|
|
andrej
|
domenica 18 giugno 2017
|
un labirinto di enigmi senza risposta
|
|
|
|
Premesso che non ho alcun pregiudizio nei confronti di film anche lentissimi ma ben fatti, devo dire che questa pellicola non mi e' piaciuta per niente, non tanto per la sua snervante lentezza (in parte compensata da una certa suspense e da atmosfere e musiche ansiogene e angosciose), quanto perche' ha difetti ben piu' gravi della lentezza, essendo scontata fin dall'inizio nel suo sviluppo principale ma al tempo stesso confusa, aggrovigliata, totalmente improbabile e sostanzialmente incomprensibile in molti altri suoi aspetti e momenti anche importanti (inclusa la conclusione). Un film non deve essere un rebus insolubile. Questo film invece, in vari suoi snodi lo e'. Significativo a questo riguardo il fatto che su molte scene e situazioni (i ragni, l’incidente stradale, il finale stesso) vi siano interpretazioni diversissime da parte degli stessi critici di professione.
[+]
Premesso che non ho alcun pregiudizio nei confronti di film anche lentissimi ma ben fatti, devo dire che questa pellicola non mi e' piaciuta per niente, non tanto per la sua snervante lentezza (in parte compensata da una certa suspense e da atmosfere e musiche ansiogene e angosciose), quanto perche' ha difetti ben piu' gravi della lentezza, essendo scontata fin dall'inizio nel suo sviluppo principale ma al tempo stesso confusa, aggrovigliata, totalmente improbabile e sostanzialmente incomprensibile in molti altri suoi aspetti e momenti anche importanti (inclusa la conclusione). Un film non deve essere un rebus insolubile. Questo film invece, in vari suoi snodi lo e'. Significativo a questo riguardo il fatto che su molte scene e situazioni (i ragni, l’incidente stradale, il finale stesso) vi siano interpretazioni diversissime da parte degli stessi critici di professione. Questo per me e’ un grave difetto, perche’ se da un lato non e’ detto che un film debba spiegare tutto e accompagnare lo spettatore lungo il proprio intero sviluppo “mano nella mano”, come se fosse un infante, e’ pero’ certo che un eccesso di oscurita’ sancisce comunque un fastidioso e palese fallimento a livello comunicativo. La regia e’ ambiziosa ma impari al proprio compito; ancor piu’ ambiziosi ma pessimi, a mio avviso, sceneggiatura e montaggio, principali responsabili del labirinto di inutili enigmi in cui la pellicola e l’incolpevole spettatore finiscono per smarrirsi; autorali, compiaciute ma velleitarie la colonna sonora e la fotografia: la prima e’ volutamente sgradevole, ansiogena, ma da sola non riesce a sostenere, in mancanza di altro, la tensione che sicuramente contribuisce a creare; la seconda, caratterizzata da un monocromatismo color seppia e da ossessive riprese di panorami urbani di casermoni di cemento senza grazia ne’ bellezza, soffocati da una malsana foschia, crea anch’essa un certo innegabile disagio, ma finisce per cadere nell’autocompiacimento di un calligrafismo di segno rovesciato e spiacevole (mai vista una Toronto cosi’ brutta e repulsiva). Narcisistico e autocompiaciuto oltre ogni ragionevole limite, questo film e' come un malsano monumento eretto dal regista in onore del proprio smisurato ego. Purtroppo pero' rischia di essere anche un inutile supplizio per lo spettatore. La bellezza angelica, sovrumana e abbagliante dell'attrice Sarah Gadon (Helen, moglie di Anthony) e' il solo vero e innegabile pregio che ho potuto trovare in questa pellicola, per il resto altamente sconsigliata.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a andrej »
[ - ] lascia un commento a andrej »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
gianleo67
|
martedì 15 settembre 2015
|
essere...jake gyllenhaal!
|
|
|
|
Insegnate di storia depresso e abitudinario, scopre l'esistenza di un suo clone che fa l'attore e che vive tranquillamente con la moglie incinta nella sua stessa città. Incuriosito dai motivi di questa incredibile ed assoluta somiglianza, inizia a pedinarlo ed osservarlo, finchè non decide di incontrarlo direttamente. La scelta si rivelerà piena di imprevisti e di ferali conseguenze. Finale tragico.
Dal soggetto non originale del controverso romanzo 'L'uomo duplicato' del premio nobel Josè Saramago, il canadese Denis Villeneuve trae spunto per una incursione nei territori inesplorati di una dimensione sospesa tra realtà e fantasia, addentrandosi nell'universo misterioso e imprevedibile che governa i meccanismi della creazione letteraria laddove si cerca di insinuare il sospetto che non già l'autore, ma gli stessi personaggi, possano prendere coscienza della loro natura artificiosa e programmatica, ribellandosi apertamente ai capricci di un Creatore che impone le sue indiscutibili regole in un arbitrario mondo di marionette.
[+]
Insegnate di storia depresso e abitudinario, scopre l'esistenza di un suo clone che fa l'attore e che vive tranquillamente con la moglie incinta nella sua stessa città. Incuriosito dai motivi di questa incredibile ed assoluta somiglianza, inizia a pedinarlo ed osservarlo, finchè non decide di incontrarlo direttamente. La scelta si rivelerà piena di imprevisti e di ferali conseguenze. Finale tragico.
