mencio
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mercoledì 15 febbraio 2017
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mia è la vendetta, dice il signore
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Poco c'è da aggiungere alla bella recensione di Marianna Cappi. Si può soltanto osservare che, verso la fine del film, Lincoln non viene più visto solo sotto la luce della cronaca e della storia, ma anche con uno sguardo particolare: quello del vecchio domestico di colore (che però non è mai stato schiavo) che lo segue con gli occhi, mentre si avvia al suo ultimo appuntamento, quello con la morte e con l'unica immortalità che l'uomo ordinario possa conoscere: quella che sta dentro il suo cuore. E' significativo che l'ultima scena del film non sia quella di Lincoln sul letto di morte, ma quella di Lincoln che arringa il popolo e che parla del riscatto dei neri come il Dio dell'Antico Testamento: "Mia è la vendetta - dice il Signore".
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Poco c'è da aggiungere alla bella recensione di Marianna Cappi. Si può soltanto osservare che, verso la fine del film, Lincoln non viene più visto solo sotto la luce della cronaca e della storia, ma anche con uno sguardo particolare: quello del vecchio domestico di colore (che però non è mai stato schiavo) che lo segue con gli occhi, mentre si avvia al suo ultimo appuntamento, quello con la morte e con l'unica immortalità che l'uomo ordinario possa conoscere: quella che sta dentro il suo cuore. E' significativo che l'ultima scena del film non sia quella di Lincoln sul letto di morte, ma quella di Lincoln che arringa il popolo e che parla del riscatto dei neri come il Dio dell'Antico Testamento: "Mia è la vendetta - dice il Signore". Questo riscatto, l'eguaglianza degli uomini son tutte cose che non ci saranno finchè non sarà pagata tutta la ricchezza accumulata con il lavoro degli schiavi, finchè non sarà compensata e lavata l'ultima goccia di sangue versato a colpi di frusta. E' una scelta che può lasciare perplessi quanti temono la retorica, ma ancor più, quanti esitano o addirittura rifuggono da quella sfera delicata dello spirito che ha a che fare con gli aspetti religiosi della politica, ma questa appunto è stata la scelta anche artistica che Spielberg ha offerto alla nostra riflessione.
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cinephilo
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mercoledì 14 novembre 2018
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più considerazione per lavori come questo.
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Lincoln è a mio avviso il film più sottovalutato di Steven Spielberg. Si tratta di una delle due opere di maggior valore del suddetto regista. La pellicola in questione insieme a Schindler's List rappresentano infatti le sue due opere degne di essere inserite tra i giganti di ogni epoca. Preciso, chirurgico e intellettuale sono i tre aggettivi che mi affiorano alla mente pensando a questo film. Ottima la scelta dell'ambientazione, dei costumi e la fotografia e a fare da sfondo c'è la solita magistrale interpretazione di un Daniel Day Lewis che grazie alle sue performances rende oro ogni lavoro a cui partecipa. La sceneggiatura è epica : memorabile il discorso in parlamento di Thaddeus Stevens (Un ottimo Tommy Lee Jones) sull'uguaglianza degli uomini di fronte alla legge cosi' come è memorabile ogni parola pronunciata da Lincoln con un Lewis che per l'occasione ripropone l'accento dell'Indiana di metà 1800 (Il vero accento del presidente per intenderci ed è per questo che consiglio la visione del film in lingua inglese).
