alex2044
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domenica 17 novembre 2013
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un'ottima ruota del carro del cinema italiano
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Un bel film. Una piccola storia d'Italia tenera e sincera . Bravo il regista , è forse il suo miglior film, bravi tutti gli attori che se la giocano ad armi con i migliori caratteristi americani .Menzione speciale e mezzo voto in più per Elio Germano degno del ricordo del miglior Manfredi . Insomma un film che si può vedere senza rimpianti .
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lorenzo rulfo
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venerdì 15 novembre 2013
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germano migliore in campo, veronesi espulso
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Iniziamo dalla fine: la camera dissolve in nero e sullo schermo appare la scritta "Ernesto Fioretti ritiene che la sua storia debba diventare un film". Ecco. Perché per centododici minuti veniva abbastanza naturale domandarsi che cosa Giovanni Veronesi stesse cercando di dire attraverso la pellicola (sceneggiata, fra gli altri, da un maestro della parola quale Ugo Chiti). La trama è molto semplice e ci racconta di Ernesto - ottimo, vedremo perché, Elio Germano - ventenne negli anni '70, intento a capeggiarsi fra le "molteplici difficoltà della vita" (quelle di tutti, s'intende: il lavoro, la casa, il rapporto con un padre severo ma buono, ecc.
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Iniziamo dalla fine: la camera dissolve in nero e sullo schermo appare la scritta "Ernesto Fioretti ritiene che la sua storia debba diventare un film". Ecco. Perché per centododici minuti veniva abbastanza naturale domandarsi che cosa Giovanni Veronesi stesse cercando di dire attraverso la pellicola (sceneggiata, fra gli altri, da un maestro della parola quale Ugo Chiti). La trama è molto semplice e ci racconta di Ernesto - ottimo, vedremo perché, Elio Germano - ventenne negli anni '70, intento a capeggiarsi fra le "molteplici difficoltà della vita" (quelle di tutti, s'intende: il lavoro, la casa, il rapporto con un padre severo ma buono, ecc.). Di contorno una bella e remissiva moglie e un migliore amico sempre pronto a invischiare il nostro protagonista in avventure dagli evidenti pericolosi epiloghi. Pericoli di cui egli mai si avvede e che rappresentano, di volta in volta, il fuoco su cui la pellicola spazia. E questo è il primo aspetto per cui “il carro” inizia a rallentare. Sono le grida da fondo sala, i "non lo fare" che ci accompagnano, a memoria, dalla sagoma di un iceberg che spunta all'orizzonte e “attento” e "vira"... tutto inutile, già lo sappiamo. E l'ingenuità del Fioretti, mista a una pericolosa forma di buonismo, non ha nulla di commovente, piuttosto irritante invece nelle due immagini che tentano di raccontarci – appiccicate malamente e senza particolare insistenza - il suo capitare al centro della storia italiana (l'omicidio di Moro e il lancio di monete a Craxi). Ma non c'è niente da fare, bisogna rammentare ogni momento che l'unico legame fra lo spettatore e le immagini che ha di fronte è sempre la vita del protagonista. E così sia. Tutto il resto non ha allora importanza: l'azienda in cui credeva di essere socio e non lo era (o era?), la malattia che credeva di avere e non aveva, il gratta e vinci che credeva non avesse vinto e invece aveva vinto e ancora tutto il resto.
Ma passando dietro le quinte le cose non migliorano affatto: la fotografia, piuttosto deludente o "nella media", appunto, appare giocata per l'ennesima volta sulla desaturazione (sembra che sia l'unico modo per raccontare gli anni settanta in Italia) e non regala grandi emozioni; così i costumi e il trucco (invecchiati malissimo i protagonisti, che a sessant'anni ne dimostrano trenta). La colonna sonora, made by Elisa, poi, è abbastanza insignificante.
