renato volpone
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domenica 2 settembre 2012
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la faida e l'attesa
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A dispetto del trailer che ci faceva presagire violenza, il film tratta con grande serietà il tema della "faida" senza peraltro essere sanguinario. In un villaggio albanese due famiglie si scontrano per un diritto di passaggio, si arriva alla lite ed un giovane muore: si concretizza così la faida e il bisogno di vendetta, la sofferenza degli altri per riconquistare il perdono. Le tradizioni del passato si mescolano alle pulsioni del presente. Il vecchio e il nuovo convivono, ma ciò non solo nelle cose e nel modo di vivere, ma anche nelle teste e nelle idee. Il concetto di "faida" è antico, ma pure attualissimo. La ribellione di Nick, il suo voler guardare avanti implica rottura col passato, con le tradizioni e ciò significa esilio.
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A dispetto del trailer che ci faceva presagire violenza, il film tratta con grande serietà il tema della "faida" senza peraltro essere sanguinario. In un villaggio albanese due famiglie si scontrano per un diritto di passaggio, si arriva alla lite ed un giovane muore: si concretizza così la faida e il bisogno di vendetta, la sofferenza degli altri per riconquistare il perdono. Le tradizioni del passato si mescolano alle pulsioni del presente. Il vecchio e il nuovo convivono, ma ciò non solo nelle cose e nel modo di vivere, ma anche nelle teste e nelle idee. Il concetto di "faida" è antico, ma pure attualissimo. La ribellione di Nick, il suo voler guardare avanti implica rottura col passato, con le tradizioni e ciò significa esilio. Profondo, attento ai particolari, il regista dosa con cura la tensione, le attese, le emozioni e ne nasce, da una piccola produzione, un grande film. Molto bella la fotografia, interessanti i dialoghi, ma più di tutto l'ambientazione e la ricostruzione di un mondo rurale quanto mai attuale.
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donni romani
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sabato 8 settembre 2012
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la prigione delle antiche regole tribali
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Quando si sente la parola faida si pensa subito a una catena di delitti risalenti alla notte dei tempi, famiglie imprigionate in rancori di cui non si ricordano neanche più le origini, vendette reciproche ed eterne. E si immaginano uomini anziani chiusi nell'odio, incapaci di perdono, ancorati ad un passato inutile e dannoso. Nel bel film di Marston invece i protagonisti sono due adolescenti che vivono in un piccolo paese dell'Albania, sognano di andare all'Università o di aprire un internet point e si innamorano della ragazza più carina della classe.
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Quando si sente la parola faida si pensa subito a una catena di delitti risalenti alla notte dei tempi, famiglie imprigionate in rancori di cui non si ricordano neanche più le origini, vendette reciproche ed eterne. E si immaginano uomini anziani chiusi nell'odio, incapaci di perdono, ancorati ad un passato inutile e dannoso. Nel bel film di Marston invece i protagonisti sono due adolescenti che vivono in un piccolo paese dell'Albania, sognano di andare all'Università o di aprire un internet point e si innamorano della ragazza più carina della classe. Ma si troveranno intrappolati in un incubo culturale e sociale che li schiaccia al suolo senza possibilità di riscatto. Nick e Rudina, fratello e sorella, appartengono ad una famiglia da sempre in aperto conflitto con dei confinanti per una questione di diritti di passaggio sui terreni altrui. Una notte una di queste liti degenera, un ragazzo appartenente alla famiglia rivale muore, e il padre dei due ragazzi deve fuggire. Le leggi del codice antico, ancestrale per meglio dire, parlano chiaro: Nick può essere ucciso dalla famiglia a lutto per vendetta, e così deve barricarsi in casa, lasciando che sia Rudina a portare il carro con il pane ai vari negozi che prima serviva il padre. Ma anche la ragazza subirà minacce, e così l'intera famiglia, composta anche dalla madre dei ragazzi e da due figli piccoli, dovrà asserragliarsi in casa, subire attentati, chiedere l'aiuto di un mediatore, figura che conosce tutte le regole della faida e può obbligare i contendenti a farle rispettare. Nick tenta di ribellarsi a queste assurde regole preistoriche, tenta anche un dialogo diretto con i nemici, quasi costringe il padre a consegnarsi alla giustizia, ma non c'è dialogo, non c'è buon senso, non c'è civiltà in queste terre senza tempo, c'è solo un codice impossibile da comprendere, e da accettare. E allora solo l'esilio può salvare Nick, esilio che diventa anche liberazione da un mondo arcaico e inutile, in cui si è lontani anni luce della civiltà e si è ancora più lontani dal desiderio di farvi parte. Asciutto, teso, rigoroso al limite dell'algido, il film di Marston, premio per la sceneggiatura al Festival di Berlino 2011 ci consegna uno spaccato di società in cui l'atto di violenza resta sempre inespresso, eppure in agguato, una minaccia costante al bisogno di vita e di libertà dei due ragazzi. L'immagine di Rudina che resta, al contrario di Nick che si allontana verso il proprio futuro, è il simbolo del fallimento di un mondo che non riesce a sradicarsi dai propri fallimenti e dai propri rancori, di una società che non rispetta niente, neanche il diritto dei giovani ad avere un futuro. Agghiacciante nella sua denuncia, poetico in alcune inquadrature, struggente nelle rinunce e sincero nel mettere in campo tutti i sentimenti dei protagonisti, anche i meno nobili, la pellicola del regista di "Maria full of Grace" ha il merito anche di soffermarsi sui volti dei due giovani protagonisti catturandone lo sconcerto, la rabbia, la vergogna che è la stessa di chiunque abbia dentro di sè quella "legge morale" di cui parlava Kant e che inorridisce di fronte a piccoli grandi stermini di anime come questo.
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