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Lincoln è a mio avviso il film più sottovalutato di Steven Spielberg. Si tratta di una delle due opere di maggior valore del suddetto regista. La pellicola in questione insieme a Schindler's List rappresentano infatti le sue due opere degne di essere inserite tra i giganti di ogni epoca. Preciso, chirurgico e intellettuale sono i tre aggettivi che mi affiorano alla mente pensando a questo film. Ottima la scelta dell'ambientazione, dei costumi e la fotografia e a fare da sfondo c'è la solita magistrale interpretazione di un Daniel Day Lewis che grazie alle sue performances rende oro ogni lavoro a cui partecipa. La sceneggiatura è epica : memorabile il discorso in parlamento di Thaddeus Stevens (Un ottimo Tommy Lee Jones) sull'uguaglianza degli uomini di fronte alla legge cosi' come è memorabile ogni parola pronunciata da Lincoln con un Lewis che per l'occasione ripropone l'accento dell'Indiana di metà 1800 (Il vero accento del presidente per intenderci ed è per questo che consiglio la visione del film in lingua inglese). Il film ripercorre gli ultimi mesi di vita del presidente Lincoln e i suoi sforzi nel tentativo di far approvare il tredicesimo emendamento. Il film presenta l'ulteriore merito di essere molto attinente ai fatti storici e dettagliato nelle vicende politiche ma presenta il difetto di essere a tratti un po' lento e pesantuccio. Ne consiglio vivamente la visione.
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thepgm11
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lunedì 18 febbraio 2013
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al freddo e al gelo: lincoln
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Cosa si può dire di questo "Lincoln"? Eroe, corruttore, salvatore, delatore? Il ifltro del tempo passato ci restituisce una figura semi-leggendaria, implacabilmente proteso verso la consumazione di un ideale fermo e preciso, oltrechè deciso, che puntualmente giunge con l'aiuto della sua crew, compreso il radicale Stevens, e moglie e figlio, consiglieri privilegiti e più o meno diretti del presidente. Fin qui tutto bene. Dove iniziano i problemi? Iniziano laddove Spielberg ci presente una vicenda in modo freddo e impersonale, che approda alla sua conclusione risaputa e acclamata, che impedisce di affezionarsi pienamente ai personaggi.
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Cosa si può dire di questo "Lincoln"? Eroe, corruttore, salvatore, delatore? Il ifltro del tempo passato ci restituisce una figura semi-leggendaria, implacabilmente proteso verso la consumazione di un ideale fermo e preciso, oltrechè deciso, che puntualmente giunge con l'aiuto della sua crew, compreso il radicale Stevens, e moglie e figlio, consiglieri privilegiti e più o meno diretti del presidente. Fin qui tutto bene. Dove iniziano i problemi? Iniziano laddove Spielberg ci presente una vicenda in modo freddo e impersonale, che approda alla sua conclusione risaputa e acclamata, che impedisce di affezionarsi pienamente ai personaggi. Lincoln/Day-Lewis è bravo, ma pare essere un ciondolone che smista aneddoti e dirige le operazioni per ottenere i fatidici 20 voti a favore dell'emendamento. Ma cosa emerge del Lincoln politico? Cosa c'è dietro il suo fermo abolizionismo? Da dove nasce? Il film non ce lo spiega. I comprimari, Sally Field in testa, sono costruiti in modo rude e spigoloso, come la storia ci ha suggerito e tramandato, ma anch'essi sono per lo più satelliti che gravitano intorno al sole/Lincoln, e da esso sono ora illuminati, ora lasciati in ombra. Tuttavia, non si comprende come Spielberg avrebbe potuto tirare fuori un film diverso su una tematica simile, se non in questo modo da lezione di storia, dettagliata sì, ma poco fruibile e comprensibile da un pubblico non americano e poco avvezzo alla storia made in USA. Quello che ammalia, però, risiede nei costumi, nel trucco dei protagonisti, nelle scenografia, nei dettagli che restituiscono una porzione di storia e un periodo in modo talmente veridico e lucido da coinvolgere più degli stessi protagonisti, come testimoniano l'apertura e la chiusura nella carneficina della guerra, tra cadaveri, fosse comuni e amputati. Notevole il fatto di averci rispiarmato l'asassinio di Lincoln, sostituito da un annuncio fragoroso a teatro.
Tutto sommato, noiosetto nella prima parte, si riprende nela seconda, conservando un difetto non da poco: una verbosità disarmante, che almeno è scevra da facili retoriche compiacenti.