Eppure "l'ultima ruota del carro" non si può definire completamente non riuscito. Per una ragione principalmente: l'interpretazione di Elio Germano, capace di entrare umilmente e con grande efficacia nella carne e nel sangue di un uomo medio. In lui si intravede la storia di un certo tipo di Roma, quella più semplice, media e non mediocre, appunto; in lui si intravede la capacità di costruire emozioni, con piccoli mattoncini, piccoli ed efficaci. Ed è poco quello che fa, non tenta una magistrale interpretazione, d'altronde non serve. Non serve! Credibile, a tratti, Alessandra Mastronardi nel ruolo della moglie Angela. Divertente Virginia Raffaele; simpatico Alessandro Haber, spogliato dalla sua "arroganza cinematografica" nel ruolo del pittore pop che tuttohacompresodellavita.
E si finisce così, allora, con la registrazione di un vecchio Maurizio Costanzo in cui Carmelo Bene dice: "Il talento fa quel che vuole, il genio fa quel che può"; a mio parere Veronesi dovrebbe meditarci un po’ sopra prima di partorire una nuova pellicola.
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(di masseriaprosperi)
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ralphscott
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domenica 24 novembre 2013
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anni infelici
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Esco dalla sala pensando all'epilogo catartico sulla discarica,immagini di fotre presa. Il nostro povero Eugenio sembra farsi una ragione del suo destino di anima pura tra faccendieri ed edonisti,anche quando credeva che la fortuna stesse per sorridergli. A dire il vero,nel corso della vita,non subisce,se non marginalmente,le lusinghe del facile successo. Anzi,rinuncia al posto fisso ed ai suoi tragici effetti (esilerante cuoco). Considerando il film tutto,la narrazione scorre per episodi prevedibili,raccontati con scene poco coinvolgenti,poco incisive. Insomma,mi strappa parecchie risate senza convincermi. E lasciandomi un fondo di tristezza,in quanto commedia amara.
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Esco dalla sala pensando all'epilogo catartico sulla discarica,immagini di fotre presa. Il nostro povero Eugenio sembra farsi una ragione del suo destino di anima pura tra faccendieri ed edonisti,anche quando credeva che la fortuna stesse per sorridergli. A dire il vero,nel corso della vita,non subisce,se non marginalmente,le lusinghe del facile successo. Anzi,rinuncia al posto fisso ed ai suoi tragici effetti (esilerante cuoco). Considerando il film tutto,la narrazione scorre per episodi prevedibili,raccontati con scene poco coinvolgenti,poco incisive. Insomma,mi strappa parecchie risate senza convincermi. E lasciandomi un fondo di tristezza,in quanto commedia amara. Forse descrivere decenni di vita di una famiglia in due ore scarse porta necessariamente a semplificazioni,soprattutto se l'ambizione é anche quella di parlare del popolo italiano. Ma messe in scena come gli uffici visitati dalla finanza o la festa in villa hanno più il sapore di fiction che di cinema autoriale. Alcuni grandi attori,a cominciare da Germano,garantiscono momenti godibili. Haber é un artista indimenticabile,e le scene con Eugenio quelle più riuscite.
La frase di lancio l'ho scelta perché il recente "Anni felici" mi é venuto più volte in mente durante la visione di "L'ultima ruota del carro": lascio ai lettori gli eventuali confronti.
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filippo catani
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lunedì 18 novembre 2013
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un buon film con un ottimo germano
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Un traslocatore vede intrecciarsi le proprie vicende con quelle che hanno fatto la storia dell'Italia a partire dagli anni '70 fino ad oggi. Da una storia vera.
Senza il minimo dubbio il sottotitolo di questo film potrebbe essere il coraggio di essere e rimanere onesti in Italia. Infatti il protagonista proverà sulla propria pelle la fatica di un lavoro usurante al prezzo di portare pochi soldi in famiglia. L'uomo solo una volta deciderà di scegliere una sorta di scorciatoia offertagli dal suo migliore amico e per poco non finirà in galera. Ecco in breve la storia (vera) che sullo schermo ha il volto del bravissimo Elio Germano che, come si dice, sa cantare e portare la croce tenendo da solo la scena.
