antonello chichiricco
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martedì 16 luglio 2013
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nel paradiso per piccoli grandi spiriti
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E’ un film ben poco agiografico, ponendosi da subito su di un piano crudo, critico, a volte severo nei confronti dell’artista cilena. Andrès Wood ha tracciato un ritratto rigoroso, teso a decifrare la complessa individualità della persona umana più che del personaggio. E lo ha fatto senza indulgere a pietismi, ma anzi accentuandone le zone d’ombra. Violeta Parra è stata cantautrice, pittrice, poetessa, scrittrice, scultrice, etnomusicologa, attrice, ballerina e molto altro, di eccezionale talento, totalmente autodidatta, impegnatissima nel recupero e nella valorizzazione della tradizione popolare del suo paese, con grandi meriti artistici e culturali riconosciutigli ovunque.
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E’ un film ben poco agiografico, ponendosi da subito su di un piano crudo, critico, a volte severo nei confronti dell’artista cilena. Andrès Wood ha tracciato un ritratto rigoroso, teso a decifrare la complessa individualità della persona umana più che del personaggio. E lo ha fatto senza indulgere a pietismi, ma anzi accentuandone le zone d’ombra. Violeta Parra è stata cantautrice, pittrice, poetessa, scrittrice, scultrice, etnomusicologa, attrice, ballerina e molto altro, di eccezionale talento, totalmente autodidatta, impegnatissima nel recupero e nella valorizzazione della tradizione popolare del suo paese, con grandi meriti artistici e culturali riconosciutigli ovunque. Ma era soprattutto una donna, viva, straripante, entusiasta, anticonformista, visionaria, autoironica, di animo nobile e generoso, di superbo rigore morale, ma anche spregiudicata, sferzante, orgogliosa, spigolosa, possessiva, impunita (quando l’amato Gilbert all’uscita dal Louvre la pianta in asso, lei finge uno svenimento schizzando in piedi come una molla subito dopo), spietata (la scena in cui il sindaco di Santiago cerca di consolarla da un insuccesso e viene sbeffeggiato e respinto), una densità vitale eccessiva, collassante, un’intrepida, fragile piccola donna, tendente a una depressione crescente, che le sarà fatale. In questi casi si parla un po’ facilmente di natura contraddittoria o di doppia personalità, dimenticando che nessun essere umano è soltanto una cosa.
Il film sviluppa in un tempo circolare in cui si succedono episodi-collage del mosaico incompiuto della vita di Violeta, tessere di memoria evocate nel corso di un’intervista.. Il racconto è reso con efficacia, e sono presenti molti spunti significativi attinti alla sua storia ma Violeta Parra è stata anche altro: prima del suo tormentato amore con Gilbert Favre ha avuto un marito e due figli, Angel e Isabel, (si era sposata a venti anni con Luis Cereceda) ha girato il mondo con concerti e conferenze (Venezuela, Bolivia, Argentina, Polonia, Russia, Germania, Italia, Svizzera, Francia) ha collaborato con Pablo Neruda, è stata ideatrice/promotrice della Nueva Cancion Cilena, istituzione finalizzata alla ricerca etnofilologica delle radici della tradizione popolare musicale del Cile, un movimento culturale radiante di cruciale importanza per la diffusione del folklore del continente Latino-americano a cui hanno aderito artisti quali Victor Jara, Quilapayun, Inti Illimani, Patricio Manns, Los Calchakis e molti altri.
Scrupolosa la fotografia, ambrata e chiaroscurale negli interni con inquadrature ravvicinate e vibranti, in sintonia col “verismo” della pellicola; si poteva osare di più nei panorami in esterno accentuandone i contrasti cromatici, ma Miguel Littin ha forse privilegiato un certo parallelismo emotivo, umore-colore, con l’inquieto personaggio dell’Artista.
