painno
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domenica 29 novembre 2015
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l'imperfezione della perfezione
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Empedocle affermava che la vera perfezione è l’imperfezione. Se il mondo non fosse perfetto non sarebbe migliorabile e quindi avrebbe la pecca di essere finito nella sua perfezione. In parole povere ciò che è denominato perfetto non ha la possibilità di migliorarsi e quindi non è più perfetto. Al contrario l’imperfezione è migliorabile e quindi di per se stessa perfetta. Justine e Claire hanno in apparenza vite perfette, un bellissimo matrimonio, una vita agiata , una splendida villa, un campo da golf con diciotto buche. La loro vita è perfetta. E proprio per questa destinata a crollare su se stessa. Non gode dell’assioma del miglioramento in alto ma del peggioramento in basso. Justine e Claire hanno grandi, enormi pesi di piombo che gravano sulle loro anime.
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Empedocle affermava che la vera perfezione è l’imperfezione. Se il mondo non fosse perfetto non sarebbe migliorabile e quindi avrebbe la pecca di essere finito nella sua perfezione. In parole povere ciò che è denominato perfetto non ha la possibilità di migliorarsi e quindi non è più perfetto. Al contrario l’imperfezione è migliorabile e quindi di per se stessa perfetta. Justine e Claire hanno in apparenza vite perfette, un bellissimo matrimonio, una vita agiata , una splendida villa, un campo da golf con diciotto buche. La loro vita è perfetta. E proprio per questa destinata a crollare su se stessa. Non gode dell’assioma del miglioramento in alto ma del peggioramento in basso. Justine e Claire hanno grandi, enormi pesi di piombo che gravano sulle loro anime. Una pellicola di dolore che offusca i loro sguardi pieni di vita e di gioia. In tutto questo Melancholia si avvicina. Sempre di più. Tanto che il cerchietto appoggiato sul petto non la contiene più, la sua circonferenza trabocca da quel cerchietto artigianale, vomita fuori i suoi confini come vomitato è l’odio sulla misera terra dalle due donne. Anche Ophelia si mescola in questa tragica storia. Ophelia che raccoglie fiori e cade nel ruscello non opponendo resistenza e andando incontro alla morte è citata nella scena in cui Justine si abbandona , completamente nuda, sulla riva del ruscello. Il suo donarsi totalmente alla propria pazzia è facilmente riscontrabile nella vita di ogni giorno. Arriva un momento nel quale ci arrendiamo e per un attimo o per tutta la vita ci lasciamo trasportare dagli eventi. Lasciamo che la circonferenza di Melancholia esuberi esageratamente il cerchietto che abbiamo appoggiato sul petto e attraverso il quale osserviamo il mondo. Allora dentro di noi diciamo basta, ci spogliamo e ci abbandoniamo alla fredda pietra e alle gelide acque del ruscello della nostra anima. Lasciando che gli eventi facciano il resto. In fondo il freddo pianeta azzurro si avvicina ogni giorno di più per tutti noi. Si prende gioco di noi, facendo finta per qualche ora di allontanarsi per poi tornare più vicino che mai, interferendo con la sua massa con le nostre vite, con i nostri pensieri, con le nostre buone intenzioni. Justine e Claire sono aspetti terribili della nostra anima , della nostra coscienza. Non serve a niente nascondersi , nè fuggire nel bosco con i cavalli. Inutile. Meglio lasciarsi scivolare nelle fredde acque di un torrente e lasciarsi trasportare dall’inesorabile caso degli eventi.
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antonellademaioba
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martedì 17 maggio 2016
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poesia e inquietudine
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Bel film, poetico e inquietante, dal ritmo lento e dilatato per far crescere sempre più il senso di attesa per l'Evento. La visione pessimistica e disperante di una Natura che incombe implacabile sul genere umano è lo sfondo su cui si muovono i personaggi. Stranamente in questo film, le donne hanno un ruolo più forte, dinamico e intuitivo; il maschio, fiducioso nelle "magnifiche sorti e progressive", soccombe vigliaccamente agli eventi, quando si accorge che il suo ottimismo è mal riposto. La "grotta magica", esile ed esposta, è un tocco di poesia ed un esempio di disperata solidarietà familiare in vista del pericolo. La paura, l'attesa e la Natura indifferente sono una specie di "rumore bianco" che accompagna ogni azione del film; così la depressione di Justine è l'espressione di una lucida sensibilità e consapevolezza del destino degli uomini, abilità che la ricca e disciplinata sorella non è capace di avere.
