antonio montefalcone
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venerdì 26 ottobre 2012
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le pieghe intime e dolorose dell'amore...
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Haneke torna a esplorare i volti oscuri e crudeli dell’esistenza, di una realtà sempre sfuggente e nascosta. E lo fa tramite una cupa e cinica incursione nel mondo della vecchiaia e della malattia, dove il male che devasta i corpi si traduce in malessere che annienta le anime. A dispetto di ciò che può evocare il titolo, il film è tutt’altro che dedito al sentimentalismo e alla dolcezza. Lo sguardo è impietoso, la messa in scena sobria. Però fa commuovere e riflettere (non lascia mai interpretazioni univoche). La lucida e rigorosa indagine si concentra stavolta nell’amore di due ottantenni e nelle miserie di una malattia. Il fascino di questo dramma da camera è dettato dalla negazione di ogni retorica e giudizio morale, di ogni aspetto consolatorio, di ogni facile aspettativa e idea preconcetta su queste controverse tematiche.
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Haneke torna a esplorare i volti oscuri e crudeli dell’esistenza, di una realtà sempre sfuggente e nascosta. E lo fa tramite una cupa e cinica incursione nel mondo della vecchiaia e della malattia, dove il male che devasta i corpi si traduce in malessere che annienta le anime. A dispetto di ciò che può evocare il titolo, il film è tutt’altro che dedito al sentimentalismo e alla dolcezza. Lo sguardo è impietoso, la messa in scena sobria. Però fa commuovere e riflettere (non lascia mai interpretazioni univoche). La lucida e rigorosa indagine si concentra stavolta nell’amore di due ottantenni e nelle miserie di una malattia. Il fascino di questo dramma da camera è dettato dalla negazione di ogni retorica e giudizio morale, di ogni aspetto consolatorio, di ogni facile aspettativa e idea preconcetta su queste controverse tematiche. Il film, complesso e interessante, intimista e sofferto, è un ritratto dell’esistenza che si e ci spegne, e di un lirico amore minato dalle complicazioni dell’età avanzata. A dar spessore ai protagonisti sono le notevoli interpretazioni di E. Riva (intensa nello sguardo e nelle trasformazioni del corpo umiliato dalla malattia) e di J. L. Trintignant (afflitto e tormentato). Ammirevole è la cura formale e lo stile di regia che procede per sottrazione e fredda staticità: inquadrature fisse, lunghi piani sequenza, pochi movimenti di macchina, fotografia soffusa e oscura, ritmo lento, ambientazione claustrofobica. I logorii fisici di Anne e quelli psichici di Georges sono simboleggiati dalla limitatezza della casa. Altrettanto ammirevole è il tratteggio, preciso e discreto, di questa storia ricca di sublimi momenti, scioccanti nella loro chiarezza e semplicità. La sceneggiatura turba e coinvolge; è dura ma anche delicata. Essenziale e cruda, è giocata su geometrici contrasti e inquietanti ambivalenze, come quelle che evocano i temi alti di Vita, Morte, Amore. Proprio quest’ultima parola, eloquente ed efficace titolo del film, sprigiona le inevitabili dinamiche, interrelazioni e compresenze della vita e della morte al suo e al loro interno. E’ l’amore autentico dei due anziani che li scatena con una forza centripeta e centrifuga. La sofferta intimità di questa coppia svela l’intimità della sofferenza e del dolore, nelle sue forme più agghiaccianti e profonde, perché irreversibili, insostenibili. Esistenze e personalità sono sconvolte in modo brusco e tragico. Superano ogni limite tollerato e moralmente accettato dall’umana natura, perché esasperati e messi a dura prova da una Natura imperfetta e da una Realtà assurda. La coppia anziana è vittima impotente di questo crudele meccanismo che minaccia ordini e sistemi lineari, e destabilizza equilibri psico-fisici ed esistenziali; ma al tempo stesso diventa anche potente incarnazione di un’esemplare sfida di dignità nei suoi riguardi. Il gesto estremo di Georges è la realizzazione massima dell'amore e della dignità. Ma è anche la propagazione di quell’orrore che annienta i due protagonisti. L’ambivalenza (dei sentimenti, ma non solo) che contraddistingue tutta la pellicola, continua. Ciò che si è costretti a guardare allora è solo l’impossibilità di fare i conti con una difficile e incontrollabile realtà e con gli estremi angoscianti rimedi che essa comporta. E’ ciò che il regista ha voluto evidenziare con questa pellicola. Un raffinato e potente capolavoro che non ha paura di guardare in faccia le violenze che l’uomo compie e subisce ogni giorno. Anche nell’amore…
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renato volpone
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giovedì 25 ottobre 2012
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l'amore e il dolore
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Una sera, il concerto: Anne, un'insegnante di pianoforte si gode l'esecuzione a teatro di un suo allievo, ormai lanciato in una splendida carriera, sarà l'ultima sera. Al mattino un'assenza cerebrale preannuncia un rapido declino: la porterà in ospedale per un intervento alle coronarie e poi ad una paralisi progressiva. Emmanuelle Riva è grandiosa sia nel ruolo di "magnifica signora" che in quello di malata. Fantastico il regista nel guidarla: per chi ha vissuto l'esperienza è proprio così, tutto così. Il marito Georges, un grande Jean - Louis Trintignan, non l'abbandona e, in un immenso sacrificio d'amore, l'accompagna fino all'estremo, quell'estremo che si lo arrende e con le ultime forze rimaste le tenderà una mano.