Impressionante la somiglianza dell’ottima Francisca Gavilàn, lei stessa cantante delle varie canzoni di Violeta. Mancano dallo sviluppo tematico musicale brani fondamentali come Exiliada del sur, La cueca de los poetas, e la splendida Volver a los diecisiete (interpretata negli anni da interpreti eccezionali come Mercedes Sosa, Caetano Velos, Chico Barque).
Un film sicuramente scarno, di asciutta onestà intellettuale, lontano dai ritmi e dal buonismo retorico/appagante di molte pellicole holliwoodiane, che non si offre facile, lacrimevole spettacolo, che non santifica, ma che cerca di penetrare profondamente, quasi dostojevskianamente, nei meandri chiaroscurali dell’animo, ambiguo, controverso, ma straordinariamente sublime e ineffabile di un artista. Un'Artista che nel nostro caso, al di là di tutto, merita a pieno titolo di andare in Cielo, nel Paradiso dei Grandi Spiriti.
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writer58
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giovedì 23 febbraio 2017
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corazon maldito
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"Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado la risa y me ha dado el llanto
Así yo distingo dicha de quebranto
Los dos materiales que forman mi canto
Y el canto de ustedes que es el mismo canto
Y el canto de todos que es mi propio canto..."
Violeta Parra è morta suicida all'età di 50 anni, dopo aver composto il suo testamento spirituale ("Gracias a la vida"), riprodotto parzialmente in epigrafe, come se avesse deciso di congedarsi dalla vita dopo averne celebrato la bellezza intrinseca e la poesia. Rappresentazione perfetta di una traiettoria emblematica fatta di grandi slanci, passioni, sofferenze, fragilità, desideri di riscatto individuali e collettivi, un insieme di elementi contraddittori che il film di Andres Wood ci propone senza spettacolarizzazioni e senza celebrazioni agiografiche.
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"Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado la risa y me ha dado el llanto
Así yo distingo dicha de quebranto
Los dos materiales que forman mi canto
Y el canto de ustedes que es el mismo canto
Y el canto de todos que es mi propio canto..."
Violeta Parra è morta suicida all'età di 50 anni, dopo aver composto il suo testamento spirituale ("Gracias a la vida"), riprodotto parzialmente in epigrafe, come se avesse deciso di congedarsi dalla vita dopo averne celebrato la bellezza intrinseca e la poesia. Rappresentazione perfetta di una traiettoria emblematica fatta di grandi slanci, passioni, sofferenze, fragilità, desideri di riscatto individuali e collettivi, un insieme di elementi contraddittori che il film di Andres Wood ci propone senza spettacolarizzazioni e senza celebrazioni agiografiche.
Violeta era un’artista straordinariamente dotata e versatile: non solo grande cantautrice, ma anche scrittrice, poetessa, pittrice e scultrice, attenta al recupero delle tradizioni popolari (la cui ricchezza in America Latina ha una forza pari soltanto alla ferocia della colonizzazione), innovatrice e fondatrice della “Nueva canciòn chilena”. Donna appassionata, generosa, impegnata nelle lotte di emancipazione del proprio popolo, visionaria e con una sensibilità poetica eccezionale. Allo stesso tempo, fragile, possessiva, incapace di mediazioni, almeno per ciò che riteneva veramente importante, desiderosa di amore assoluto, orgogliosa e testarda. Caratteristiche di una personalità debordante, che traeva energia e ispirazione dai sentimenti, ma che i sentimenti, se venivano negati, contribuivano a ferire, a lacerare.