Insomma, la morale resta la solita e ci racconta di quanto sia brutta la guerra e quanto sia brutto perderla, e soprattutto quanto sia brutta la schiavitù. Ma lo sapevamo già: per dircelo, potevano metterci un po' più di calore.
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francesco2
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mercoledì 6 marzo 2013
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ma questo bel bruco diventa una farfalla?
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Nella polemica su film in originale e /o in Italiano, si inserisce il curioso doppiaggio attribuito in Italiano a Lincoln.
Chiunque sia, è un doppiatore PROFESSIONALMENTE bravissimo, eccellente. Ma anche qualcosa -O molto- di più. Questo tono stridulo, a metà tra l'ubriaco ed il sarcastico, riflette lo spirito del film; che a diffrenza di opere come "Schindler's List" o il (relativamente) modesto "Munich", è ineterssato a descrivere un uomo pieno di contrasti. E che (Solo?) a questo scopo, sceglie anche codici espressivi che, da quanto risulta a chi scrive, non sempre appaiono abituali nel cinema spielberghiano, soprattutto in opere come quelle citate o "Salvate il Soldato Ryan".
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Nella polemica su film in originale e /o in Italiano, si inserisce il curioso doppiaggio attribuito in Italiano a Lincoln.
Chiunque sia, è un doppiatore PROFESSIONALMENTE bravissimo, eccellente. Ma anche qualcosa -O molto- di più. Questo tono stridulo, a metà tra l'ubriaco ed il sarcastico, riflette lo spirito del film; che a diffrenza di opere come "Schindler's List" o il (relativamente) modesto "Munich", è ineterssato a descrivere un uomo pieno di contrasti. E che (Solo?) a questo scopo, sceglie anche codici espressivi che, da quanto risulta a chi scrive, non sempre appaiono abituali nel cinema spielberghiano, soprattutto in opere come quelle citate o "Salvate il Soldato Ryan". Pensiamo a scene non tutte anodine come in apparenza, come il deputato timido che "fugge" accompagnato d a una musichetta ironica, o il deputato acui si fa "Sillabare" la scelta che dovrà compiere; o, ancora, l'.....ironia di Lincoln sul ritratto "Nel water".
Non sono sicuro di arrampicarmi sugli specchi se affermo che questa mescolanza di generi è funzionale a fornire un ritratto il più eterogeneo possibile del protagonista. Funzionale ad uno Spielberg meno classico appaiono anche scene come quelle in cui la Field lo "Minaccia" a teatro, che evidenziano con (Forse molta) abilità la dicotomia esistente tra teatro e vita, o quantomeno finzione e vita, anche nell'esistenza della coppia Lincoln stessa.
Si potrebbe addirittura pensare che il Lewis/Lincoln della prima scena rappresenti Spielberg, che (ir)ride (di) sé stesso e la retorica del suo "Soldato Ryan", ed in parte, a costo di apparire blasfemi, anche in "Schindler's list". Ma che ritorna quello Spielberg "Classico" in certe scene madri, nella (Ri)costruzione che ancora si nutre di giudici parrucconi e nere bonaccione, ma anche -vado controcorrente- in frasi come quelle sulle "Cose uguali": Ed il finale, davvero troppo prevedibile, fa capire che "Intelligenza artificiale", per noi che l'abbiamo amato molto, resta -Forse- tra i pochi esempi di uno Spielberg davvero diverso.
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paolp78
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domenica 28 dicembre 2014
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hollywood al servizio della storia americana
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Grande film storico.
Spielberg mette la sua infinita sapienza cinematografica al servizio del suo Paese, per narrare le battaglie politiche che precedettero ed accompagnarono l'approvazione del XIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America. Si tratta di un film di grande valore storiografico e patriottico per gli americani, per questo lo stile narrativo che Spielberg adotta è particolarmente rigoroso ed intransigente. Il grande regista non può concedersi espedienti narrativi che compromettano la fedeltà della pellicola alla realtà storica, così come restituita dalle carte del tempo.