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Bel film, poetico e inquietante, dal ritmo lento e dilatato per far crescere sempre più il senso di attesa per l'Evento. La visione pessimistica e disperante di una Natura che incombe implacabile sul genere umano è lo sfondo su cui si muovono i personaggi. Stranamente in questo film, le donne hanno un ruolo più forte, dinamico e intuitivo; il maschio, fiducioso nelle "magnifiche sorti e progressive", soccombe vigliaccamente agli eventi, quando si accorge che il suo ottimismo è mal riposto. La "grotta magica", esile ed esposta, è un tocco di poesia ed un esempio di disperata solidarietà familiare in vista del pericolo. La paura, l'attesa e la Natura indifferente sono una specie di "rumore bianco" che accompagna ogni azione del film; così la depressione di Justine è l'espressione di una lucida sensibilità e consapevolezza del destino degli uomini, abilità che la ricca e disciplinata sorella non è capace di avere. Nel quadro familiare, il cinismo della madre (Rampling) e il fanciullesco egoismo del padre sono una ulteriore conferma dell'inadeguatezza degli adulti ad essere punti di riferimento per i propri figli, anche in età matura. Forse il pianeta Melancholia è anche la metafora del disagio esistenziale/depressione che è, insieme al tumore, causa di morte e invalidità dell'era contemporanea, governata dalla ricerca scientifica.
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alicetta24288
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domenica 30 ottobre 2011
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romantica e drammatica rassegnazione
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Una romantica,drammatica e razionale rassegnazione all'ostacolo insormontabile che la vita ci presenta,la morte.Questo è quello che mi è venuto in mente guardando il film,ascoltando le sagge parole di una delle due protagoniste ,Kirsten Dunst,"siamo soli,la vità è soltanto sulla terra";penso che al di là dell'apocalisse il regista abbia voluto mostrare quanto l'uomo sia piccolo e impotente di fronte alla morte...inutile aggrapparsi alle cose terrene,materiali,il nostro destino è segnato e nulla può cambiarlo;non ho avuto la sensazione che questo pianeta(Melancholia) fosse malvagio,perchè sin dall'inizio il regista ha voluto impronatare il film sulla malinconia,tristezza e pian piano,lo spettatore,(come è successo a me)sembra rassegnato e si convince di dover accettare la morte,dolce o brutale che sia.
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Una romantica,drammatica e razionale rassegnazione all'ostacolo insormontabile che la vita ci presenta,la morte.Questo è quello che mi è venuto in mente guardando il film,ascoltando le sagge parole di una delle due protagoniste ,Kirsten Dunst,"siamo soli,la vità è soltanto sulla terra";penso che al di là dell'apocalisse il regista abbia voluto mostrare quanto l'uomo sia piccolo e impotente di fronte alla morte...inutile aggrapparsi alle cose terrene,materiali,il nostro destino è segnato e nulla può cambiarlo;non ho avuto la sensazione che questo pianeta(Melancholia) fosse malvagio,perchè sin dall'inizio il regista ha voluto impronatare il film sulla malinconia,tristezza e pian piano,lo spettatore,(come è successo a me)sembra rassegnato e si convince di dover accettare la morte,dolce o brutale che sia.Cast eccezionale,ottima colonna sonora di Richard Wagner,che ci accompagna sin dall'inizio del film;l'unica cosa su cui avrei da ridere è la scena finale,sarebbe stato meglio che la luce immensa di melancholia avesse pervaso il pianeta Terra senza mostrare i corpi che bruciano.
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figlio del cielo e della terra
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domenica 30 ottobre 2011
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oltre l'apocalisse...
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Siamo dentro l'apocalisse dei riti di una società borghese, dove la solitudine dei destini, l'incomunicabilità quella profonda regna sovrana. L'ultimo capolavoro di Trier restituisce all'umanità una vera e propria opera d'arte. Il soggetto è una scusa, come lo è il pianeta Melancholia per narrare la caduta dei castelli di carta, della Babele che l'umanità ha eretto sull'opulenza. Oltre il bene e il male qual'è il senso dell'agire umano, di fronte alla catastrofe imminente? Due sorelle sono il tentativo dell'adattamento all'esistenza del vivere. I maschi, gli uomini i l sesso maschile fallisce insieme alla scienza la sua visione sul mondo che è la mania di descrivere, comprendere controllare la forza della diversità dell'irrazionale femminile.