Il film di Andres Wood, regista cileno, evita questi pericoli proponendoci una ritratto dell’artista latinoamericana attento alla complessità del persona, alle contraddizioni di una donna che è maturata creativamente negli anni ’50 in un contesto maschilista e periferico rispetto alle direttrici culturali egemoni. Lo fa con un’opera attenta ai chiaroscuri, lontana dall’epopea e dalla celebrazione, che inizia in uno sperduto paesino dove Violeta e il suo gruppo si esibiscono davanti a uno scarso pubblico. “Violeta se fué a los cielos” ricostruisce il percorso dell’artista con salti temporali che restituiscono, come in un puzzle, un’immagine composita della protagonista. Il viaggio a Varsavia nel ’54, il padre alcolista, il rapporto con i 4 figli nati nei suoi due matrimoni, la permanenza in Francia dove espose i suoi quadri al Louvre, la relazione con il musicologo Gilbert Favrè, più giovane di lei di 20 anni, suo amore appassionato e tormentato, i tentativi di edificare la Universidad del folklore, le sensazioni di abbandono dopo la fine del suo rapporto, una depressione strisciante che si è insinuata dentro di lei fino all’esito fatale, tutti questi elementi sono presentati senza enfasi, con un approccio onesto e rispettoso, ma non compiacente.
L’attrice che interpreta Violeta –Francisca Gavilan- è eccellente e si è calata nel ruolo con un’aderenza stupefacente al personaggio. La Gavilan si dimostra anche ottima cantante, la sua esecuzione di varl pezzi della Parra è realmente molto buona.
Il film di Wood mi è parso efficace e asciutto, non cede alla commozione e alla retorica – che pure sono insite nella materia trattata-, non celebra un’icona della cultura latinoamericana, è percorso da un sottile filo di tristezza, come se gli sterminati panorami andini, la vastità del continente, gli ideali culturali e politici di chi vuole edificare una società migliore si scontrassero con un destino di solitudine e di isolamento iscritto nei volti, nelle pietre, nella geografia di un territorio splendido e dimenticato.
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sergio dal maso
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giovedì 18 giugno 2015
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il volo di violeta
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“Scrivi come ti piace scrivere, usa i ritmi che vengono fuori, prova strumenti diversi, siediti al piano, distruggi la metrica, urla invece di cantare, soffia nella chitarra e strimpella il corno. Odia la matematica, e ama i vortici. La creazione è un uccello senza piano di volo, che non volerà mai in linea retta” Violeta Parra
Il volo di Violeta Parra, figura fondamentale della musica popolare e della cultura latino-americana, non ha avuto certamente un piano preordinato.
La vita dell’artista cilena è stata randagia, intensa e tragica, vissuta visceralmente con passione e tormento, sempre accompagnata da una disperata vitalità ma anche da una lucidità intellettuale e culturale davvero
incredibili per una artista cresciuta poverissima e completamente autodidatta.
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“Scrivi come ti piace scrivere, usa i ritmi che vengono fuori, prova strumenti diversi, siediti al piano, distruggi la metrica, urla invece di cantare, soffia nella chitarra e strimpella il corno. Odia la matematica, e ama i vortici. La creazione è un uccello senza piano di volo, che non volerà mai in linea retta” Violeta Parra
Il volo di Violeta Parra, figura fondamentale della musica popolare e della cultura latino-americana, non ha avuto certamente un piano preordinato.
La vita dell’artista cilena è stata randagia, intensa e tragica, vissuta visceralmente con passione e tormento, sempre accompagnata da una disperata vitalità ma anche da una lucidità intellettuale e culturale davvero
incredibili per una artista cresciuta poverissima e completamente autodidatta.