Il risultato è un film tecnicamente curatissimo, che descrive con prodigiosa dovizia di particolari la società americana di un secolo e mezzo addietro.
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Grande film storico.
Spielberg mette la sua infinita sapienza cinematografica al servizio del suo Paese, per narrare le battaglie politiche che precedettero ed accompagnarono l'approvazione del XIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America. Si tratta di un film di grande valore storiografico e patriottico per gli americani, per questo lo stile narrativo che Spielberg adotta è particolarmente rigoroso ed intransigente. Il grande regista non può concedersi espedienti narrativi che compromettano la fedeltà della pellicola alla realtà storica, così come restituita dalle carte del tempo.
Il risultato è un film tecnicamente curatissimo, che descrive con prodigiosa dovizia di particolari la società americana di un secolo e mezzo addietro.
Il Presidente Lincoln è rappresentato con particolare ossequio e con assoluto amore patriottico. La prima scena in cui Lincoln appare, è studiata per conferire solennità al personaggio del Presidente; i molti discorsi e monologhi pronunciati dal Presidente sono introdotti con enfasi, ed in modo tale da richiedere attenzione particolare alla platea degli spettatori. I giochi politici, anche "sporchi" in alcuni casi, ai quali Lincoln si dichiara disposto pur di vincere la battaglia politica intrapresa, vengono narrati con la consapevolezza che la nobiltà del fine perseguito dall'amatissimo Presidente coprirà tali "scorrettezze", che quindi vengono intese dal pubblico con benevolenza e non scalfiscono l'immagine di Padre della Patria e uomo di specchiati ideali che Lincoln ha tra i suoi compatrioti.
Non si tratta di un film emozionante o coinvolgente, l'oggetto della narrazione e l'alto profilo storico/istituzionale che si è scelto, non consentono al film di decollare sotto questi punti di vista; resta comunque apprezzabile ed interessante la dettagliata e scrupolosa riproduzione del contesto politico del tempo, con le varie fazioni partitiche, i dibattiti politici, gli accordi di convenienza e le battaglie per nobili ideali.
Il valore aggiunto della pellicola è l'interpretazione di Daniel Day-Lewis, la cui somiglianza fisica con il Presidente Lincoln è già da sola impressionante. Resta un vero peccato non essere in grado di apprezzare il grande sforzo che l'attore ha compiuto per assomigliare anche nei movimenti e nel parlato al Presidente (o all'idea che gli americani ne hanno).
La considerevole durata del film, forse inevitabile anch'essa, non aiuta a digerire un'opera indiscutibilmente pesante nel suo insieme: tuttavia per quanto si tratti di una pellicola poco avvincente e poco intrigante, resta comunque una pregevole opera di tecnica cinematografica e una raro ed apprezzabilissimo contributo che il grande cinema di Hollywood ha dato alla divulgazione della storia degli Stati Uniti d'America.
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gabriele.vertullo
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giovedì 24 gennaio 2013
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una s(s)toria politica di marca machiavellica
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Lincoln è lo Steven Spielberg che non ti aspetti. Siamo lontani dal suo cinema epico ed eroico, avvincente ed emozionante; categorie che contraddistinguono il suo marchio di fabbrica e che in nessun caso potranno mancare in un suo prodotto, ma mai così marginali e sfumate. Sarebbe superfluo riferire l’ormai nota circostanza storico-politica della guerra civile degli Stati Uniti d’America, e del suo principale protagonista Abraham Lincoln, pioniere nell’abolizione della schiavitù. Probabilmente riflettendo su tutto questo Spielberg ha evitato la strada più facile e prevedibile, presentandoci una vicenda sotterranea e contraddittoria, un duello a distanza logorroico e cerebrale, una dialettica ragionata e stringente: una (S)storia puramente politica.
