The Iron Lady

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Un film di Phyllida Lloyd. Con Meryl Streep, Jim Broadbent, Olivia Colman, Roger Allam, Susan Brown (II).
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Biografico, durata 105 min. - Gran Bretagna 2011. - Bim Distribuzione uscita venerdì 27 gennaio 2012. MYMONETRO The Iron Lady * * 1/2 - - valutazione media: 2,70 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Ascesa e caduta della Thatcher la lady più temuta d’Inghilterra

di Natalia Aspesi La Repubblica

Anni Ottanta, il primo ministro Margaret Thatcher illustra in Parlamento la sua politica per frenare il declino economico della Gran Bretagna. Ed eccola, col viso indurito e sprezzante di Meryl Streep, martellare con la sua voce inesorabile il cervello dei membri del parlamento, tuonando contro la fragilità dei suoi compagni di partito incapaci di iniziative dure, terrorizzando anche l’opposizione con i suoi tailleur azzurri, e la sua testa bionda cotonata, e il filo di perle: e soprattutto con il suo essere donna, una donna, quindi un’aliena tra tanti uomini, e figlia di un droghiere, quindi un’estranea alla classe di potere.The Iron Lady, la signora di ferro, come il governo sovietico chiamava l’inesorabile anticomunista (e antisocialista) premier, ci fa rabbrividire perché è come se il tempo non fosse passato: anche adesso c’è il baratro finanziario, e bisogna liberalizzare, far largo ai giovani e all’iniziativa individuale, mentre i lavoratori scioperano, e i sindacati protestano e le opposizioni ricattano e le corporazioni sono sul piede di guerra. Come si sa, la signora, odiatissima, inabissò i meno abbienti ma restaurò l’economia del suo paese: e la sua politica di rifiuto della comunità europea e la sua sfiducia nella moneta unica sono le stesse dell’Inghilterra di oggi e del suo governo conservatore. Adesso, a 86 anni, fuori dal potere dopo essere stata costretta alle dimissioni nel 1990, vedova dal 2003, la Thatcher vive il tragico declino della demenza senile che l’ha colpita da qualche anno. Figuriamoci se una grande attrice come la Streep, una sceneggiatrice come Abi Morgan, (Shame), e una regista come Phillida Lloyd (Mamma mia), tre signore in massima carriera, potevano lasciarsi sfuggire un personaggio così eccitante, un’anziana donna che si perde nei ricordi e si estranea dal presente, e che è stata uno dei personaggi più potenti del mondo, con un’intensa vita di ambizione, ascesa, imperio, trionfo, poi di sconfitta e rinuncia, ma anche d’amore, di vita domestica e familiare, di figlia, di moglie, di madre. Il film esiste per la presenza di Meryl Streep, che qui supera la sua bravura di sempre: a 62 anni, tuttora molto bella come Thatcher cinquantenne, ha accettato il trucco del disfacimento degli ottant’anni, il viso annebbiato dalle rughe, le mani ischeletrite, il muoversi incerta, piegata. E ci angoscia con il buio della demenza: quella paura che le spegne lo sguardo, e lo smarrimento nelle parole perdute, e i momenti di dignità, ritornata elegante e pettinata, e il perdersi nelle allucinazioni, nel parlare in solitudine, al ricordo di un marito (Jim Broadbent) che l’ha molto amata e protetta. ll film inizia con una vecchia signora malvestita che compra il latte in un supermercato. È sfuggita alla sorveglianza, nessuno l’ha riconosciuta, è come se non fosse mai esistita, quella che è stata il primo premier donna del Regno Unito, e dal più lungo mandato, dal 1979 al 1990, eletta ben tre volte, costretta poi alle dimissioni dal suo stesso partito per aver esagerato nelle vessazioni anche contro gli uomini del suo governo. La Streep domina talmente il film, che appaiono del tutto inutili le scene in cui Margaret Roberts, ragazza, inizia la sua carriera politica: la interpreta Alexandra Roach, che ha il difetto di essere bruttina e insignificante. L’antipatica ambiziosa signorina viene presa in giro perché, donna e di origine bottegaia, tuttavia si presenta come candidata dei conservatori per il suo collegio. Perde, danza con un giovanotto con gli occhiali, imprenditore di discreto successo, che le chiede di sposarlo. Lei ci sta, a patto che lui non si aspetti una moglie casalinga e sottomessa, perché il suo vero amore è la politica: e così diventa Margaret Thatcher. Nascono i gemelli Mark e Carol, briose vacanze e baci e finalmente arriva Meryl Streep, la Thatcher che a 45 anni, entra nella Camera dei Comuni diventando poi ministro dell’istruzione col governo Heath. Tutti quei maschi onorevoli la disprezzano ma anche la temono, sgrida i suoi colleghi che non osano diventare crudelissimi con i più sfortunati. La Streep in parlamento stringe le labbra, fulmina con gli occhi, grida come un’ossessa, mentre a casa continua a occuparsi della prima colazione ed è una vera mamma e sposa. Sino a quando però decide di prendersi il partito, e di mettere aferro e a fuoco la nazione, che esausta, la vota in massa. E da quel momento sempre più fisicamente piacente, elegante, basta orridi cappellini, pettinatura morbida, e la voce, unvero tuono, e i discorsi, distruttivi, inizia una politica senza scampo, tagli alla spesa pubblica malgrado la recessione e la disoccupazione, gli attentati dell’Ira (a quello durante il congresso del partito a Brighton sfugge per miracolo), resiste allo sciopero dei minatori e lascia morire in carcere Bobby Sands e compagni, contro il volere di tutti va in guerra contro l’Argentina per riprendersi le Falkland. Il paese patriottico, che stava per stufarsi, la rivota, e di sicuro di premier così virilmente fastidiosi, e per di più belli come Meryl Streep, non se n’è più visto uno.
Da La Repubblica, 24 gennaio 2012


di Natalia Aspesi, 24 gennaio 2012

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