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Un traslocatore vede intrecciarsi le proprie vicende con quelle che hanno fatto la storia dell'Italia a partire dagli anni '70 fino ad oggi. Da una storia vera.
Senza il minimo dubbio il sottotitolo di questo film potrebbe essere il coraggio di essere e rimanere onesti in Italia. Infatti il protagonista proverà sulla propria pelle la fatica di un lavoro usurante al prezzo di portare pochi soldi in famiglia. L'uomo solo una volta deciderà di scegliere una sorta di scorciatoia offertagli dal suo migliore amico e per poco non finirà in galera. Ecco in breve la storia (vera) che sullo schermo ha il volto del bravissimo Elio Germano che, come si dice, sa cantare e portare la croce tenendo da solo la scena. Bisogna dire che anche Memphis non è male nel ruolo del migliore amico e di uomo pronto a prendere ogni scorciatoia. Negli anni '80 è un galoppino di un funzionario socialista che gli garantisce uno status di vita per lui inimmaginabile. Travolto da Tangentopoli, l'uomo non esita a buttarsi tra le braccia del "nuovo che avanza": Forza Italia e Silvio Berlusconi del '94 pronto a scendere in campo. Bello e toccante il piccolo ruolo offerto ad Haber mentre decisamente da rivedere la prova della Mastronardi. Una parola allora su Veronesi. Capisco che ora sia facile muovere critiche ex post a quanto successo nella recente storia politica ma è vero anche che lui poteva tranquillamente continuare in un filone come i Manuali d'amore o affini che magari garantiscono meno critiche ma più incassi. Il finale della vicenda è un po' così ma in complesso il film è più che accettabile. L'intento del regista non è infatti quello di andare incontro ad avventurose ricostruzioni storiche ma semplicemente quello di mostrare come la vita di un uomo normale possa essere influenzata da tutto ciò che gli sta intorno e quanto sia difficile resistere alla lusinghe dell'aiutino, della raccomandazione per il posto fisso o della scorciatoia. Il tutto con il tono di una commedia che funziona. Un buon lavoro.
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rescart
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giovedì 21 novembre 2013
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le pagliuzze dei romani
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Come se volesse appendere sulla parete del grande schermo il dipinto di un epoca che copre un arco di quarantacinque anni, Veronesi pianta due chiodi ben saldi sul muro della storia: l’omicidio di Aldo Moro ad opera delle brigate rosse e l’accoglienza a suon di monetine riservata a Bettino Craxi in uscita dall’Hotel Rafael, graziato dal Parlamento ma non dalla piazza, a dispetto della pi minuscola. In mezzo si apre e si chiude una storia italiana fatta di raccomandazioni a persone incapaci anche se oneste, di corruzione, ruberie e tangenti. Elio Germano, accompagnato per mano da comici del calibro di Ricky Memhis, Maurizio Battista e Virginia Raffaele si immerge forse per la prima vota totalmente nei panni di un personaggio tragicomico, Nando,che viene sballottato qua e là prima da un padre padrone che lo considera l’ultima ruota del carro della sua famiglia, poi dall’amico Giacinto (Ricky Memphis) che lo molla nel bel mezzo della sua carriera d’imprenditore nel settore dei traslochi.