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Lincoln è lo Steven Spielberg che non ti aspetti. Siamo lontani dal suo cinema epico ed eroico, avvincente ed emozionante; categorie che contraddistinguono il suo marchio di fabbrica e che in nessun caso potranno mancare in un suo prodotto, ma mai così marginali e sfumate. Sarebbe superfluo riferire l’ormai nota circostanza storico-politica della guerra civile degli Stati Uniti d’America, e del suo principale protagonista Abraham Lincoln, pioniere nell’abolizione della schiavitù. Probabilmente riflettendo su tutto questo Spielberg ha evitato la strada più facile e prevedibile, presentandoci una vicenda sotterranea e contraddittoria, un duello a distanza logorroico e cerebrale, una dialettica ragionata e stringente: una (S)storia puramente politica.
1865: La guerra civile annovera una serie interminabile di morti e a giorni si voterà alla Camera sul tredicesimo emendamento costituzionale volto ad abolire la schiavitù dei neri, carburante imprescindibile per l’economia degli Stati ribelli del Sud. Il disegno politico del presidente repubblicano Lincoln consiste nell’ approvazione dell’emendamento come compromesso per la pacificazione, anteriore ad un eventuale termine delle battaglie; consapevole che se i fuochi cessassero prima della votazione anche una frangia dei repubblicani rifiuterebbe un decreto così liberale. A complicare la situazione è la constatazione che sono necessari almeno venti voti del partito democratico, ed è qui che il film si avvia con tutti gli spudorati meccanismi politici di ieri, di oggi, di sempre.
Cosicché se da un lato, preclusi ai nostri occhi, infuriano le sanguinose ed esasperanti battaglie, l’occhio della cinepresa si insinua nelle mura dei centri istituzionali del potere, costruiti con tutta la cura maniacale e ossessiva per i particolari più minuziosi di Steven Spielberg. I nuovi agoni dello scontro sono i tavolini della Casa Bianca e i seggi della Camera; dimenticate proiettili e archibugi, immaginate inchiostro e fogli volanti. Lo spettatore viene chiamato a seguire attentamente tutte le concitate missioni diplomatiche, gli intricati cavilli giuridico-amministrativi, gli innumerevoli compromessi fatti di simulazioni e dissimulazioni che portano al più attuale trasformismo politico. Il tredicesimo emendamento non è solo il principio e il cardine della società egualitaria e universalmente democratica degli Stati Uniti d’America, ma prima una conquista strumentale tesa a comporre e imporre la propria (fortunatamente giusta) ideologia nazionale agli inflessibili Stati del Sud.
Atlante dell’intero film è il Lincoln del magistrale Daniel Day-Lewis: screziato e camaleontico, mutevole e pieghevole in rapporto ai vari personaggi, dalla moglie vacillante al primogenito caparbio; complessivamente una figura caratterizzata da una solenne pacatezza e un’aura di riverenza, a tratti mistico ad altri machiavellico, umanamente affascinato e intrattenente, presente e sfuggente.
Al termine del film la considerazione che resta è quella di una nazione orfana, ma ormai matura per la ricostruzione.
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paolo salvaro
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domenica 27 gennaio 2013
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un buon film senza la zampata finale
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Che senso ha fare un film autobiografico su Abramo Lincoln se poi l'evento che ha posto fine alla sua vita, in quel teatro, non ci viene nemmeno mostrato? E' come se il Nemico Pubblico basato sulla vita di John Dillinger di pochi anni fa si fosse chiuso con un poliziotto che dava al suo superiore la notizia della morte dell'inafferrabile bandito, senza quella meravigliosa scena che convoglia tutto il suspence ed il pathos del film! Che i finali non siano il forte di Steven Spielberg è risaputo, ma qui veramente sembrava che non sapesse bene come chiudere il quadro ed ha deciso di regalarci un incolore monologo finale per poi far partire i titoli di coda di colpo .
