sopravvivere a questa esiziale inquietudine si aggrappa alla speranza di riscatto fornita da un dépliant pubblicitario che gli annuncia la vincita di un milione di dollari. Tutti tentano di spiegargli che la vincita è subordinata all’estrazione a sorte fra sottoscrittori di un abbonamento ad alcune riviste, ma il vecchio testardo si incaponisce, non cede e tenta in tutti i modi, anche a piedi, di mettersi in strada per andare a reclamare il suo premio nel Nebraska, a Lincoln (che – ho controllato su Google maps – dista 871 miglia, pari a quasi 1.
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Woody Grant (Bruce Dern) è un vecchio incazzoso che cova rancori con l’universo, forse per la semplice ragione, comune a molti anziani, di vedersi scivolare via nella monotonia quotidiana una vita inconcludente. Per sopravvivere a questa esiziale inquietudine si aggrappa alla speranza di riscatto fornita da un dépliant pubblicitario che gli annuncia la vincita di un milione di dollari. Tutti tentano di spiegargli che la vincita è subordinata all’estrazione a sorte fra sottoscrittori di un abbonamento ad alcune riviste, ma il vecchio testardo si incaponisce, non cede e tenta in tutti i modi, anche a piedi, di mettersi in strada per andare a reclamare il suo premio nel Nebraska, a Lincoln (che – ho controllato su Google maps – dista 871 miglia, pari a quasi 1.440 chilometri da Billings nel Montana, dove vive).
Dopo aver provato inutilmente a farlo ragionare, David (Will Forte), uno dei suoi due figli, si rassegna ad accompagnarlo, coinvolgendo poi inevitabilmente anche la madre Kate (June Squibb) e l’altro fratello, Ross (Bob Odenkirk).
Il quartetto, lontano dai luoghi abituali, costretto a misurarsi in situazioni anomale, è indotto ad abbandonare l’ipocrisia di rapporti convenzionali e mettere a nudo la sostanza delle relazioni. Nello “svelamento” si accendono accuse incrociate e vengono esplicitati rancori covati a lungo nel silenzio, ma emergono anche solidarietà inimmaginabili e si scoprono legami di affetto mal riconosciuti e mai dichiarati.
In questa breve odissea, tutti e quattro i membri della scombinata famiglia trovano l’occasione per rivisitare con confuse nostalgie i luoghi di origine (Hawthorne) e ritrovare persone dimenticate, ma imparano anche a conoscersi e riconoscersi per recuperare un rapporto che aveva perso senso e sostanza con l’accumularsi di mille piccole incomprensioni, di futili ostilità e di astiose recriminazioni. Sotto i risentimenti affiorano affettuosità mai espresse e i rapporti si rivelano più saldi e tenaci di quanto poteva apparire.
Scopriamo che David, disposto ad assecondare il vecchio per evitare il fastidio di doversi scontrare con la sua senile cocciutaggine, è tormentato da sensi di colpa; e riscoprendo un padre non conosciuto (con sogni delusi, desideri insoddisfatti, amori dissolti) cerca un’occasione nuova per ristabilire e riparare un rapporto malformato; e sente riaffiorare dentro, sotto i risentimenti antichi, un affetto filale che non si lascia smontare dalla sconcertante durezza del vecchio, sempre burbero e intrattabile. (Paradigmatica la scena dell’attraversamento del paese, col padre alla guida del desideratissimo furgone e lui accucciato, come un bambino, che contempla dal basso la sfilata trionfale del vecchio).
Anche Ross, il fratello maggiore, anchorman di una certa notorietà, che disapprova l’arrendevolezza del fratello e detesta l’alcolismo del padre, scopre in questi frangenti complicità dimenticate e imprevedibili. (Esilarante la scena del furto del compressore).
E Kate, la moglie insolente e lucidissima, spietata nel tratteggiare gli squilibri di tutti, diventa il fulcro della solidarietà ritrovata. (Indimenticabile la corrosività dei suoi apprezzamenti e la determinazione con cui prende le difese del suo malsopportato “consorte”).
Insieme affrontano gli avidi parenti e si prendono delle piccole rivincite sugli ex-soci; insieme prendono atto della vacuità della promessa; insieme tornano a casa, alla vita di sempre.
