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Faenza e l'incontro-scontro tra generazioni

Presentato a Roma Un giorno questo dolore ti sarà utile.
di Elisabetta Pieretto

In foto Roberto Faenza con il cast del film Un giorno questo dolore ti sarà utile.
Roberto Faenza (81 anni) 21 febbraio 1943, Torino (Italia) - Pesci. Regista del film Un giorno questo dolore ti sarà utile.

giovedì 3 novembre 2011 - Incontri

Il nuovo film di Faenza è una coproduzione internazionale Italia-Stati Uniti alquanto curiosa. Tra i produttori di Un giorno questo dolore ti sarà utile figura una delle più importanti costumiste del nostro cinema, Milena Canonero, che ha lavorato con Kubrick, Coppola, Polanski vincendo moltissimi premi tra cui tre Oscar; come interprete della colonna sonora composta da Andrea Guerra la cantante Elisa; nel cast Deborah Ann Woll, protagonista della celebre serie True Blood, e Stephen Lang, presenti alla conferenza stampa. A sentire il produttore per parte americana, Ron Stein, anche se non si tratta di una co-produzione ufficiale perché l'Italia, come lamenta Faenza, manca una volontà politica che metta in condizioni il nostro Paese di lavorare con l'estero in modo sistematico, "è comunque una co-produzione effettiva che darà i suoi frutti, specie nel mercato americano", come afferma lo stesso Stein.

Come è nato il progetto musicale?
Elisa: In questo film sono l'interprete dei brani scritti da Andrea Guerra; è la prima volta che canto così tanti pezzi in cui non sono intervenuta in fase di scrittura. È un'esperienza nuova, bella. Con Faenza ci sono stati solo contatti indiretti, nel senso che mi sono sempre confrontata con Andrea.

La sente una certa responsabilità per la trasposizione di un libro così tanto amato in Italia e soprattutto in America?
Faenza: Della storia mi interessa molto il contrasto fra il mondo degli adulti e quello dei giovani. Qui il protagonista viene visto come un disadattato semplicemente perché non accetta di conformarsi alle regole comuni, ma la verità è che sono gli altri a non essere normali. Mi interessa raccontare di un mondo, ormai del passato, che sta andando a rotoli, e di un mondo più giovane che fatica a emergere ma che è l'unico capace di cambiare le cose. Trovo che James sia in un certo senso un antesignano degli indignados di oggi.

Ci sono due grossi esempi di registi italiani importanti che decidono di girare in America con attori stranieri: prima Sorrentino, ora lei. In entrambi continua a permanere, tuttavia, un'identità fortemente europea
Faenza: A dire il vero è successo a molti, Leone e Bertolucci ad esempio. Per quanto mi riguarda, sono stato fortunato, Milena Canonero e Elda Ferri hanno preparato la strada, poi c'è stato l'apporto fondamentale di Avy Kaufman che ha messo in piedi un casting impensabile per me. È bastato che io andassi a New York a girare.

Elisa, qual è il tuo rapporto con il cinema e con New York?
Elisa: Nutrirmi di immagini per me è fondamentale per poter immaginare i suoni; musica e cinema si completano come arti. New York è una città vibrante, viva.

Cosa ci racconta della co-produzione?
Faenza: In Italia per poter ufficializzare una co-produzione internazionale serve un decreto del ministro. Il che significa praticamente impedirla. Nel nostro Paese ci sono molte risorse, abbiamo un grande potenziale per poter riuscire all'estero ma è come se ci fosse una volontà politica che lo impedisce o, per lo meno, che non se ne cura.
Stein: Da americano, la mia riflessione è più pragmatica. Pur non ufficializzando le cose, abbiamo lavorato molto bene insieme e adesso abbiamo un prodotto di ottima qualità, vendibile in Europa ma anche nel mercato americano, perchè ovunque, ora, c'è una parte di popolazione più giovane che si sta ribellando al mondo così come è adesso. In molti potranno riconoscersi in James.

È difficile il lavoro tra un regista e un attore di diversa nazionalità?
Lang: Gli attori sono sempre attori, così come i registi; non c'è una differenza dovuta alla nazionalità, se non, forse, dei limiti legati alla lingua; quello che più conta è che ci sia tra i due un rapporto di fiducia.. Quello che è interessante, in questo caso, è che un regista italiano ha un'idea dell'America che è diversa da quella che ha un suo collega americano. La lente di Roberto ha sicuramente una rifrazione di luce diversa
Faenza: Quando lavoro con attori americani la prima domanda che faccio è "sei dell'Actor Studio?" perché c'è stata una volta in cui per uno di loro ho perso i capelli. Ma con Stephen e gli altri del cast ho scoperto che da quella scuola non escono solo fondamentalisti.
Woll: Anche se per me è stato molto impegnativo, il fatto che Roberto avesse un'idea molto chiara del film mi ha aiutata parecchio. È così che si costruisce la fiducia di cui parla Stephen.

Trova che questo sia un film più politico rispetto agli altri suoi lavori più spiccatamente di inchiesta?
Faenza: Oggi il termine "politica" è una brutta parola. Questo è un film politico nel senso che parla di cittadini e nella misura in cui racconta la società odierna.

Come è stato scrivere a quattro mani?
Heyman: Per me è stata un'esperienza nuova. Le parole e la storia vengono da Peter Cameron, l'autore del libro da cui è tratto il film, perciò io e Roberto abbiamo solo dovuto renderle "visuali". Oltre all'inglese parlo anche l'italiano e credo che questo ci abbia aiutato.

In questo film ci sono attori straordinari. Come avete costruito il casting?
Faenza: Tutto merito di Avy. Ero arrivato a New York con una mia idea di attori, poi lei me li ha smontati uno ad uno e ha cominciato a farmi delle proposte. A me sembravano inarrivabili e invece eccoci qui.

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