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Aspettando Scream 4

Arriva nelle sale il quarto capitolo della saga di Wes Craven.
di Rudy Salvagnini

In foto Neve Campbell in una scena del film.
Neve Campbell Altri nomi: (Chole ) (50 anni) 3 ottobre 1973, Guelph (Canada) - Bilancia. Interpreta Sidney Prescott nel film di Wes Craven Scream 4.

lunedì 11 aprile 2011 - Approfondimenti

Ormai è prossima l’uscita di Scream 4 - a undici anni di distanza dall’ultimo capitolo di quella che era sembrata una trilogia - ed è perciò il momento di qualche riflessione sulla serie e sulle aspettative che possiamo nutrire verso questo nuovo capitolo. È un tentativo da parte di Craven e della produzione di sfruttare commercialmente una franchise ancora attraente oppure c’è davvero qualcosa di nuovo da dire? Quando Wes Craven dirige il primo Scream, nel 1996, la sua altalenante carriera sta conoscendo uno dei bassi più consistenti. Reduce dal flop di Vampiro a Brooklyn, un poco riuscito tentativo di ampliare gli orizzonti dell’allora in auge Eddie Murphy trasformandolo in vampiro, Craven si è giocato il credito commerciale e anche autoriale di cui gode dai tempi di Nightmare - Dal profondo della notte, che a sua volta l’aveva rilanciato dopo un periodo buio seguito a Le colline hanno gli occhi. Con Scream, Craven riesce in un colpo solo a rilanciare la propria carriera e a creare una nuova franchise ben caratterizzata anche figurativamente: come Freddy Krueger, la “maschera” alla Edvard Munch dell’assassino di Scream diventa infatti istantaneamente un’icona riconoscibile e persistente dell’horror. Ma allo stesso tempo, Craven agisce profondamente sui meccanismi stessi del cinema slasher decostruendoli davanti allo spettatore e portando il genere a un punto apparentemente di non ritorno. Lo slasher - così definito per la predilezione dei suoi protagonisti negativi per le armi da taglio - è sempre stato caratterizzato da una struttura ferrea e schematica all’interno della quale i principali elementi distintivi sono le modalità realizzative degli omicidi. Lontani dalla complessità di un capostipite come Halloween - La notte delle streghe di Carpenter, gli slasher tipici (da quelli della serie di Venerdì 13 ai moltissimi altri che si sono susseguiti regolarmente nel corso degli anni) sono semplici e ripetitivi, incentrati su killer seriali superomistici o, quando è preferita la strada del whodunit, sulla ricerca del colpevole che si nasconde dietro una serie di delitti generalmente assai efferati. Craven sa della debolezza narrativa intrinseca di questo particolare tipo di horror e decide di giocarci sopra, per trarne vantaggio. Prima di Vampiro a Brooklyn ha diretto un film ingiustamente poco gradito dal pubblico, Nightmare - Nuovo incubo, che avrebbe dovuto essere una summa e una degna chiusa a un’altra franchise, partita con grandi premesse e sfiatata dai troppi seguiti. Proprio in quel film Craven gioca già con le convenzioni del genere e con il metacinema, mostrando il desiderio di riflettere sul significato del cinema horror e sulle sue possibili conseguenze sul pubblico. Ma quello che in Nightmare - Nuovo incubo è trattato con una serietà e complessità che possono aver allontanato un pubblico desideroso di risposte semplici, in Scream viene trattato in modo ludico e ironico: in Scream, le convenzioni e gli schematismi dello slasher vengono additati come oggetto di dileggio da parte degli stessi protagonisti del film, ma quelle stesse convinzioni e quegli stessi schematismi vengono comunque usati ai fini narrativi. Craven strizza l’occhio allo spettatore, dicendogli che sa benissimo come storia e situazioni siano piene di ovvietà, precedendo e neutralizzando così eventuali critiche in tal senso da parte di chi guarda il film. Lo fa senza però compromettere l’esito spettacolare e costruendo una buona suspense, anche attraverso l’utilizzo di tocchi spiazzanti, come l’assassinio subitaneo di quella che poteva sembrare la protagonista del film, una Drew Barrymore che richiama, in piccolo, la Janet Leigh di Psyco. In questo, Craven è molto aiutato dallo sceneggiatore esordiente Kevin Williamson, che per qualche anno è sembrato, ai moguls di Hollywood, lo scrittore con la bacchetta magica, capace di trasformare le convenzioni in fresche novità. Williamson ha la chiave per suscitare l’interesse del pubblico giovanile e fornisce a Craven una trama ingegnosa e dei personaggi credibili e interessanti. Il risultato è vincente e la nuova formula consente di proseguire sullo slancio con Scream 2 con buoni risultati. Diversamente da Nightmare, in questo caso Craven si occupa sempre personalmente di questa franchise e tale maggiore attenzione si nota. Altre volte è tornato a rivisitare i suoi film di maggiore successo, ma con poca fortuna: Le colline hanno gli occhi 2 (1985) è uno degli infortuni più seri della sua carriera, mentre di Nightmare - Nuovo incubo e della sua scarsa resa commerciale si è già detto. Con Scream però le cose vanno diversamente: Craven sa di avere un buon cavallo e lo lascia correre con abilità. La scelta di mantenere i personaggi principali (quelli sopravvissuti, naturalmente) e di garantire una continuity, riproponendo una storia che non è una semplice ripetizione, permette la coniugazione dei modi dei serial televisivi (e delle soap opera) con quelli dell'horror. Il risultato è che il pubblico si affeziona ai personaggi, sufficientemente numerosi e variegati da garantire un ampio ventaglio narrativo. Anche Scream 2 mantiene un giusto equilibrio tra brio, suspense, simpatia, familiarità e gioco sulle convenzioni, dando l'idea di una possibile e facile replica. Ma con Scream 3 Craven pretende troppo: spinge il pedale sull'ironia arrivando a realizzare un film che è la parodia di se stesso, troppo cinefilo e consapevole per riuscire a far funzionare ancora una volta una trama che avrebbe richiesto lo stesso equilibrio attento tra gli ingredienti della formula. Le battute cadono piatte e la tensione non monta. A forza di decostruire e di ironizzare sugli elementi del gioco narrativo, Craven supera il punto di non ritorno, facendo detonare a vuoto la suspense e rendendo alla fine inerte la materia. L'elemento di cui più si sente la mancanza è la vivacità narrativa di Kevin Williamson, abile giocoliere dei generi, che qui diserta lasciando ad altri il compito di sceneggiare. Nel tempo, Williamson si è dimostrato capace di variazioni su una limitata gamma di note, ma nella serie di Scream aveva trovato la nicchia giusta.