L’avventura è una parentesi che sicuramente non muterà le dinamiche dei loro rapporti e non cambierà di una virgola le loro abitudini; ma sarà servita a restituire loro la consapevolezza di sentimenti inespressi e ridare senso ad affetti disorientati.
Perfino il coriaceo Woody, alla fine, pur con mille pudori e reticenze, si ritrova “parlante” e confessa che il milione lo pretendeva solo per lasciare qualcosa ai figli, per risarcirli di un affetto laconico, per offrire loro ragioni per ricordarlo per qualcosa di buono. (Viene in mente Foscolo: “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna”…).
Ma se il suo sogno (molto “americano”) si rivela carta da macero e le grandi speranze si rivelano inutili, i figli non lo dimenticheranno. Il viaggio nel Nebraska ha restituito un equilibrio nuovo ai loro piccoli sfrangiati affetti familiari. Questo basterà a sopravvivere nell’aridità dei giorni a venire.
La fotografia in bianco e nero ci offre l’essenzialità arida dei paesaggi e dei caratteri, la desolazione delle periferie rurali e dell’emarginazione di chi le abita, la crudezza degli spazi infiniti e dell’incomunicabilità, la sorda indifferenza di una società nella cui deriva sono trascinati i nostri poveri eroi, disillusi e stanchi.
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alessandro rega
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mercoledì 26 febbraio 2014
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il cinema non è ancora morto.
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Un film che diventa via via più lento verso la meta, un film non privo di difetti e certamente sarebbe stato da rifinire.
Ma non è vero che si tratta di un film banale, facilone né che vuole colpire usando stereotipi vari per farsi piacere.
Non è un film fatto per farsi piacere, bensì è un’opera che analizza, esamina ed evidenzia alcune cose.
E’ un’opera malinconica, con musiche bellissime ed una fotografia stupenda.
Il bianco e nero è sublime ed è inserito in maniera perfetta.
Sembrava sì, può sembrare, qualcosa di banale e vanitoso, ma in realtà si tratta di un’opera intelligente ed intraprendente.
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Un film che diventa via via più lento verso la meta, un film non privo di difetti e certamente sarebbe stato da rifinire.
Ma non è vero che si tratta di un film banale, facilone né che vuole colpire usando stereotipi vari per farsi piacere.
Non è un film fatto per farsi piacere, bensì è un’opera che analizza, esamina ed evidenzia alcune cose.
E’ un’opera malinconica, con musiche bellissime ed una fotografia stupenda.
Il bianco e nero è sublime ed è inserito in maniera perfetta.
Sembrava sì, può sembrare, qualcosa di banale e vanitoso, ma in realtà si tratta di un’opera intelligente ed intraprendente.
Pareva essere un lungometraggio che voleva raccontare la storia di un uomo anziano affetto da demenza senile o che voleva raccontare di un viaggio psicologico che combaciava con quello on the road che vive il protagonista, insieme a suo figlio, della vicenda (tipo una storia vera, per intenderci) o che volesse analizzare il rapporto genitore-figlio, ma non è questo. O meglio, non è solo questo !
Esso è invero un film che osserva ed approfondisce, ed è emozionante, in ogni sua parte, con ogni personaggio caratterizzato benissimo, con una sua propria storia ed un proprio carattere; ma vengono beffati, presi in giro e criticati tutti: sotto questo senso, è un film anche ironico, poiché quei personaggi sono simbolici e rappresentano l’umanità in generale, aldilà del contesto economico e sociale che, comunque, è anch’esso analizzato.
Ho letto alcune critiche non troppo positive su questo film che sì, difetti ne ha, per carità. Però, poi penso alla lacrima che mi è uscita nella scena fuori dal bar, appena dopo che il figlio del vecchietto ha colpito in faccia quel bastardo che voleva i soldi da lui; così mi convinco, nonostante penso che il cinema sia in decadenza e nonostante in molti non mi credano, che il cinema non è ancora morto. Fxxxxxo le critiche, dunque. Bruce Dern, inserito in tutto il contesto dell’opera mi ha strappato una lacrima, non per forza ricercata…perché è un film che non pretende affatto, emoziona e basta. Il cinema non è ancora morto, seppure questo non sia un capolavoro.
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