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Siamo dentro l'apocalisse dei riti di una società borghese, dove la solitudine dei destini, l'incomunicabilità quella profonda regna sovrana. L'ultimo capolavoro di Trier restituisce all'umanità una vera e propria opera d'arte. Il soggetto è una scusa, come lo è il pianeta Melancholia per narrare la caduta dei castelli di carta, della Babele che l'umanità ha eretto sull'opulenza. Oltre il bene e il male qual'è il senso dell'agire umano, di fronte alla catastrofe imminente? Due sorelle sono il tentativo dell'adattamento all'esistenza del vivere. I maschi, gli uomini i l sesso maschile fallisce insieme alla scienza la sua visione sul mondo che è la mania di descrivere, comprendere controllare la forza della diversità dell'irrazionale femminile. Sorvegliare e punire, ciechi in Dancer in the Dark, angeli vendicatori in Dogville, isteriche visionarie in Le onde del Destino, e depressi in quest'ultimo capolavore. Film sulla parte cupa inquietante ma ineludibile dell'essere umano. Lars Von Trier ci trascina in un opera di potenza visiva unica dove una cruda e apparentemente semplice sceneggiatura sottointendono ad una domanda cui lo stesso spettatore non può sfuggire. La potenza visiva dell'autore si rifiuta o si ama, come la sua poetica, ma l'umanità non può credere di essere immortale, nè di non affrontare i temi ultimi dello stare insieme. La sfida resta sempre quella di prenderi per mano, a farlo sono le donne il loro senso materno, le ultime che accettano la contraddizione di esistere in un mondo oggi dominato da Crisi economiche e da guerre che sono come il Pianeta Melancholia sopra i nostri destini a oscurare il futuro e la specie umana. Il pianeta è il fallimento delle relazioni umane gerarchiche paternalistiche e capitalistiche. La donna è la cartina di tornasole di questo fallimento l'unico attore capace col suo corpo la su sessualità a sfuggire alla volontà romantica di controllo persino dello sposo della Dunst. Attrici eccelse, fotografia indimenticabile, un capolavoro del Cinema e della Storia dell'Arte. Grandissimo Lars Von Trier.
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aurora m.
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lunedì 14 maggio 2012
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la fine del nostro mondo, firmata lars von trier.
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Un lungo prologo, una lenta introduzione che si rivela riassuntiva, un sapiente mix di musica wagneriana e pittura in movimento. E' così che si presenta agli occhi dello spettatore l'inizio di Melancholia, pacifico e inquietante al tempo stesso. Chiunque abbia visto qualche film di Lars Von Trier, pensa di sapere cosa aspettarsi entrando in sala: il regista danese ha ampiamente dimostrato di saper abilmente, e volutamente, destabilizzare e frantumare ogni nostra sicurezza(Dogville), mettendoci nella situazione di doverci porre dei quesiti che si pensava avessero già trovato una risposta. In sala mi reputavo preparata, pensavo già al peggio. Ma sono rimasta spiazzata: in questo film Von Trier rinuncia, quasi interamente, alla crudezza e alla violenza delle sue celebri immagini, lasciandoci confusi, stordendoci con immagini che sembrano uscire dal Purgatorio, da quella terra di mezzo che ci è difficile ricondurre al modus operandi di questo regista.