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Che senso ha fare un film autobiografico su Abramo Lincoln se poi l'evento che ha posto fine alla sua vita, in quel teatro, non ci viene nemmeno mostrato? E' come se il Nemico Pubblico basato sulla vita di John Dillinger di pochi anni fa si fosse chiuso con un poliziotto che dava al suo superiore la notizia della morte dell'inafferrabile bandito, senza quella meravigliosa scena che convoglia tutto il suspence ed il pathos del film! Che i finali non siano il forte di Steven Spielberg è risaputo, ma qui veramente sembrava che non sapesse bene come chiudere il quadro ed ha deciso di regalarci un incolore monologo finale per poi far partire i titoli di coda di colpo .... come se di monologhi non ne avessimo avuti abbastanza nel corso di tutto il film! Questa pellicola è l'ennesima dimostrazione che gli americani sono prevenuti e favorevoli nei confronti dei film che vanno ad esaltare in bene la loro cultura (vedi anche Pearl Harbor, Salvate il soldato Ryan, The Hurt Locker, Platoon) e a denigrarne o a non apprezzare fino in fondo altri che criticano il "sogno americano" o non lo esaltano a sufficienza. Pensare, ad esempio, che questo film sia nominato per 12 premi oscar e che il Discorso del re (tornando a parlare di film autobiografici) ne abbia ottenute altrettante vincendone 4 mi fa sorridere. Sulla base di cosa sono state date 12 nominations anche a Lincoln, palesemente inferiore al Discorso del re? Per quale diavolo di motivo, torno a chiedermi, anzichè una scena macabra ma almeno adrenalinica in cui il povero presidente veniva freddato da un pazzo sudista, Spielberg ne ha inserita una in cui si vede un servitore quasi mai inquadrato prima che osserva Lincoln allontanarsi sempre di più, facendoci intuire che sta per morire, ma senza farci vedere il momento culminante? Aveva forse paura di perdere tre o quattro nominations mostrando il corpo agonizzante di un patriota americano? Sembra quasi di guardare un documentario storico più che un film vero e proprio, con tanto di date che ci ricordano a quale punto siamo arrivati. E' un buon film, nonostante tutto. Forse un pò troppo pesante e ripetitivo, a volte anche scontato, ma nonostante tutto è un più che discreto prodotto. Certo, dal dire che è buono al dire che è una pellicola che può soffiare a Django l'oscar per il miglior film ce ne passa di acqua sotto i ponti, soprattutto se fra i due litiganti si inserisce un certo Flight che se è bello come si dice potrebbe generare grosse sorprese, senza dimenticare che anche Argo potrebbe essere un plausibilissimo vincitore! Ho paura che Lincoln del buon Spielberg dopo le bastonate prese ai Golden Globe si dovrà accontentare delle briciole anche alla notte degli Oscar.
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[+] palesemente inferiore?
(di brian77)
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[+] mah ....
(di paolo salvaro)
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hernan
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sabato 26 gennaio 2013
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tributo apologetico e poco più
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Premesso che un giudizio negativo va sul film nel suo complesso, perchè poco c'è da dire alle doti di regia di Steven Spielberg, è pur vero che da un film pluricandidato agli Oscar ci si aspettasse qualcosa di eccezionale. C'è ben poco, invece, oltre la ridondante celebrazione di Abraham Lincoln, uomo e presidente della nazione tra le più autocelebrative dai tempi della propaganda augustea. Tuttavia non era nell'intenzione di Spielberg unl'inchiesta storica su una delle pagine più sanguinose della storia degli Stati Uniti, nè ci si deve aspettare tanto. Messi da parte i sentimenti più volgarmente antiamericani (e forse più storicamente fondati), guardando "Lincoln" si assiste ad una lezione accademica di cinema dal grande Spielberg, la cui mano si vede e riconosce con una certa frequenza tra le scene.