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Come se volesse appendere sulla parete del grande schermo il dipinto di un epoca che copre un arco di quarantacinque anni, Veronesi pianta due chiodi ben saldi sul muro della storia: l’omicidio di Aldo Moro ad opera delle brigate rosse e l’accoglienza a suon di monetine riservata a Bettino Craxi in uscita dall’Hotel Rafael, graziato dal Parlamento ma non dalla piazza, a dispetto della pi minuscola. In mezzo si apre e si chiude una storia italiana fatta di raccomandazioni a persone incapaci anche se oneste, di corruzione, ruberie e tangenti. Elio Germano, accompagnato per mano da comici del calibro di Ricky Memhis, Maurizio Battista e Virginia Raffaele si immerge forse per la prima vota totalmente nei panni di un personaggio tragicomico, Nando,che viene sballottato qua e là prima da un padre padrone che lo considera l’ultima ruota del carro della sua famiglia, poi dall’amico Giacinto (Ricky Memphis) che lo molla nel bel mezzo della sua carriera d’imprenditore nel settore dei traslochi. Quello che il film non ci dice è che finalmente, stroncato dal mal di schiena ma sopravvissuto ad una diagnosi errata di cancro al polmone, il nostro eroe senza macchia e senza paura approderà a Cinecittà, dove nel ruolo di custode conoscerà i più famosi personaggi del cinema anni ’80 e sarà anche ingaggiato da Carlo Verdone per una piccola parte in “Gallo cedrone”. Invece un suo amico d’infanzia pugliese, che sembrava aver rotto con lui perché non disposto ad aiutarlo nei suoi loschi progetti di ex galeotto, farà più carriera nel mondo del cinema, diventando mastro cerimoniere delle scenografie cinematografiche di gala. Sarà lui a dargli la sua ultima possibilità di arricchirsi, quella che aveva sdegnosamente rifiutato anni prima, ma evidentemente era destino che la perdesse. Abbagliato da tutto quello splendore, che più correttamente dovremmo definire “la grande ricchezza” anziché “la grande bellezza”, che la capitale gli aveva solo fatto sfiorare, mettendolo subito dopo in guardia sui rischi che il rovescio della medaglia comporta, cioè la galera, era inevitabile che Ernesto non comprendesse immediatamente l’ineluttabilità del destino che lo aveva raggiunto. Perché i soldi non danno la felicità e chi trova un amico trova un tesoro. Ma soprattutto chi trova una moglie (Alessandra Mastronardi,) brava e comprensiva, che lo perdona anche quando non sa trattenere parole irriverenti nei verso di lei solo per aver fatto il suo dovere di massaia esemplare. Non sempre andare in goal è proficuo e Ernesto avrebbe fatto bene a non entusiasmarsi troppo neanche per i goal della nazionale italiana. In fondo un po’ di leghismo o se si preferisce di anti-nazionalismo, non guasta mai. Soprattutto per un carattere come quello di Ernesto che incarna il classico “romano de’ Roma”, come ben aveva capito Verdone.
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fabiofeli
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domenica 1 dicembre 2013
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vita ordinaria di un uomo tranquillo
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L’ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi
Ernesto (il bravissimo Elio Germano) è un ragazzo romano come tanti con un destino già segnato; si sente ripetere fin da piccolo dal padre autoritario (Massimo Wertmuller), che lui occupa l’ultimo posto nell’universo. Il suo destino pare già scritto: lavorerà con il padre come tappezziere e come factotum nel restauro di appartamenti, col dovere di prendersi il maggior carico di fatica. Ma per fortuna non tutto il tempo è monopolizzato dal duro genitore; in uno dei momenti di libertà Ernesto corteggia Angela (Alessandra Mastronardi), una bella ragazza che fa la colf nello stesso palazzo nel quale lavora il giovane. I due si fidanzano, si sposano e presto arriva l’erede, che si presume seguirà le sorti del padre nel lavoro e nella passione per la squadra di calcio della Roma.