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Un lungo prologo, una lenta introduzione che si rivela riassuntiva, un sapiente mix di musica wagneriana e pittura in movimento. E' così che si presenta agli occhi dello spettatore l'inizio di Melancholia, pacifico e inquietante al tempo stesso. Chiunque abbia visto qualche film di Lars Von Trier, pensa di sapere cosa aspettarsi entrando in sala: il regista danese ha ampiamente dimostrato di saper abilmente, e volutamente, destabilizzare e frantumare ogni nostra sicurezza(Dogville), mettendoci nella situazione di doverci porre dei quesiti che si pensava avessero già trovato una risposta. In sala mi reputavo preparata, pensavo già al peggio. Ma sono rimasta spiazzata: in questo film Von Trier rinuncia, quasi interamente, alla crudezza e alla violenza delle sue celebri immagini, lasciandoci confusi, stordendoci con immagini che sembrano uscire dal Purgatorio, da quella terra di mezzo che ci è difficile ricondurre al modus operandi di questo regista. In un mondo prossimo alla Fine, due sorelle si destreggiano tra sentimenti complessi e una quotidianità al limite dell'inutilità: Justine (Kirsten Dunst) partecipa al suo matrimonio in grande stile come se fosse un avvenimento che le è totalmente estraneo, avvolta nel velo della depressione che si fa sempre più pesante e dal quale si lascerà facilmente vincere; Claire (Charlotte Gainsbourg, musa del regista) si preoccupa per la sorella, non la capisce, la critica, e cercherà di comprendere tutto ciò che accadrà, nonostante la razionalità si dimostri palesemente fallace e insufficiente. Le figure delle due sorelle dominano lo scheletro del film, che si fa bipartito, dando equamente a ognuna la propria parte (la prima è dedicata a Justine, la seconda a Claire). L'angoscia di Justine apre le porte all'oscurità, fino a quel momento a malapena intravista tra un sorriso e l'altro degli invitati al matrimonio. Justine riesce a percepire, così come allo stesso modo fa la Natura, cosa realmente sta accadendo: il pianeta Melancholia è diretto verso la Terra, e la collisione è solo questione di tempo. Attraverso Justine, Lars Von Trier ci lancia un messaggio, nemmeno troppo velato: l'umanità non merita di sopravvivere, l'uomo non merita la vita. A questa si oppone un'altra visione del regista, espostaci tramite Claire, secondo la quale deve esserci un'altra spiegazione, un senso più logico, e magari una via d'uscita. Ma una via d'uscita non c'è, e il mondo che noi conosciamo è destinato a dissolversi. Le certezze di Claire cominciano a vacillare quando la sorella, ospite in casa sua dopo il fallimento del matrimonio, comincia a sembrare più credibile, meno "folle". In Claire sboccia il seme della paura, mentre in Justine è ormai germogliato il fiore della rassegnazione: non c'è niente che si possa fare, questa è la fine, quella che la razza umana ha meritato di avere, ed è giusto che sia così. Uno scontro tra due personalità diverse, una battaglia tra la sopravvivenza e la morte, il cui esito è già stato percepito dalla Natura, che progressivamente si fa sempre più ostile e agitata; mentre in noi spettatori rimane comunque una sorta di calma, forse evocata dall'omaggio che il regista di Dogma ha voluto fare all'arte, perfetta e immutabile, anche in uno scenario apocalittico.Melancholia è un film magico, per la sua incredibile capacità di incantare lo spettatore.Credo che nel finale nessuno possa, e voglia, distogliere lo sguardo dallo schermo nemmeno per un secondo. Io ho preferito stancare le palpebre.
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slowfilm.splinder.com
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domenica 16 ottobre 2011
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melancholia
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Nell’ouverture wagneriana l’apocalisse patinata, rallentata e in alta definizione. Il mondo si dissolve come uno spruzzo di profumo, nell’estetica ideale della copywriter Justine, ostentatamente elegante e affezionata a un’intertestualità che travolge Brueghel e indossa i panni di Ofelia. I primi minuti, quadri fantastici in minimo movimento. Quindi Justine è il titolo del primo capitolo di Melancholia. Siamo al suo matrimonio, invitati non più graditi degli altri. Nell’enorme villa della sorella Claire (anche titolo del secondo capitolo) la festen si avvita su di sé e ancora una volta si disgrega, portandoci nell’abisso dei rituali sociali, dei discorsi stupidi o taglienti, della folla che ai margini brulica e giudica e dei personaggi indisponibili al compromesso, come Justine e sua madre.