Dal soggetto non originale del controverso romanzo 'L'uomo duplicato' del premio nobel Josè Saramago, il canadese Denis Villeneuve trae spunto per una incursione nei territori inesplorati di una dimensione sospesa tra realtà e fantasia, addentrandosi nell'universo misterioso e imprevedibile che governa i meccanismi della creazione letteraria laddove si cerca di insinuare il sospetto che non già l'autore, ma gli stessi personaggi, possano prendere coscienza della loro natura artificiosa e programmatica, ribellandosi apertamente ai capricci di un Creatore che impone le sue indiscutibili regole in un arbitrario mondo di marionette. Se la natura stessa del mondo complesso ed inusitato dell'autore portoghese sembra informare le ambizioni di una messa in scena che punta chiaramente alla metafora ed all'ambiguità (bellissime le panoramiche dall'alto, governate da lentissimi movimenti di macchina, su di una città che rivela fin dall'inizio la sua natura scenografica e posticcia), il film di Villeneuve ci precipita sin da subito in una detection esistenzialista sui temi dell'identità e dell'autocoscienza e sulla potenza e l'autonomia della creazione cinematografica ('In the mouth of madness' 1995 di John Carpenter - 'Essere John Malchovich' 1999 e 'Il ladro di orchidee' 2002 di Spike Jonze ) mettendo in campo la lenta ed inesorabile progressione di un repertorio drammaturgico che si sposta non senza debiti e consapevoli rimandi ad un thriller surrealista dell'uomo in balia di eventi soverchianti e incontrollabili con annesso tentativo, disperato e patetico insieme (kafkiano) di un abitante dell'universo immanente delle creazioni di fantasia, dei mondi paralleli cui prende parte, di squarciare il velo di Maya e liberarsi dalle catene dell'inganno e della coercizione. Tra Hitchcock e Bunuel, tra Polansky e Lynch insomma, uno psicodramma pirandelliano sull'universo caotico e insensato che ci circonda e sul potere di controllo che la Storia esercita su di noi: e se fossimo solo i personaggi inconsapevoli della sceneggiatura che un Dio vanitoso e crudele ha scritto per noi? ("Il Mondo come Mito" ne 'il Gatto che Attraversa i muri' - R.Heinlein). Un personaggio in cerca d'autore infine, che ri-trova se stesso nella dimensione fittizia cui è stato assegnato ('Non volevi forse fare l'attore?' chiede mamma Rossellini con civettuola malizia) corrisponde, nalla tragicomica pantomima del meccamismo metacinematografico, all'annichilimento tra la materia e l'antimateria dell'identità letteraria e che finisce per sconfinare nei territori imprevedibili e surreali della fantasia (e del subconscio) dell'autore-demiurgo che l'ha generato, con tanto di mostruosa tarantola gigante pronta a ricordarci che da quel circolo vizioso in cui ci siamo cacciati non c'è modo di liberarci. Trasgredendo all autoreferenzialita' della metafora cinematografica l'autore lascia aperte tutte le possibili spiegazioni razionali: dalle vicende controverse di una separazione gemellare alla beffarda ironia di una casuale e assurda ricombinazione genetica e ontologica: « Una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità. » ('Il segno dei quattro' - A.C.Doyle). In questa dimensione di verosimiglianza psicologica tutte le sfumature dell'umana natura sembrano confluire in un personaggio complesso e combattuto, preda delle sue debolezze e dei suoi vizi, letteralmente sdoppiato tra un sè gaudente e fedifrago ed un altro sè stesso tenero e responsabile: un William Wilson che incontra il suo doppio cattivo e l'uccide non sa che il male alberga comunque dentro di lui ed pronto a rivelarsi con la sua natura mostruosa e tentacolare non appena rigiri tra le proprie dita la chiave ('UNICA'?) di un arbitrio che non è mai stato così poco libero. Straordinario come sempre Jake Gyllenhaal in un ruolo che sembra tagliato apposta per l'oscuro protagonista di Donnie Darko e bellissime e conturbanti le presenze femminili delle bionde Mélanie Laurent e Sarah Gadon quali opposte rappresentazioni dell'ambigua natura del peccato originale. Presentato in concorso al Toronto International Film Festival 2013 E Leone nero al miglior film al Courmayeur Noir in festival 2013.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
tarantinofan96
|
giovedì 25 dicembre 2014
|
enemy
|
|
|
|
Un film che mi ha distrutto psicologicamente. Trama allucinante, musica inquietante costante per tutta la durata del film che ti accompagna dentro questo incubo in cui è difficile trovare un filo conduttore. Dalla prima onirica scena all'ultima spiazzante immagine fino ai veloci e ironici titoli di coda lo spettatore si ritrova confuso, prigioniero e apparentemente senza un'interpretazione da dare a quanto ha appena assistito.
[+]
Un film che mi ha distrutto psicologicamente. Trama allucinante, musica inquietante costante per tutta la durata del film che ti accompagna dentro questo incubo in cui è difficile trovare un filo conduttore. Dalla prima onirica scena all'ultima spiazzante immagine fino ai veloci e ironici titoli di coda lo spettatore si ritrova confuso, prigioniero e apparentemente senza un'interpretazione da dare a quanto ha appena assistito. Una spiegazione c'è, ma è del tutto (o parzialmente) soggettiva (come ha dichiarato il regista) e da ricercare anche nelle varie simbologie degli elementi presenti nel film e nei dialoghi. Enemy, inedito in Italia, è un film che consiglierei a tutti quelli che hanno apprezzato Prisoners e a tutti quelli che amano il cinema di Lynch dato che lo stile è molto simile, anzi forse l'aggettivo "lynchano" stavolta è azzeccatissimo.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a tarantinofan96 »
[ - ] lascia un commento a tarantinofan96 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|