“Scrivi come ti piace scrivere, usa i ritmi che vengono fuori, prova strumenti diversi, siediti al piano, distruggi la metrica, urla invece di cantare, soffia nella chitarra e strimpella il corno. Odia la matematica, e ama i vortici. La creazione è un uccello senza piano di volo, che non volerà mai in linea retta” Violeta Parra
Il volo di Violeta Parra, figura fondamentale della musica popolare e della cultura latino-americana, non ha avuto certamente un piano preordinato.
La vita dell’artista cilena è stata randagia, intensa e tragica, vissuta visceralmente con passione e tormento, sempre accompagnata da una disperata vitalità ma anche da una lucidità intellettuale e culturale davvero
incredibili per una artista cresciuta poverissima e completamente autodidatta.
Il volo maestoso dello sparviero nel cielo andino e la lotta furibonda con la preda, immagini con cui si apre e si chiude il film, ben simbolizzano una personalità orgogliosa, complessa, indomabile e fragile nello stesso tempo. Violeta Parra viene considerata la “madre” del folk tradizionale, qualche critico la affianca persino a Bob Dylan, ma non è stata solo una straordinaria cantautrice, i suoi quadri e i suoi arazzi (tessuti ricamati) sono stati esposti al Louvre, prima volta per una artista sudamericana, senza contare le sue opere come scultrice e ceramista. Nei cinquant’anni in cui è vissuta, oltre a comporre più di tremila canzoni, è stata anche una instancabile animatrice culturale, ideatrice della “Nuova Cancion Cilena” e della “Universidad del folklore”. Ha collaborato con i maggiori artisti latino-americani come, per esempio, Pablo Neruda e Victor Jara. Per salvaguardare la memoria e la tradizione orale andina ha percorso a piedi i più sperduti pueblos cileni registrando racconti e ballate popolari tramandati a voce da secoli. Violeta Parra went to heaven, diretto dal regista cileno Andres Wood, non vuole essere un ritratto agiografico, tanto meno una biografia celebrativa. Cerca invece di restituire allo spettatore la contrastante personalità di Violeta, l’orgoglio e la vitalità, ma anche le numerose contraddizioni, l’anima inquieta e la tormentata intimità. Ispirato al romanzo biografico del figlio Angel, “Violeta se fue a los cielos”, il film di Wood non ha una narrazione lineare ma circolare, alterna piani temporali differenti intrecciando i momenti salienti della vita della cantante. Il filo conduttore è un’intervista del ‘62 alla televisione argentina in cui una esuberante e straripante Violeta risponde a tono alle provocazioni del giornalista.
Il regista ha preferito soffermarsi sul personaggio più intimo e privato, focalizzando maggiormente la complessa personalità e le pene d’amore piuttosto che le battaglie politiche e sociali, lasciate invece sullo sfondo.
Grazie all’indiscutibile bravura del cineasta cileno ed alla bellissima fotografia di Miguel Joan Littin molte scene del film sono veramente suggestive e memorabili. Dalle risse nelle osterie dove il padre alcolizzato suonava la chitarra con i figlioletti nascosti sotto ai tavoli alle peregrinazioni nei villaggi del sud del Cile per raccogliere i ricordi degli anziani, fino alla relazione tempestosa e disperata con il musicologo svizzero Gilbert Fabré, il tutto appare assolutamente sincero. Se l’intenso e appassionato ritratto che emerge da questo mosaico lo sentiamo come “vero” il merito maggiore deve esser riconosciuto alla straordinaria
interpretazione di Francisca Gavilan. Violeta Parra sembra davvero rivivere nell’attrice cilena, sia fisicamente che per la magnifica recitazione in grado di esprimerne efficacemente la vitalità e la malinconia. Anche le 21 canzoni che compongono la colonna sonora sono state cantate e interpretate con grande bravura da Francisca Gavilan. Il 5 ottobre 1967, a solo cinquant’anni Violeta è andata in cielo. Un’esistenza breve ma vissuta intensamente, con grande generosità e idealità, una vita a cui lei stessa pochi anni prima aveva voluto rendere omaggio con la sua canzone più famosa, “gracias a la vida”.
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