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Nell’ouverture wagneriana l’apocalisse patinata, rallentata e in alta definizione. Il mondo si dissolve come uno spruzzo di profumo, nell’estetica ideale della copywriter Justine, ostentatamente elegante e affezionata a un’intertestualità che travolge Brueghel e indossa i panni di Ofelia. I primi minuti, quadri fantastici in minimo movimento. Quindi Justine è il titolo del primo capitolo di Melancholia. Siamo al suo matrimonio, invitati non più graditi degli altri. Nell’enorme villa della sorella Claire (anche titolo del secondo capitolo) la festen si avvita su di sé e ancora una volta si disgrega, portandoci nell’abisso dei rituali sociali, dei discorsi stupidi o taglienti, della folla che ai margini brulica e giudica e dei personaggi indisponibili al compromesso, come Justine e sua madre. Justine odia la superficialità dell’apparenza e del dover apparire, ma il rifiuto dei doveri e dei riti di cui è anche lei un prodotto non è di per sé una soluzione, né contiene un’alternativa.
In Melancholia il disgusto e il disagio di von Trier, la sua depressione, non hanno più filtri, deviazioni o trasfigurazioni narrative, si esprimono in forma diretta attraverso la protagonista. Il ritorno è al montaggio frammentario, agli scavalcamenti di campo e alla camera a mano, per quanto meno congestionata nel movimento delle “improvvisazioni” del Dogma, spesso concentrata sul volto di Kirsten Dunst, sposa in abito bianco avvolta da artificiali luci gialle. Tutto in una notte, fin qui. Nella seconda parte una Justine ormai incapace di prendersi cura di sé trascorre con Claire (Charlotte Gainsbourg), il cognato e il loro bambino le giornate segnate dalla minaccia del pianeta Melancholia. Nell’alternarsi di giorni e notti le luci sono fredde ma lasciano trasparire i colori naturali, i personaggi, isolati, si confrontano e raccontano, in un’opera desolante nei suoi toni distaccati, artificiali, eppure profondamente sinceri.
Von Trier riprende vari elementi del suo cinema passato, li accosta e li rielabora. Come pochi altri autori ad ogni nuovo lavoro sembra suonare uno strumento diverso, conservando una tonalità che lo contraddistingue. Nella sua nuova mutazione registica si scorgono il formalismo tarkovskiano-espressionista dei suoi primi film e la falsa libertà autoimposta del Dogma, e in quest’opera autenticamente terribile il pessimismo e la ferocia di Kingdom, qui privati dell’ironia e dolorosamente concentrati su di sé. slowfilm.splinder.com
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alice1992
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domenica 17 giugno 2012
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melancholia
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Questo film, a mio avviso capolavoro del cinema contemporaneo, utilizza il pretesto dell'ipotetica distruzione della terra, che si andrà verificando a seguito della collisione di un pianeta chiamato 'Melancholia', per esplorare i meandri dell'animo umano.
La protagonista, Justin, è una giovane donna afflitta da una forte depressione che giorno dopo giorno la rende sempre più debole, incapace di compiere anche i gesti più semplici (lavarsi, camminare, mangiare).
Il film inizia con la cerimonia di nozze di Justin e del marito, curata nei minimi dettagli dalla sorella e dal cognato nella loro maestosa villa.
Fin dalle prime scene il malessere di Justin è palese; nonostante gli sforzi di apparire felice, di esser cordiale con il marito, con la sorella e il cognato il suo volto lascia trasparire l' insofferenza, il forte desiderio di rimaner sola, di estraniarsi da ciò che la circonda nei confronti di cui non nutre alcun interesse.
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Questo film, a mio avviso capolavoro del cinema contemporaneo, utilizza il pretesto dell'ipotetica distruzione della terra, che si andrà verificando a seguito della collisione di un pianeta chiamato 'Melancholia', per esplorare i meandri dell'animo umano.
La protagonista, Justin, è una giovane donna afflitta da una forte depressione che giorno dopo giorno la rende sempre più debole, incapace di compiere anche i gesti più semplici (lavarsi, camminare, mangiare).
Il film inizia con la cerimonia di nozze di Justin e del marito, curata nei minimi dettagli dalla sorella e dal cognato nella loro maestosa villa.
Fin dalle prime scene il malessere di Justin è palese; nonostante gli sforzi di apparire felice, di esser cordiale con il marito, con la sorella e il cognato il suo volto lascia trasparire l' insofferenza, il forte desiderio di rimaner sola, di estraniarsi da ciò che la circonda nei confronti di cui non nutre alcun interesse.