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L’ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi
Ernesto (il bravissimo Elio Germano) è un ragazzo romano come tanti con un destino già segnato; si sente ripetere fin da piccolo dal padre autoritario (Massimo Wertmuller), che lui occupa l’ultimo posto nell’universo. Il suo destino pare già scritto: lavorerà con il padre come tappezziere e come factotum nel restauro di appartamenti, col dovere di prendersi il maggior carico di fatica. Ma per fortuna non tutto il tempo è monopolizzato dal duro genitore; in uno dei momenti di libertà Ernesto corteggia Angela (Alessandra Mastronardi), una bella ragazza che fa la colf nello stesso palazzo nel quale lavora il giovane. I due si fidanzano, si sposano e presto arriva l’erede, che si presume seguirà le sorti del padre nel lavoro e nella passione per la squadra di calcio della Roma. La vita di Ernesto nella casa di Borgo Pio a ridosso del Cupolone si consolida quando una ferrea raccomandazione gli procura il famigerato “posto fisso”, che, come si suole dire, di soldi ne dà pochi e maledetti, ma subito. Gli incidenti di percorso sono le amicizie di Ernesto, “il toscano” (Ubaldo Pantani) e Giacinto (Ricky Memphis), che però non riescono a indurre il giovane a macchiarsi di furto. “Per queste cose non ci sono tagliato” esclama il giovane; ma si fa convincere a lasciare il posto fisso per un faticoso lavoro di traslochi, durante il quale Ernesto conosce un pittore geniale (Alessandro Haber), unico amico positivo della sua vita. Ancora le deleterie amicizie trascinano Ernesto in una società gestita da Fabrizio (Sergio Rubini), un personaggio senza scrupoli che imbastisce disonesti traffici nel sottobosco del potente partito socialista di Bettino Craxi. Presto vanno in galera Fabrizio e l’amico di Ernesto, che però risorge come un’araba fenice con una casacca nuova di zecca, pronto a condurre Ernesto sotto l’ala protettrice della nascente Forza Italia. Di nuovo sembra tutto facile: spunta persino un gratta e vinci che frutterebbe una cifra sufficiente a “sistemare” per sempre Ernesto. Ma ancora brutti tiri del destino sono in agguato e per una seconda volta – la prima occasione è stata fornita dalla giusta ribellione al padre – Ernesto esce dai gangheri, rischiando di compromettere per sempre il legame più bello della sua vita.
La trama della pellicola di Veronesi, che secondo la critica è la migliore prova del regista, è incentrata sulla descrizione della vita di un uomo comune, un mite personaggio simile a quello di John Wayne nel bel film “Un uomo tranquillo”. Gli altri personaggi sono tratteggiati discretamente, sia il padre che la moglie, o il pittore e gli amici maneggioni. Meno convincente l’inserimento di filmati d’epoca della Tv che citano fatti salienti o di minore importanza della storia italiana senza aggiungere un peso significativo e decisivo alla vicenda. Il film decolla veramente solo grazie alla grande capacità recitativa di Elio Germano, che rende credibile e gradevole il personaggio dell’onesto Ernesto e fa lievitare il valore della storia raccontata. Proverbiale l’onestà della gente umile: italiani brava gente; così, come per gli inglesi, c’è sostanziale identità tra Ernesto e Onestà, grazie all’opera di Oscar Wilde “The importance of being Earnest”.
Valutazione ** 1/2
FabioFeli
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scoutfinch
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mercoledì 20 novembre 2013
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un buon veronesi che parla di tutti noi
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Devo dire, a mente lucida, che non ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte ad un capolavoro. Eppure, ai titoli di coda, mi sono ridotta giocoforza ad asciugare qualche lacrimuccia impertinente. L'Ultima Ruota Del Carro parla di noi. Parla di noi attraverso la voce di un Germano sublime, proiettandoci verso l'ascesa veloce alla vecchiaia, dove l'unica chance di sopravvivenza è l'amore (non solo in senso di partner, ma l'amore per sé, per la morale, l'amore come sentimento universale), un'amore tuttavia non abbastanza disincantato da ignorare il rifiuto, la decadenza, il fallimento.
Ernesto è caratteriale e tenero; è quello che non sa dire di no, che conduce la sua vita in punta di piedi e con rispetto, che chiede scusa; l'uomo qualunque che decide di piegarsi al lavoro fisico piuttosto che farsi piegare la schiena in altri modi, anche se la sua ingenuità non sempre gli concede un percorso cristallino.
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Devo dire, a mente lucida, che non ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte ad un capolavoro. Eppure, ai titoli di coda, mi sono ridotta giocoforza ad asciugare qualche lacrimuccia impertinente. L'Ultima Ruota Del Carro parla di noi. Parla di noi attraverso la voce di un Germano sublime, proiettandoci verso l'ascesa veloce alla vecchiaia, dove l'unica chance di sopravvivenza è l'amore (non solo in senso di partner, ma l'amore per sé, per la morale, l'amore come sentimento universale), un'amore tuttavia non abbastanza disincantato da ignorare il rifiuto, la decadenza, il fallimento.