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Premesso che un giudizio negativo va sul film nel suo complesso, perchè poco c'è da dire alle doti di regia di Steven Spielberg, è pur vero che da un film pluricandidato agli Oscar ci si aspettasse qualcosa di eccezionale. C'è ben poco, invece, oltre la ridondante celebrazione di Abraham Lincoln, uomo e presidente della nazione tra le più autocelebrative dai tempi della propaganda augustea. Tuttavia non era nell'intenzione di Spielberg unl'inchiesta storica su una delle pagine più sanguinose della storia degli Stati Uniti, nè ci si deve aspettare tanto. Messi da parte i sentimenti più volgarmente antiamericani (e forse più storicamente fondati), guardando "Lincoln" si assiste ad una lezione accademica di cinema dal grande Spielberg, la cui mano si vede e riconosce con una certa frequenza tra le scene. Lo statuario presidente assume i caratteri quasi leggendari dell'eroe classico, investito di una grande responsabilità e al tempo stesso in trasognata riflessione, capace di essere padre affettuoso e severo, marito tenero e intransigente, abile uomo politico e eterno indeciso. E così, mentre da un lato si dipinge il carattere epico di un personaggio ormai appartenente più alla leggenda che alla storia, emergono i rappresentanti della Camera, divisi tra Repubblicani e Democratici, dipinti come oratori greci che si azzannano per la vittoria nella disputa, nella quale a vincere è il più scaltro e abile nel maneggiare le parole. Assume tratti comici (si fa per dire) la "naturale" compravendita di voti e incoerenza dei votanti, moralmente subordinata al fine più nobile che giustifica ogni mezzo, qual è l'abolizione della schiavitù (e qui a qualche storico potrebbero venire i brividi). Ma a parte la vicenda che si districa in tempi lunghi, prolissa e a tratti ridondante, le note di merito vanno ad alcune inquadrature davvero poetiche e, a mio modesto parere, alla forza affidata ai personaggi di colore, tra cui la dama di compagnia della signora Lincoln (Gloria Reuben) che in pochi minuti delinea un personaggio degno della Woopi Goldberg de "Il coloro viola". Detto ciò, 9 nomination agli Oscar, conquistate in casa grazie al tono da epopea celebrativa, qualche premio sicuramente sarà conquistato, ma non abbastanza per poter essere definito un capolavoro.
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(di hernan)
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tiziana2013
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lunedì 28 gennaio 2013
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la storia secondo spielberg
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Mi aspettavo grandi emozioni da questo film che ha ottenuto ben 13 nominations all’ Oscar 2013, ma queste emozioni non sono mai arrivate. I temi trattati davano grande fondatezza a queste aspettative ma il senso di attesa per un qualcosa di davvero coinvolgente emotivamente e’ rimasto tale fino alla fine. Nessuna commozione tranne che per alcuni momenti concentrati nella seconda parte. Ma forse questo e’ un mio limite, perche’la politica e’ cosi’’, e’ il fine che giustifica i mezzi, e quindi la chiave di lettura della storia fatta di Spielberg e’ esatta.
Qualcuno dira’ che fra i pregi di questo film c’e’proprio l’asetticita’ della ricostruzione storica, l’assenza di falsi moralismi, l’essenzialita’, il non dire e il non far vedere, il togliere piu’ che l’aggiungere, tuttavia, a mio avviso, una ricostruzione storica non esclude del tutto i sentimenti, (ovviamente sensa enfatizzare), altrimenti si rischia di trovarci di fronte ad un film anaffettivo.
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Mi aspettavo grandi emozioni da questo film che ha ottenuto ben 13 nominations all’ Oscar 2013, ma queste emozioni non sono mai arrivate. I temi trattati davano grande fondatezza a queste aspettative ma il senso di attesa per un qualcosa di davvero coinvolgente emotivamente e’ rimasto tale fino alla fine. Nessuna commozione tranne che per alcuni momenti concentrati nella seconda parte. Ma forse questo e’ un mio limite, perche’la politica e’ cosi’’, e’ il fine che giustifica i mezzi, e quindi la chiave di lettura della storia fatta di Spielberg e’ esatta.
