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Cinema americano scatenato

Perché con Django Unchained è in gioco un'idea di cultura.
di Roy Menarini

In foto Jamie Foxx e Franco Nero in una scena di Django Unchained.
Jamie Foxx (Eric Morlon Bishop) (57 anni) 13 dicembre 1967, Terrell (Texas - USA) - Sagittario. Interpreta Django nel film di Quentin Tarantino Django Unchained.

domenica 20 gennaio 2013 - Approfondimenti

Si rimane sorpresi che ancora, dopo tanti anni di cinema tarantiniano, ci si divida ancora tra coloro che considerano il regista statunitense come un manipolatore di citazioni, e chi individua nei suoi film una via geniale e formidabile al racconto cinematografico contemporaneo. Django Unchained, indipendentemente dal fatto che possa essere considerato meno "compiuto" di Bastardi senza gloria (apice totalizzante della carriera di Tarantino), prosegue senza mollare un centimetro la vera battaglia di questo cineasta.
Essendo provocatorio, e dunque escludendo ogni rinuncia a due degli aspetti più indigesti per i tradizionalisti (la dimensione infantile e la sfrontatezza), Tarantino non ha alcuna intenzione, nemmeno in Django Unchained, di "crescere", o maturare, o realizzare i film che gli vorrebbero veder fare i contenutisti a oltranza. E questo perché, una volta per tutte, il cinema di genere per lui è una cosa seria. Questo aspetto, che sembra paradossalmente incompreso, sembra instaurare - per la sua onestà e la sua flagranza - un rapporto diretto, immediato e fideistico con il pubblico, che ne riconosce e ne tocca con mano una passione impossibile da ignorare, e da cui si sente implicato, e premiato. D'altra parte - specie con gli ultimi due film - egli mostra che un cinema ludico e divertente non è per forza un cinema fatto di minuzie fini a se stesse.
L'idea di Tarantino è che davvero non ci siano motivi esteticamente sostenibili o criteri minimamente fondati per i quali alcune forme cinematografiche sarebbero più nobili di altre nel toccare argomenti importanti e sensibili. Per esempio, non vengono alla mente opere cinematografiche recenti in grado di esemplificare così crudamente il significato del razzismo nella storia americana tanto quanto Django Unchained, escluso forse Venere nera di Kechiche, film diametralmente opposto cui pure in certi momenti la pellicola di Tarantino sembra somigliare. Ovviamente, Django Unchained non è per tutti i gusti, così come non era per tutti i gusti che si potesse raccontare, in Bastardi senza gloria, di ebrei vendicativi che fanno lo scalpo ai nazisti e uccidono Hitler. Il fatto è che per Tarantino mettere in gioco gli orrori della storia non richiede alcuna morigeratezza e nessun sacrificio dello spettacolo. Anzi, per la sua poetica, bisogna chiedere al cinema più brutale e sfacciato l'energia necessaria a trasportare il suo spettatore nel cuore nero della visione e della realtà. Il western all'italiana, il cinema di genere, la cultura popolare black sono semplicemente i mezzi più adatti a ricostruire da capo il grande cinema americano. Sì, perché di questo si tratta, in mezzo alla dicotomia tra Blockbuster e film "da Oscar": generare nuovi archetipi e affrontare a viso aperto le sfide dell'identità nazionale.
Può Django Unchained essere al tempo stesso un monumentale divertimento e una spietata condanna dell'America bianca e razzista? Sì, può.

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