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Kenneth e Chris: la strana coppia che fa tremare Asgard

Branagh e Hemsworth in Italia per presentare il loro Thor.
di Ilaria Ravarino

Chris Hemsworth in una scena del film Thor.
Chris Hemsworth (40 anni) 11 agosto 1983, Melbourne (Australia) - Leone. Interpreta Thor nel film di Kenneth Branagh Thor.

venerdì 15 aprile 2011 - Incontri

Sì, lo so, adesso vi chiederete come ho fatto a cavarmela con il 3D»: perfetta metafora del suo approccio al tecnologico universo Marvel, Kenneth Branagh alle prese con la dispettosa cuffietta del traduttore radio è uno spettacolo che produce un senso di tenerezza e compassione insieme. Alla conferenza stampa romana del suo film Thor (dal 27 aprile in 600 copie), seduto tra una pila di plastiche action figure accanto al plastico protagonista in carne e ossa Chris Hemsworth, il serio filologo d’estetica shakesperiana sembra divertirsi come un bambino. Più rigida e impostata, la sua finnica creatura (che poi finnica non è, ma australiana doc) non sembra ancora uscita dal personaggio: a guardarli vicini l’uno all’altro, non si capisce come Branagh e Hemsworth possano appartenere allo stesso universo.



KENNETH BRANAGH, il bardo

Come è nata la sua collaborazione con Hemsworth?
La Marvel ha scommesso su un film potenzialmente molto rischioso, di cui ho subito intuito le potenzialità. Si trattava di mettere in piedi un grande spettacolo, ricco di azione e con una storia coinvolgente, e l’importante era che fosse sostenuto da grandi attori: la performance di Chris è stata incredibile. L’ho fatto entrare nel personaggio facendogli recitare un estratto dall’Enrico V.

Quanto si è sentito vincolato dall’universo Marvel?
Non mi sono mai posto il problema della libertà, sapevo in che genere di progetto mi stavo cacciando. Mancavo da tanto tempo da Hollywood e come spettatore mi sono sempre appassionato all’universo Marvel. Loro mi hanno proposto dei cambiamenti ma non me li hanno mai imposti: non mi sono occupato dei giocattoli di Thor, del merchandising o di tutte le altre declinazioni del loro universo, perché per me contava solo la storia e su quella abbiamo avuto discussioni vivaci ma positive.

Si è sentito libero anche lavorando per uno studio di Hollywood?
La Marvel, a differenza di altri studios hollywoodiani, è uno studio piccolo e amministrato da persone che si definiscono nerd e vivono letteralmente per i fumetti. Sono pieni di entusiasmo per i loro personaggi.

Perché ha girato in 3D?
Ho chiesto subito alla Marvel se il 3D lo volevano solo per una questione di soldi. Invece loro mi hanno assicurato che l’intenzione era quella di investire nell’intero processo, rendendolo parte della narrazione, facendone uno strumento narrativo per amplificare le emozioni. Ovviamente sono molto orgoglioso anche della versione 2D.

Non ha mai pensato di ritagliarsi un ruolo nel film?
Non ho recitato perché ero troppo preso dalla regia, non avevo tempo. Ma recitare mi piace così tanto che mi accontento di guardare le performance degli altri.

Ha letto i fumetti di Thor? Che rapporto ha con la saga a fumetti?
Ho approfondito lo stile di tutti i comics e gli albi di "Thor". Ho parlato con gli autori, con Jack Kirby e con Stan Lee, che hanno spiegato il loro approccio creativo al personaggio. Ma Asgard è Kirby, è Lee, è Simmons e tante altre cose: c’è l’architettura moderna, c’è la mitologia nordica, le pitture rupestri... la Asgard del film è un nuovo universo cinematografico che fonde il meglio della tradizione di "Thor".

Rispetto al fumetto, il film ha un’altra ambientazione: perché il New Mexico?
Perché quello stato offriva ottimi sgravi fiscali e perché là c’erano bellissimi spazi aperti: volevo una città nel cuore del deserto, con un laboratorio che restituisse il feeling di una nave spaziale anni ’50. E poi il New Mexico è lo stato con la maggiore intensità di avvistamenti ufo, è un posto con una grande e speciale energia.

Quali altre influenze per il suo film?
Ci siamo ispirati anche a Metropolis, a Odissea nello spazio, a Lawrence d’Arabia per realizzare un universo guerriero più variegato possibile.