L'arrivo di Scream 4
Concluso il percorso narrativo con una trilogia dalla chiusura ferrea e con l'altrettanto ferrea legge degli incassi decrescenti a determinare la fine della serie, per la saga di Scream sembrava giunta la fine. Ma si sa che nell'horror non c'è mai niente di scontato, soprattutto se può generare interesse e incassi. L'ultimo film di Craven (My Soul to Take) è stato tutt'altro che un successo e anche Cursed - Il maleficio, ulteriore incontro con Kevin Williamson (nel frattempo dedito soprattutto, con successo, alla televisione) non è andato bene. Craven si trova quindi di nuovo davanti alla possibilità di una nuova "resurrezione" cinematografica, ma, diversamente dalle altre volte, non la affronta con un'idea nuova, bensì con il ritorno a una franchise che, con il terzo capitolo, sembrava essersi improvvisamente spenta. Craven ritrova i suoi attori che, cinematograficamente parlando, non sono andati molto oltre Scream, nel senso che la partecipazione a quei film resta quella di maggior successo della loro carriera theatrical, anche se tutti si sono mantenuti in linea di galleggiamento con cose anche interessanti: David Arquette ha diretto un horror bizzarro come The Tripper, Courtney Cox ha mantenuto un buon profilo televisivo, Neve Campbell è passata dal ruolo di promessa a quella di star di secondo piano. Craven ritrova anche Williamson che potrebbe portare quello che era mancato proprio al terzo capitolo. Per un film come questo, la cosa migliore è dargli la possibilità di stupirci andando a vederlo conoscendo solo il minimo indispensabile della trama: in questo caso, è sufficiente sapere che Sidney Prescott (Neve Campbell), ora una scrittrice, torna nella cittadina dei delitti e ritrova, oltre a Gale e Dewey (Courtney Cox e David Arquette) ora sposati, anche il misterioso assassino dalla maschera terrificante. Se Craven e Williamson saranno riusciti a rivitalizzare la franchise, lo sapremo solo vedendo il film: Craven aveva detto che sarebbe tornato solo se il copione fosse stato all'altezza. Se lo è davvero, il più è fatto.

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