Il volo maestoso dello sparviero nel cielo andino e la lotta furibonda con la preda, immagini con cui si apre e si chiude il film, ben simbolizzano una personalità orgogliosa, complessa, indomabile e fragile nello stesso tempo. Violeta Parra viene considerata la “madre” del folk tradizionale, qualche critico la affianca persino a Bob Dylan, ma non è stata solo una straordinaria cantautrice, i suoi quadri e i suoi arazzi (tessuti ricamati) sono stati esposti al Louvre, prima volta per una artista sudamericana, senza contare le sue opere come scultrice e ceramista. Nei cinquant’anni in cui è vissuta, oltre a comporre più di tremila canzoni, è stata anche una instancabile animatrice culturale, ideatrice della “Nuova Cancion Cilena” e della “Universidad del folklore”. Ha collaborato con i maggiori artisti latino-americani come, per esempio, Pablo Neruda e Victor Jara. Per salvaguardare la memoria e la tradizione orale andina ha percorso a piedi i più sperduti pueblos cileni registrando racconti e ballate popolari tramandati a voce da secoli. Violeta Parra went to heaven, diretto dal regista cileno Andres Wood, non vuole essere un ritratto agiografico, tanto meno una biografia celebrativa. Cerca invece di restituire allo spettatore la contrastante personalità di Violeta, l’orgoglio e la vitalità, ma anche le numerose contraddizioni, l’anima inquieta e la tormentata intimità. Ispirato al romanzo biografico del figlio Angel, “Violeta se fue a los cielos”, il film di Wood non ha una narrazione lineare ma circolare, alterna piani temporali differenti intrecciando i momenti salienti della vita della cantante. Il filo conduttore è un’intervista del ‘62 alla televisione argentina in cui una esuberante e straripante Violeta risponde a tono alle provocazioni del giornalista.
Il regista ha preferito soffermarsi sul personaggio più intimo e privato, focalizzando maggiormente la complessa personalità e le pene d’amore piuttosto che le battaglie politiche e sociali, lasciate invece sullo sfondo.
Grazie all’indiscutibile bravura del cineasta cileno ed alla bellissima fotografia di Miguel Joan Littin molte scene del film sono veramente suggestive e memorabili. Dalle risse nelle osterie dove il padre alcolizzato suonava la chitarra con i figlioletti nascosti sotto ai tavoli alle peregrinazioni nei villaggi del sud del Cile per raccogliere i ricordi degli anziani, fino alla relazione tempestosa e disperata con il musicologo svizzero Gilbert Fabré, il tutto appare assolutamente sincero. Se l’intenso e appassionato ritratto che emerge da questo mosaico lo sentiamo come “vero” il merito maggiore deve esser riconosciuto alla straordinaria
interpretazione di Francisca Gavilan. Violeta Parra sembra davvero rivivere nell’attrice cilena, sia fisicamente che per la magnifica recitazione in grado di esprimerne efficacemente la vitalità e la malinconia. Anche le 21 canzoni che compongono la colonna sonora sono state cantate e interpretate con grande bravura da Francisca Gavilan. Il 5 ottobre 1967, a solo cinquant’anni Violeta è andata in cielo. Un’esistenza breve ma vissuta intensamente, con grande generosità e idealità, una vita a cui lei stessa pochi anni prima aveva voluto rendere omaggio con la sua canzone più famosa, “gracias a la vida”.
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pensierocivile
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martedì 27 agosto 2013
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la violenza dell'autore
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Sembra di essere tornati al tempo del CHE di Soderbergh con personaggi con i quali "voler" creare una sintonia, volere entrare in contatto sentimentale, di cuore, cedere alla passione e lasciarsi andare alla Storia e con l'autore che invece costruisce un muro, un barriera, una distanza incolmabile, distinguendo il desiderio dal proprio racconto. Nonostante la carica emotiva del romanzo della vita di Violeta Parra, il film si astrae da tutto ciò che può permettere il coinvolgimento dello spettatore e si presenta come una serie di episodi fondamentali della vita dell'artista cilena, sequenze che seguono il filo di una intervista rilasciata alla televisione. La narrazione però non è lineare, scortando l'intervista si salta avanti ed indietro nel tempo, si inseriscono momenti di silenziosa riflessione, si supera la vita e si procede di immaginazione nella metafora dello sparviero, la vera intuizione del film, il rapace che è vita e morte, che è avvento del destino e visione dell'aldilà, politica e capitalismo.