Ernesto è caratteriale e tenero; è quello che non sa dire di no, che conduce la sua vita in punta di piedi e con rispetto, che chiede scusa; l'uomo qualunque che decide di piegarsi al lavoro fisico piuttosto che farsi piegare la schiena in altri modi, anche se la sua ingenuità non sempre gli concede un percorso cristallino. E' l'uomo che i soldi sono belli solo perché lo rendono buono a qualcosa, perché accendono l'animo della moglie e del figlio. E' l'uomo che la notte tira le somme della sua giornata e si addormenta accanto alla donna che non può fare a meno di amare da quando aveva vent'anni, la stessa che sacrificherà la sua vita a fare ciò che deve e il cui giudizio sarà una tappa indispensabile prima di chiudere gli occhi. E' un uomo che vive il sacrificio a testa alta, conscio di avere accanto a sé, in realtà, tutto ciò che serve.
Eppure, il tempo non dà scampo a nessuno, neanche al buon Ernesto, e Veronesi ci dimostrerà come la vecchiaia non faccia sconti alla bontà, come ci renda obsoleti di fronte agli altri, di fronte a noi stessi, fino alla disperazione rude e strillata che proverà a far infilare a forza il senso della propria vita in un gratta e vinci vincente e nell'umiliazione reciproca.
Un film bello non di per sé, ma per la sapiente proiezione che ognuno di noi saprà trovarvi all'interno, nel (tanto) bene e nel (necessario) male.
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sippetta90
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domenica 17 novembre 2013
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l'ultima ruota del carro siamo noi
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Ho visto questo film proprio ieri pomeriggio e già ho voglia di rivederlo. Io fino agli anni 80 non c'ero (sono del '94), conoscevo gli avvenimenti storici rievocati da questo film, ma non conoscevo la mentalità italiana di quei tempi. Grazie a questo film ho avuto modo di comprenderla, di comprendere il valore della famiglia (che oggi va scemando sempre più), di comprendere quanto la fortuna possa sorriderti e quanto possa scomparire in un attimo. Da grande vorrei essere anche io onesta e con sani principi come Ernesto. Un elogio a tutti gli attori, ad Elio Germano che non avevo mai visto recitare e devo dire che è molto bravo, ad Alessandra Mastronardi che seguo da sempre ma che stavolta mi ha davvero spiazzata con un'eccezionale interpretazione, a Ricky Memphis, a Virginia Raffaele, tutti bravissimi.
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Ho visto questo film proprio ieri pomeriggio e già ho voglia di rivederlo. Io fino agli anni 80 non c'ero (sono del '94), conoscevo gli avvenimenti storici rievocati da questo film, ma non conoscevo la mentalità italiana di quei tempi. Grazie a questo film ho avuto modo di comprenderla, di comprendere il valore della famiglia (che oggi va scemando sempre più), di comprendere quanto la fortuna possa sorriderti e quanto possa scomparire in un attimo. Da grande vorrei essere anche io onesta e con sani principi come Ernesto. Un elogio a tutti gli attori, ad Elio Germano che non avevo mai visto recitare e devo dire che è molto bravo, ad Alessandra Mastronardi che seguo da sempre ma che stavolta mi ha davvero spiazzata con un'eccezionale interpretazione, a Ricky Memphis, a Virginia Raffaele, tutti bravissimi. Riconosco che alla fine sia Elio che Alessandra non sembravano proprio 60enni, ma -siamo obbiettivi- è difficile far invecchiare alla perfezione una 27enne e un 33enne. E poi sinceramente poco conta il trucco, conta il messaggio che noi riceviamo dal film, e devo dire che è un bellissimo messaggio. Consiglio il film a tutti, perché fa davvero riflettere e, ora come ora, ne abbiamo proprio bisogno. Bravo Veronesi. COMPLIMENTI! :)
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alexander 1986
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venerdì 4 aprile 2014
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la buona commedia dei buoni sentimenti
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Ernesto Marchetti (un bravissimo Elio Germano) convive per tutta la vita con il desiderio di smentire la nomea di 'ultima ruota del carro' affibbiatogli da bambino nientepopodimeno che dal padre. Si dà quindi da fare tra mille lavori - uno più improbabile dell'altro - e mette su famiglia a propria volta. La sua piccola vicenda si incastona nel grande scenario dei cambiamenti sociali dell'Italia dagli anni '60 a oggi.