Il suo desiderio di solitudine è tale che, nonostante le attenzioni della sorella e dell'innamorato marito, la festa termina con la fine del matrimonio.
Questa situazione, al limite del verosimile, lascia perplessa la sorella ed il cognato, ma non Justin che, in balia del nulla, è troppo legata alla morte per essere in grado di interpretare i sentimenti di coloro che cercano di aiutarla.
Justin, consapevole di aver provato a condurre una vita ordinaria ispirandosi alla routine della sorella Claire, è ormai sicura di non essere adatta ad adeguarsi alle congetture della società.
Il suo estraniamento viene meno alla vista del pianeta 'Melancholia' che giorno dopo giorno sembra avvicinarsi sempre di più alla Terra.
A questo punto entra in gioco l'analisi psicologica del cognato,di Claire ed del nipotino, che da semplici spettatori del dolore di Justin si trasformano in protagonisti.
Il cognato, uomo di scienza, ha da molto studiato l'avvicinamento di 'Melanchonia' alla Terra, ma la convinzione che non vi sarà alcuna collisione lo porta a tranquillizzare la moglie ed ad assicurare l'assenza di alcun pericolo.
Quando l'uomo capisce che i suoi studi sono errati, dal momento che la collisione è ormai certa, si suicida dimostrando, dietro l'apparente serenità, di essere un uomo fragile prigioniero dell'immagine di sapiente da lui stesso creata.
Con quest'atto egoistico l'uomo lascia in balia della disperazione Claire che incapace di accettare l'idea di dover morire cerca di scappare con il figlio, senza meta, in una disperata
ricerca di un modo, in realtà inesistente, di mettersi in salvo.
La follia di Claire è deleteria per il bambino che, nella sua inconsapevolezza, avverte la paura della madre e si sente smarrito.
Per assurdo la più razionale è Justin che, in una situazione fuori del comune, riesce a prendere la situazione nelle proprie mani.
Riesce a rassicurare il bambino spaventato costruendo con il suo aiuto una capanna magica dove si andranno a rifugiare insieme a Claire al momento dell'urto e potranno essere al sicuro.
In questo modo riesce a riunire la famiglia per un ultimo istante prima della fine.
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marta scattoni
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lunedì 22 aprile 2013
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del conflitto tra apollineo e dionisiaco
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Questa opera cinematografica di Trier è tripartita in preludio (in cui compare per la prima volta il leitmotiv wagneriano di Tristano e Isotta che percorrerà tutto il film), prima parte (Justine) e seconda parte (Claire), intitolate con i nomi delle due protagoniste.
Nella prima parte, la messa in scena della festa di nozze di Justine, si evidenzia la sopravvivenza di alcuni dettami della filosofia cinematografica di Trier, cosiddetto Dogma 95, riconoscibile ad esempio nell'uso della camera 'a mano'.
L'opera, come altre di Trier, è dominata dalle figure femminili, che si stagliano su uno sfondo di figure maschili adulte per lo più insignificanti e meschine.
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Questa opera cinematografica di Trier è tripartita in preludio (in cui compare per la prima volta il leitmotiv wagneriano di Tristano e Isotta che percorrerà tutto il film), prima parte (Justine) e seconda parte (Claire), intitolate con i nomi delle due protagoniste.
Nella prima parte, la messa in scena della festa di nozze di Justine, si evidenzia la sopravvivenza di alcuni dettami della filosofia cinematografica di Trier, cosiddetto Dogma 95, riconoscibile ad esempio nell'uso della camera 'a mano'.
L'opera, come altre di Trier, è dominata dalle figure femminili, che si stagliano su uno sfondo di figure maschili adulte per lo più insignificanti e meschine.
La depressione, il male di vivere, il pressimismo cosmico di Trier vengono incarnati nella figura di Justine (Kristen Dunst), cui viene contrapposta la sorella Claire (Charlotte Gainsbourg), rassicurante, materna, empatica, dedita al benessere suo e di chi la circonda.
Le sorelle si contrappongono come Melancholia, il misterioso pianeta azzurro emissario di morte, si contrappone nel cielo notturno alla Luna, rassicurante e 'amica' delle anime terrene.
La natura, con i suoi ritmi ed i suoi segnali, è l'altra grande protagonista.