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Sembra di essere tornati al tempo del CHE di Soderbergh con personaggi con i quali "voler" creare una sintonia, volere entrare in contatto sentimentale, di cuore, cedere alla passione e lasciarsi andare alla Storia e con l'autore che invece costruisce un muro, un barriera, una distanza incolmabile, distinguendo il desiderio dal proprio racconto. Nonostante la carica emotiva del romanzo della vita di Violeta Parra, il film si astrae da tutto ciò che può permettere il coinvolgimento dello spettatore e si presenta come una serie di episodi fondamentali della vita dell'artista cilena, sequenze che seguono il filo di una intervista rilasciata alla televisione. La narrazione però non è lineare, scortando l'intervista si salta avanti ed indietro nel tempo, si inseriscono momenti di silenziosa riflessione, si supera la vita e si procede di immaginazione nella metafora dello sparviero, la vera intuizione del film, il rapace che è vita e morte, che è avvento del destino e visione dell'aldilà, politica e capitalismo. La scelta di questo racconto poco lineare naturalmente fa sì che il centro del film sia solo la protagonista, i personaggi secondari sono appena abbozzati, senza carattere, persino alcune scene appaiono troppo radicali in questa decisione: prima di morire Violeta Parra cadde in depressione e poi si suicidò, il film mostra il suicidio quasi come un riflesso per lo scarso pubblico accorso ad uno spettacolo nel suo tendone, ignorando completamente il periodo della sofferenza e della "sconfitta". Io avrei preferito più cuore e meno aneddoti come nel momento del canto del vecchio che finalmente supera la propria autopunizione: struggente bellezza e folgorante tristezza.
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luca scial�
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venerdì 19 luglio 2013
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la vita di un'artista tormentata
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Violeta Parra nasce in un piccolo paesino nel sud del Cile, nella classica famiglia sudamericana: proletaria, con tanti figli, padre maestro di musica alcolista, madre sarta e casalinga. Le sue passioni per la musica e il teatro sono innati e man mano renderà famoso il suo nome, sebbene viva sempre in uno status economico modesto, esibendosi in contesti che non sempre ne apprezzano le doti. Non è solo cantautrice, ma anche scultrice - le sarà dedicata un'esposizione al Louvre - ricamatrice, pittrice e pittrice. Si sposa due volte, ma anche il secondo matrimonio è tormentato, dato che il marito lavora in Bolivia e probabilmente la tradisce. Ciò la fasprofondare nella depressione, facendole creare canzoni struggenti ma anche spingendola a un gesto estremo disperato.
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Violeta Parra nasce in un piccolo paesino nel sud del Cile, nella classica famiglia sudamericana: proletaria, con tanti figli, padre maestro di musica alcolista, madre sarta e casalinga. Le sue passioni per la musica e il teatro sono innati e man mano renderà famoso il suo nome, sebbene viva sempre in uno status economico modesto, esibendosi in contesti che non sempre ne apprezzano le doti. Non è solo cantautrice, ma anche scultrice - le sarà dedicata un'esposizione al Louvre - ricamatrice, pittrice e pittrice. Si sposa due volte, ma anche il secondo matrimonio è tormentato, dato che il marito lavora in Bolivia e probabilmente la tradisce. Ciò la fasprofondare nella depressione, facendole creare canzoni struggenti ma anche spingendola a un gesto estremo disperato.
Finalmente qualcuno si è accorto che nell'immenso mondo del cinema mancava un film sulla cantautrice Violeta Parra. L'intuizione giunge a un regista suo connazionale, Andrés Wood, al suo secondo film. La biografia è esaustriva per quanto concerne le sue vicende sentimentali ed artistiche, ma molto poco viene detto sul suo impegno politico. Un aspetto non trascurabile, visto che la Parra è stata molto impegnata anche su quel fronte. Lodevole la recitazione di Francisca Gavilàn, che ha anche cantato i 21 pezzi presenti nel film.