Qualcuno dira’ che fra i pregi di questo film c’e’proprio l’asetticita’ della ricostruzione storica, l’assenza di falsi moralismi, l’essenzialita’, il non dire e il non far vedere, il togliere piu’ che l’aggiungere, tuttavia, a mio avviso, una ricostruzione storica non esclude del tutto i sentimenti, (ovviamente sensa enfatizzare), altrimenti si rischia di trovarci di fronte ad un film anaffettivo., e, con tutto il rispetto e le dovute proporzioni, alle ricostruzioni storiche che ci propone Quark! Insomma, lasciare allo spettatore l’immaginazione e’ importante ma non fa un film storico..Non dobbiamo dimenticare infatti che ci troviamo di fronte ad avvenimenti che hanno cambiato la storia dell’umanita’.
Lincoln, globalmente e’ un buon film, questo e’ innegabile, in virtu’ soprattutto degli attori e della regia di Spielberg, sempre grande maestro, ..ma manca il pathos e appare troppo sbrigativo, distaccato e in alcuni punti un po’pesante e noioso. Forse meriterebbe una seconda visone, una seconda opportunita’, per una assoluzione completa.
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mystic
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martedì 29 gennaio 2013
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lontano da schindler, da ryan e da munich
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Chi lo adora sin dai tempi di "Duel", chi lo reputa un regista di film per ragazzi e chi dice che azzecca un film di tanto in tanto. Quel che è certo è che nessuno rimane indifferente di fronte al cinema di Steven Spielberg.
E' comunque strano pensare che il biopic su Lincoln, un personaggio che ha conquistato Spielberg sin dall'infanzia, venga realizzato solo dopo più di 40 anni dietro la cinepresa, passati a girare alieni, squali, discriminazioni razziali e dinosauri.
"Lincoln" racconta di come, negli ultimi mesi di vita, il 16esimo presidente degli Stati Uniti d'America sia riuscito ad abolire la schiavitù, dando al tempo stesso una panoramica a 360 gradi del Lincoln presidente, uomo, marito e padre.
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Chi lo adora sin dai tempi di "Duel", chi lo reputa un regista di film per ragazzi e chi dice che azzecca un film di tanto in tanto. Quel che è certo è che nessuno rimane indifferente di fronte al cinema di Steven Spielberg.
E' comunque strano pensare che il biopic su Lincoln, un personaggio che ha conquistato Spielberg sin dall'infanzia, venga realizzato solo dopo più di 40 anni dietro la cinepresa, passati a girare alieni, squali, discriminazioni razziali e dinosauri.
"Lincoln" racconta di come, negli ultimi mesi di vita, il 16esimo presidente degli Stati Uniti d'America sia riuscito ad abolire la schiavitù, dando al tempo stesso una panoramica a 360 gradi del Lincoln presidente, uomo, marito e padre.
Si tratta di una storia americana tipicamente ( e a ragione) celebrativa, lunga e articolata, dove le varie personalità politiche si intrecciano in un groviglio non facile da gestire.
La ricostruzione storica, basata sul libro "Team of the Rivals" di Kushner, è precisa e minuziosamente studiata, ma troppo spesso l'uso eccessivo dei dialoghi e della recitazione abbassano l'attenzione del pubblico. Lo sforzo richiesto allo spettatore per seguire la narrazione è notevole, e forse di qualche aiuto risulterà la presenza di volti noti nel cast: Tommy Lee Jones (nei panni di Stevens, antischiavista che da anni lotta per i diritti dei neri), Sally Field (la First Lady) e Joseph Gordon Levitt (il figlio del presidente che ha rapporti problematici con la madre che non lo vuole militare).
Ma è Daniel Day Lewis ad offrire un'interpretazione per la quale vincerà probabilmente l'Oscar che lo annovera definitivamente al livello di Pacino e De Niro. Eliminate il doppiaggio criticabile di Favino e concentratevi soltanto sulla mimica facciale: la sua recitazione è perfetta.
Convincenti colonna sonora, con l'inconveniente di accompagnare soltanto poche scene, e fotografia.
Ma, nonostante il finale sia una perla di rara bellezza e il film farà sicuramente indigestione di riconoscimenti, il lavoro di Spielberg è lontano dall'ispirazione dei giorni di gloria di Schindler's List, di Ryan, e di Munich.
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