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Una sera, il concerto: Anne, un'insegnante di pianoforte si gode l'esecuzione a teatro di un suo allievo, ormai lanciato in una splendida carriera, sarà l'ultima sera. Al mattino un'assenza cerebrale preannuncia un rapido declino: la porterà in ospedale per un intervento alle coronarie e poi ad una paralisi progressiva. Emmanuelle Riva è grandiosa sia nel ruolo di "magnifica signora" che in quello di malata. Fantastico il regista nel guidarla: per chi ha vissuto l'esperienza è proprio così, tutto così. Il marito Georges, un grande Jean - Louis Trintignan, non l'abbandona e, in un immenso sacrificio d'amore, l'accompagna fino all'estremo, quell'estremo che si lo arrende e con le ultime forze rimaste le tenderà una mano. È un film per chi si sente di conoscere e vuole parlare di testamento biologico, di morte assistita, e per chi non ne ha cognizione e usa forti leve morali per gestire il triste destino di altri. Questa storia insegna molto ed è tutto vero, come é vero l'isolamento, l'abbandono, la gente che se ne approfitta, il dolore. Ma sopra il dolore, su tutto, c'è quell'amore di cui oggi, per rincorrere falsi miti, ci si scorda, non lo si vede, presagio di quello che sarà un futuro di solitudine e rigetto, troppo impegnati, come la figlia dei protagonisti (isabelle Huppert) a seguire il destino economico del mercato immobiliare. Bellissimo film, qualche pecca nel montaggio, ma assolutamente da non perdere.
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dario74
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giovedì 25 ottobre 2012
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incollati alle sedie
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Aspettavo questo film da tempo e oggi al primo spettacolo mi sono precipitato a vederlo... Oltre ogni immaginabile aspettativa è un capolavoro epocale, un'esperienza fisica che ha costretto tutta la sala a un religioso silenzio fin oltre i titoli di coda finché non ci hanno cacciati tutti per permettere l'entrata allo spettacolo successivo! Una vera lezione d'amore. Di amore vero, assoluto e totale. Un amore che va oltre e attraverso la morte. Un amore che colpisce lo spettatore in una dimensione totalmente estranea perché ti proietta all'interno dello schermo e far uscire i personaggi fuori dallo schermo come se li conoscessi da sempre, come se avessi vissuto con loro ogni istante delle loro vite.
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Aspettavo questo film da tempo e oggi al primo spettacolo mi sono precipitato a vederlo... Oltre ogni immaginabile aspettativa è un capolavoro epocale, un'esperienza fisica che ha costretto tutta la sala a un religioso silenzio fin oltre i titoli di coda finché non ci hanno cacciati tutti per permettere l'entrata allo spettacolo successivo! Una vera lezione d'amore. Di amore vero, assoluto e totale. Un amore che va oltre e attraverso la morte. Un amore che colpisce lo spettatore in una dimensione totalmente estranea perché ti proietta all'interno dello schermo e far uscire i personaggi fuori dallo schermo come se li conoscessi da sempre, come se avessi vissuto con loro ogni istante delle loro vite. Forse tornerò a scrivere di questo film ma ora preferisco farlo vivere dentro di me!!!