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vincenzo iennaco
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sabato 27 luglio 2013
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la vita non è una festa
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“La vita non è una festa” dice la stessa protagonista in un passo del film. Ed in questa laconica battuta, forse, è racchiuso tutto l'universo di Violeta Parra, folk-singer cilena degli anni 50-60. Un universo poliedrico artisticamente e intimamente. Se le numerose ballate che fanno da colonna sonora al film ci fanno conoscere l'estro artistico della Parra, la regia di Andres Wood ne sviluppa le molteplici e contrastanti sfaccettature della personalità: sanguigna, “pasionaria” ma anche orgogliosa e fragile. E l'interpretazione partecipe della Gavilan (che si arrischia superbamente nell'interpretarne anche le canzoni) ci avvicina a questo personaggio dalla metrica interiore sincopata come le proprie melodie.
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“La vita non è una festa” dice la stessa protagonista in un passo del film. Ed in questa laconica battuta, forse, è racchiuso tutto l'universo di Violeta Parra, folk-singer cilena degli anni 50-60. Un universo poliedrico artisticamente e intimamente. Se le numerose ballate che fanno da colonna sonora al film ci fanno conoscere l'estro artistico della Parra, la regia di Andres Wood ne sviluppa le molteplici e contrastanti sfaccettature della personalità: sanguigna, “pasionaria” ma anche orgogliosa e fragile. E l'interpretazione partecipe della Gavilan (che si arrischia superbamente nell'interpretarne anche le canzoni) ci avvicina a questo personaggio dalla metrica interiore sincopata come le proprie melodie. E ne rimane con potenza il linguaggio struggente di dolore ma anche di speranza, facendosi portavoce delle tradizioni contadine della sua terra, della realtà dura della vità. Quella vita che si troverà a ringraziare tanto in una canzone ma che le presenterà anticipatamente il conto.
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luca scialo
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venerdì 6 agosto 2021
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un simbolo del popolo cileno
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Nella sua pur breve biografia, Andrés Wood, si è sempre occupato di Cile, del suo popolo e dei suoi problemi. Gli abusi della politica che si riflette nel micromondo della sua gente. La modestia e la povertà dilagante tra la sua gente. Tra i suoi film, non poteva mancare la biografia di Violeta Parra, cantante cilena dalla vita sofferta. Che nelle sue canzoni ha scritto proprio quella sofferenza del popolo cileno, ma anche l'orgoglio di gente abituata a rimboccarsi le maniche e a reagire alle avversità della vita. Una pellicola modesta, ma essenziale, che ripercorre la vita della Parra fin da quando era bambina e doveva subire il comportamento poco responsabile del padre. Un modesto cantante, più apprezzato quando si umiliava imitando una scimmia.
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Nella sua pur breve biografia, Andrés Wood, si è sempre occupato di Cile, del suo popolo e dei suoi problemi. Gli abusi della politica che si riflette nel micromondo della sua gente. La modestia e la povertà dilagante tra la sua gente. Tra i suoi film, non poteva mancare la biografia di Violeta Parra, cantante cilena dalla vita sofferta. Che nelle sue canzoni ha scritto proprio quella sofferenza del popolo cileno, ma anche l'orgoglio di gente abituata a rimboccarsi le maniche e a reagire alle avversità della vita. Una pellicola modesta, ma essenziale, che ripercorre la vita della Parra fin da quando era bambina e doveva subire il comportamento poco responsabile del padre. Un modesto cantante, più apprezzato quando si umiliava imitando una scimmia. Violeta imbraccia quella chitarra che il padre rispettava poco, diventando un'artista internazionale, giungendo anche in Europa ed esibendosi perfino al Louvre. Dove però la borghesia parigina finirà per umiliarla. Ma quella fragilità e quella debolezza portata con sé fin da bambina, non andrà via neanche con le soddisfazioni della musica. Arrivando ad un gesto estremo quando il suo amore la lascerà per una boliviana. Il tutto viene raccontato con alcuni flashback e intermezzi musicali con i suoi brani.
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