Charlotte Gainsbourg di una grandezza interpretativa impressionante, che la mostra al culmine della maturità artistica.
L'opera al solito è dominata dalle figure femminili, che si stagliano su uno sfondo di figure maschili adulte per lo più insignificanti e meschine.
La depressione, il male di vivere, il pressimismo cosmico di Trier vengono incarnati nella figura di Justine (Kristen Dunst), cui viene contrapposta la sorella Claire (Charlotte Gainsbourg), rassicurante, materna, empatica, dedita al benessere suo e di chi la circonda.
Le sorelle si contrappongono come il dionisaco e apollineo teorizzato da Nietzsche, musicato da Wagner, così come, in una scena di struggente bellezza, Melancholia, il misterioso pianeta azzurro emissario di morte, si contrappone nel cielo notturno alla Luna, rassicurante e 'amica' delle anime terrene.
La natura, con i suoi ritmi ed i segnali di un prossimo sconvolgimento, è l'altra grande protagonista.
Charlotte Gainsbourg di una grandezza interpretativa impressionante, che la mostra al culmine della maturità artistica.
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figlio del cielo e della terra
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sabato 29 ottobre 2011
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film straordinario. in melancholia i temi cari al
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Film straordinario. In Melancholia i temi cari a Von Trier trovano la massima espressione in una rappresentazione di rara bellezza e potenza. Non è solo il manifesto del nichilismo ma l'apoteosi della critica ad una società che non ha più riferimenti, e che si basa su falsi valori di una Borghesia decadente che domina, ma non dirige più un mondo di valori. Immenso il respiro cosmico del film, il soggetto è solo la scusa per parlare del rapporto tra uomo e morte, il pianeta Melancholia è una scusa per affrontare i risvolti del fallimento della società di controllo , della scienza e della ricchezza. Tutto il prestigio sociale della società borghese è un ipocrita serie di riti vuoti, senza più un'anima, e le ricchezze lodate dal marito della Gainsbourg vanno in fumo di fronte all'ineluttabilità del fato.
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Film straordinario. In Melancholia i temi cari a Von Trier trovano la massima espressione in una rappresentazione di rara bellezza e potenza. Non è solo il manifesto del nichilismo ma l'apoteosi della critica ad una società che non ha più riferimenti, e che si basa su falsi valori di una Borghesia decadente che domina, ma non dirige più un mondo di valori. Immenso il respiro cosmico del film, il soggetto è solo la scusa per parlare del rapporto tra uomo e morte, il pianeta Melancholia è una scusa per affrontare i risvolti del fallimento della società di controllo , della scienza e della ricchezza. Tutto il prestigio sociale della società borghese è un ipocrita serie di riti vuoti, senza più un'anima, e le ricchezze lodate dal marito della Gainsbourg vanno in fumo di fronte all'ineluttabilità del fato. No resta che assistere al solito degrado delle figure maschili patriarcali, alla loro assenza e stupido romanticismo. La donna non è un confetto nelle mani di Trier, è l'elemento irrazionale che coglie e accetta la contraddizione della vita e del suo esito: la morte. L'uomo odia la depressione, odia chi non rispetta i suoi soldi, qui la donna come al solito sfugge a i parametri psicologici del controllo sociale, e consuma in una scena cinica e reale lo ius prime noctis con uno zerbino. La donna usa l'uomo specie degradata al culmine della sua apparente esaltazione. Cast incredibile, Von Trier fa il resto, con un talento visionario ed artistico degno dei più grandi della storia del cinema. Il suo è un coltello culturale nel disfacimento di un epoca contemporanea dove è totalmente assente il supplemento della ragione e del vero sentimento per comprendere ciò che ci circonda. Melancholia è l'attuale crisi economica il passo sull'orlo del disastro e il possibile sfociare della guerra mondiale forse ultima e definitiva per un genere umano che quantifica, sorveglia e controlla le energie vitali e multidimensionali dell'essere umano, in particolare il femmineo aspetto della vitalità. Due donne antitetiche ma che sole fino alla fine tenendosi per mano e guardandosi negli occhi affronteranno la fine ineluttabile. La maternità e l'amore per la natura vanno ben oltre il senso romantico di possesso del matrimonio sacrale borghese. La donna sfugge ai canoni di controllo sempre, ma rappresenta in questo suo spirito dionisiaco l'unica forma di risposta alla vita anche di fronte al senso ultimo dell'esistenza. I temi del film sono accompagnati da una colonna sonora memorabile e da immagini meravigliose. Eccellente, certo è pioggia nera sulla situazione di smarrimento in cui versa l'intera classe occidentale. Ed è anche e soprattutto per le atmosfere che riesce ad evocare una tremenda ma realistica descrizione del male del nostro tempo: la depressione. Malattia , ma anche come diceva Focault malattia insieme alle devianze che serve al concetto dell'occhio del Panopticum di controllare tutto ciò che sfugge al controllo ai meccanismi di accettazione sociale. Creare devianze e stabilire cosa è normale e cosa non lo è è uno degli assiomi dell'utopia del potere. Babele è la falsità, l'emblema precario cui si sacrifica la sacralità della vita, del nudo di Eva primordiale di Kirsten Dunst che si immerge nell'Eden da cui la ragione maschile ci ha cacciati. Babele, Babilonia la casa con il campo da 18, anzi 19 buche, fate attenzione, svanirà come niente se gli uomini non riscopriranno davvero cosa significa prendersi per mano.