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ghismina1
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mercoledì 17 ottobre 2012
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ricattatorio
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la bravura degli attori é fuori discussione,il regista é molto apprezzato e riconosco essere un ottimo regista,anche se a me spesso i suoi film non piacciono,come in questo caso.c'é una specie di voyeurismo esagerato ed esasperato,gratuito e angosciante di cui francamente non vedo la necessitá,non c'é un briciolo di discrezione.una rappresentazione del degrado dovuto alla malattia che non risparmia nulla.ma perché? Ho trovato quasi un compiacimento nella rappresentazione ripetitiva di immagini dolorose e strazianti.no,questo film non solo non mi é piaciuto,lo trovo anche moralmente discutibile e retorico. Haneke non mi ha proprio convinto e questa ennesima palma d'oro non gliela avrei mai data.
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la bravura degli attori é fuori discussione,il regista é molto apprezzato e riconosco essere un ottimo regista,anche se a me spesso i suoi film non piacciono,come in questo caso.c'é una specie di voyeurismo esagerato ed esasperato,gratuito e angosciante di cui francamente non vedo la necessitá,non c'é un briciolo di discrezione.una rappresentazione del degrado dovuto alla malattia che non risparmia nulla.ma perché? Ho trovato quasi un compiacimento nella rappresentazione ripetitiva di immagini dolorose e strazianti.no,questo film non solo non mi é piaciuto,lo trovo anche moralmente discutibile e retorico. Haneke non mi ha proprio convinto e questa ennesima palma d'oro non gliela avrei mai data. Con tutto il rispetto per il tema che affronta e,ripeto per la bravura ed il coraggio degli attori.
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(di miraj)
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lukemisonofattotuopadre
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sabato 13 ottobre 2012
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haneke non sbaglia più un colpo
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Ok, signori e signore, è ufficiale: Michael Haneke non sbaglia più un colpo. Caché, Il nastro bianco e adesso Amour. Ottimi film, ben girati, ben recitati, ottimamente scritti. Tutti diversi. Caché è proprio un thriller, anche se il finale è atipico, Il Nastro Bianco un dramma storico degno del povero Hobsbawm, e questo Amour un dramma rigoroso e essenziale, che non arretra davanti a nulla.
Sapete la storia e non occorre aggiungere altro se non questo: Haneke nel corso degli anni ha perfezionato la trasposizione della sua visione del mondo su pellicola, per cui Amour colpisce come se fosse un thriller: la malattia viene prima suggerita, dopo che l'inizio aveva già rivelato la fine, poi assistiamo all'inesorabile decadimento della carne e del corpo, fino a quando il dolore è per entrambi insopportabile, seppure per motivi diversi, e l'enorme, inarrivabile Trintignant vi pone fine.
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Ok, signori e signore, è ufficiale: Michael Haneke non sbaglia più un colpo. Caché, Il nastro bianco e adesso Amour. Ottimi film, ben girati, ben recitati, ottimamente scritti. Tutti diversi. Caché è proprio un thriller, anche se il finale è atipico, Il Nastro Bianco un dramma storico degno del povero Hobsbawm, e questo Amour un dramma rigoroso e essenziale, che non arretra davanti a nulla.
Sapete la storia e non occorre aggiungere altro se non questo: Haneke nel corso degli anni ha perfezionato la trasposizione della sua visione del mondo su pellicola, per cui Amour colpisce come se fosse un thriller: la malattia viene prima suggerita, dopo che l'inizio aveva già rivelato la fine, poi assistiamo all'inesorabile decadimento della carne e del corpo, fino a quando il dolore è per entrambi insopportabile, seppure per motivi diversi, e l'enorme, inarrivabile Trintignant vi pone fine.
Gli attori sono fenomenali, da paura, quasi. Anche se obietterei che Trintignant non stia recitando; piuttosto, è la vita, purtroppo, a dettargli quelle espressioni laceranti.
Amour è un po' La Bella Addormentata di Cannes, anche se qui non ha senso parlare di eutanasia o testamento biologico. Per cui spero che nessuno faccia tanto rumore per nulla, come per il film sulla povera Eluana, e ci si possa godere questo gran, tristissimo film, in pace.
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dario74
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venerdì 28 settembre 2012
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imperdibile
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Ho letto molto su questo film: durante cannes e dopo la vittoria della palma d'oro i critici di tutto il mondo (italiani compresi, nonostante Garrone) hanno salutato Amour come un film capolavoro. Sembrava si stesse riscrivendo in quei giorni la storia del cinema. Si sa che Nanni Moretti (presidente di giuria a Cannes) non ami Haneke (eufemismo?) ma anche lui, evidentemente, si è dovuto arrendere a un'evidenza. Quasi quasi comincio a credere che siamo davvero davanti a un capolavoro e con queste premesse l'attesa è altissima! Non vedo l'ora di vederlo! A scatola chiusa...
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