Quali sono state le maggiori difficoltà nella realizzazione?
Abbiamo lavorato fin da subito sui punti deboli del progetto, cercando di trasformarli in punti di forza: il fatto che ci fossero molti salti da un mondo all’altro, che si raccontassero i momenti critici all’interno di una famiglia e il difficile mix fra spettacolo e senso dell’umorismo. La questione era: come possiamo rendere unico il nostro Thor? Come raccontare una storia diversa? Abbiamo scelto di usare una struttura classica e l’abbiamo resa poi più originale possibile.

Il lavoro sul linguaggio è stato importante?
Fondamentale. Nel fumetto il linguaggio è una via di mezzo tra Shakespeare e la Bibbia, è formale, alto e colto ma ricco di humor. Io ho cercato di mantenerlo identico, provando a dargli un senso di naturalezza in più. Un po’ come ho sempre fatto adattando Shakespeare: rispettare la lingua rendendola spontanea per l’attore. Il segreto di Shakespeare sono le parole, è la lingua che guida l’attore, è la lingua l’essenza del personaggio.

Secondo lei oggi chi sono i supereroi?
Questo è il tipico dibattito che innescano film del genere. Perché i film sui supereroi piacciono al pubblico? Perché piace una storia come quella di Thor, in cui un uomo perde tutto e per tornare ad essere se stesso deve trasformarsi interiormente? Sono storie di maturità e saggezza, narrazioni che alludono a un certo tipo di eroismo personale. Oggi l’eroismo serve soprattutto a chi ci governa, come abbiamo visto nel caso dell’elezione di Obama o nell’ascesa di Mandela.

Lei va al cinema? Cosa guarda?
Vado sempre due volte alla settimana, vedo di tutto, anche i film sui supereroi. Mi piace andare subito, il primo weekend di programmazione, in grandi cinema insieme alla gente. Amo condividere l’emozione della sala.

E adesso? Ha capito cosa farà da grande?
Francamente spero di non crescere mai. Vivere per due anni a Hollywood ha significato per me vincere sfide, anche tecnologiche, di cui nemmeno conoscevo l’esistenza, e lavorare con grandi artisti. A questo punto credo che l’unica cosa che vorrei, è continuare a tenere il passo di persone così dotate di talento.



CHRIS HEMSWORTH, il guerriero

Come è nata la sua collaborazione con Branagh?
Per me naturalmente è stata una grande opportunità. Da bambino correvo per casa pensando di essere un supereroe e da grande l’ho fatto davvero, insieme a leggende come Branagh, Hopkins e Portman. Lavorare con Branagh è la migliore formazione al mestiere che un attore possa chiedere.

Come ha superato la paura di lavorare con alcune leggende del nostro cinema?
Ero certo che mi sarei intimidito di fronte a Anthony Hopkins, che ammiro da sempre. Ma appena l’ho conosciuto è stato lui a mettermi a mio agio, e così il Signor Hopkins è diventato prestissimo solo Tony. Lui ha rotto il ghiaccio, ha un entusiasmo straordinario per la recitazione. E la Portman è stata superba, aveva appena finito di girare Il cigno nero quando è venuta sul set. Una grande attrice.

Come si è preparato fisicamente al ruolo?
Mi ci sono voluti sei mesi di preparazione fisica, ho preso 7-8 chili: ho mangiato molte proteine e ho fatto palestra. È stato l’aspetto più stancante del mio lavoro.

Ha studiato gli albi di Thor?
Ho letto molti fumetti e libri di mitologia nordica. Ma la sceneggiatura era stata già scritta quando ho avuto la parte, quindi il mio obiettivo è stato quello di rendere il personaggio il più realistico possibile. Non ho pensato: devo essere un dio o un essere umano? Mi sono concentrato piuttosto sugli aspetti più realistici della storia.

È stato problematico usare un linguaggio così elaborato?
Sarebbe stato impossibile fare altrimenti: non sarei mai riuscito a calarmi nella parte di un dio parlando in slang americano. Usare un linguaggio così romantico e forbito è stato per me un’eccellente lezione di recitazione, di dizione e di vita.

È già al lavoro sul prossimo Thor?
Comincerò a girare al termine di questo tour promozionale. Sarà emozionante rifare lo stesso personaggio con un cast diverso, con Hulk e Capitan America... sarà un vero scontro fra superego.

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