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taxidriver
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lunedì 7 novembre 2011
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l'impotenza dell'uomo di fronte alla natura
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Il volto di Kirsten Dunst apre il film: un'espressione drammatica, un senso di tragedia incombente sull'aria di "Tristano e Isotta" di Wagner. Seguono scene a metà strada fra surrealismo e metafisica, fra cui un'inquadratura a tutto schermo de “Il ritorno dei cacciatori” di Pieter Brueghel il Vecchio: un chiaro omaggio a Solaris di Tarkovskij. Con Melancholia, Von Trier sembra volerci dire che siamo tutti in pericolo e, cosa ancor peggiore (ma anche consolante) non per causa nostra. L'umanità è in costante pericolo di estinzione, ma per cause esogene: cause che dipendono dal cosmo, dai suoi capricci, dinanzi al quale l'uomo è completamente impotente.
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Il volto di Kirsten Dunst apre il film: un'espressione drammatica, un senso di tragedia incombente sull'aria di "Tristano e Isotta" di Wagner. Seguono scene a metà strada fra surrealismo e metafisica, fra cui un'inquadratura a tutto schermo de “Il ritorno dei cacciatori” di Pieter Brueghel il Vecchio: un chiaro omaggio a Solaris di Tarkovskij. Con Melancholia, Von Trier sembra volerci dire che siamo tutti in pericolo e, cosa ancor peggiore (ma anche consolante) non per causa nostra. L'umanità è in costante pericolo di estinzione, ma per cause esogene: cause che dipendono dal cosmo, dai suoi capricci, dinanzi al quale l'uomo è completamente impotente. E così il film è diviso in due parti: una che racconta la crisi di una donna (Kirsten Dunst), neosposata che si rende conto alla festa di matrimonio di non amare l'uomo con cui ha scambiato l'anello. Ogni personaggio è molto approfondito dal punto di vista psicologico, e il malessere di Justine sembra voler preannunciare ciò che sta per succedere. Von Trier, nel descrivere la sua visione dell'Apocalisse, gioca sul contrasto "particolare-universale": la fine del mondo causata da un oscuro pianeta vista attraverso gli occhi di una famiglia (soprattutto due sorelle) che sembra vivere isolata dal resto del mondo. E' lo stesso isolamento di Justine nella prima parte del film: Von Trier sembra voler dire che, alla fine, i rapporti che contano sono davvero pochi. E come medium, come nodo che tiene uniti questi rapporti, sceglie un bambino. Perchè un bambino? semplice: il bambino rappresenta l'innocenza, la purezza. E' il bambino che spinge Justine a costruire una "capanna segreta" per salvarsi dall'Apocalisse. Capanna nella quale si rifugiano lei, la sorella e ovviamente il bambino: qualche lungo ramo d'albero incrociato per affrontare la fine del mondo. Scena finale bellissima, anzi sublime: l'impotenza e la piccolezza dell'uomo davanti alla forza bastarda e implacabile della Natura, delle leggi universali del Cosmo. Polvere siamo e polvere ritorneremo.
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