Questo di Veronesi è il tipico film di cui non si può parlare male. E' una commedia con momenti drammatici dosati bene, girata con grande senso del ritmo; scorre che è un piacere. Il cast è quasi perfetto, persino negli inserimenti più improbabili (es. Virginia Raffaele e Ricky Memphis).
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Ernesto Marchetti (un bravissimo Elio Germano) convive per tutta la vita con il desiderio di smentire la nomea di 'ultima ruota del carro' affibbiatogli da bambino nientepopodimeno che dal padre. Si dà quindi da fare tra mille lavori - uno più improbabile dell'altro - e mette su famiglia a propria volta. La sua piccola vicenda si incastona nel grande scenario dei cambiamenti sociali dell'Italia dagli anni '60 a oggi.
Questo di Veronesi è il tipico film di cui non si può parlare male. E' una commedia con momenti drammatici dosati bene, girata con grande senso del ritmo; scorre che è un piacere. Il cast è quasi perfetto, persino negli inserimenti più improbabili (es. Virginia Raffaele e Ricky Memphis). I titoli di coda arrivano quasi con dispiacere.
D'altro canto non si può nemmeno dire troppo bene. E' una commedia italiana del recente filone buonista, impregnata quindi di morali esopee del tipo 'la ricchezza non è tutto', 'il benessere porta corruzione' o 'essere semplici è bello', nonché del solito mantra italico: viva la famiglia e volemose bene. Il papafrancescanesimo da cui siamo dolcemente avvolti. Le vecchie commedie di Sordi, Totò e Villaggio, con la loro caustica ma istruttiva ironia, sono roba passata. L'Italietta di oggi vuole messaggi rassicuranti e svegliarsi serena fra due guanciali.
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cinecinella
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sabato 10 gennaio 2015
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ritorno alla buona commedia italiana
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Commedia intimista tutta italiana, questo è uno dei film più riusciti di Veronesi. Lo sguardo è rivolto alla storia del personaggio Ernesto, alla sua vita, a sua moglie, ai suoi amici. La trama è scorrevole, molto bella la fotografia. Il regista si sofferma a tratti su alcuni eventi storico politici italiani ma senza indugiare inultimente lasciandoli da sfondo come è giusto che sia, mentre scandaglia ottimamente la psicologia dei personaggi e la loro vita vissuta emozionando lo spettatore grazie anche all'ottima interpretazione di tutto il cast di attori in primis il talentuoso Germano. Ho trovato ottimo anche il montaggio, la pellicola risulta scorrevole e veramente piacevole alla visione.
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Commedia intimista tutta italiana, questo è uno dei film più riusciti di Veronesi. Lo sguardo è rivolto alla storia del personaggio Ernesto, alla sua vita, a sua moglie, ai suoi amici. La trama è scorrevole, molto bella la fotografia. Il regista si sofferma a tratti su alcuni eventi storico politici italiani ma senza indugiare inultimente lasciandoli da sfondo come è giusto che sia, mentre scandaglia ottimamente la psicologia dei personaggi e la loro vita vissuta emozionando lo spettatore grazie anche all'ottima interpretazione di tutto il cast di attori in primis il talentuoso Germano. Ho trovato ottimo anche il montaggio, la pellicola risulta scorrevole e veramente piacevole alla visione.
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