Con la scelta di far diventare Terraferma di Emanuele Crialese il portabandiera italiano agli Oscar, si apre come sempre una fase di discussioni che terminerà (se bene o male, lo vedremo) con la scelta dell'Academy delle cinque pellicole candidate tra tutte quelle presentate dai rispettivi Paesi. Scelta giusta? Scelta sbagliata? In realtà, è diventato sempre più difficile dirlo e soprattutto non si avrà mai la controprova di cosa sarebbe accaduto con un altro candidato (tranne quando si vince, cosa che mette tutti a tacere).

La ricerca è sempre quella del candidato giusto ed esportabile, ma come capirlo? Gli esempi del recente passato non aiutano. Gomorra era sì un film duro, ma anche adorato in tutto il mondo e che parlava di un argomento (purtroppo) che molti identificano con l'Italia. Tuttavia, non è entrato neanche nella short list delle 9 pellicole in ballo per le 5 nomination. Stesso, magro risultato per La prima cosa bella, che sembrava un prodotto molto italiano e che invece l'Academy non ha amato. Cosa aveva invece di più La bestia nel cuore da ottenere l'ultima candidatura italiana per il miglior film straniero? Se qualcuno è in grado di dirlo con certezza, è pregato di comunicarlo.

Va anche detto che le regole cambiano spesso, cosi come, per esempio, la composizione dei giurati del comitato ristretto che recupera tre pellicole nella fase di scelta della short list e che l'anno scorso deve essere stato fondamentale per lanciare nella cinquina un titolo assolutamente non da Oscar come Dogtooth. Insomma, quello che magari funziona un anno per delle persone, non va bene l'anno dopo per delle altre. Senza dimenticare che il cinema italiano non ha più il sostegno della Miramax, che negli anni novanta ci ha dato tante gioie, in particolare le tre statuette de La vita è bella.

Insomma, si può discutere se Crialese (andato molto bene in Francia con il suo Respiro) abbia maggiori chance internazionali di Nanni Moretti. Sicuramente, quest'ultimo è più noto all'estero, ma la storia dell'Oscar recente è piena di vincitori a sorpresa e in grado di sconfiggere candidati più prestigiosi. Basti pensare a Departures (che ha battuto La classe e Valzer con Bashir) e a Il segreto dei suoi occhi, che si è imposto su Il nastro bianco e Il profeta.

Comunque, va sempre ricordato che i candidati saranno più di una sessantina ed è quindi ovvio che le probabilità matematiche di candidatura risultano molto ridotte (meno del 10%). Peraltro, non solo sempre più Paesi partecipano alla competizione, ma il livello medio di questi prodotti migliora di anno in anno. Insomma, già in partenza era facile puntare sulla sconfitta di un candidato nostrano, che si trattasse di Crialese, Moretti e Martone. E sarà quindi facile sostenere che un'eventuale assenza di Terraferma dai cinque titoli candidati (o anche dalla short list dei 9) sia dovuta a una scelta sbagliata in fase di selezione nazionale, come se invece con un altro cavallo le cose sarebbero dovute andare diversamente.

Sarebbe invece più opportuno non giudicare questo premio (ma anche i riconoscimenti ai festival più importanti del mondo) come il giudizio universale sul valore della nostra cinematografia. Alla fine, si tratta semplicemente dell'opinione di un gruppo di persone (in questo caso, più numerose dei giurati a Cannes o Venezia), che come sempre è opinabile e discutibile. Magari, sarebbe meglio preoccuparsi della poca esportabilità dei nostri prodotti, così come dei magri incassi che ottengono in media le nostre pellicole all'estero. Quello si che è il segnale di forza di una cinematografia…