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L'eterno ritorno del supereroe

The Amazing Spider-man e la logica del reboot. Dal 4 luglio al cinema.
di Roy Menarini

Andrew Garfield (Andrew Russell Garfield) (40 anni) 20 agosto 1983, Los Angeles (California - USA) - Leone. Interpreta Peter Parker / Spider-Man nel film di Marc Webb The Amazing Spider-Man.

domenica 8 luglio 2012 - Approfondimenti

La sensazione deve essere stata comune a molti spettatori della "vecchia" trilogia di Spiderman firmata da Sam Raimi: avvicinarsi con sospetto al nuovo inizio diretto da Marc Webb e tentare di comprendere i motivi per i quali, ancora una volta, e a soli dieci anni dal capostipite, si riapre una trilogia sull'Uomo Ragno. Accadrà a breve anche con Batman, e avviene a numerosi progetti di questi anni, tra cui la saga degli X-Men, per esempio, che ha dato vita all'universo Origins, e ai singoli supereroi rilanciati di volta in volta narrandone gli esordi (come Wolverine).
Ora, sia chiaro: queste strategie sono assai collaudate anche nel mondo del fumetto, da cui tutta la fibrillazione hollywoodiana di questi anni in fondo proviene. Con una differenza fondamentale: nel fumetto, la serialità densissima e la frequenza delle uscite, hanno permesso ad autori e disegnatori di articolare gli universi supereroistici con un numero di variabili e trame parallele pressoché infinite. Anche chi non è esperto di nuvole disegnate, facendo una rapida escursione su Wikipedia, si renderà conto della mole quasi impensabile di sequel, prequel, spin-off, reboot, side stories e crossover di ogni franchise di carta. Il cinema, ovviamente, bada a un pubblico più largo di quello dei consumatori di fumetti e dunque distilla decenni di albi ed episodi in film-evento separati ciascuno da due-tre anni. In queste condizioni produttive, non si può articolare il mondo narrativo, come invece può permettersi di fare l'editoria cartacea o al massimo la serialità televisiva (vedi Heroes), a meno di densificare il singolo film di personaggi ed eventi come una sorta di sfida all'immaginario – opzione rischiosa, scelta con successo da Christopher Nolan per la sua trilogia di Batman.
Ecco perché l'esigenza di storie-mondo, ovvero di narrazioni in grado di stabilire una relazione mitica con il destinatario, diventa sempre più sinonimo di racconto originario. Non c'è nulla come la genesi – in una nazione biblica come quella americana, legata al mito della fondazione – per narrare e rinarrare le gesta dell'eroe. Nel west, l'alone di leggenda veniva scolpito dalle gole della Monument Valley e dai paesaggi infiniti del Nuovo mondo. Il folklore, con le fiabe laiche di un territorio enorme che i coloni volevano civilizzare, è diventato il logos del romanzo ottocentesco americano, del cinema o del fumetto novecentesco, e del supereroe multimediale di oggi. Ora, Spiderman deve rifondare la propria origine ogni dieci anni, a partire da uno skyline a sua volta segnato dalla storia (e sull'11 settembre molto aveva riflettuto Raimi nella sua trilogia), e nei panni di un giovane e brillante imprenditore di se stesso, capace di crearsi un marchio e un costume, oltre che – ovviamente – di salvare il mondo.

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