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Supereroi a ritmo di commedia

The Avengers, un collettivo di generi cinematografici.
di Roy Menarini

In foto Thor e Captain America in una scena del film The Avengers di Joss Whedon.
Chris Hemsworth (40 anni) 11 agosto 1983, Melbourne (Australia) - Leone. Interpreta Thor nel film di Joss Whedon The Avengers.

domenica 29 aprile 2012 - Approfondimenti

Che Joss Whedon avrebbe fatto suo e plasmato al meglio il delicato mondo Marvel dei Vendicatori era una certezza. Meno ottimismo serpeggiava sulla capacità di creare un vero equilibrio cinematografico tra i supereroi. In fondo, ciò che intriga dell’operazione Avengers è la straordinaria simmetria tra problemi interni all’universo Marvel e difficoltà realizzative: così come ogni supereroe è una prima donna e sgomita con gli altri perché si sente superiore, così anche a livello narrativo era necessario trovare l’alchimia giusta senza deprimere nessuna delle serie preesistenti.
Complice la conoscenza approfondita della lunga storia fumettistica degli Avengers, Whedon è riuscito a fare alcune scelte decisive: isolare Hulk come forza primigenia e incontrollabile, diverso e più pericoloso degli altri proprio per l’assenza di raziocinio nel momento in cui si sprigiona la rabbia; rispettare e proteggere il ruolo vicario di eroi meno potenti eppure affascinanti, come Occhio di Falco; e lasciare interagire, anche nelle differenze inconciliabili, gli altri protagonisti. L’idea fondamentale è che ogni supereroe, nelle “puntate precedenti”, fosse portatore di un suo genere cinematografico. Tony Stark/Iron Man ha sempre avuto nella commedia screwball il suo punto di forza e Whedon ha avuto l’intelligenza di far smarginare l’ironia del personaggio e spargerla sugli altri, molto più seriosi. Così, Thor – nella sua dimensione shakespeariana un po' kitsch – e Capitan America, figlio di un patriottismo che nel mondo contemporaneo ben presto viene deriso dai compagni di battaglia, rimangono tetragoni alla dimensione sarcastica e postmoderna di Stark ma riescono a fungere da "spalla" per i dialoghi più brillanti. A sua volta Vedova Nera, plasmata dal volto ambiguo e liscio di Scarlett Johansson, viene esaltata dal ruolo di ribaltamento tra attivo e passivo che le viene attribuito: ogni volta che sembra in una situazione di inferiorità dialettica (legata a una sedia e torturata, o minacciata e schiacciata da Loki) si scopre che è lei a condurre il gioco grazie alla capacità di manipolazione mentale. Vedova Nera porta con sé il noir, e il ruolo, anche iconografico, di dark lady. In questa sospensione chimica, ribollente, di generi cinematografici, legati al corpo/serie di ciascun eroe, l’azione ricompatta e cementa tutti. Ecco perché, mentre l’ironia di Stark assume il controllo operativo del timbro emozionale del film (giungendo a raffreddare e sollevare i momenti di massima tensione), è l’atto concreto della lotta e dell’esercizio dei poteri il vero esperanto comune, il collante di questi personaggi unici e outsider. Ciò conferma, tra l’altro, la teoria secondo cui l’action movie, più che un genere a se stante, sia una funzione espressiva che collega tra loro diversi mondi narrativi, siano essi fantasy, polizieschi o avventurosi.
In buona sostanza, The Avengers non sarà il film destinato a cambiare la Hollywood contemporanea ma è un indizio su come si può fare una buona trasposizione supereroistica.

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